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Autore: Little Cookie    22/04/2011    2 recensioni
Per prima cosa vorrei fare una breve introduzione a ciò che sto per raccontare. Questa è sicuramente la prima volta che tento di mettere un sogno per iscritto, perché è stato quello che senz'altro mi ha colpita più di tutti. Innanzi tutto perché a tratti era confuso e talvolta ripetitivo e poi perché ha avuto un suo sviluppo e ne è uscita fuori una bella storia.
Non solo: con questo voglio parlare del mio amore per Steven Tyler e gli Aerosmith, perché li amo sul serio!!
Tutte le cose che ho scritto sono frutto della mia fantasia... anche se devo ammettere che parecche cose sono vere xD
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera sarebbe stata significante per me, sotto tutti i punti di vista. Finalmente io e Steven eravamo soli in un posto, se posso dire… romantico. E che posto! “Allora, tesoro… che ne dici?” mi chiese in tono di voce debole. Io rimasi attonita. Quel posto era veramente fantastico! “Steven! Sono senza parole! Mi piace da morire! Che bello!”. Lo abbracciai dalla gioia che provavo in quell’istante. Però, forse mi credete pazza, ma ad ogni contatto, anche fisico, con Steven provavo dei brividi in corpo. Io lo vedevo come qualcuno che era più di un amico e di un padre. Chi era allora lui per me? Oddio… aiuto. Sto pensiero era come una droga!
“Come ti avevo preannunciato, questo luogo ha un valore importante per me e per gli altri Aerosmith. Qui siamo a Lake Sunapee, e Sunapee è dove ci siamo formati. Ho sempre adorato questo posto. Ed è per questo che mi sembrava giusto mostrartelo”. Dopo queste parole, gli sorrisi e mi faceva piacere il fatto che mi rendesse partecipe della sua vita. Io ho sempre cercato di stare il più possibile sulle mie, sono una persona timida, introversa, che talvolta tende ad isolarsi, ma amo le persone come Steven che hanno un ottimo modo di porsi alle persone e di conseguenza sto bene quando ci comunico. Io amo comunicare con le persone che mi trasmettono qualcosa. Per questo anche il mio modo di rapportarmi con gli altri è senz’altro più alla mano.
Era buio… Steven mi mise il braccio attorno alla vita. Cazzo! Ma lo faceva apposta? “Guarda che meraviglia qui, cara. Mi porta con la mente verso tutti i miei ricordi della gioventù. Aaah, semplicemente magnifico”. Tutto era perfetto, complice il panorama mozzafiato. Io e Steven eravamo l’uno vicinissimo all’altra ad ammirare qualcosa di veramente bello: “Hey, non so te, ma io ho una fame da lupi!” esclamò Steven. “Ti va di mangiare un boccone?” aggiunse. Io acconsentii e così ci avviammo verso il più vicino luogo di ristorazione. Dopo un po’ di tempo riuscimmo a trovare un elegante ristorante che offriva varie specialità denominato The Anchorage. Entrambi alla fine decidemmo che cosa ordinare e nonostante il ristorante fosse gremito, ci servirono abbastanza in fretta. La nostra cena cominciò piuttosto bene direi: io e Steven ci stavamo godendo un momento assieme e mi faceva piacere. Stavo bene. E penso anche lui. Tutta la sera non ho schiodato i miei occhi dal suo viso. Lo fissavo perfino mentre mangiava. Io non mangiai molto quella sera, come sempre del resto, ma in quel momento incombeva un pensiero in particolare all’interno della mia mente: gemello… la storia del gemello con Joe, tant’è vero che presi coraggio e feci la fatidica domanda, anche se sapevo che non era il momento adatto e che probabilmente avrei rischiato di rovinare una serata così bella: “Steven, ascoltami un attimo…”. Lui rispose: “Dimmi”. Sospirai e mi grattai una mano, dopodiché mi sistemai il braccialetto: “Mi potresti spiegare la storia del gemello con Joe?”. Il suo sguardo cambio radicalmente e i suoi occhi quasi si spalancarono. Si schiarì la voce per poi dire: “E’ una serata troppo bella. Posso parlartene dopo?”. Io storsi il labbro: “Posso accettare a condizione che mi spieghi ogni cosa sinceramente. La verità Steven, tutta la verità”. Lui annuì, ma avevo notato che era qualcosa che non era bello da raccontare.
