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Autore: Yoshiko    06/02/2006    2 recensioni
+++++ Storia aggiornata +++++
Durante il rigido inverno dell'Hokkaido, quando la temperatura scende di almeno un paio di decine di gradi sotto lo zero, alcuni giocatori della Nazionale giovanile giapponese sono stati invitati (o piuttosto minacciati da Gabriel Gamo) ad andare in ritiro in una località tranquilla, per cercare di appianare certe incomprensioni interne che rischiano di compromettere l'affiatamento della squadra, nonché per fortificarsi con un sano ed efficace allenamento sulla neve. Ma cosa succede se a questo ritiro prendono parte anche quattro ospiti inattese?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly, Yayoi Aoba/Amy, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Time' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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- 14 -
Fine dei giochi
Prima parte


Evelyn si sentì scuotere e mugolò una protesta nel sonno. Era ancora troppo presto per alzarsi e lo sapeva perché il suo corpo le chiedeva almeno un’altra ora di riposo. Così nascose la testa sotto il cuscino e si scostò da Bruce che le dormiva addosso, un braccio a pesarle su un fianco, il volto affondato tra i capelli. Uno scricchiolio sinistro precedette un’altra scossa. Non fu soltanto Evelyn a ondeggiare, ma lo fece l’intero edificio che cigolò e gemette, oscillando con tutti i suoi occupanti. Una matita, abbandonata sul tavolino, rotolò lungo il ripiano e cadde a terra. Evelyn tornò ad accostarsi al fidanzato e sentì contro il collo il suo respiro profondo. Lei moriva di paura e Bruce continuava a dormire ignaro e beato.
Jenny, sveglia anche lei, teneva gli occhi spalancati sul soffitto. D’istinto cercò la mano di Philip tra le coperte e la strinse, trattenendo il fiato ad osservare la lampada che ondeggiava sulle loro teste. Quando l’oscillazione cessò quasi del tutto, riprese a respirare. Rotolò sulla pancia e si guardò intorno, incrociando gli occhi di Tom, che osservava Bruce continuare a ronfare tranquillo.
-Non sente neanche le cannonate, figuriamoci se si accorge di un terremoto.-
-Ma è finito?- domandò Danny in ansia. Il ryokan gli era sembrato all’improvviso decisamente vecchiotto.
-A quanto pare. Hai paura, Mellow?-
Il ragazzo spostò lo sguardo su Benji che, i gomiti appoggiati sul cuscino e l’espressione impenetrabile, lo puntava con occhi carichi di sarcasmo e compassione.
-Un vero uomo deve affrontare il pericolo a testa alta, senza tremare.- disse Ed, rassicurando il compagno con una pacca sulla schiena così poderosa da stenderlo sul cuscino.
-Già, un vero uomo.- fu d’accordo Benji -Però qui non ne vedo.-
L’orologio segnava appena le sei e diciotto.
-Sei riuscito a offenderci tutti già all’alba. La giornata è iniziata in modo splendido.-
-Una giornata che inizia con un terremoto comincia male per forza, Mark.- Jenny si alzò e aprì le tende, lasciando che la luce del giorno inondasse la stanza.
Holly sbuffò così sonoramente da riportare immediatamente il silenzio.
-Si può sapere cosa avete da rimbeccarvi così presto?-
-Ha insultato anche te!-
-Me ne farò una ragione, Mark.- rispose il capitano con uno sbadiglio che terminò sotto le coperte abbracciando Patty ancora sonnecchiante. Il suo corpo era caldo ma non bollente, forse non aveva la febbre.
-E gli allenam…-
Quel cuscino così ben lanciato troncò la frase di Tom centrandolo in faccia.
-Ma Philip! Avremmo potuto cominciare prima e…-
-Sta’ un po’ zitto!- lo redarguì anche Mark con una seconda cuscinata che andò a segno.
Jenny tornò a sedersi sul futon, accanto al fidanzato.
-Non è ora?-
-No. Holly vuole dormire.-
Philip non fece in tempo a dirlo che la testolina di Patty sgusciò fuori dal tepore del futon e dall’abbraccio del fidanzato. Li guardò divertita mentre si metteva seduta.
-Buongiorno.-
-Tu e Holly non stavate dormendo?-
-Io sono sveglia da un bel po’. Precisamente dalle cinque.-
-Hai sentito il terremoto?- chiese Evelyn -Bruce no, non ha sentito niente.- infatti ancora dormiva, sdraiato al suo fianco.
-Forse è meglio se oggi non andate ad allenarvi.- buttò lì Jenny, perché un pensiero le era nato in testa a tradimento e le era finito sulle labbra quasi per sbaglio.
Holly riemerse di colpo dalle coperte.
-Perché mai?-
-Per le valanghe. Penso che non sarebbe prudente allenarvi nella radura.-
Completamente d’accordo, Philip si chiese come non fosse venuto in mente a lui.
-Jenny ha ragione. È molto meglio evitare, non si sa mai.-
Holly fu pronto a vederli scambiarsi un cenno d’intesa, come se si fossero messi d’accordo per fregarlo. Non accadde, così fece fatica a capire se Philip stesse cercando di evitare gli allenamenti o se allenarsi nella radura costituisse un reale pericolo. Mentre lui rifletteva, la conversazione continuò.
-Allora è meglio restare qui.-
-Danny, porca miseria! Da quando sei così fifone?-
Di fronte al rimprovero di Mark, lui rimpicciolì di vergogna fino a sparire sotto le coperte.
-Va bene.- disse il capitano -Meglio lasciar perdere la radura.-
A Tom non sembrò particolarmente dispiaciuto. Lo conosceva talmente bene da intuire che la sua improvvisa resa nascondeva dell’altro e restò in attesa di sapere cosa gli passasse nella testa. E infatti Holly proseguì.
-Ho un’idea.-
Philip ebbe un brutto presentimento.
-Quale?-
-Oggi è domenica.-
-E allora?-
-La scuola è chiusa.-
Il brutto presentimento si trasformò in un mezzo infarto.
-Stai scherzando, Holly? Assolutamente no!-
-Ci sarà mai una mia proposta che verrà accettata all’unanimità e senza proteste? Dimmi Philip, perché no?-
Impreparato ad affrontare l’attacco diretto del capitano, l’altro tergiversò, incrociando lo sguardo di Julian che stentava a seguirli e di Tom che non aveva capito niente.
-No, cosa? Qual è la tua idea, Holly?-
-Intendo chiedere in prestito il campo da calcio della scuola elementare.-
-Ottima idea!-
-Non lo è, Tom.- Philip si oscurò sempre più -Non lo è per niente!-
-E perché?- lo incalzò Julian -Per una volta che potremmo fare un allenamento decente! È più di una settimana che sprofondiamo tra la neve e francamente mi sono stancato di andare avanti in queste condizioni.-
-Su Philip, dov’è il problema?- cercò di rabbonirlo anche Tom.
Holly neppure tentò di convincere il recalcitrante compagno. Lo ignorò direttamente.
-Per favore, Jenny, chiama il tuo amico custode e chiedi se ci danno il permesso di usarlo.-
-Io non sono comunque d’accordo!-
-Insomma, Philip! Cos’è che non ti piace del campo della scuola?- si innervosì il capitano. Stavolta Callaghan gli avrebbe ubbidito, con le buone o con le cattive, perché non era disposto a scendere a compromessi.
-Ci sono persino le porte!- esclamò Danny, riemergendo dalle coperte per assistere alla discussione dei compagni.
-Le porte! Sai che consolazione.- si fece sentire Benji.
-Puoi risparmiarci il tuo sarcasmo?-
-Te lo concedo gratis, Landers.-
-Taci, Benji.- lo zittì Holly.
-Non vuoi che parli?-
-Preferisco di no.-
-Ma io ti potrei spiegare qual è il problema di Callaghan. Il motivo per il quale è contrario a utilizzare il campo della scuola è talmente stupido che…-
-Dannazione, Price!- lo mise a tacere Philip -Fatti i fatti tuoi per una volta!-
Jenny invece parlò a tradimento.
-Philip, capisco che non vuoi vedere Kevin ma non devi preoccuparti. Ti assicuro che lo terrò lontano da voi e…-
-No! Assolutamente no!- un lampo di sdegno gli attraversò lo sguardo -Se proprio dovremo andare fin là, sarai tu a dover stare lontano da lui! Anzi, lui da te!-
Holly li ascoltò, incredulo ma anche rassicurato di sapere che il problema che affliggeva Philip non fosse la pigrizia di scendere in paese, né di allenarsi, né qualsiasi altro motivo che li riguardasse. Si trattava soltanto di Kevin, come sempre e come al solito. Ma intanto l’orologio diceva che era quasi ora di alzarsi. Allora si rivolse a Patty.
-Hai la febbre?-
-Non penso.-
-Oggi rimani al ryokan, d’accordo?-
Lo stupore le riempì gli occhi.
