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Autore: La Signora in Rosso    22/04/2011    7 recensioni
"...senza quel dannato pomeriggio non sarebbe incominciato nulla."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte! È passata più di una settimana, me ne rendo conto, ma qua è stato un incubo. E poi ho dovuto aspettare l’illuminazione divina (tipo Blues Brothers) per poter scrivere il capitolo nuovo.
Mamma mia che frustrazione! Ci ho messo tutto l’amore e l’impegno possibili. Spero si veda.
Non ne sono comunque convinta, ma spero anche che possa piacervi! Mi auguro che siate clementi, come sempre. Se c’è qualcosa che non va vi prego di dirmelo. ^^
Che dire, un abbraccio e buona lettura! :)






 Uno di fianco all’altro, scesero con calma le tre rampe di scale che Gerard aveva percorso di fretta solo pochi minuti prima.
Era come se fossero in simbiosi, si muovevano nello stesso momento e con gli stessi tempi, cosicché se fossero stati alti uguali le loro spalle si sarebbero continuamente sfregate una contro l’altra.
Ma Frank era più basso e l’unico sporadico contatto era quello tra i dorsi delle loro mani.
Ogni volta che accadeva Gerard si girava a guardarlo, sorridendogli cauto: avrebbe voluto fare molto di più, in realtà…
avrebbe voluto risentire il suo profumo da più vicino, assaporare nuovamente quelle labbra sottili, sentire il peso di quel ragazzo tra le sue braccia, contro il suo corpo.
Aveva una terribile voglia di abbracciarlo, quasi fosse una necessità, una questione di vita o di morte. Mi gli sembrava troppo. Si era già spinto oltre il limite con lui.
Probabilmente se fosse stato in possesso di un macchinario in grado di leggere il pensiero delle persone, Gerard non si sarebbe trattenuto oltre, perché tutto ciò lo voleva anche Frank, e intensamente.
E quest’ultimo se male diva sé stesso per la sua bassezza, benediva invece ogni momento in cui la sua mano cozzava contro quella dell’altro, perché questo significava un nuovo sguardo, un nuovo sorriso, una nuova ma desiderata stilettata al cuore.
Ma erano pur sempre solo tre rampe, e sebbene avessero cercato di protrarre quel momento all’infinito, la porta vetrata della bifamiliare si presentò ben presto davanti a loro.
Per un secondo Frank si allontanò da Gerard e si sporse a premere un interruttore sul muro, con un click sordo fece scattare la porta e poi la aprì con gentilezza.

- Grazie infinite. Le devo lasciare la mancia, signor usciere? –
Beffardo.

- Dipende in cosa consiste la mancia, milord. –
Malizioso. Ma non era il momento.

Gerard si avvicinò al ragazzo e con delicatezza gli sfiorò una guancia. Non avrebbe ricevuto altro.
Frank ci rimase un po’ male, il rossore della vergogna che si sostituiva alla mano dell’altro.

“Che idiota che sei Francuccio dei miei stivali… non ti pare di aver osato troppo ‘sta volta? E non guardarlo con quegli occhioni da cerbiatto offeso… te lo sei meritato.

Ma già Gerard aveva utilizzato tutta la forza di volontà possibile per non assecondarlo, se in più Frank si metteva a guardarlo così era impossibile dire di no!
Quella mano che precedentemente lo aveva appena sfiorato andò ad aderire sull’intera guancia bollente del più piccolo, esattamente come l’altra.
E tenendogli il viso così incorniciato gli concesse un nuovo bacio, delicato ma più profondo degli altri. Più sentito.
A Frank girava la testa, si sentiva ebbro come se avesse bevuto tutto d’un fiato quel bacio da un calice d’oro.
E quello non era niente, niente in confronto ad un bacio vero. Qualcosa che non aveva ancora provato.

Ancora all’interno dell’edificio, Gerard e Frank stavano in piedi, le fronti attaccate, gli sguardi persi uno nell’altro, le labbra distese in un sorriso estatico.
Poi Frank scoppiò a ridere. Una risata argentina, uno scampanellio amplificato dalla tromba delle scale, contagioso.

- Perché ridi? –

- Ehm… senza offesa, ma sembriamo due ebeti così… ahah ehm… scusa. Non dovevo… -

- Beh… in effetti. Siamo un po’ zuccherosi… da diabete, insomma. –

- Ahahahah sì, come una dose di zucchero sparata in endovena… ehm. Però… -

- Però…? –

- …. Però mi piace. –

Gerard non sapeva come rispondere.
Anche lui non si era mai dato a smancerie simili, però lo sentiva come se fosse una cosa naturale da fare in quel momento.
Per tutta risposta gli sorrise.
Per tutta risposta lo stomaco di Frank ruggì esasperato.
Era il turno di Gee di scoppiare a ridere. Una risata roca dovuta alle sigarette, molto seducente.

