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Autore: CriminalDanage    22/04/2011    2 recensioni
{Cozart/Giotto)
Cozart e Giotto si vedono davvero raramente, ma questo ostacolo non serve a sminuire i sentimenti che provano l'uno per l'altro. Di fronte ai continui sacrifici che Cozart pone su se stesso, Giotto ha da ridire.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Giotto, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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If eternity knows what manner of darkness
and when pain will vanish,
then that way, you shall taint me
i looked always to yesterday, to the castles in the sky
when will i be able to follow them?”

 

 

Il cielo non era mai stato così bello.

Non aveva importanza trovarsi in un luogo conosciuto o meno, l’importante era avere Giotto vicino; erano quelli i momenti in cui, anche senza la felicità nel cuore, riusciva ugualmente a pensare positivo.

In qualche modo, il cielo con lui diventava bello anche quando non c’era il sole, proprio come in quella giornata d’autunno.

 Quel giorno era tinto di un leggero grigiore che caratterizzava le giornate autunnali; una leggera brezza scuoteva le fronde degli alberi. Cozart, seduto su un ramo dell’albero affacciato sulla finestra dell’ufficio del boss, rimirava il panorama, e allo stesso tempo osservava Giotto stesso, talmente preso dal lavoro da non essersi accorto della sua silenziosa presenza.

 

Quanti giorni erano passati dall’ultima volta che l’aveva visto?

Giorni? Settimane! O forse era già passato più di un mese?

Nel momento esatto in cui si trovò a spostare il capo per adocchiare un paio di uccellini che cinguettavano nel nido sul ramo a fianco, una voce a dir poco familiare richiamò la sua attenzione - non era difficile capire che si trattava niente poco di meno di Giotto.

Cozart non si scompose al richiamo dell’amico, bensì sollevò il braccio gesticolando un saluto, calandosi abilmente giù dall’albero e avvicinandosi alla finestra dove Giotto si era affacciato per chiamarlo.

«Sei arrivato da molto tempo?» Domandò incuriosito, rivolgendogli un sorriso caloroso.

Cozart mentì, scuotendo la testa e avvicinandosi al davanzale della finestra. Subito Giotto notò alcune ferite sulla guancia e sul braccio del rosso; istintivamente lo squadrò torvo.

 «Non è come pensi! Ho solo aiutato una ragazzina a prendere il suo gatto che era scappato su un albero … E sono caduto! »

 Era evidente che quella frase suonasse più come una scusa - non che fosse il tipo di persona propensa a dire bugie - ma quando si trattava di Giotto Cozart aveva imparato a dosare bene le parole; o forse non così bene come pensava, a giudicare dalla reazione del biondo.

 

 

«Hai attaccato briga con qualcuno?»

 Si trovavano entrambi seduti sul divano del salotto in casa di Giotto; quest’ultimo continuava a tamponare con del cotone imbevuto di disinfettante le ferite sul bel viso dell’altro, che, a dispetto delle occhiate quasi severe rivoltegli, rideva.

 «Potrei offendermi! Sai che non sono mai il primo ad attaccare; semplicemente ho fatto quello che ritenevo giusto.»

 L’aveva sentita parecchie volte quella risposta - quelle parole alle quali non riusciva mai a ribattere, perché in fondo sapeva che Cozart non era una persona che andava a cercarsele; quindi gli credette.

 

Fece per alzarsi, ma lo bloccò, stringendo fra le proprie mani quella di Giotto, leggermente più piccola e dalla pelle troppo morbida per essere la mano di un uomo, a differenza delle sua che era coperta in più parti da calli e bruciature.

«Ho sentito la tua mancanza in questo periodo, non ti sei nemmeno degnato di scrivermi una lettera … » nonostante la frase potesse sembrare accusatoria, Cozart aveva le labbra inclinate nel suo immancabile, bellissimo sorriso.

Giotto sospirò; le mani erano così calde che quasi gli sembrò di avvertire l’estate sulla propria pelle. Si era reso conto da solo che gli impegni che poco per volta era andato avanti a costruirsi avevano iniziato a rubargli gran parte dei momenti tranquilli della sua vita, che per la maggior parte consistevano nel stare con Cozart, proprio come in quel momento.

