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Autore: speranza19    21/04/2011    6 recensioni
"Pensavo che ci saremmo amate per sempre. Ricordo che il nostro insegnante ci disse che era una fase adolescenziale, che sarebbe passata crescendo. Per Sara fu così, per me no."
Anche Dave aveva sperato che fosse solo un periodo, che questo sarebbe passato col trascorrere del tempo, che sarebbe riuscito a gettare tutto quanto alle spalle velocemente e trasformarlo in un orribile ricordo. Lo aveva desiderato con tutto se stesso, con ogni fibra di sé. [Dave guarda V per Vendetta]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera sembrava che tutta l’acqua che il cielo fosse in grado di contenere avesse deciso di scaricarsi in un solo punto della Terra: Lima, Ohio.

David Karofsky fissava triste la finestra della sua camera da letto coi suoi grandi occhi tra il verde e il nocciola, vedendo davanti a sé solo e solamente stille che si appoggiavano violente e poi scivolavano rapide sulla superficie liscia del vetro.

Niente uscita serale con Azimio- sospirò, con un’espressione sconsolata dipinta in viso. Dio, se aveva bisogno di uscire, distrarsi, non pensare a…

Non fece nemmeno in tempo a figurarsi in testa quel nome che la sua mente venne immediatamente inondata dai flash di una figura magra ed elegante che non vedeva più da troppo svolazzare per i corridoi del McKinley.

Proprio a causa sua, della sua stupidità, della sua fottuta paura.

Dave scosse la testa, cercando di scacciare quell’assillo che lo tormentava da un lungo periodo e afferrò il portatile, mettendosi a sedere sull’enorme letto che troneggiava nella sua camera.

Un bel film lo avrebbe aiutato a staccare la spina per un paio di ore, facendolo rifugiare in un’altra città, in un’altra vita, in un altro mondo.

Accese il computer, eseguì l’accesso ad internet e navigò tra i vari siti di streaming per vedersi in santa pace qualcosa.

Un titolo lo colpì: V per Vendetta.

Ne aveva sentito parlare qualche mese prima, quando in letteratura inglese erano stati fatti degli accenni al concetto di distopia legato all’opera principale di George Orwell, 1984. Il titolo di quel fumetto –e del film tratto da esso- era ben presto saltato fuori e lui se lo era immediatamente annotato mentalmente sulla lista di cose da vedere e/o leggere.

Dave amava leggere, amava moltissimo la lettura; il suo bookshelf traboccava di titoli. Ma quasi nessuno a scuola era a conoscenza della sua passione.

Era molto più semplice sopravvivere nella giungla liceale non mostrando certi aspetti di sé che non sarebbero stati facilmente compresi dalla massa belante e stereotipata di cui egli stesso faceva parte.

Era un atleta e gli atleti non vanno in giro baldanzosi coi libri di Shakespeare o di Phillip Roth sotto il braccio.

E se persino la cultura non veniva accettata, figurarsi altre cose come l’omoses- .

A quel punto, la mente di Dave si chiuse nel meccanismo della rimozione totale di qualsiasi fatto, gesto o parola che gli ricordasse ciò che era realmente e chi amava realmente, come una trappola per topi appena scattata.

Sospirò in modo profondo, stringendo la Furia e serrando gli occhi per qualche breve istante, cercando di scacciare quelle idee; infine, apparentemente più tranquillo, cliccò sopra il link trovato e aprì la finestra dello streaming.

***

La pellicola gli stava davvero piacendo.

Bel ritmo, interpretazione di Natalie Portman veramente ottima e atmosfera angosciante al punto giusto. Di sicuro, sarebbe andato a comprarsi la graphic novel di Moore.

Dave era talmente coinvolto che, quando vide Evey rasata a zero e torturata nella prigione per farle confessare informazioni su V, sentì una stretta allo stomaco.

La percezione di turbamento aumentò quando la giovane trovò nella sua cella un piccolissimo pezzo di carta totalmente coperto da una minuta scrittura.

La lettera di Valerie.

 

So che non posso in nessun modo convincerti che questo non è uno dei loro trucchi, ma non mi interessa. Io sono io.
Mi chiamo Valerie. Non credo che vivrò ancora a lungo e volevo raccontare a qualcuno la mia vita. Questa è l'unica autobiografia che scriverò e … Dio… mi tocca scriverla sulla carta igienica.