- Fame? Dai, andiamo allora…. –

E uscirono.
Frank aveva un mezza idea di prenderlo per mano, ma in fondo non stavano insieme, era un passo troppo lungo da fare in quel momento; si erano baciati, è vero, ma non era stato un bacio vero, profondo… era stato un accenno.
E per fortuna che non lo fece.
Perché dal nulla spuntò lei.

- Frankie, tesoro! Non sapevo fossi stato male! Potevi dirmelo che era per questo che non mi hai chiamata! Avrei capito… lo sai che sono comprensiva, io. –

Janet era dall’altra parte delle strada, affianco a lei… Mikey.
Frank era interdetto: mandarla direttamente affanculo e liberarsi di entrambi o…. o.

Cazzo Frank! Ti immagini se vi hanno visti??? Guarda la faccia di Mikes… è sconvolto! Ah Signore, per fortuna che non gli hai preso la mano!

- Frank? Stella, rispondimi… era per questo che non mi hai chiamata? –

Nel frattempo Janet si era avvicinata e ora lo guardava preoccupata.
O finta preoccupata. In fondo a lei Frank non piaceva neppure poi tanto, ma nessuno l’aveva mai rifiutata e umiliata in questa maniera.
Doveva fargliela pagare. Non sapeva nulla di loro due, ovviamente.
Per questo la sua vendetta era molto più dura di quanto ella stessa potesse immaginare: pensava di far fare una brutta figura a Frank di fronte ai suoi amici, ma in realtà stava picconando senza pietà il cuore si Gerard.

Gee… che cazzo stai facendo??? Ha la ragazza, non vedi? Prendi e vai, per piacere. Non ti mettere in mezzo.

- Ehm, beh allora vi lascio soli… io magari torno a casa. Ci sentiamo un’altra volta… -

“Un’altra volta, Gee?? Ma stai dando i numeri?? Così corri anche il rischio di saltargli addosso?? Per l’amor del cielo, Gerard, per l’amor del cielo…”

Frank era disperato.
Non gliene fregava niente di rispondere male a quella Janet, magari dicendole anche che sì, era gay e stava uscendo con un uomo e che quindi non doveva rompere il cazzo e che non l’avrebbe chiamata comunque, nemmeno se fosse stato bene, come in effetti era in realtà.
Ma con Mikey lì che lo guardava come avrebbe potuto? Non sapeva nemmeno lui quello che c’era o che stava crescendo tra loro due, come avrebbe fatto a spiegarglielo, lui che era il suo migliore amico e pure, come se non bastasse, il fratello del ragazzo che lo aveva appena baciato? No, non poteva. Doveva escogitare qualcosa.
E poi l’uscita di Gerard gli arrivò alle orecchie… e ne comprese il significato.

- Nononono, aspetta Gerard. Dovevamo andare a prendere qualcosa assieme per pranzo e ci andremo. Punto. Poi, Janet… punto primo: se volevi tanto vedermi avresti potuto chiamarmi tu, sono passate due settimane per Dio! Quindi non venirmi qua a rompere tanto, spuntando dal nulla come se fossi la mia ragazza, perché, guarda un po’, non lo sei… -

“…. Non è la sua ragazza… non lo è… brindiamo alla dolce notizia, Gee!!”

- … punto secondo: se non ti ho chiamato vuol dire che c’era un motivo, e questo motivo è che non me ne frega poi molto di continuare a frequentarti; non lo abbiamo mai fatto e mai lo faremo, anche perché, in fondo, non frega un cazzo nemmeno a te, ammettilo. Punto terzo: da chi hai saputo che stavo male?? -

- Io… ho visto Mikey qua sotto che stava per salire da te e… -

- E mi ha estorto le parole di bocca, Frankie, scusa. Non la conosco nemmeno… Non dovevo… -

“Ah-ah, ecco il perché della faccia sconvolta! Mikes, nerd com’è, non è abituato alle moine delle ragazze… deve averlo accarezzato per benino per farsi dire quello che voleva… in fondo dovevi aspettartelo, Frank… è conosciuta per essere la peggior zoccola della scuola! Elementare, Watson.”

Tra Frank che urlava contro alla ragazza, indignata di fronte a lui, e Mikey che si scusava e si tirava su gli occhiali che gli scendevano dal naso, Gerard era senza parole.
Un po’ guardava suo fratello, a disagio e, povero, non poteva non capirlo.
Un po’ guardava la ragazza, e non capiva invece come mai Frank la stesse rifiutando in quel modo… non era la sua morosa, ok, ma erano usciti assieme almeno una volta e questo significava che a lui piacevano le ragazze, e lei era bella. Non se ne intendeva molto, era da un po’ che non ci badava più, ma lei era oggettivamente bella.
Una di quelle classiche modelle che rientrano nei sogni di ogni adolescente comune.
Ma forse Frank non era poi così comune.
Poi Janet si voltò e ancheggiando si diresse verso un maggiolino rosa parcheggiato qualche metro più in là.
Si era perso gli ultimi sviluppi.