 

 «Mi dispiace.» Sussurrò.

Cozart, per fargli capire che in fondo non ce l’aveva con lui, portò la mano di Giotto alle proprie labbra e e baciò il dorso, proprio come farebbe un gentiluomo con una ragazza.

Il ragazzo biondo increspò le labbra, mentre un lieve rossore gli tinse le guance; quella avrebbe dovuto essere l’espressione corrucciata di Giotto, ma Cozart non riuscì a far a meno di trovarlo immensamente adorabile.

Ovviamente non gliel’avrebbe mai detto; ogni volta che si lasciava sfuggire complimenti del genere, lui si arrabbiava o non gli rivolgeva più la parola, il tutto per dieci minuti massimi. Giotto era fatto così!

Approfittando dell’abbassamento di guardia di Giotto, Cozart gli poggiò una mano sul petto, spingendolo all’indietro sul divano e beandosi della sua bellissima espressione, mista fra dolcezza e sorpresa per il gesto improvviso. Entrambe le mani di Cozart andarono a poggiarsi ai lati della testa di Giotto, sul divano, come a volerlo intrappolare.

 

Rinchiudere in una gabbia Giotto, proprio come un uccellino.

 

Forse il suo fu un pensiero un po’ deviante, ma per non perderlo aveva come la netta sensazione che sarebbe potuto arrivare anche a quei livelli. Giotto però amava stare in mezzo alla gente, amava essere libero ed in fondo era qualcosa che gli aspettava di diritto.

Ma ogni tanto anche una persona come Cozart era in grado di fare ragionamenti così egoisti - succede quando hai qualcosa o qualcuno per cui vale la pena esserlo.

«E’ solo che … non so quando ci potremo rivedere... Diciamo che mi sono lasciato prendere dalla malinconia.»

Ammise accarezzando il viso del ragazzo sotto di sé con una mano, seguendo quel gesto con un bacio a stampo sulle labbra.

Seguì un minuto di silenzio, durante il quale ci fu un rapido scambio di sguardi. Il ragazzo biondo sospirò, passando un braccio dietro al collo di Cozart ed obbligandolo a abbassarsi, in modo da poter far incontrare nuovamente  le loro labbra.

Lui non si oppose: desiderava più di qualsiasi altra cosa quel contatto, e quando era Giotto a dargli la possibilità di averlo, non riusciva a far altro che accettare, incorniciando il suo bel volto con una mano e lasciando guizzare la propria lingua nella bocca dell'altro, avvertendo la sua ricambiare, come in una timida danza di cui conosceva appena i passi.

Quel baciò sembro non aver fine; Giotto ansimò più volte contro la bocca del rosso, lasciandosi sfuggire un rigo di saliva lungo il mento.

« Ti … sarai accorto che c’è qualcosa che non va nel tuo gruppo, che c’è un Traditore.»

Quelle parole arrivarono in un sussurro all’orecchio di Giotto, mentre la mano di Cozart era occupata a sbottonargli il gilet, seguito dalla camicia.

 Lui annuì. Nell’ultimo periodo i suoi Guardiani si erano adoperati per cercar di capire cosa stesse succedendo, ma non si sarebbe mai aspettato che si sarebbe parlato di un conflitto interno, tanto meno causato da una persona in cui aveva riposto la sua massima fiducia, nella quale,dopotutto, ancora adesso la riponeva.

Avrebbe anche parlato, se solo le labbra di Cozart scese a baciargli il petto non gli avessero levato le parole di bocca. Istintivamente espose di più il petto contro l’altro, che nel frattempo percorreva i fianchi di Giotto con carezze lente, sorridendo nel vederlo inarcarsi a quel trattamento.

« Comportarti come sempre, hai capito?»

Mai trovò come allora insopportabili le parole pronunciate da Cozart. Sapere che lui rischiava la vita per aiutarlo non gli permetteva di comportarsi in modo arrendevole ed accettare la realtà, non faceva parte dei suoi modi di fare, a dirla tutta.

« Vuoi essere picchiato, Cozart?» Gli domandò tutto d’un tratto, senza esser in grado di nascondere il broncio sul viso. Il ragazzo dai capelli rossi si lasciò sfuggire una breve risata, posando un bacio sulla fronte di Giotto.

