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Autore: Jericho XVIII    23/04/2011    0 recensioni
Fondamentalmente, questa raccolta non ha senso.
Telosphobia. La paura dell'ultimo, di esserlo, di diventarlo. La paura di finire. Il terrore di una mente, di una fantasia, che impazzisce perché non vuole esaurirsi. E quindi scrive.
In generale sono original, ma a volte è presa libera ispirazione da film/libri/mitologia/musica ed altro; tuttavia nessun racconto può venire considerato una fanfic perché potrebbe parlare di chiunque. Per lo più sono brevi, a volte brevissime, altre invece potrebbero dilungarsi per più capitoli.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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« E inorridito si ritrasse il Male quando scoprì quanto osceno fosse il bene »


Deubris.
Non è un caso che abbia tanti nomi. È un demone. Un assassino. Il male. No, peggio: il male che ha rinnegato se stesso pur di controllarsi. Non è più male. È dunque bene? Lui non lo sa. Lui ora ha volontà. E sceglie volta per volta.

Aum.
La normale propensione di un demone verso la malvagità pare difficile da sradicare; lui è la prova che ciò è impossibile. Per capire cosa ha in mente bisogna capire chi era. Era un demone. Una creatura fatta di caos e male insieme, un misto, un'impurità, il risultato di un connubio perfettamente riuscito, maledetto e sbagliato, matrice di mondi imperfetti. Perciò senza controllo. Non ha potere, un demone, è onnipotente ed al contempo schiavo delle proprie voglie: cioè prigioniero dei suoi bisogni. Incapace di scegliere. Non si creda che chi agisce per distruggere sia più libero di vincoli di un eroe incatenato dal rispetto: no, essi esistono allo stesso modo, l'uno perché vittima di restrizioni scelte, l'altro perché privo, nolente, delle stesse. E questo lui l'aveva capito.

Yumi.
L'oscurità che si separa da se stessa. Che si nega per rinascere, per avere di nuovo forma. Il demone torna alla vita, ma perché? Se non ricorda nulla non gli rimane che l'istinto, ed è per esso che ora egli agisce, guidato dalle stesse cose che lo asservivano prima, ma con l'enorme differenza di scegliere un suo padrone. Libertà? Non la cerca. Non sa a cosa serva, la libertà. Egli persegue i suoi ideali. Li ha? No. Li cerca? No. Vive. Padrone finalmente di sé, o meglio, padrone di rendersi schiavo, vive. E si diverte. E sta cercando qualcuno.
Non è l'inerzia dunque che lo fa andare avanti, ma qualcosa di più grande; moralmente affiliato al chaos, proprietario di un'oscurità, è perennemente diviso tra il sé rinchiuso nella spada che porta al fianco e ciò che vuole lui stesso, come se ormai fossero per sempre divisi, come se ormai fossero per sempre diversi.

Astaroth.
Non capisce. Non capisce cosa sia successo. Perché ciò che cerca e ciò che si trova nella spada si somigliano molto; lui li ama con la stessa forza. Amare? Amore? Cosa vuol dire? Una spinta di desiderio, bramosia, la stessa che si prova davanti alla purezza da distruggere, ma la più forte, l'unica fra tutte. Normalmente è lucido, pensa, agisce, obbedisce, ordina. Si circonda di demoni, si diverte a crearli e a distruggerli, li fa suoi, li libera, si allena, si potenzia, ma spesso non ne trova il senso, guarda quella spada e si chiede se sia veramente lui a soffrire lì dentro o se ci sia qualcos'altro che non conosce a vivere - a non-vivere - dentro quel fodero. Affronta con gelida calma ogni cosa, ma quando si tratta di aprire quel sigillo, di perdersi in quell'ambrosia infernale della sua vera essenza, lo colgono inesorabilmente due paure uguali ed opposte: quella di non riuscire più a guardare quegli occhi, i suoi altri occhi, i suoi veri occhi, del colore del baratro di incoscienza che ha rinnegato per avere il diritto di vederlo. È un magnifico ingannarsi, un magnifico ingannare, una vertigine assassina che sta nel chiedersi...
... “Chi sono?”

Chawore.
Può uccidere senza battere un ciglio, salvare allo stesso modo, ridere crudelmente o farlo davvero, può amare, può odiare, ma è tutto al suo interno, tutto soffocato in un corpo inadatto, in un corpo fragile scudo di un'essenza distruttrice indistruttibile, amante della perfezione, sposa della distruzione, sorella della tragedia e figlia della malignità, un'arte nascosta, ballerina, controversa, che emerge ogni volta che può, che si spegne altrettanto facilmente. Vittima di ogni peccato immaginabile, carnefice altrui tramite i medesimi; non segue il più forte ma chi non capisce, ed è per questo che non si perderà mai. Di certo non chiede a nessuno consigli, non cerca amici, non li troverebbe comunque: tuttavia insegue qualcosa, qualcuno, un'idea, forse, un sogno, un ricordo, non sarebbe giusto domandarlo ed è lui per primo ad evitare di farlo; ad ogni modo va avanti con questo scopo e si comporta in base ad esso a prescindere da ogni dovere morale o di fedeltà. Non ha alleati oltre i suoi demoni, né li chiede, ma certo non fa distinzioni tra nemici ed amici quando c'è qualcosa ad ostacolare il suo dovere, e questo fa di lui una pedina particolarmente intrattabile nel grande disegno di chi occasionalmente si trova a direzionarlo. Non è una marionetta; se avesse voluto restare tale, l'avrebbe fatto da demone. È una cosa che chiunque si trovi ad avere a che fare con lui dovrebbe tenere bene in mente, perché è in questo che consiste la vera perversione del demone: l'irrazionalità del contraddirsi lo farebbe molto più umano di quanto non vorrebbe, ma egli ne esce magistralmente, semplicemente perché questo caos che spodesta gli elementi lui, almeno per quanto lo concerne, lo sa controllare.

  
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