-Ma Holly! Voglio venire con voi! -
-Non mi sembra il caso, Patty.-
-Non voglio restare qui da sola!-
-Resto io con te.- si offrì Evelyn senza rimpianti.

*

Julian stava perdendo sensibilità alle dita benché fossero avvolte dai guanti di lana. Nonostante la lunga camminata fino a Shintoku, era riuscito a scaldarsi appena appena perché era stata tutta in discesa e l’aveva affrontata con la minima fatica. Il calore accumulato dopo quella mezz’ora di passeggiata, si stava inesorabilmente dissolvendo a star lì impalato, fuori dalla scuola, sul marciapiede dove si erano fermati quando si erano trovati davanti il cancello d’ingresso spalancato e una miriade di persone radunate nel cortile. L’assembramento era stata una sgradita sorpresa e adesso esitavano, indecisi se entrare o riscarpinare fino al ryokan.
-Cosa ci fa qui tutta questa gente, Jenny?-
-Chi hai chiamato?-
La ragazza si sentì sotto accusa e cercò di giustificarsi.
-Soltanto il signor Wilson. E gli ho chiesto di intercedere per noi con il preside per l’uso del campo! Giuro che non ho detto altro!-
Nessuno poteva immaginare ciò che la telefonata di Jenny aveva scatenato. Nessuno poteva pensare che, grazie ai nonni, alle chiacchiere di Meryl, di Kevin e dei loro amici, e persino dell’improvvisata notturna di Philip nel bar di Shintoku, per non parlare della scomparsa di Amy e Patty, ormai l’intera cittadina era a conoscenza della presenza dei sette - che poi erano diventati nove - talenti del calcio giapponese. La notizia aveva serpeggiato lungo le strade, aveva percorso i marciapiedi e aveva varcato la soglia di case e negozi. Tra gli abitanti di quel paese sperduto tra le montagne dell’Hokkaido Centrale si era scatenata una curiosità incontenibile che aveva radunato lì tutte quelle persone.
Nel giro di pochi minuti, la richiesta del campo era passata dal signor Wilson al preside. Dopodiché il direttore scolastico aveva fatto il suo lavoro, telefonando al maestro di educazione fisica, vale a dire il responsabile del campo di calcio. Questi aveva avuto la brillante idea di informare il rappresentante dei genitori di ogni classe e, uno per uno, i componenti della sua modesta squadra di calcio. La notizia aveva fatto il giro del paese in meno di quindici minuti, riunendo nel cortile della scuola una folla di bambini scalpitanti ed emozionati, ma anche di genitori, parenti, amici e curiosi di ogni età.
Spinta avanti all’unanimità, Jenny fu la prima a varcare il cancello. Un uomo basso e tracagnotto si fece avanti con la mano tesa ma la schivò per raggiungere quella del ragazzo più vicino. Gli capitò  Julian e strinse con foga le sue dita congelate.
-Buongiorno! Molto piacere! Mi chiamo Victor Bayden e sono il direttore della scuola. Sono onorato e lieto di avervi qui, è davvero un grande onore concedervi l’uso del nostro modesto campo da calcio. Naturalmente, sono a vostra disposizione anche tutti i nostri giovanissimi calciatori.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata perplessa.
-Questi bambini non ci servono.- chiarì Benji -I palloni ce li raccattiamo da soli.-
Poiché che le sue parole non provocarono nessun mutamento nell’espressione entusiasta del preside, si affiancò a Jenny. La cosa gli puzzava non poco.
-Insomma, cosa sta succedendo qui? Cosa si sono messi in testa?-
-Davvero non ne ho idea.-
Si vedeva che Jenny era sincera, ma gli eventi continuavano a non quadrare. Lei aveva chiesto in prestito quel minuscolo campo da calcio e avevano rimediato una turba di mocciosi, oltre ad un pubblico non richiesto e assolutamente non necessario.
-Ci stanno offrendo l’intera scuola, bambini compresi!-
Lei annuì sgomenta, incapace di spiegarsi cosa avesse scatenato un simile assembramento. Cominciò a pensare sul serio che fossero vittima di qualche equivoco. Forse davvero lei e il signor Wilson non si erano capiti. Eppure era stata chiara: a loro serviva il campo per allenarsi, e nient’altro. Guardò Philip che le si era incollato addosso, preso da tutt’altre preoccupazioni. La sua attenzione non era rivolta né ai compagni, né ai bambini, né alla folla. Piuttosto si guardava intorno cercando inutilmente Kevin in tutte le facce che li circondavano. E non era di nessun aiuto per tirarsi fuori da quella scomoda situazione, pensò Holly costretto anche lui a stringere la mano che gli porse il direttore della scuola.
-Non era necessario che venisse anche lei, signor preside. Sarebbe stato sufficiente farci aprire il cancello da qualcuno e…-
-Assolutamente! La vostra visita è più che gradita. Solo che, avvertendo con un po’ di anticipo, il campo sarebbe stato spianato e ripulito. D’inverno è poco utilizzato perché è sempre ricoperto di neve e il tempo a volte...-
-Preside!- un uomo in tuta blu e scarpe da ginnastica arrivò correndo -Eccomi! Scusate il ritardo! Sono Sam. Sam Brent, l’insegnante di educazione fisica. Sto radunando i nostri studenti più promettenti per formare una squadra da iscrivere al torneo nazionale delle scuole elementari e spero che questa giornata con voi sia per i miei studenti di grande insegnamento.-
-I nostri piccoli giocatori sono stati tutti convocati.- spiegò il preside indicandoli con un gesto.
Gli occhi dei ragazzi si spostarono su un gruppo di bambini caotici e agitati.
-Vi saremmo grati se li lasciaste assistere ai vostri allenamenti.- proseguì e concluse l’uomo.
-Quindi secondo lui possiamo impedirglielo? Ci resta ancora una possibilità?- borbottò Benji a voce bassa mentre Amy scuoteva inesorabilmente la testa.
-Preside!- si intromise Brent -In realtà io avevo in mente tutt’altro. Non solo assistere ma anche...-
-No, non lo dica...- gemette Benji e poi si rifiutò di ascoltare il seguito. Volse le spalle all’intraprendente direttore scolastico e all’invadente insegnante di educazione fisica e tornò verso il cancello. Forse faceva ancora in tempo a tagliare la corda.
Mentre Brent illustrava la sua idea a chi era rimasto ad ascoltarlo, il preside d’un tratto sembrò rendersi conto che i suoi famosi ospiti erano preoccupati, indecisi e titubanti e che doveva trovare presto il modo di coinvolgerli o si sarebbero dati alla fuga, come stava già facendo quel ragazzo alto con il cappello. Ordinò a Brent di mettere ordinatamente in riga i suoi studenti e fece cenno al custode, rimasto di guardia nei pressi dell’ingresso, di chiudere il cancello.
Benji tornò verso di loro.
-Adesso siamo in trappola. Callaghan! Tiraci fuori da quest’assurda situazione!-
Philip rispose infuriato tanto quanto lui.
-Se poco fa al ryokan mi aveste dato retta, avremmo evitato tutto questo! Tu davvero certe volte non ti rendi conto di quanto…- si interruppe e si volse perché si sentì tirare per una manica.
Accanto a lui non vide nessuno. Pensò di essersi sbagliato e fece per terminare la frase ma poi si sentì strattonare di nuovo. Abbassò gli occhi. Un bambino dai capelli d’ebano lo fissava adorante, tenendolo stretto per la manica della giacca.
-Mi scrivi il tuo nome qui?- domandò, facendogli vedere un quaderno e una penna.
Philip li prese e firmò senza starci troppo a pensare, più che altro per togliersi di torno quel moscerino. Restituì il quaderno e il bambino tornò di corsa dagli amichetti per mostrar loro il suo trofeo.
-Forse ti ha confuso con un altro.-
L’appunto di Benji fece ridere tutti, allentando un po’ la tensione. Jenny poi, sembrava più divertita degli altri.
-Philip, non puoi immaginare! Quel bambino si chiama Martin ed è il cugino di Meryl e Kevin.-
-Cosa? Se lo avessi saputo prima col cavolo che…-
Mark lo interruppe.
-Il cugino di quell’idiota è un tuo fan! Da non crederci!-
-Altro che fan. Userà la tua firma per piantarla con gli spilli su una bambola vudu.-
-Non dire sciocchezze, Bruce. È solo un bambino.- disse Tom -Perché fai quella faccia, Philip? Dovresti essere contento!-
-Contento? E di cosa? Firmando quel quaderno gli ho fatto un favore.-
Mark la pensava in modo del tutto diverso.
-Prova solo a immaginare quanto a quell’idiota darà fastidio vedere il tuo autografo nelle mani del suo piccolo cugino. Pensa a quanto la cosa lo farà infuriare.-
Mentre Jenny annuiva d’accordo, Holly tornò tra loro.