- Oh, finalmente. Scusa ma non ho idea del perché sia venuta… veramente, mi dispiace. Cazzo, adesso ho ancora più fame di prima! –

Gerard sorrise. No, Frank non era per niente comune.

- Scusa Frankie, non dovevo lasciarmi imbambolare da quella… ero venuto per vedere se stavi meglio e perché mio fratello mi aveva lasciato un biglietto dicendo che veniva da te. Non volevo disturbare. –

- Macchè, Mikes! Non ti preoccupare, immagino sia stata dura per te, ah? Con una come lei… beh… noi stavamo andando a prendere qualcosa per pranzo… vuoi venire anche tu? –

“Idiota che non sei altro! Vuoi rimanere da solo con Gee sì o no??? Magari così gli spieghi... cosa lo inviti con voi???

Gerard rimaneva in silenzio. In realtà pregava che Mikey rispondesse negativamente all’invito.
Come Frank, d’altro canto.

- Beh, grazie dell’invito ragazzi, ma avevo promesso a Sean che sarei andato da lui oggi. Anzi, sono anche in ritardo. Ci si vede! Ah, Gee, manda un messaggio alla mamma se rimani fuori. Ha detto che sarebbe venuta a casa a prepararti il pranzo visto che io sono via e tu non sai cucinare. Bon, ciao. Divertitevi. –

- Sì, beh.. ok. Grazie Mikes… adesso la avverto. Ciao. –

“Figura di merda, figura di merda colossale, figura di merda colossalmente colossale. Avverti la mamma… manco avessi 6 anni… e divertitevi??? Okok, non pensare ai modi con cui potremmo divertirci, da bravo… “

- Beh, andiamo allora, cosa ne dici? Rischio veramente di morire di fame…. –

Gerard lo prese per una spalla, neutrale, un gesto tra amici, e lo diresse verso la sua macchina sgangherata.

- Non è un granché di auto, ma almeno si trascina avanti… Sali. –

Però Frank, prima di salire, si guardò attorno e si assicurò di vedere Mikey sparire dietro l’angolo per poi, più tranquillo, prendere posto sul sedile. Quello stesso sedile.
Gerard nel frattempo stava girando la chiave per mettere in moto quando si vide prendere per mano dal più piccolo.
Si voltò, preoccupato e lo vide avvicinarsi a lui, sentendosi attraversato da quello sguardo che entrava nei suoi occhi e gli scrutava il cuore, l’anima.

- Ho visto prima come mi guardavi e come guardavi lei. È vero, l’ho portata a letto, è stato due settimane fa. Ma già quella sera non mi interessava più di tanto.
Era solo… sesso, capisci? Non so perché ti sto dicendo queste cose, ma mi sembra… ecco… mi sentivo in dovere di togliere qualche dubbio dopo quello che è successo.. tra noi.
Non so cosa sia, non so come prenderla, ma so che Janet non conta… ehm… ok? Mi dispiace che sia uscita così… -

A vederlo così vicino, a sussurrargli queste cose con voce strozzata e con la verità che si scioglieva nelle iridi castane, Gerard sentì un brivido corrergli lungo le braccia, le gambe, il collo, la schiena.

- Ehm… capisco. Non… serve che ti scusi. Non so nemmeno io cosa sia… e… e posso capirti, veramente. Non serve che dici altro. Va bene così… -

Ma il momento era troppo bello per essere mantenuto tale: la fame di Frank reclamò attenzione con un ringhio feroce, costringendo il ragazzo a premere le braccia sullo stomaco, in modo da attutirne il rumore, imbarazzato.

- Sì signore! La porto a mangiare! –

E ridendo di gusto mise in moto e fluido serpeggiò per le strade in cerca di un buon locale dove portare a pranzo la sua donzella.
Doveva essere un posto intimo, dove potevano stare tranquilli e soprattutto non visti.
Dovettero uscire dalla cittadina e spingersi fuori fino a quando non raggiunsero un piccolo locale rustico appena segnalato da un insegna luminosa ormai spenta.

- Non ci sono mai stato qui… cosa dici? Potrebbe bastare a placare la belva che ti ritrovi nella pancia? –

- Ormai penso vada bene qualsiasi cosa! Ma… a te va bene come posto? –

- Basta che facciano caffè e sono a posto, non ti preoccupare. –

Gerard si voltò e gli fece l’occhiolino, Frank lo guardò e gli mostrò la lingua.
Si stupivano ogni minuto di più della complicità che c’era tra loro, loro che non si erano mai propriamente parlati, non erano mai usciti per una birra, non erano mai andati ad un concerto assieme.
Loro che non erano amici.
Eppure si trovavano bene.
Eppure si sentivano come vecchi compagni che si ritrovano dopo tanto tempo.
È difficile nella vita trovare un’anima così affine alla propria, e loro lo stavano capendo a poco a poco.

