Quella
sera
sembrava che tutta l’acqua che il cielo fosse in grado di
contenere avesse
deciso di scaricarsi in un solo punto della Terra: Lima, Ohio.
David
Karofsky fissava triste la finestra della sua camera da letto coi suoi
grandi
occhi tra il verde e il nocciola, vedendo davanti a sé solo
e solamente stille
che si appoggiavano violente e poi scivolavano rapide sulla superficie
liscia
del vetro.
Niente uscita serale con Azimio-
sospirò, con un’espressione
sconsolata dipinta in viso. Dio, se aveva bisogno di uscire, distrarsi,
non
pensare a…
Non
fece nemmeno
in tempo a figurarsi in testa quel nome che la sua mente venne
immediatamente
inondata dai flash di una figura magra ed elegante che non vedeva
più da troppo
svolazzare per i corridoi del McKinley.
Proprio
a
causa sua, della sua stupidità, della sua fottuta
paura.
Dave
scosse
la testa, cercando di scacciare quell’assillo che lo
tormentava da un lungo
periodo e afferrò il portatile, mettendosi a sedere
sull’enorme letto che
troneggiava nella sua camera.
Un
bel film
lo avrebbe aiutato a staccare la spina per un paio di ore, facendolo
rifugiare
in un’altra città, in un’altra vita, in
un altro mondo.
Accese
il
computer, eseguì l’accesso ad internet e
navigò tra i vari siti di streaming
per vedersi in santa pace qualcosa.
Un
titolo lo
colpì: V per Vendetta.
Ne
aveva
sentito parlare qualche mese prima, quando in letteratura inglese erano
stati
fatti degli accenni al concetto di distopia legato all’opera
principale di George
Orwell, 1984. Il titolo di quel fumetto –e del film tratto da
esso- era ben
presto saltato fuori e lui se lo era immediatamente annotato
mentalmente sulla
lista di cose da vedere e/o leggere.
Dave
amava
leggere, amava moltissimo la lettura; il suo bookshelf traboccava di
titoli. Ma
quasi nessuno a scuola era a conoscenza della sua passione.
Era
molto più
semplice sopravvivere nella giungla liceale non mostrando certi aspetti
di sé che
non sarebbero stati facilmente compresi dalla massa belante e
stereotipata di
cui egli stesso faceva parte.
Era
un atleta
e gli atleti non vanno in giro baldanzosi coi libri di Shakespeare o di
Phillip
Roth sotto il braccio.
E
se persino la
cultura non veniva accettata, figurarsi altre cose come
l’omoses- .
A
quel punto,
la mente di Dave si chiuse nel meccanismo della rimozione totale di
qualsiasi fatto,
gesto o parola che gli ricordasse ciò che era realmente e
chi amava realmente,
come una trappola per topi appena scattata.
Sospirò
in
modo profondo, stringendo la Furia e serrando gli occhi per qualche
breve
istante, cercando di scacciare quelle idee; infine, apparentemente
più
tranquillo, cliccò sopra il link trovato e aprì
la finestra dello streaming.
***
La
pellicola
gli stava davvero piacendo.
Bel
ritmo,
interpretazione di Natalie Portman veramente ottima e atmosfera
angosciante al
punto giusto. Di sicuro, sarebbe andato a comprarsi la graphic novel di
Moore.
Dave
era
talmente coinvolto che, quando vide Evey rasata a zero e torturata
nella
prigione per farle confessare informazioni su V, sentì una
stretta allo
stomaco.
La
percezione
di turbamento aumentò quando la giovane trovò
nella sua cella un piccolissimo
pezzo di carta totalmente coperto da una minuta scrittura.
La
lettera di
Valerie.
So che
non posso in nessun modo
convincerti che questo non è uno dei loro trucchi, ma non mi
interessa. Io sono
io.
Mi chiamo Valerie. Non
credo che vivrò ancora a
lungo e volevo raccontare a qualcuno la mia vita. Questa è
l'unica
autobiografia che scriverò e … Dio… mi
tocca scriverla sulla carta igienica.
A quelle
parole si formò
automaticamente un magone che andò a sistemarsi dritto
dritto nella gola di
Dave. Nonostante deglutisse, quella sensazione rimase immobile nella
sua
trachea. Aveva l’assurdo presentimento che la lettera potesse
in qualche modo
essere indirizzata a lui.
Sono nata
a Nottingham nel 1985. Non
ricordo molto dei miei primi anni, ma ricordo la pioggia.
Mia nonna aveva una
fattoria a Totalbrook e mi
diceva sempre che "Dio è nella pioggia".