 Era evidente che si fosse arrabbiato; succedeva ogni volta che cercava di prendere una decisione da solo, anche quando si trattava del bene di Giotto.

 

Si mise a sedere, attendendo che Giotto facesse lo stesso, sentendosi poco pronto a dover affrontare una discussione con il biondo, seppur in quel momento la determinazione che aveva letto nei suoi occhi non poté fargli cambiare minimamente idea.

«Siamo sempre lontani, nemmeno Dio sa quando sarà la prossima volta che ci vedremo … E tu butti la tua vita in questo modo? » Giotto sembrava davvero provato da quella situazione, tanto che non riusciva nemmeno a guardare in viso l’altro, che invece sorrideva sereno.

«Giotto, non è buttare via la mia vita. Quando voglio so essere più testardo di te, lo sai. Se non vuoi vedere la situazione in maniera razionale, devi almeno farlo per la nostra amicizia.»

Era solito accettare le parole di Cozart, anche quando facevano male. Seppur coetanei, per lui era sempre stato collocato un gradino più in alto di lui, maturità parlando.

Seppur i loro destini si fossero in parte divisi, i loro scopi erano pressoché simili; le lettere che riceveva periodicamente Giotto le conservava sempre, visto che erano l’unico modo per avere sempre con se Cozart,anche quando non c’era.

Il ragazzo dai capelli rossi si alzò in piedi, sistemandosi la giacca sulle spalle e lanciando un sorriso a Giotto, che nel frattempo si era messo a sedere, fissandolo con un lieve broncio.

« Non ti chiedo di fare promesse che non puoi mantenere …»

«Quando mai non ho mantenuto una promessa?»

Rispose  Cozart interrompendo la frase di Giotto, accigliandosi. Miracolosamente riuscì persino a zittirlo.

«E’ esattamente come tutte le altre volte, sbrigo i miei affari e torno. Tu invece pensa alla tua Famiglia, sono sicuro che G. farà un ottimo lavoro nel darti una mano.»

Lo liquidò con quella frase, sistemandosi la giacca per rendersi presentabile, mentre Giotto si sollevò in piedi, avvicinandosi alla finestra da dove Cozart poco prima era entrato.

«L’importante è che torni sano e salvo.»

Lo affiancò, piegandosi leggermente in avanti, con le braccia conserte sul davanzale.

«E’ lo stesso per te.»

Il silenzio che andò a crearsi fu rotto dal  versetto di sorpresa emesso da Cozart quando Giotto appoggiò il capo sulla sua spalla.

«Voglio sentirti, scrivimi spesso.» Mormorò con un misto di preoccupazione e disperazione il Boss dei Vongola, osservando Cozart che sfuggiva al suo abbraccio, per poter risalire sul davanzale della finestra.

 Non riuscì a vedergli perfettamente il viso - il sole sembrò improvvisamente essersi fatto accecante - ma fu quasi sicuro di intravedere un’espressione malinconica.

 

«A presto, Giotto.»

La sua mano sfiorò gentilmente il capo di Giotto, scompigliando con affetto i suoi capelli biondi, per poi ritirarsi e sparire al di là della finestra, al di là del Maniero, al di là di qualsiasi sua fonte visiva.

Sospirò, quasi trascinando il proprio corpo alla scrivania, con in testa ancora le stesse preoccupazioni, lo sguardo di Cozart prima del loro ennesimo addio.

 

Poco più in là, nelle strette vie del borgo, Cozart si avviò verso il porto. Non avrebbe fallito, lo avrebbe fatto soprattutto per lui, lo avrebbe protetto anche se fossero stati a distanze enormi.

Portò una mano alla tasca dei pantaloni, sorridendo in modo amaro quando afferrò fra le mani un anello che aveva comprato settimane fa per Giotto.

 Non era niente di speciale, un comunissimo anello con una piccola pietra azzurra - sicuramente non si trattava di una pietra preziosa - ma gli ricordava così tanto il cielo che quando l’aveva visto, subito l’aveva associato a Giotto.

Gli avrebbe dato quell’anello la prossima volta. Nel frattempo sarebbe sopravvissuto.

Sapeva che ci sarebbe stata una prossima volta.

   
 
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