A quelle parole si formò automaticamente un magone che andò a sistemarsi dritto dritto nella gola di Dave. Nonostante deglutisse, quella sensazione rimase immobile nella sua trachea. Aveva l’assurdo presentimento che la lettera potesse in qualche modo essere indirizzata a lui.

 

Sono nata a Nottingham nel 1985. Non ricordo molto dei miei primi anni, ma ricordo la pioggia.
Mia nonna aveva una fattoria a Totalbrook e mi diceva sempre che "Dio è nella pioggia".

Dave sorrise. Anche sua nonna gli diceva una cosa simile quando era poco più di un bambino: Dio era nel cielo e nelle nuvole. E che bisognava comportarsi bene perché il Suo sguardo era sempre puntato su di noi e sulle nostre azioni.

Chissà cosa avrebbe detto adesso Dio se avesse visto ciò che Dave aveva combinato.

 

Superai l'esame di terza media ed entrai al liceo femminile. Fu a scuola che incontrai la mia prima ragazza: si chiamava Sara. Furono i suoi polsi… erano bellissimi.

Caso del destino, anch’egli aveva incontrato al liceo - .

Il cervello di Dave non riuscì di nuovo a finire il pensiero o a pronunciare il nome di quella persona, ma visualizzò subito il suo corpo filiforme che ondeggiava camminando spavaldamente, quei completi assurdi che indossava con noncuranza assoluta, i suoi occhi fatti di turchese incastrati nella porcellana, i polsi sottili e… bellissimi.

 

Pensavo che ci saremmo amate per sempre. Ricordo che il nostro insegnante ci disse che era una fase adolescenziale, che sarebbe passata crescendo. Per Sara fu così, per me no.

 

Anche Dave aveva sperato che fosse solo un periodo, che questo sarebbe passato col trascorrere del tempo, che sarebbe riuscito a gettare tutto quanto alle spalle velocemente e trasformarlo in un orribile ricordo. Lo aveva desiderato con tutto se stesso, con ogni fibra di sé.

Ma più andava avanti, meno la ‘fase adolescenziale’ si allontanava. Anzi, tutto peggiorava a vista d’occhio.

Vita, scuola, amicizie, voti.

Non sorrideva più, non sapeva più cosa volesse dire essere sereno.

La sua vita andava in pezzi.

E aveva iniziato a farlo da quando si era reso conto di ciò che era, di ciò che voleva, ma che non voleva riconoscere apertamente.

 

Nel 2002 mi innamorai di Christina. Quell'anno confessai la verità ai miei genitori. Non avrei potuto farlo senza Chris che mi teneva la mano.

Una parola gli trapanò violentemente la testa: coming out.

Dopo il fatto di ammettere definitivamente e finalmente una volta per tutte a se stesso di essere … gay… uscire allo scoperto era la seconda cosa più difficile da fare.

Se mai ne avesse trovato la forza un giorno, l’unica persona al mondo che avrebbe voluto lì con lui era proprio quella che era riuscita ad allontanare da sé con una maestria allucinante. Nemmeno se avesse voluto farlo coscientemente, sarebbe riuscito a distruggere così definitivamente e sistematicamente ogni singola possibilità di poter essere felice.

 

Mio padre ascoltava ma non mi guardava. Mi disse di andarmene e di non tornare mai più. Mia madre non disse niente, ma io avevo detto solo la verità, ero stata così egoista?

Dave si domandò come l’avrebbero presa i suoi nel caso. Come avrebbero reagito?

Specialmente suo padre, sarebbe rimasto fiero di avere un figlio come lui? La versione bulla e infelice del suo David non gli piaceva per niente,  già lo sapeva.

Il suo sguardo di disapprovazione nell’ufficio della Sylvester gli bruciava ancora in un angolo della sua testa. E lo faceva vergognare come un ladro, ancora di più di quanto non si facesse schifo da solo.

Ma i suoi genitori l’avrebbero accettato o l’avrebbero respinto, cacciato, maledetto?

L’avrebbero considerato egoista per aver osato far vedere loro ciò che era? O avrebbero apprezzato il suo tentativo di costruire una vita fuori dalla miseria in cui si era gettato da solo?

Così tante domande… e così poche risposte.

 

 Noi svendiamo la nostra onestà molto facilmente, ma in realtà è l'unica cosa che abbiamo, è il nostro ultimo piccolo spazio… All'interno di quel centimetro siamo liberi.

Dave aveva svenduto la sua onestà. Completamente.

