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Autore: innocent    21/04/2011    1 recensioni
E' la prima fan fiction che scrivo dopo quasi 1 anno, non sono bravissima, ma mi piace raccontare ciò che la mia mente immagina prima di dormire o durante le lezioni noiose a scuola. Non sarà il solito polpettone: sconosciuta-amore-tradimento-addio-amore di nuovo o cose simili, ve lo prometto! :)
C.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arrivai dopo circa venti minuti, tutto era troppo strano a Los Angeles: troppi taxi, troppe macchine, troppa gente che cammina ovunque, troppo tutto! Sentì le prime note di “Mean” di Taylor Swift provenire dal mio blackberry lilla.
«Pronto?» chiesi rispondendo alla chiamata.
«Tesoro sono io, la mamma! Sei arrivata? Com’è andato il viaggio? Dove sei adesso?» mi fece così tante domande a raffica che risposi semplicemente con «Sto bene, sono sotto casa» dissi ridendo quasi. Lei rispose semplicemente con “Non siamo a casa adesso, sistemati ed esci! Torniamo alle nove!”, al che io chiusi la chiamata.
Scesi dal taxi pagandolo e presi le mie quattro valigie, presi la chiave da sotto il tappetino, come aveva detto mamma, ed entrai nella villetta che sarebbe stata la mia casa per tantissimo tempo. Tutto era davvero carino, stile moderno e soprattutto una mega casa, i miei genitori, facendo i dottori, non avevano di certo problemi economici e tutto questo lo si poteva vedere nella casa dove abitavamo!
Andai al secondo piano e capii che la stanza con la porta bianca con su scritto “Carrie” era decisamente la mia stanza, aprii la porta e rimasi stupefatta. Era proprio come la volevo io: pareti lilla, tetto bianco, parquet mogano, letto in ferro battuto bianco e tutte le pareti libere per poter attaccare le mie foto. La cosa più bella della mia camera era la scritta che mamma mi aveva fatto fare davvero: “Hey Jude, don’t make it bad, take a sad song and make it better”.
Queste erano le parole dei Beatles in Hey Jude, ma per me avevano un gran significato, Joe mi aveva dedicato questa canzone mettendo il mio nome. Quella era stata la prima canzone che mi aveva dedicato un ragazzo, il mio ragazzo che adesso non avevo più.
Decisi di mettere via i ricordi e iniziai a sistemare tutte le mie cose, non appena finii scesi sotto e trovai una piscina come dire.. modesta. Non persi tempo, salii di nuovo sopra e misi un costume, avevo bisogno di fare un bagno e fu proprio quello che feci.
Alle nove in punto i miei tornarono, feci la mia prima cena americana e alle dieci meno un quarto andai a letto, il jet lag mi aveva distrutta. Nonostante questo, non riuscii a dormire e così guardai la maratona della quarta serie di Grey’s Anatomy sull’ABC, riuscii ad addormentarmi anche se quel telefilm mi appassionava da morire!
 
Day 2 – Ops, I did it again!

California, 2 settembre 2011 ore 11.30

 
-E’ decisamente tardi e io sono decisamente incavolata! Ho perso il mio diario non so dove, e mi sto ritrovando a scrivere su un quaderno a righe con fuori stampato un orso! Dove cavolo può essere? Lì c’è la mia storia porca miseria, arrivo a LA e già faccio casini!- sbuffai e lasciai perdere il mio “diario”.
Mamma e papà erano usciti, come ogni mattina, alle 6.45 del mattino e sarebbe tornati, come sempre, alle 14 se ero fortunata. Presi la mia tazza di caffè americano e la mia donuts rosa che mi sapeva tanto di Homer Simpson.
Troppo frustata dal danno compiuto in meno di 24 ore, andai in camera mia a sistemare le ultime cose e misi una tuta blu della mia università. Di pomeriggio sarei dovuta andare lì e la cosa un po’ mi spaventava, nonostante avessi deciso di andare alla Columbia University sin da quando ero nel grembo di mia madre!
Ciò che mi distolse dai miei pensieri universitari fu il campanello. I miei amici iniziavano già a mandarmi lettere oppure era solo la bolletta della luce?
Mi trascinai al piano di sotto tutta struccata e con uno chignon in testa, bella! Dissi guardandomi allo specchio all’entrata della mia casetta. Aprii la porta e quello di sicuro non era il postino.
«Bridgeport Avenue numero 13» disse il ragazzo davanti ai miei occhi. «Credo che tu abbia dimenticato qualcosa ieri..» disse porgendomi il mio diario.
«Mi sa proprio di sì..» dissi prendendolo in mano.
Esatto, il ragazzo davanti a me, era quello con cui avevo pomiciato sull’aereo il giorno prima: Nicholas.
«Come hai fatto a trovarmi?» chiesi restando davanti la porta.
«Semplicemente hai quasi urlato come una scaricatrice di porto al tassista dove abitavi!» disse facendo un sorriso che non aveva niente di casto, tolse i suoi occhiali e li portò alla testa.
«Non urlo come una scaricatrice di porto e in ogni caso questa è violazione della privacy! Potevi farmelo recapitare da un postino, proprio come fa la gente normale!» dissi alzando il tono della voce rispetto a prima. Sì, forse ero una scaricatrice di porto.
«Ecco vedi? Lo stai facendo di nuovo..» disse lui ridendo, aveva davvero un bel sorriso.
«Okay bene, adesso ciao, grazie e stato gentile da parte tua ma devo andare!» dissi tutto in una volta chiudendo piano la porta che lui prontamente bloccò.
«Non mi saluti?» masticò una gomma e io non potei fare altro che guardare le sue meravigliose labbra.
«Ciao Nicholas»
«Ciao Stevens»
  
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