Nessuno lo aveva visto allontanarsi, distratti com’erano stati dall’arrivo del bambino. Nessuno si era accorto che aveva raggiunto l’allenatore e il preside per barattare fino all’ultimo secondo la loro mattinata di allenamenti. Mentre i compagni facevano chissà cosa e non lo degnavano della minima attenzione, lui aveva discusso e temporeggiato. E si era incupito quando i due uomini avevano organizzato con prepotenza la loro mattinata senza lasciar scampo.
-Siete pronti? Cominciamo?-
-Cominciamo cosa?- chiese Julian a nome dell’intero gruppo.
Il capitano fu tentato mollare tutto e tornare al ryokan da Patty. Poi pensò che con o senza bambini, si sarebbero allenati a ogni costo. Erano finiti lì apposta. La partita si avvicinava e loro avevano dimenticato da troppi giorni di essere in ritiro.
-Cosa vorreste cominciare? Gli allenamenti, ovvio!-
Mark lo guardò perplesso. Per star dietro alle paturnie di Philip aveva perso il filo del discorso.
-Ah, ci riusciamo?-
Holly respirò a fondo per non scoppiare. Aveva addosso gli occhi di troppe persone, compreso il preside, l’insegnante di educazione fisica e i bambini. Afferrò la manica della giacca di Benji con una mano e quella di Philip con l’altra, trascinando loro e tutti gli altri con sé per allontanarsi un po’ dagli spettatori in attesa.  
-Mentre voi stavate facendo non so cosa…-
-Philip stava firmando autografi.- disse Benji.
-Quali autografi? Era soltanto uno e…-
-Zitti! Non voglio sentirvi! Quel tizio… Brent… l’allenatore. Mentre voi vi facevate i fatti vostri, ci ha incastrati!-
Julian non capì.
-In che modo?-
-Ci ha dato il permesso di utilizzare il campo anche per tutto il giorno, se vogliamo. È a nostra disposizione oggi, domani, dopodomani… In pratica finché resteremo qui… o forse nei secoli dei secoli però...-
-Però?-
-Però pretende che in cambio dedichiamo un po’ del nostro tempo alla sua squadra.-
-Un po’ quanto?-
-Un’ora… due.-
-Abbiamo un piano B?- domandò Philip speranzoso.
-Mentre tu firmavi gli autografi, io li ho usati tutti i piani B, C e D.-
-Ti ho detto che era solo uno Holly, non capisco perché la cosa ti dia così fastidio!-
-Aspettate...- si intromise Jenny -Lasciate che ci parli io. Quello che pretendono è assurdo.-
Combattiva e convinta di poter risolvere il problema, visto che lei a Shintoku aveva vissuto per anni e conosceva perfettamente la montanara testardaggine dei suoi abitanti, si allontanò fiduciosa seguita da Amy, pronta a darle manforte.
Holly le osservò speranzoso, poi continuò.
-Spero che Jenny riesca a fare qualcosa. Nell’ipotesi più buia, questa è la mia idea: cominciamo con i bambini, facciamoli stancare in fretta e togliamoceli di torno. D’accordo?-
I compagni annuirono, tutti tranne Mark.
-Non ho capito una cosa.- si infilò le mani in tasca dubbioso -Ci pagano?-
-Ci concedono l’uso del campo.-
-E secondo te lo scambio ci conviene, Holly?-
-Assolutamente no! Vai tu a dirlo al preside davanti a tutta questa gente?-
-Non ho problemi a farlo, ma il capitano sei tu.-
Tom tentò un’altra strada.
-Holly, gli hai spiegato che siamo qui per allenarci?-
-È stata la prima cosa che gli ho detto. Sai cosa hanno risposto? Che siamo talmente bravi che non ne abbiamo bisogno!-
Jenny tornò con Amy, per niente soddisfatta.
-Manderanno via la maggior parte di queste persone. Amy ha detto che se si tratta di dare spettacolo, come minimo devono pagarvi.-
Effettivamente la folla stava cominciando a disperdersi.
-È tutto?-
Jenny annuì.
-Allora diamoci da fare. Prima cominciamo, prima finiamo.-
I ragazzi raggiunsero i bambini mentre Amy e Jenny si ritrassero verso l’edificio. Due tavolini erano stati portati fuori e imbanditi con thermos, biscotti e salatini, un incrocio tra una colazione e un aperitivo. Parecchi genitori erano rimasti con i loro figlioli, e forse fratelli e sorelle dei piccoli atleti scesi in campo.
-Hai visto come si sono organizzati, Jenny?-
-Se Holly sperava in un sano allenamento, non avrebbe dovuto pensare di farlo qui.-
-Non ho mai visto così tante persone a Shintoku.-
-Sai cosa penso, Amy? Che siano stati tutti svegliati dal terremoto e che per paura di un’altra scossa abbiano deciso di trascorrere la giornata all’aperto.-
-Coincidenze sfortunate.- sospirò l’amica, poi qualcosa attirò la sua attenzione -Jenny, guarda lì.-
Kevin stava facendo il suo baldanzoso ingresso attraverso il cancello della scuola. Era immancabilmente fiancheggiato dai compari, tra i quali riconobbe Steve, il ragazzo alto che il giorno prima, accompagnato dal padre poliziotto, era andato a recuperare lei e Patty al rifugio.
Jenny si sentì rimescolare.
-Ero sicura di vederlo. Sapevo che non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di dare fastidio. Spero soltanto che non diventi molesto.-
Osservarono Martin raggiungerlo di corsa e sventolargli sotto gli occhi l’autografo appena ricevuto.
-Ecco la rivincita di Philip.-
Jenny rise, ma Kevin reagì strappando il quaderno dalle mani del bambino. Tirò via il foglio e lo fece a pezzi. Il ragazzino lo fissò dapprima incredulo, poi scoppiò in un pianto disperato.
-Sei cattivo! Cattivo! Cattivooo!-
Kevin gli restituì il malloppo accartocciato. Il bambino lo prese tra le manine continuando a singhiozzare, frammenti di carta gli sfuggirono dalle dita e caddero tra la neve.
-Sei cattivo! Sei cattivo!-
-Smettila di frignare. Era una cosa inutile.-
Martin si chinò a raccogliere i pezzetti di carta uno per uno e più ne prendeva, più altri finivano a terra, incapace di stringerli tutti nelle sue piccole mani. Guardandosi intorno in cerca di aiuto, vide Meryl entrare nel cortile. Allora corse da lei, continuando a piangere e accusando il cugino senza remore. La ragazza non ebbe neppure bisogno di ascoltare la spiegazione per sapere chi fosse l’autore dello sgarbo. Con Martin piagnucolante aggrappato ai jeans, avanzò furiosa verso il fratello.
-Kevin! Che razza di comportamento è il tuo?-
-Il mio? Martin ha chiesto un autografo proprio a quel maledetto bastardo!-
-Modera i termini! O vuoi che questo bambino diventi un teppista come te? Che diritto avevi di farglielo a pezzi?- avrebbe continuato a rimproverarlo se lui non avesse risposto alla sua tirata con un ghigno. Allora si rivolse al piccolo cugino, accucciandosi di fronte a lui e accarezzandogli i capelli per calmarlo -Non preoccuparti Martin, ce ne faremo rifare un altro. Anzi, sai che ti dico? Quando avranno finito lo chiederemo a tutti, va bene?-
Lui annuì e tirò su con il naso, asciugandosi con la manica della giacca i lacrimoni che ancora gli inondavano le guance.
Detto ciò, Meryl si rivolse al fratello.
-E tu starai lontano da lui e dal suo quaderno, intesi?-
L’altro emise un borbottio e si allontanò per raggiungere gli amici, rimasti accanto al muro perimetrale, indecisi se restare o andar via. Meryl invece, lasciato Martin nel gruppo dei bambini, raggiunse Amy e Jenny.
-Come mai tutta questa gente? Si vedeva dal negozio.-
-Avevano deciso di fare due tiri su un terreno decente e guarda cos’è successo. Lezioni di calcio gratis in cambio dell’utilizzo del campo.-
-Non li invidio per niente.-
E in effetti c’era poco da invidiare, con tutta quella marmaglia urlante intorno.
Davanti l’unica porta di quella parte di campo liberata in fretta e furia dalla neve accumulatasi per giorni, un pallone ben posizionato sul dischetto di rigore, Julian stava spiegando a un bambino i movimenti corretti del piede e del corpo per tirare al meglio al centro dei pali. Mimò il gesto ripetutamente e lo fece compiere un paio di volte al giovane atleta. Quando si ritenne soddisfatto, lo incitò a calciare. Il lancio fu decisamente debole e mirato male, ma il piccolo portiere non riuscì ugualmente a parare. Nello slancio scivolò sul ghiaccio e finì disteso tra la neve. Ed Warner accorse mentre il ragazzino s’imbronciava, deluso e sul punto di mettersi a piangere. Lo rimise in piedi e lo ripulì dalla neve, incoraggiandolo a riprovare.