Una volta entrati, scoprirono il locale vuoto, se non per un camionista fermo in pausa pranzo e la vecchia signora che serviva ai tavoli.
Il posto era da cartolina: un vecchio fast-food degli anni ’50, con juke-box, sgabelli al bancone e poster della Coca-Cola alle pareti.
Una musica leggera si diffondeva dalle casse: la voce inconfondibile di Buddy Holly che li invitava a sedersi comodi e rilassarsi.
Presero posto nel tavolino più distante possibile, dietro ad un séparé di carta riso con l’immagine di Marilyn e ordinarono alla signora anziana, che dopo poco tempo si presentò con un vassoio in legno contenente le loro ordinazioni.
Sembrava quasi di conoscerla quella signora dai capelli bianchi e dalla figura esile; se avesse avuto in mano una cartellina di plastica al posto del vassoio sarebbe stata uguale in tutto e per tutto alla segretaria del telefilm Saranno Famosi degli anni ‘80… eggià, sembrava proprio lei.
Gerard si portò alla bocca la tazza di caffè bollente, venendo investito dal suo caldo aroma e inspirandolo a pieni polmoni.
E nel frattempo guardava Frank, che allungava le mani su qualsiasi cosa commestibile fosse presente sul tavolo.

- Caspita, è molto più buono di quello che mi sarei preparato io oggi. Adesso che lo sappiamo potremmo venire più spesso….. –
Si soffocò con un boccone per l’audacia delle sue parole.

- … se ne hai voglia, ovviamente. –

- Il caffè non è male. Ne vale la pena… -

E lasciò cadere il discorso.
Se possibile era ancora più imbarazzato di Frank, che ora mangiava in silenzio senza alzare gli occhi dal piatto, concentrato su come masticare ed inghiottire senza attentare alle propria vita.
Gerard posò la tazzina vuota e distese le braccia sul tavolo, fingendo di guardare fuori dalla finestra e invece continuando a non staccare lo sguardo da Frank con la coda dell’occhio.
In questi momenti così… umani, ai suoi occhi risultava ancora più straordinario di quando gli sorrideva come un bambino, di quando lo prendeva in giro perché sembravano due ebeti, di quando indossava quella maglietta gialla. E non poteva fare a meno di ridere al pensiero che un giorno solo con quel ragazzo gli avesse scombussolato a tal punto il cervello.
Si girò nuovamente verso di lui e lo osservò mangiare, il sorriso ancora presente sulle sue labbra.

- Sai Frank… hai ragione. Potremmo venirci più spesso adesso che lo sappiamo. -

Con il cibo ancora in bocca, Frank alzò il capo e lo ringraziò con gli occhi, gli sorrise con gli occhi. Lo fece suo con essi. Definitivamente.



Una volta finito di pranzare, i due si persero a parlare di tutto e di niente, osservando il cielo che, fuori dalla finestra, piano piano si stava ingrigendo, e le foglie che, sospinte da una brezza nuova, prendevano il volo.
Dalla radio, lo speaker di un’emittente locale annunciava l’arrivo di un temporale in città. Un temporale bello grosso, anche.
Frank si alzò per pagare: anche se gli sarebbe piaciuto rimanere bloccato lì per l’eternità in compagnia di Gerard, si ricordava che il brutto tempo lo aveva sempre reso nervoso, e che avrebbe preferito essere a casa, piuttosto che in quel locale o chiuso in macchina con la pioggia che frusta i finestrini.

- Hey, aspetta. Pago io! Ti ho invitato io a pranzo fuori, tocca a me. –

Ma Frank non gli diede retta, e agitando con noncuranza la mano, si diresse dalla signora al bancone.
Anche Gerard si alzò, raccolse le chiavi dal tavolo e si avvicinò al più piccolo, posandogli delicatamente una mano sulla schiena.

- Beh, grazie allora. La prossima volta offro io. –

- Ci mancherebbe altro! Dopo tutto quello che hai fatto per me! Arrivederci signora, alla prossima! –

E con la mano di Gerard ancora sulla schiena, uscirono dal locale.
Qualche goccia tamburellava già sul cofano della macchina, il cielo ormai nero che li sovrastava, la strada deserta che li invitava a tornare a casa.



Se siete arrivate fin qua, vi ringrazio con tutto il cuore! Ditemi cosa ne pensate, così mi aiutate a migliorare ;)
Baci
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