Per la tensione, non terminai nemmeno la mia porzione di cibo… infondo c’è un’altra cosa che voi lettori scoprirete più in là… Dopo aver cenato, ci alzammo e Steven pagò il conto per entrambi:” Ma no! Steven! Perché lo hai fatto?”. Lui scosse la testa: “Sei la mia ospite, cara. Ed è giusto così” e sorrise. Io gli diedi un bacio sulla guancia in segno di ringraziamento.
Uscimmo dal ristorante ed andammo a fare un’ulteriore passeggiata. La luna era piena, il posto tranquillo e l’atmosfera… magica. Perché? Perché ora doveva arrivare il momento brutto tanto atteso a rovinare tutto? Quindi per evitare di avere ancora il cuore in gola toccai la spalla a Steven e gli feci cenno di parlare: “Avanti, coraggio”. Steven fece un bel respiro e iniziò la narrazione: “Tanto tempo fa, io e Joe avevamo assunto questo nomignolo perché soffrivamo di un grave problema: la droga. E così cominciarono a soprannominarci toxic twins”. Il mio cuore salì il gola e il mio fiato quasi fu mozzato dopo queste parole. No! Non poteva essere vero! No, no! “Ed è per questo che, dunque, ci è stato affibbiato questo soprannome. Proprio per i nostri problemi di droga. Ma ora è tutto finito. Grazie a Dio!” continuò Steven. Ero incredula e per lo stupore mi sentivo tremare tutta da capo a piedi. Ciò che mi colpì maggiormente fu la sua disinvoltura nel raccontare la faccenda. Ci volle un po’ prima di riprendermi, ma alla fine riuscii a proferire parola: “Steven! E avevi intenzione di nascondermi sta storia ancora a lungo?”. Lui chiuse gli occhi e si mise le mani nei capelli: “Dio, Dio, Dio se sono stato stupido! Avrei dovuto dirtelo! Ma come facevo?”. Iniziai ad alzare la voce: “Dio, Steven! Perché? E’ un episodio troppo serio per poterlo tenere nascosto!”. Mi fece cenno di calmarmi, ma non riuscivo a dargli retta neppure minimamente. Ero troppo agitata. Per fortuna che non c’era nessuno nei paraggi. Alla fine decidemmo di andare verso la macchina e continuammo lì il nostro dibattito: “Non ci posso credere! Steven dovevi dirmelo! Dovevi dirmelo!”. Lui scosse la testa: “Non potevo! Non potevo farlo! E non volevo…”. Lo guardai sconcertata: “E perché mai?”. Steven prese fiato e tirò un sospiro: “Non volevo rovinare ciò che avevamo costruito e avevo paura che mi avresti odiato. Cazzo! Questo era proprio il momento più sbagliato per farlo uscire fuori…”. Si spostò i capelli dal volto. No, non potevo odiarlo… Ancora adesso che aveva vuotato il sacco, sentivo che c’era qualcosa che lo turbava. La sua vita dev’essere stata tutt’altro che idilliaca: “Steven, no. Non ce la farei mai”. Lui si voltò verso di me e poi nuovamente verso la strada: “Non potrei mai odiarti. Ma tu dovevi dirmelo” aggiunsi. Lui annuì: “Hai perfettamente ragione. Mi sono comportato da vero vigliacco. Avrei dovuto essere sincero con te da subito. Sicuramente adesso starai pensando che sono uno stronzo e che non ti puoi fidare più di me”. Scossi la testa. Nonostante tutto continuavo a volergli bene e sapevo che non era uno stronzo. Avevo quindi deciso di offrirgli un’ulteriore possibilità. Steven mi ringraziò ed era davvero sollevato. Poi, mentre teneva il volante con una mano, con l’altra mi fece una carezza.
Dopo un po’ giungemmo a casa. Entrambi eravamo parecchio stanchi e, dopo esserci lavati e sistemati, ci preparammo per andare a dormire.

   
 
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