Benji non risparmiò il sarcasmo.
-Insegnante mediocre, allievo mediocre.-
-Tu che non stai facendo niente, evita almeno di commentare.-
Il portiere guardò Holly dritto in faccia.
-Non sto facendo nulla? E chi li ha messi in fila?-
-Avrebbero saputo farlo anche da soli!-
-Benissimo!- replicò entusiasta -Visto che non servo, vado a fare un giro.-
-Sì, bravo. Togliti dai piedi.- borbottò Ed, già innervosito dalla situazione e per niente disposto a sopportarlo.
La fuga strategica consentì a Benji di sparire tra la folla e lasciare i compagni a cavarsela da soli.
Ignaro del battibecco degli amici, Bruce percorse allegramente la metà campo eseguendo baldanzoso alcuni esercizi di riscaldamento, imitato da cinque bambini in fila dietro di lui a ripetere uno dopo l’altro gli esatti movimenti del ragazzo.
-Giuro che non ho mai fatto un allenamento più divertente!- rise raggiungendo Holly.
-Non capisco come tu possa chiamarlo “allenamento”.-
-Divertente, poi...- fece eco Philip.
-Ma non vi rendete conto? Questi bambini sono contenti di sgobbare! Stanno facendo emergere la mia vena più sadica!-
Tom ne fu un tantino preoccupato.
-Stai attento a quello che fai, Bruce. A bordocampo ci sono i genitori.-
E se non ci fossero stati i genitori, Holly avrebbe ordinato a brutto muso a quei mocciosi di sedersi sulle gradinate della scuola e osservare composti e in silenzio i loro allenamenti, cosa che sarebbe stata sufficiente già da sola a far migliorare qualsiasi principiante.
-Non posso credere di essermi ridotto a questo! Durante un ritiro, per giunta! E a pochi giorni da una partita importante!-
-Il tuo continuo sbuffare mi innervosisce ancora di più, Holly. Oltretutto io qui non volevo neppure venirci.-
-Taci, Philip! Ti potrei strozzare!-
-Dov’è finito Benji?-
-Ha tagliato la corda. Non sei contento? Almeno ci risparmia il suo sarcasmo. Anzi, speriamo che non torni.-
Mark non si trovò del tutto d’accordo. Se da una parte era contento di essersi tolto di torno quel viziato muso da schiaffi, dall’altra non gli stava bene che Price fosse l’unico a evitarsi la rogna. Lo cercò lungo il perimetro del campo e non lo trovò. In compenso adocchiò Kevin e i suoi simpatici compagni appollaiati sul muro di cinta della scuola. Cianciavano e ridevano ad alta voce indicandoli, facendo da sottofondo con i loro schiamazzi alla confusione sparsa che li circondava. Era facile capire che si stavano prendendo gioco di loro, insultandoli e schernendoli senza pietà. Tese le orecchie e quello che udì non gli piacque affatto.
-Professionisti un corno!-
-Sanno giocare solo il calcio delle elementari!-
-Principianti!-
E giù a ridere.
-Mezze calzette!-
-Pippe fatte e finite!-
E ancora risate a crepapelle.
Mark borbottò in risposta una valanga di insulti. Philip lo udì e si volse per capire il motivo di tanta contrarietà, lasciandosi così soffiare la palla da un bambino che sfrecciò via veloce, rendendolo il bersaglio perfetto dello scherno di Kevin.
-Wow! Che classe! Valeva la pena venire qui solo per vedere questo!-
Il clik di collera che Philip udì nel cervello lo fece scattare furioso come non mai, mirando il muretto e i fastidiosi ragazzi con l’incedere di un caterpillar che avrebbe travolto tutto facendo una strage. La sua intenzione era quella di abbatterli tali a birilli per poi riempirli di calci uno per uno. Purtroppo però il suo gratificante proposito venne opportunamente frenato da Julian e da Tom dopo appena pochi passi, anche se l’impeto distruttivo di Philip li trascinò per qualche metro.
-Che diavolo fai?-
-Stai fermo!-
-Non sentite cosa stanno dicendo?-
-No, e neanche tu devi ascoltarli!-
-Ci stanno insultando! Ci stanno prendendo in giro! Io quello lo ammazzo! Giuro che prima di ripartire lo faccio!-
-Lascia pure che ci insultino, se vogliono. La loro è tutta invidia!-
-Philip, calmati. Tom ha ragione. E poi ci sono persone che ci guardano!-
-Lasciale guardare, Julian! Che me ne importa? Io con quel tizio ho un conto in sospeso.-
-Nessun conto, Philip. Siete pari e soprattutto è tuo dovere dare un buon esempio a questi bambini!-
-In campo, sì. Ma nella vita privata no!-
-Bene, adesso sei in campo e comportati di conseguenza.-
Un barlume di lucidità si affacciò nella mente di Philip annebbiata dalla collera, facendolo tornare in sé. L’unica consolazione che gli rimase fu che almeno Jenny si stava tenendo alla larga dal suo ex compagno di scuola.
Il maleducato e incivile comportamento di Kevin e della sua cricca non passò inosservato a chi assisteva agli allenamenti, infastidendo soprattutto i giovani spettatori che erano lì appositamente per inneggiare i loro beniamini. Una prima, solitaria palla di neve attraversò l’aria con un tiro reso dritto e preciso da anni, seppur pochi, di continue battaglie di neve, e si schiantò in faccia al molesto ragazzo, talmente inaspettata da lasciarlo stordito e confuso. Kevin fece appena in tempo a ripulirsi il volto con le mani che un’altra palla di neve lo raggiunse su una spalla e una terza sul collo.
I lanci si fecero via via più serrati e i proiettili bianchi cominciarono a piovere ovunque, su di lui e sui suoi compagni senza lasciar scampo. I ragazzi balzarono a terra in cerca di un riparo che in quel punto non esisteva, mentre un manipolo di bambini, incitati dal desiderio di vendetta di Martin, li bersagliava senza pietà gridando loro di andar via. Attirate dal trambusto, arrivarono anche Jenny, Amy e Meryl, che diedero man forte aumentando la portata e la precisione dei proiettili.
-Ora sei soddisfatto, Philip?-
-Per il momento posso accontentarmi.-
Il tentativo di sfuggire all’attacco fu inutile e patetico. Anche perché Kevin era deciso a reagire, in qualsiasi modo. Un manipolo di mocciosi e tre ragazze non potevano averla vinta su di loro.
-Steve, coprimi!- disse al compagno e lo costrinse a fargli da scudo mentre preparava a sua volta un proiettile di neve.
-Che hai intenzione di fare, Kevin?- domandò Johnn riparandosi la testa con le braccia -Sono in troppi!-
-Aspetta e vedrai.-
-È meglio se lasciamo perdere e ce ne andiamo.-
Senza ascoltare il ragionevole consiglio, Kevin andò dritto per la sua strada. Un proiettile di ghiaccio lo colpì su una scapola, un altro poco sotto il gomito. Poi si sporse oltre Steve e lanciò a sua volta contro gli attaccanti un’unica, consistente palla di neve.
La verità fu che Kevin aveva mirato alla schiena, più precisamente sulle natiche per umiliare oltre che per colpire, ma il bersaglio, con un unico movimento si volse e si chinò un istante prima dell’impatto. Jenny fu colpita in piena faccia, l’urto fu violento e inaspettato. Cadde distesa a terra, facendo cessare immediatamente la battaglia.
Amy accorse al suo fianco.
-Jenny, stai bene?-
-Bene.- ripeté, cercando di mettere a fuoco il mondo intorno che girava.
L’altra l’aiutò a sedersi e lei venne colta da un istante di nausea. Si toccò il viso che le faceva un male cane, il naso che bruciava. Il labbro superiore, spaccato, stillava sangue e si stava già gonfiando. Fece per alzarsi ma Amy la fermò.
-Resta seduta ancora un istante.-
Jenny annuì e si concesse il tempo di capire.
-Cos’è successo?-
-È  successo che mio fratello non è solo un teppista, ma anche un potenziale assassino.- le informò Meryl e poi urlò contro il colpevole una valanga di insulti, la maggior parte dei quali li aveva imparati proprio da lui.
Ted si congratulò con Kevin del lancio, e fu l’unico a farlo. Steve, che aveva picchiato Philip senza pietà, non appoggiò il comportamento dell’amico soprattutto ora che quei ragazzi avevano scoperto che suo padre era un poliziotto e la sua spavalderia nei loro confronti era sensibilmente diminuita. Johnny, da parte sua, non aveva mai visto Meryl così infuriata come in quel momento e desiderò smaterializzarsi all’istante pur di non divenire il bersaglio della sua ira.