Per cosa? Per passare indenne il liceo, per mantenere intatta la popolarità e cavarsela in quello che riteneva avrebbe potuto diventare un vero inferno per lui. Ci era riuscito in modo magistrale, doveva riconoscerlo.

E cosa aveva ottenuto in cambio? Quale era stato il suo prezzo da pagare?

Dolore, depressione cronica, una quasi espulsione, la fama di bullo omofobo idiota, l’odio e la fuga dell’unico che avrebbe voluto lo sostenesse e che gli stesse in qualche modo vicino.

Forse quel centimetro non avrebbe dovuto svenderlo in maniera così facile.

In fondo, rappresentava il suo ultimo appiglio per non cadere nel buio.

Lo aveva capito troppo tardi.

 

Avevo sempre saputo cosa fare nella vita, e nel 2015 recitai nel mio primo film: "Le pianure di sale". Fu il ruolo più importante della mia vita, non per la mia carriera ma perché fu lì che incontrai Ruth. La prima volta che ci baciammo, capii che non avrei mai più voluto baciare altre labbra al di fuori delle sue.

L’ultima frase gli rimbombò dentro, come una granata che esplodeva e fendeva l’aria.

La prima (e ultima volta) che riuscì a toccare le sue labbra, tutto assunse la tinta del rosso, del nero e dell’azzurro.

Il rosso degli armadietti, della sua giacca Letterman, delle guance di quella femminuccia mentre gli vomitava addosso parole velocissime e altamente offensive.

Il nero che prese ogni cosa che lo circondava quando lo baciò, sigillando le palpebre.

Clic. Tutto nero. Come se il catrame lo stesse avviluppando e ingoiando dentro.

David non vide più niente in quel lungo momento.

Sentì solamente amplificare il battito del suo cuore, mentre si spargeva sulla lingua il sapore alla ciliegia del burro cacao dell’altro.

E poi, l’azzurro dei occhi scioccati dell’altro, sbarrati come quelli di un agnellino innocente che attende di essere sbranato dal lupo cattivo.

Dave in quell’azzurro angelico ci lesse terrore. Rifiuto. Panico.

E fu la fine di tutto per lui.

 

Andammo a vivere insieme in un appartamentino a Londra. Lei coltivava le Scarlett Carson per me nel vaso sulla finestra e la nostra casa profumava sempre di rose. Furono gli anni più belli della mia vita.
Ma la guerra in America divorò quasi tutto e alla fine arrivò a Londra.
A quel punto non ci furono più rose… per nessuno.

 

Dave sentì il calore pervadergli l’anima.

Le rose… quanto avrebbe voluto magari regalare delle rose rosse e gialle a quella persona, magari chiedergli scusa, magari parlarci e fargli comprendere tanto altro ancora. Magari, magari, magari… Dave si perse in quei magari magici.

Poi la sua fantasia si scontrò con la triste realtà che sgusciava fuori e lo schiaffeggiava ogni istante.

Era solo. Lui non c’era più. Aveva preferito scappare via, lontano, credendo che gli potesse essere fatto del male. Proprio da colui che  in realtà lo amava.

Il calore gli sparì improvvisamente dal petto, lasciando spazio all’amarezza. Le rose non ci sarebbero mai state. Né per lui, né per nessun altro.

 

 

Ricordo come cominciò a cambiare il significato delle parole. Parole poco comuni come "fiancheggiatore" e "risanamento" divennero spaventose, mentre cose come "Fuoco Norreno" e "Gli articoli della fedeltà" divennero potenti. Ricordo come "diverso" diventò "pericoloso". Ancora non capisco perché ci odiano così tanto.

Dave sapeva perché li odiassero.

Perché lui stesso provava talvolta lo stesso odio contro loro e contro sé.

Avevano il coraggio di essere ciò che erano e lo mostravano senza remora alcuna a se stessi, agli altri, alla società.

Non si nascondevano, non fingevano. Sapevano cosa significassero l’orgoglio e l’accettazione, la diversità e la dignità.

I pregiudizi non li scalfivano, il peso della differenza non spezzava loro le schiene.

Quanto avrebbe voluto possedere quello stesso dannato coraggio, quella voglia di urlare al mondo ciò che era senza timore. Dave li invidiava moltissimo, segretamente, in un cantuccio recondito della sua anima.

Avrebbe voluto essere come loro, come lui.

Ma non lo era ancora. Forse, non lo sarebbe stato mai.