Dave
sorrise. Anche sua nonna gli diceva una cosa simile
quando era poco più di un bambino: Dio era nel cielo e nelle
nuvole. E che
bisognava comportarsi bene perché il Suo sguardo era sempre
puntato su di noi e
sulle nostre azioni.
Chissà
cosa avrebbe detto adesso Dio se avesse visto ciò
che Dave aveva combinato.
Superai
l'esame di terza media ed
entrai al liceo femminile. Fu a scuola che incontrai la mia prima
ragazza: si
chiamava Sara. Furono i suoi polsi… erano bellissimi.
Caso del
destino, anch’egli aveva incontrato al liceo - .
Il
cervello di Dave non riuscì di nuovo a finire il
pensiero o a pronunciare il nome di quella persona, ma
visualizzò subito il suo
corpo filiforme che ondeggiava camminando spavaldamente, quei completi
assurdi
che indossava con noncuranza assoluta, i suoi occhi fatti di turchese
incastrati nella porcellana, i polsi sottili e… bellissimi.
Pensavo
che ci saremmo amate per
sempre. Ricordo che il nostro insegnante ci disse che era una fase
adolescenziale, che sarebbe passata crescendo. Per Sara fu
così, per me no.
Anche Dave aveva
sperato che fosse solo un periodo, che questo sarebbe passato col
trascorrere
del tempo, che sarebbe riuscito a gettare tutto quanto alle spalle
velocemente
e trasformarlo in un orribile ricordo. Lo aveva desiderato con tutto se
stesso,
con ogni fibra di sé.
Ma
più andava
avanti, meno la ‘fase adolescenziale’ si
allontanava. Anzi, tutto peggiorava a
vista d’occhio.
Vita,
scuola,
amicizie, voti.
Non
sorrideva
più, non sapeva più cosa volesse dire essere
sereno.
La
sua vita
andava in pezzi.
E
aveva
iniziato a farlo da quando si era reso conto di ciò che era,
di ciò che voleva,
ma che non voleva riconoscere apertamente.
Nel
2002 mi innamorai di Christina. Quell'anno confessai la
verità ai miei
genitori. Non avrei potuto farlo senza Chris che mi teneva la mano.
Una parola gli
trapanò violentemente
la testa: coming out.
Dopo il fatto di ammettere
definitivamente e finalmente una volta per tutte a se stesso di essere
… gay… uscire
allo scoperto era la
seconda cosa più difficile da fare.
Se mai ne avesse trovato la
forza un
giorno, l’unica persona al mondo che avrebbe voluto
lì con lui era proprio
quella che era riuscita ad allontanare da sé con una
maestria allucinante.
Nemmeno se avesse voluto farlo coscientemente, sarebbe riuscito a
distruggere
così definitivamente e sistematicamente ogni singola
possibilità di poter
essere felice.
Mio
padre ascoltava ma non mi guardava. Mi disse di andarmene e di non
tornare mai
più. Mia madre non disse niente, ma io avevo detto solo la
verità, ero stata
così egoista?
Dave
si
domandò come l’avrebbero presa i suoi nel caso.
Come avrebbero reagito?
Specialmente
suo padre, sarebbe rimasto fiero di avere un figlio come lui? La
versione bulla
e infelice del suo David non gli piaceva per niente,
già lo sapeva.
Il
suo sguardo
di disapprovazione nell’ufficio della Sylvester gli bruciava
ancora in un
angolo della sua testa. E lo faceva vergognare come un ladro, ancora di
più di
quanto non si facesse schifo da solo.
Ma
i suoi
genitori l’avrebbero accettato o l’avrebbero
respinto, cacciato, maledetto?
L’avrebbero
considerato egoista per aver osato far vedere loro ciò che
era? O avrebbero
apprezzato il suo tentativo di costruire una vita fuori dalla miseria
in cui si
era gettato da solo?
Così
tante
domande… e così poche risposte.
Noi
svendiamo la nostra onestà molto
facilmente, ma in realtà è l'unica cosa che
abbiamo, è il nostro ultimo piccolo
spazio… All'interno di quel centimetro siamo liberi.
Dave
aveva svenduto la sua onestà. Completamente.
Per
cosa? Per passare indenne il liceo, per mantenere intatta la
popolarità e cavarsela
in quello che riteneva avrebbe potuto diventare un vero inferno per
lui. Ci era
riuscito in modo magistrale, doveva riconoscerlo.
E
cosa aveva ottenuto in cambio? Quale era stato il suo prezzo da pagare?