-È meglio se vai a controllare che Jenny stia bene, Kevin.-
Benji uscì dalla scuola e indugiò sui gradini dell’ingresso inondati dal sole. Il ghiaccio ai lati estremi delle lastre di pietra risplendeva da accecare. Aveva fatto un giro e l’edificio si era dimostrato né più né meno ciò che effettivamente era: una scuola di campagna scarsamente attrezzata. Non c’era l’aula di informatica, non c’era il laboratorio di scienze e le lavagne erano ancora quelle in ardesia con i gessetti. Altro che la Saint Francis. Ma la cosa peggiore di tutte era che nei corridoi non aveva incontrato nessuna giovane insegnante appena assunta con cui scambiare due chiacchiere. Avrebbe dovuto fare come Harper e portarsi l’iphone per ammazzare i tempi morti, tipo quello, girando un po’ sulla rete.
Durante la sua breve assenza, nel cortile della scuola nulla sembrava essere cambiato. I compagni erano in campo con i bambini, la maggior parte dei genitori ancora lì… Che razza di ritiro! Scendendo annoiato i gradini, le mani nelle tasche e l’incedere pieno di sé, notò un assembramento su un lato del cortile. Si avvicinò curioso, facendosi largo tra i bambini. Scorse Jenny seduta a terra stordita, un labbro gonfio e il viso insanguinato. Gli prese un colpo. Scostò un paio di mocciosi e le fu accanto.
-Cosa diavolo è successo?-
Meryl gli si rivolse fremente d’ira.
-Quell’idiota di mio fratello ha tentato di ammazzarla!-
-Ma no, dai...- cercò di portar pace Amy -Sicuramente non lo ha fatto apposta!-
-Ti dico di sì!-
Benji lanciò un’occhiata al campo, aspettandosi di veder arrivare Philip di gran carriera per scatenare il finimondo. Invece il compagno continuava a giocare ignaro.
-Con che cosa ti ha colpita?-
-Una palla di neve, credo.-
-Ma non una normale.- si sdegnò Meryl -Era grande come un’anguria.-
-Non posso allontanarmi un attimo che finite nei guai.- mise una mano sotto il gomito di Jenny e l’aiutò a rimettersi in piedi.
A lei la testa girava come le pale di un ventilatore acceso a velocità massima e il suo incedere fu ancora approssimativo. Benji se ne accorse e continuò a sostenerla.
-Kevin! Sei impazzito? Volevi ammazzarla?- urlò Meryl in faccia al fratello quando lo vide farsi largo tra i bambini.
-Non ti agitare, eh! Non avevo mirato in faccia! Jenny si è chinata all’ultimo momento e la palla l’ha centrata! Tutto qui!-
-Tutto qui?- fece eco Meryl incredula.
-Stai bene?- domandò Kevin alla ragazza ferita. Si era avvicinato solo perché, da lontano, aveva scorto il sangue macchiare il suo volto.
-No, e se mi hai rotto il naso stavolta la nonna verrà a saperlo.-
-Il tuo naso sta perfettamente. Tale e quale a prima.- sollevò un braccio per salutare -È stato un piacere. Alla prossima!-
Benji lasciò Jenny e gli si parò davanti.
-Non le chiedi scusa?-
-Ha cominciato lei.-
Benji non si scostò, in attesa.
-Chiederle scusa è il minimo che puoi fare.-
Kevin non si fece intimorire.
-Magari un’altra volta.- disse scostando i bambini per aggirarlo. Si allontanò a testa alta, tutto sommato soddisfatto di aver steso Jenny al suolo senza farle troppo male.
Benji non riuscì a credere di essere stato completamente snobbato. E proprio nel momento in cui la sua mente gli ordinava di reagire, sentì una mano posarsi sul suo braccio. Abbassò gli occhi, incrociando quelli di Amy.
-Lascia stare. Non ne vale la pena.-

Jenny si svegliò di soprassalto in un luogo che non conosceva. Spalancò gli occhi sul soffitto bianco illuminato da un neon acceso, vide di lato i vetri della finestra che lasciavano spazio al cielo azzurro e agli alberi dai rami ricoperti di neve. Si tirò bruscamente seduta e quasi cadde da quel lettino a misura di bambino, troppo piccolo per lei, nell’infermeria in cui era stata portata dopo che aveva perso i sensi. Philip era lì, appollaiato su una sedia, soprappensiero. Rifletteva sugli eventi di quel giorno con una tale concentrazione che il busco agitarsi della fidanzata lo fece sobbalzare e scattare in piedi.
-Jenny, stai bene?-
-Oh, sei qui…- scostò la coperta e mise giù le gambe per infilarsi le scarpe -Dove siamo?-
-A scuola, in infermeria.-
-In infermeria?- Jenny riordinò le idee e tentò una conclusione -Allora devo essermi addormentata e…- rise -Ed essere tornata indietro nel tempo!-
-Non ti sei addormentata. Sei svenuta.- fremette lui di stizza, senza che la battuta della fidanzata facesse breccia nel suo malumore -Quel maledetto!-
Lei lo guardò con tanto d’occhi.
-Sono svenuta? Non è possibile!-
-E invece sì.-
Lei si alzò e Philip le porse la giacca a vento.
-Stai meglio?-
Jenny si toccò con la lingua il labbro ferito e gonfio sul viso che le faceva ancora male.
-Il naso è al suo posto?-
-Solo un po’ arrossato. Ci hanno messo del ghiaccio e non si è neppure gonfiato.- Philip recuperò la giacca dalla spalliera della sedia e la indossò.
-Dove sono gli altri?-
-Sono andati a mangiare qualcosa.-
Uscendo dall’infermeria Philip spense la luce e richiuse la porta.
Raggiunsero il resto del gruppo nel locale di un ristorante che si trovava nella via centrale di Shintoku, l’insegna di una catena grande e famosa che rifocillava praticamente tutto il Giappone. Voltata verso la porta d’ingresso, Amy li vide entrare e li chiamò.
-Eccovi, finalmente! Spero che non vi dispiaccia se abbiamo già cominciato.-
Mark si guardò il piatto.
-Veramente abbiamo quasi finito.-
-No, non ci dispiace.- disse Philip.
-Anzi, avete fatto bene.- Jenny prese posto accanto a Julian e Philip si sedette al suo fianco -Holly e Bruce?-
-Sono tornati al ryokan per pranzare con Evelyn e Patty.-
-Alla fine com’è andata? Vi siete allenati?-
Ed sorrise alla nuova arrivata.
-Hai fatto bene a chiederlo ora che Holly non c’è. Quei bambini erano pieni d’energia. Siamo riusciti a liberarcene soltanto all’ora di pranzo.-
-Ma l’accordo era che…-
-Abbiamo provato a sfiancarli ma non ci siamo riusciti.- disse Mark.
-Allora vi allenerete anche oggi pomeriggio?-
Amy scosse la testa.
-Holly non vuole più sentir nominare il campo della scuola. Ha detto che se non possiamo andare alla radura, preferisce pattinare. Abbiamo appuntamento al lago tra un’ora. Holly e Bruce ci raggiungeranno lì.-

*

Amy lasciò la mano di Julian, consentendogli così di tornare a riva dove gli amici si stavano scambiando punti di vista sempre più preoccupati riguardo la partita in programma per la fine del mese a cui mancavano sempre meno giorni. Lei non lo seguì.
-Dove vai?- le chiese il ragazzo.
-Faccio un giro sul lago.-
-Non allontanarti troppo.-
Amy lo rassicurò e si lasciò scivolare sul ghiaccio che si stendeva davanti a lei. Gli argini frastagliati restringevano la prospettiva, rendendolo agli occhi il lago più piccolo di quanto fosse in realtà. Proseguì costeggiando la riva. I capelli sciolti erano spinti indietro dal vento che le sbatteva in faccia e le gelava il naso e le guance. Le lame di centinaia di pattini che avevano solcato il ghiaccio fino a quel giorno, avevano tracciato sulla superficie del lago migliaia di ghirigori, linee arzigogolate, decorativi arabeschi. Proseguì per un buon tratto osservando i disegni affascinata, poi tornò indietro, lanciando uno sguardo disinteressato a Julian e ai ragazzi fermi esattamente nel punto in cui li aveva lasciati. Spesso non li capiva. Se intendevano parlare di calcio, perché non togliersi i pattini e tornare al ryokan? Almeno avrebbero potuto continuare la conversazione comodamente seduti sui cuscini della loro stanza, al caldo e con una tazza di tè bollente tra le mani. Si guardò intorno in cerca di una distrazione, quasi rassegnata a raggiungerli a riva. Jenny nel gruppo non c’era. Annoiata a sua volta, era sicuramente tornata al telo di plastica azzurro steso sulla neve al loro arrivo, dove avevano appoggiato il thermos del tè e una confezione di ciambelle alle mele preparate dalla nonna. Poteva andare da lei, oppure fare un altro giro. Optò per la seconda. Volse le spalle a Julian e ai ragazzi e riprese a spingersi sul ghiaccio. Molto più sicura sui pattini di quanto lo fosse stata il primo giorno, tentò una piroetta, riuscì a mantenere l’equilibrio e si congratulò con se stessa. Finendo la giravolta di un altro tentativo ben riuscito, scorse Benji distante, appoggiato contro il tronco di un albero caduto, i pattini sul ghiaccio. Era solo, teneva le mani guantate posate sul legno e il viso chino a osservare la lama di un pattino che incideva segni sulla superficie del laghetto.