 

Presero Ruth mentre faceva la spesa. Non ho mai pianto tanto in vita mia. Non passò molto tempo prima che venissero a prendere anche me.
Sembra strano che la mia vita debba finire in un posto così orribile, ma per tre anni ho avuto le rose e non ho chiesto scusa a nessuno.

Il vuoto di non avere più accanto colui di cui si è innamorati, le lacrime versate dentro fino a sentirsi sfinito: Dave li conosceva fin troppo bene come sentimenti, anche se non concedeva a se stesso nemmeno di poter formulare un pensiero che includesse le parole amore, Kurt Hummel, mancanza.

Non si permetteva nulla, nemmeno per sbaglio. Una riflessione, un atto, una frase che potesse fargli tornare in mente tutto ciò che era successo.

Vivere nella negazione più completa era ormai la sua attività preferita e si stava abituando tristemente ad essa. Si trovava a suo agio nel diniego. Non lo faceva soffrire più del dovuto, almeno così credeva. Anche se ciò voleva dire cancellare qualsiasi riferimento a lui, a ciò che provava per lui, alle cose successe per davvero tra loro.

Non poteva aspirare a molto altro comunque.

Le rose non le avrebbe mai potute avere. E nessuno gli avrebbe mai potuto chiedere scusa per una situazione che egli stesso aveva creato.

 

Morirò qui… tutto di me finirà… tutto… tranne quell'ultimo centimetro… un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l'unica cosa al mondo che valga la pena di avere.
Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino… Spero che chiunque tu sia, almeno tu, possa fuggire da questo posto; spero che il mondo cambi e le cose vadano meglio ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tu capisca cosa intendo quando dico che anche se non ti conosco, anche se non ti conoscerò mai, anche se non riderò, e non piangerò con te, e non ti bacerò, mai… io ti amo, dal più profondo del cuore… Io ti amo.

Dopo la conclusione della scena, con Evey che baciava delicatamente quel minuscolo foglio coperto da segni di matita, Dave non ce la fece più. Quella lettera, quelle parole che sembravano parlargli direttamente al cuore gli avevano scatenato dentro troppe cose represse e contrastanti, troppi istanti che avrebbe voluto dimenticare e scaraventare con rabbia fuori da sé.

Premette immediatamente Stop, chiuse il link e spense il pc in rapida successione.

Diede un’ulteriore occhiata al tempo fuori; diluviava peggio di prima.

Si mise addosso una felpa pesante per proteggersi dal freddo e si precipitò fuori da casa senza dir niente a nessuno.

Aveva bisogno assolutamente di fare una passeggiata e riprendere fiato.

Doveva riprendersi per forza.

Doveva dimenticare il fatto che non avrebbe mai avuto le rose, che non si sarebbe mai accettato per ciò che era, che non sarebbe mai riuscito ad andare da lui e dirgli ciò che sentiva sul serio.

Doveva tornare a vivere nella realtà che aveva costruito.

E che non aveva il coraggio di cambiare.

***

*says hi*

Gente, non so da dove mi sia uscita fuori; so solo che stavo vedendo V per Vendetta e la lettera di Valerie l'ho ascoltata con un cuore diverso (ormai, dopo essere una piratessa, sono diversa in molte cose ^.^) e l'ho collegata a David. Ed ecco qui questa cosa LMAO.

Spero che Dave sia abbastanza IC... io me lo immagino come un ragazzo con dei lati nascosti, come quello della lettura. Dato che sappiamo aveva buoni voti a scuola, per me è plausibilissimo che lui sia tutto fuorchè lo stupido scimmione che vuole sembrare agli occhi altrui, specie di Kurt. In sostanza, fa il finto tonto (definizione by Marta XD) per lasciare la supremazia intellettuale a Kurt e fagli credere di essere inferiore a ciò che in realtà è (vedi quando finge di non capire i suoi insulti taglienti... è una sorta di autodifesa).

BTW, grazie a chiunque leggerà questa cosina piccina picciò LOL. 

Ps: è dedicata a tutti i Pirates sparsi nel mondo (gente, CE LA FAREMO. Because we are the freaking endgame, fuck ù_ù) e, soprattutto, in modo particolare, ai miei fantastici pirati vicini a me, con cui condivido giornalmente gioie, dolori, scleri. Rendete speciale il seguire Kurt e Dave e date al mio shipparli il sapore dolce dell'amicizia <3

  
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