Dolore,
depressione cronica, una quasi espulsione, la fama di
bullo omofobo idiota, l’odio e la fuga dell’unico
che avrebbe voluto lo sostenesse
e che gli stesse in qualche modo vicino.
Forse
quel centimetro non avrebbe dovuto svenderlo in maniera
così facile.
In fondo,
rappresentava il suo ultimo appiglio per non cadere
nel buio.
Lo aveva
capito troppo tardi.
Avevo
sempre saputo cosa fare nella
vita, e nel 2015 recitai nel mio primo film: "Le pianure di sale". Fu
il ruolo più importante della mia vita, non per la mia
carriera ma perché fu lì
che incontrai Ruth. La prima volta che ci baciammo, capii che non avrei
mai più
voluto baciare altre labbra al di fuori delle sue.
L’ultima
frase gli rimbombò dentro, come una granata che
esplodeva e fendeva l’aria.
La prima
(e ultima volta) che riuscì a toccare le sue
labbra, tutto assunse la tinta del rosso, del nero e
dell’azzurro.
Il rosso degli
armadietti, della sua giacca
Letterman, delle guance di quella femminuccia mentre gli vomitava
addosso
parole velocissime e altamente offensive.
Il nero che prese
ogni cosa che lo circondava quando lo baciò, sigillando le
palpebre.
Clic.
Tutto nero. Come se il catrame lo stesse
avviluppando e ingoiando dentro.
David non
vide più niente in quel lungo momento.
Sentì
solamente amplificare il battito del suo cuore,
mentre si spargeva sulla lingua il sapore alla ciliegia del burro cacao
dell’altro.
E poi,
l’azzurro
dei occhi scioccati dell’altro, sbarrati come quelli di un
agnellino innocente
che attende di essere sbranato dal lupo cattivo.
Dave in
quell’azzurro angelico ci lesse terrore. Rifiuto.
Panico.
E fu la
fine di tutto per lui.
Andammo a
vivere insieme in un
appartamentino a Londra. Lei coltivava le Scarlett Carson per me nel
vaso sulla
finestra e la nostra casa profumava sempre di rose. Furono gli anni
più belli
della mia vita.
Ma la guerra in America
divorò quasi tutto e alla
fine arrivò a Londra.
A quel punto non ci furono
più rose… per nessuno.
Dave
sentì il calore pervadergli l’anima.
Le
rose… quanto avrebbe voluto magari regalare delle rose
rosse e gialle a quella persona, magari chiedergli scusa, magari
parlarci e
fargli comprendere tanto altro ancora. Magari, magari,
magari… Dave si perse in
quei magari magici.
Poi la
sua fantasia si scontrò con la triste realtà che
sgusciava fuori e lo schiaffeggiava ogni istante.
Era solo.
Lui
non c’era più. Aveva preferito
scappare via, lontano, credendo che gli potesse essere fatto del male.
Proprio
da colui che in
realtà lo amava.
Il calore
gli sparì improvvisamente dal petto, lasciando
spazio all’amarezza. Le rose non ci sarebbero mai state.
Né per lui, né per
nessun altro.
Ricordo
come cominciò a cambiare il
significato delle parole. Parole poco comuni come "fiancheggiatore" e
"risanamento" divennero spaventose, mentre cose come "Fuoco
Norreno" e "Gli articoli della fedeltà" divennero potenti.
Ricordo come "diverso" diventò "pericoloso". Ancora non
capisco perché ci odiano così tanto.
Dave
sapeva perché li odiassero.
Perché
lui stesso provava talvolta lo stesso odio contro
loro e contro sé.
Avevano
il coraggio di essere ciò che erano e lo
mostravano senza remora alcuna a se stessi, agli altri, alla
società.
Non si
nascondevano, non fingevano. Sapevano cosa significassero
l’orgoglio e l’accettazione, la
diversità e la dignità.
I
pregiudizi non li scalfivano, il peso della differenza non
spezzava loro le schiene.
Quanto
avrebbe voluto possedere quello stesso dannato
coraggio, quella voglia di urlare al mondo ciò che era senza
timore. Dave li
invidiava moltissimo, segretamente, in un cantuccio recondito della sua
anima.
Avrebbe
voluto essere come loro, come lui.
Ma non lo
era ancora. Forse, non lo sarebbe stato mai.
Presero
Ruth mentre faceva la spesa.
Non ho mai pianto tanto in vita mia. Non passò molto tempo
prima che venissero
a prendere anche me.