L’idea le venne improvvisa. Lei e le amiche erano ancora in cerca di spiegazioni soddisfacenti riguardo le ‘cameriere’. Patty non aveva cavato niente da Holly il giorno prima, mentre Julian era stato già interrogato da Evelyn e non avrebbe più aperto bocca. Jenny non aveva chiesto nulla a Philip, sempre nervoso a causa di Kevin. Erano quindi ferme a un punto morto. E poi c’era la storia delle foto che doveva aver scattato Bruce, di cui sapevano ancor meno. Dopo un rapido e casuale accenno, nessuno ne aveva fatto più parola. Un mistero insoluto che le incuriosiva da morire. Ma a sfilare qualche informazione a Benji nessuna di loro aveva ancora mai provato e forse, con un po’ di furbizia e tanta pazienza, approfittando di quel momento di solitudine, sarebbe riuscita a ottenere ciò che cercava. Era quasi certa che non gli sarebbe importato di rivelare scomodi segreti dei compagni, né di parlare delle foto. Tanto valeva provare.
Il portiere era così immerso nelle più disparate riflessioni che non la vide neppure avvicinarsi. Amy continuò ad avanzare a velocità sostenuta, temendo che l’amico decidesse di mettere fine all’isolamento e tornare dagli altri. Ma quando fu ad un passo da lui, e stava per chiamarlo, sobbalzò su una fenditura del ghiaccio che non aveva visto e perse l’equilibrio. Udendo la sua esclamazione Benji alzò di colpo gli occhi, giusto in tempo per vederla precipitagli addosso. Lo travolse così inaspettatamente che il portiere non ebbe il tempo di fare nulla, né sostenerla, né scostarsi. Benji cadde all’indietro sulla schiena, oltre il tronco, lei addosso. Restò senza fiato per l’urto, sprofondando tra la neve. Il cappellino volò via e il ghiaccio gli bagnò i capelli e il collo, insinuandosi a tradimento sotto la sciarpa.
-Amy... che cazzo!-
-Benji, sono mortificata. Mi dispiace davvero.- la giovane appoggiò le mani sul suo torace e si tirò su quanto bastava per guardarlo in faccia -Ho inciampato mentre pattinavo, non sono riuscita a fermarmi. Scusa.-
Lui restò in un silenzio sgomento, adirato e infastidito, a guardare i capelli che le erano scivolati in avanti e le incorniciavano il volto imporporato di imbarazzo, le ciglia lunghe, le labbra leggermente screpolate dal freddo, la grana sottilissima della pelle. A dire la verità lo spettacolo non gli dispiacque ma non fu sufficiente a scacciare il fastidio di trovarsi disteso sulla neve con lei sopra, in quella inaccettabile e ambigua posizione.
-Proprio addosso a me dovevi finire? Con tanto spazio che c’è!-
Amy si ritrasse, intimidita dal rimprovero. Poi scoppiò a ridere alla sua espressione offesa e sgomenta.
-Cosa c’è di divertente?- chiese lui sempre più contrariato. Cercò di scostarsi e capì che era impossibile se Amy non si alzava -Non posso muovermi con te addosso.-
La ragazza decise di non mettere alla prova la sua pazienza.
-Mi dispiace. Aspetta.- pensò di spostare una gamba, ma quando la mosse una fitta dolorosissima partì dal piede e le raggiunse il cervello. Gemette e si volse indietro per capire. Un ramo sottile e robusto si era incuneato tra il pattino di acciaio e lo stivaletto, bloccandole il piede. Se muoveva quella gamba, la caviglia si torceva facendole male. Tentò allora di spostare l’altro piede, che era rimasto libero. Appoggiò il ginocchio sulla neve, ma non poté lo stesso tirarsi su. Allora guardò Benji sconsolata.
-Sono bloccata. Non riesco ad alzarmi.-
-Perfetto, siamo a posto.-
Mark tirò da parte Philip mentre sbocconcellava la ciambellina alla mela che gli aveva dato Jenny e lo trascinò lontano dagli altri, affinché solo lui sentisse ciò che aveva da dirgli.
-Devo farti vedere una cosa. Vieni.-
-Adesso?-
-Proprio adesso. Vieni.-
Landers lo precedette tra gli alberi, prendendo apposta una direzione a caso per sviare chiunque avesse la pessima idea di seguirli. Poi svoltò bruscamente e tornò a dirigersi a passo spedito verso le rive del lago. Di colpo rallentò e, al riparo di un dislivello del terreno, tirò giù il compagno afferrandolo per la giacca.
-Che diamine fai?-
-Sta’ zitto e guarda.-
Philip ubbidì. Davanti a loro un tronco caduto si protendeva per metà sulla superficie di ghiaccio e l’altra metà sulla riva ricoperta di neve. Proprio accanto a quel pezzo di legno, c’era un ammasso colorato di gambe e braccia che impiegò qualche istante a identificare come Benji e Amy distesi a terra una sull’altro. Spalancò gli occhi sbalordito.
-Cosa stanno facendo?-
-Non ne ho idea. Secondo te?-
Alla domanda seguì un silenzio pensieroso.
-In effetti non mi ero accorto che fossero così in confidenza.-
-Neppure io, e ti assicuro che Price lo tengo d’occhio.-
Mark si accoccolò tra la neve, mettendosi comodo per godersi lo spettacolo e Philip lo imitò.
-Si sono baciati?-
-Io non li ho visti farlo.-
Forse era la prima volta in assoluto che Benji non provava piacere a tenersi sopra una ragazza. Non che Amy fosse pesante, non che non apprezzasse il suo profumo. Anche la morbidezza che percepiva sul torace attraverso gli strati delle loro giacche a vento era piacevole e non avrebbe avuto così tanta fretta di scostarla se non ci fosse stata la neve a rovinare il tutto. Il freddo del ghiaccio su cui era disteso stava oltrepassando l’imbottitura della giacca a vento, il cotone della felpa e quello della maglietta. Il calore delle gambe aveva sciolto la neve e i jeans si erano bagnati. Insomma, il gelo gli stava penetrando nelle ossa rendendo insopportabile la loro posizione. Passò un braccio dietro al collo per tirare su la testa e guardarla.
-Ross è un tipo geloso?-
-Cosa c’entra ora?- nulla ci azzeccava, con i loro tentativi di liberarsi. Comunque gli rispose -Non lo so, perché?-
-Perché se al posto tuo ci fosse stata Jenny, per esempio, Philip avrebbe preferito cambiare nazionalità piuttosto che giocare ancora con me nella stessa squadra. Quindi mi chiedevo se con Ross corressi lo stesso rischio. Oltretutto giochiamo entrambi in difesa.-
-Non credo che Julian sia geloso. Ma se anche lo fosse, non c’è niente di cui essere gelosi in questo momento. Siamo semplicemente caduti e siamo rimasti incastrati. Se anzi qualcuno venisse a darci una mano…- si guardò intorno e vide solo alberi e neve, e cielo.
-Come fai a non sapere se il tuo fidanzato è geloso?-
Lei ci pensò un istante.
-Non l’ho mai visto comportarsi in modo geloso nei miei confronti.-
-Magari non ci hai fatto caso. Probabilmente è geloso né più né meno di Philip.-
Amy si infastidì.
-Se permetti, il rapporto che c’è tra me e Julian non ti riguarda.-
-In qualche modo devo pure passare il tempo mentre aspetto che ti togli di dosso.-
Lei trasalì, aveva completamente dimenticato ciò di cui voleva parlargli.
-Io un argomento di conversazione ce l’avrei. È proprio per questo che ti ho raggiunto sulla riva.- sorrise e accostò il proprio volto al suo -Perché non mi racconti cosa fate durante i ritiri?-
-E tu perché non ti alzi? Comincio a sentire freddo.-
-Sono bloccata.-
-Sbloccati.-
-Ti prometto che ci proverò non appena mi avrai chiarito qualche punto che mi è rimasto oscuro.-
-Perché non ne parli con il tuo non-geloso fidanzato?-
-Lui è troppo coinvolto per essere obiettivo, lo sai benissimo.-
Benji sogghignò.
-Ha paura, il codardo…-
Amy lo guardò senza capire.
-Di cosa dovrebbe aver paura?-
-Ne ho solo una vaga idea...-
-Allora?- lo incalzò.
-Allora che?-
-Parli o no?-
-Di quale aspetto dei nostri ritiri, in particolare?- la schernì lui.
-Direi di cominciare con la storia delle ‘cameriere’.-
Neppure la posizione di Mark e Philip era particolarmente comoda. Accoccolati sui talloni, non potevano muoversi o rischiavano di essere scoperti, poiché erano abbastanza vicini da riuscire a captare qualche parola se Amy o Benji alzavano un po’ la voce. Così avevano inteso perfettamente il senso della conversazione.
-Se dice qualcosa di compromettente, appena Amy si toglie lo prendo a pugni.- minacciò Philip.
-Se vuoi ti do una mano.-
-A fare cosa?- chiese una voce alle loro spalle.
Si volsero. Holly era lì e li osservava incuriosito.
-Che state facendo?-
La sua attenzione tutta per loro non gli aveva consentito di notare ciò che c’era poco più in là. Mark lo tirò subito giù, perché se Amy avesse alzato gli occhi, lo avrebbe visto.
-Abbassa la voce, Holly!- gli ordinò Philip.
Il nuovo arrivato seguì il suo sguardo e corrugò la fronte incredulo.
-Ma sono Benji e Amy, quelli? Cosa succede?-
-Ne sappiamo tanto quanto te.-
-Io sono arrivato adesso.-
-E noi li abbiamo trovati così.-
-Cosa stanno facendo?-
-Per il momento stanno parlando.-
Al contrario di Holly, Bruce si unì a loro guardingo e di soppiatto, silenzioso e pieno di curiosità ma soprattutto consapevole che qualcosa di grosso bollisse in pentola.
-Perché non mi avete chiamato?-
-Siamo già in troppi!- lo zittì Philip.
Harper li avvertì di un fatto inevitabile.
-Sta per arrivare Julian.-
-Questo è un problema.- disse Mark.
Convinti entrambi della necessità di bloccare a tutti i costi qualsiasi tentativo di intervento in favore di Amy, appena Ross comparve Philip scattò in piedi da una parte, Mark dall’altra e lo affiancarono senza scampo. Bloccato per le braccia, il principe del calcio venne brutalmente scaraventato terra dove rimase senza fiato. Non emise un suono, Julian Ross. Non disse una parola. La sorpresa di ritrovarsi vittima di un attacco tanto violento e improvviso gli lasciò soltanto la possibilità di guardare ciò che stava accadendo poco distante da loro, accanto al tronco a due passi dalla riva: Amy e Benji distesi una sull’altro.
Prendere atto della loro presenza in quella posizione sottrasse un battito al suo cuore, né più né meno com’era accaduto alle elementari durante l’incontro tra la Mambo e la New Team. Ma stavolta il dolore fu diverso, una stilettata emotiva così inaspettata e dolorosa che neppure si accorse di Mark che, a cavalcioni sulla sua schiena, lo schiacciava a terra. Quando il suo volto finì tra la neve e non poté più guardare, fece forza sui gomiti per sollevarsi e rimettere gli occhi su ciò che sentiva avergli mandato in stanbdy il cervello. Amy e Benji - Benji e Amy. Cosa stava succedendo? Amy lo stava tradendo? Non con quel pallone gonfiato di Price! Era im-pen-sa-bi-le. I-na-cce-tta-bi-le. Tentò di scrollarsi il compagno di dosso e Philip vide Landers oscillare su di lui, tanta era l’energia con cui Julian stava cercando di liberarsi.  
-Lasciatemi! Maledetti!-
-Ross, stai buono… Vogliamo guardare.-
Philip concordò.
-Questa è una splendida occasione per vedere Price alle prese con una donna.-
Julian fece forza sulle braccia e si agitò con uno scossone.
-Scendi, Landers! Giuro che se non ti togli subito, quant’è vero...-
Il resto dell’invettiva si trasformò in un gorgoglio soffocato dalla neve che gli entrò in bocca. Ma Ross non si perse d’animo, ingoiò il ghiaccio e continuò.
-Maledetti! Fate la prova con Jenny… o con Patty o Evelyn!-
-Amy va benissimo.- lo mise a tacere Bruce, avvolgendogli metà del viso nella sciarpa -Taci e guarda.-
-Benji, mi prometti che risponderai alla domanda che sto per farti?- cinguettò Amy poco più in là.
-E tu mi prometti che una volta che ti avrò risposto cercherai seriamente di tirarti su?-
Lei gli fece eco, candidamente meravigliata.
-Seriamente?-
-Sì, finora non ci hai neppure provato.-
-Stai forse insinuando che mi piaccia starti sopra?-
-Sto insinuando che stai approfittando della tua posizione per ricattarmi e avere informazioni che altri non ti hanno dato.-
-Non potrei mai!- recitò con finta innocenza -Comunque, me lo prometti?-
-Se è una domanda personale no.-
-È personale, ma non riguarda te. Riguarda me.-
La precisazione servì a stimolare la curiosità del ragazzo.
-Spara.-
-Prima la promessa.-
-E va bene.- l’accontentò -Ti risponderò, te lo prometto.-
La gioia che le illuminò gli occhi lo fece quasi pentire della scelta e gli procurò un bruttissimo presentimento. Temette che lei lo avesse appena fregato.
-Che foto ci ha fatto Bruce?-
Lui la fissò stupito.
-Ti pare il momento di chiedere una cosa simile?-
-Sì, mi pare il momento migliore.- insistette caparbia -Questo è davvero il momento migliore per chiederti tutto. Non puoi scappare senza darmi una risposta.- si mise comoda, le braccia sul torace dell’amico e il mento tra le mani -Allora?-
Benji alzò gli occhi al cielo che li sovrastava, un po’ meno azzurro e terso rispetto alla mattina adesso che stava cominciando a calare la sera.
-Io te lo dico ma…-
-Niente condizioni.-
-Le condizioni ci sono!- la fissò negli occhi -Non devi dire niente a Ross.-
-Ah, va bene.- le sembrò un buon compromesso -Coraggio, sputa il rospo.-
-Bruce vi ha fotografate mentre vi state rivestendo nello spogliatoio delle terme.-
Amy divenne bordeaux fin sulla punta delle orecchie, amaramente pentita di avergli posto la domanda. Adesso, se avesse potuto, sarebbe scappata ben lontano dal portiere pur di non doverlo guardare dritto negli occhi e da così vicino. La domanda successiva venne fuori spontanea.
-Nude?-
-Più o meno.-
-L’hai vista anche tu?-
-L’abbiamo vista tutti.-
La ragazza abbassò il viso, piena d’imbarazzo.
-Non riesco a credere che Julian ve lo abbia permesso!- mormorò con un filo di voce.
-Non avrebbe voluto, ma è stato tra gli ultimi a saperlo.-
Lei si afflosciò e sospirò.
-Che vergogna.-
-Tranquilla, Amy. Stai benissimo. Anzi, state tutte benissimo.-
La giovane tirò su il viso di scatto.
-Voglio vederla.-
-Julian le ha cancellate.-
-Erano più di una?-
-Un servizio fotografico.-
-Non ne è rimasta nessuna?-
Benji esitò un istante di troppo prima di scuotere la testa. Lei lo notò.
-Ce l’hai, vero?- lo scrutò negli occhi -Ce l’hai… Voglio vederle!-
-La promessa prevedeva soltanto una risposta. E me ne hai fatte in abbondanza.-
Lei lo colpì sul torace con un gesto pieno di stizza.
-Benji! Le foto mi rappresentano! Sono mie e voglio vederle!-
-Risparmiami i capricci, bambina viziata!- la redarguì infastidito -Le foto sono state cancellate dal cellulare di Bruce, e se ti dispiace che sia stato fatto, prenditela con Julian. È stato lui a volerlo.-
-Ha fatto bene, però...-
La ragazza scorse il lampo di esasperazione che gli attraversò lo sguardo e capì che era meglio non insistere. Finora mostrarsi accattivante aveva funzionato ed era chiaro che se Benji era davvero riuscito a salvare una copia delle foto, non gliele avrebbe mai mostrate se lo avesse preteso e basta. Su di lui non aveva nessuna ascendenza, né un motivo per ricattarlo. Per il momento era meglio lasciar perdere. Anche Benji si dimostrò di quell’avviso.
-La neve è fredda e io sto ghiacciando. Pensi siano più importanti le tue foto o la mia salute? Vuoi che mi buschi una polmonite?-
Il tono secco le fece intendere che l’occasione era passata. Ora dovevano trovare il modo di tirarsi fuori da quell’impiccio. Si volse indietro e si guardò i piedi. Agitò quello libero, poi provò con l’altro.
-Cerca di fare in fretta.- la sollecitò lui.
Il dolore che le procurò il tentativo di liberarsi “seriamente” dal ramo infilato nel pattino la fece sussultare. Lo guardò con occhi velati di sofferenza.