Sembra strano che la mia
vita debba finire in un
posto così orribile, ma per tre anni ho avuto le rose e non
ho chiesto scusa a
nessuno.
Il
vuoto di non avere più accanto colui di cui si è
innamorati, le lacrime versate
dentro fino a sentirsi sfinito: Dave li conosceva fin troppo bene come
sentimenti, anche se non concedeva a se stesso nemmeno di poter
formulare un
pensiero che includesse le parole amore,
Kurt Hummel, mancanza.
Non
si permetteva nulla, nemmeno per sbaglio. Una riflessione, un atto, una
frase
che potesse fargli tornare in mente tutto ciò che era
successo.
Vivere
nella negazione più completa era ormai la sua
attività preferita e si stava
abituando tristemente ad essa. Si trovava a suo agio nel diniego. Non
lo faceva
soffrire più del dovuto, almeno così credeva.
Anche se ciò voleva dire
cancellare qualsiasi riferimento a lui, a ciò che
provava per lui,
alle cose successe per davvero tra loro.
Non
poteva aspirare a molto altro comunque.
Le
rose non le avrebbe mai potute avere. E nessuno gli avrebbe mai potuto
chiedere
scusa per una situazione che egli stesso aveva creato.
Morirò
qui… tutto di me finirà…
tutto… tranne quell'ultimo centimetro… un
centimetro… è piccolo, ed è fragile,
ma è l'unica cosa al mondo che valga la pena di avere.
Non dobbiamo mai perderlo,
o svenderlo, non
dobbiamo permettere che ce lo rubino… Spero che chiunque tu
sia, almeno tu,
possa fuggire da questo posto; spero che il mondo cambi e le cose
vadano meglio
ma quello che spero più di ogni altra cosa è che
tu capisca cosa intendo quando
dico che anche se non ti conosco, anche se non ti conoscerò
mai, anche se non
riderò, e non piangerò con te, e non ti
bacerò, mai… io ti amo, dal più
profondo del cuore… Io ti amo.
Dopo la
conclusione della scena, con Evey che baciava
delicatamente quel minuscolo foglio coperto da segni di matita, Dave
non ce la
fece più. Quella lettera, quelle parole che sembravano
parlargli direttamente
al cuore gli avevano scatenato dentro troppe cose represse e
contrastanti,
troppi istanti che avrebbe voluto dimenticare e scaraventare con rabbia
fuori
da sé.
Premette
immediatamente Stop, chiuse il link e spense il
pc in rapida successione.
Diede
un’ulteriore occhiata al tempo fuori; diluviava
peggio di prima.
Si mise
addosso una felpa pesante per proteggersi dal
freddo e si precipitò fuori da casa senza dir niente a
nessuno.
Aveva
bisogno assolutamente di fare una passeggiata e
riprendere fiato.
Doveva
riprendersi per forza.
Doveva
dimenticare il fatto che non avrebbe mai avuto le
rose, che non si sarebbe mai accettato per ciò che era, che
non sarebbe mai
riuscito ad andare da lui
e dirgli ciò che sentiva sul
serio.
Doveva
tornare a vivere nella realtà che aveva costruito.
E che non aveva il coraggio di cambiare.
***
*says hi*
Gente, non so da dove mi sia uscita fuori; so solo che stavo vedendo V per Vendetta e la lettera di Valerie l'ho ascoltata con un cuore diverso (ormai, dopo essere una piratessa, sono diversa in molte cose ^.^) e l'ho collegata a David. Ed ecco qui questa cosa LMAO.
Spero che Dave sia abbastanza IC... io me lo immagino come un ragazzo con dei lati nascosti, come quello della lettura. Dato che sappiamo aveva buoni voti a scuola, per me è plausibilissimo che lui sia tutto fuorchè lo stupido scimmione che vuole sembrare agli occhi altrui, specie di Kurt. In sostanza, fa il finto tonto (definizione by Marta XD) per lasciare la supremazia intellettuale a Kurt e fagli credere di essere inferiore a ciò che in realtà è (vedi quando finge di non capire i suoi insulti taglienti... è una sorta di autodifesa).
BTW, grazie a chiunque leggerà questa cosina piccina picciò LOL.
Ps: è dedicata a
tutti i Pirates sparsi nel mondo (gente, CE LA FAREMO. Because we are
the freaking endgame, fuck ù_ù) e, soprattutto,
in modo particolare, ai miei fantastici pirati vicini a me, con cui
condivido giornalmente gioie, dolori, scleri. Rendete speciale il
seguire Kurt e Dave e date al mio shipparli il sapore dolce
dell'amicizia <3