-Non ci riesco. Fai qualcosa tu.-
-Qual è il problema?-
-Ho un piede incastrato tra i rami.-
Lei mosse la gamba libera e piegò il ginocchio per puntellarsi a terra. Urtò senza volerlo l’interno coscia del portiere e lo sentì sussultare.
-Amy, fa’ attenzione!-
Lei rise imbarazzata, poi rinunciò.
-Mi dispiace, non ci riesco. Il piede mi fa male. Credo che sia il caso di chiamare aiuto.-
-Questo mai!-
-E perché?-
Per esempio perché Landers l’avrebbe preso in giro fino alla morte.
-Me lo chiedi? Ti sembra una buona idea farci vedere così, tu su di me? Riesci a immaginare cosa potrebbero pensare?- sai per quanto tempo mi prenderebbero in giro? proseguì la sua mente ma non lo disse.
-E cosa c’è da pensare? Siamo semplicemente caduti!-
-Glielo dici tu?-
-Certo che glielo dico io!- lo guardò, poi scoppiò a ridere -Hai ragione, siamo ridicoli!-
-Non ridicoli, ma bloccati in una posizione ridicola.- si diede un tono -Ed è proprio perché, oltre che ridicola, questa posizione è piuttosto… ambigua, direi, che devi riuscire ad alzarti prima che arrivi qualcuno.-
-Pensi che non ci abbia provato?- Amy lo guardò dritto negli occhi -Dì la verità, Benji. Tu pensi che mi piaccia starti sopra!-
Julian prese ad agitarsi con più forza. Era inconcepibile ricevere quel trattamento dai compagni. Amy era in difficoltà e loro, tutti loro, gli impedivano di andare a soccorrerla. Anzi, i suoi tentativi di liberarsi non stavano servendo assolutamente a nulla poiché erano in troppi a tenerlo.
-Non riesco a capire perché continuino a restare in quella posizione.-
-Perché lei non può alzarsi, Bruce.- gli spiegò Holly, lanciando un’occhiata colpevole a Julian -Amy ha un piede incastrato tra i rami.-
-E Benji ne approfitta.- calcò la mano Philip.
Bruce sorrise.
-Da lui non ci si poteva aspettare niente di diverso.-
-Sono proprio curioso di sapere cosa si inventerà Price a questo punto.- Mark si chinò su Julian -Tu no, Ross?-
Lui scosse la testa con un gesto rabbioso, i nervi tesi allo stremo.
Il portiere stava effettivamente architettando una soluzione che lo tirasse fuori da quella scomoda posizione di stallo. Si tirò sui gomiti, Amy scivolò di lato e per sostenersi appoggiò una mano sulla neve. Quel precario equilibrio le ruotò la caviglia bloccata, facendole emettere un breve gemito.
-Ti fa male?-
-Un po’.- cercò di tirarsi su e gli si aggrappò alla giacca per limitare il movimento del piede incastrato.
In quella posizione, Benji poté individuare il pattino della ragazza e il ramo che lo bloccava, incastrandoli entrambi. Non ne scorgeva né l’inizio né la fine, quindi non sapeva da quale parte lei avrebbe potuto muoversi per liberarsi, ma ne vedeva un bel tratto e avrebbe potuto spezzarlo. La lama d’acciaio sembrava adatta allo scopo. Doveva solo posizionarsi meglio.
-Cosa intendi fare, Benji?-
-Spezzare il ramo.-
-E come?-
Lui e strizzò un occhio.
-Con le buone.-
La risposta la lasciò perplessa e nel dubbio si aggrappò meglio alla sua giacca. Benji piegò la gamba destra e scagliò risoluto il pattino contro il legno. Il ramo schioccò secco mentre sobbalzavano entrambi per il contraccolpo.
-Tutto bene?- le chiese.
-Per ora sì.-
E il ramo si era scheggiato, quindi l’idea del portiere poteva funzionare. Doveva solo insistere. Affondò una mano nella neve per sostenersi, le circondò la schiena con l’altra e calciò un affondo con il pattino, incidendo profondamente la corteccia. Al terzo poderoso colpo, il ramo finalmente si spezzò e ad Amy sfuggì un lamento, conseguenza dei sussulti violenti alla caviglia già provata.
Il portiere si fermò.
-Ti fa male?-
In realtà sì, ma scosse lo stesso la testa perché le “buone maniere” di Benji avevano lasciato il ramo attaccato al tronco soltanto attraverso sottili filamenti legnosi, tuttavia così elastici e resistenti da non essere stati recisi di netto dalla lama d’acciaio. Benji colpì di nuovo, ancora e ancora ripetutamente, esternando tutta l’impazienza di liberarsi al più presto.
-Maledetto!-
-Aspetta… aspetta!- cercò di fermarlo lei.
-Amy, si sta spezzando! Tieni il piede fermo!-
Il colpo successivo fu dolorosamente insopportabile e le riempì gli occhi di lacrime. Pur di fermare Benji, gli puntò le mani sul torace spingendolo indietro con forza e impedendogli di continuare. Nello stesso istante, e forse proprio a causa del suo movimento improvviso e contrario, il ramo si spezzò definitivamente, lasciandola libera di precipitare su di lui, proprio come era successo pochi momenti prima. Benji crollò di nuovo tra la neve che ormai aveva assunto la forma del suo corpo e Amy gli arrivò ancora una volta addosso, con la variante dei loro visi incollati, le labbra di una sopra quelle dell’altro e le loro fronti che si scontravano con uno schiocco secco e dolorosissimo, lasciandoli entrambi storditi e sofferenti.
-Accidenti! Si sono baciati!- esclamò Bruce elettrizzato.
Per Julian quella fu la goccia che traboccò dal vaso. Approfittando del turbamento dei compagni, riuscì a liberare una mano e togliersi la sciarpa dalla bocca. Sputacchiando i fili di lana rimasti incollati sulla lingua, riprese a imprecare.
-Maledizione! Lasciatemi andare! Mark, scendi immediatamente oppure giuro che...- le parole gli si spensero in gola quando vide Amy muoversi. Capì che stava solo perdendo tempo e dimenticò ciò che aveva dire.
Davanti ai suoi occhi la fidanzata si tolse intontita da sopra il portiere e arretrò bruscamente, trascinandosi indietro sulla neve fino a mettere tra loro almeno un metro e mezzo di distanza. Poi lo guardò di sottecchi. Cosa sarebbe successo? L’avrebbe assalita? Rimproverata? Si passò un guanto sul viso per asciugare le lacrime di dolore mentre lo guardava tirarsi in ginocchio e voltarsi indietro in cerca del cappellino finito più in là. Poi si massaggiò la fronte, dove si stava già formando un bernoccolo, mosse la gamba e abbassò gli occhi sul piede che le bruciava.
Adesso che sulla riva del lago non c’era più niente da guardare, Holly spostò l’interesse sull’amico immobilizzato, il volto arrossato da una furia cieca che stava per esplodere.
-Mark, lascia andare Julian.-
Indeciso e preoccupato, Philip continuò a tenergli un braccio.
-Forse è meglio aspettare che si calmi un po’.-
-No, fatelo subito.-
-Va bene. Allora al tre.-
Al tre, i ragazzi saltarono indietro lasciando il vuoto intorno a Julian, pronti a darsela a gambe al primo tentativo di aggressione. Ma Ross non era un tipo bellicoso, anche se non li avrebbe perdonati tanto presto del trattamento subito. Con movimenti rapidi ma distratti si ripulì dalla neve che gli aveva bagnato giacca e pantaloni. Poi corse a raggiungere Amy.
Quando arrivò, ancora seduta a terra lei stava sciogliendo i lacci del pattino.
-Julian? Da dove spunti?-
Il ragazzo serrò i denti.
-Lasciamo perdere, meglio se mi censuro.- si inginocchiò di fronte a lei, prese lo stivaletto e glielo sfilò con delicatezza. Poi ruotò e piegò piano la caviglia avanti e dietro, sopra e sotto, per capire quanto si fosse fatta male.
Per fortuna però lei provò solo un leggero fastidio. Allora, rassicuratasi, gli mise una mano sul braccio e gli sorrise.
-Sto bene.-
-Non ti fa male?-
-Quasi per niente.-
-Meglio così.-
Le rinfilò lo stivaletto, la prese per mano, l’aiutò ad alzarsi e la condusse via ignorando il portiere come se non fosse presente, come se non fosse a un metro da loro e non li stesse osservando. E per Price fu un bene, perché tanto sopraggiunsero Holly, Bruce, Mark e Philip a metterlo al centro del loro interesse e della loro curiosità.
-Com’è stato il bacio?-
L’altro, apostrofato nel momento in cui si calcava il cappellino gelato sulla testa, dedicò a Bruce un sorriso ironico.
-In una situazione diversa avrebbe potuto essere migliore.- sentì sulla fronte il bernoccolo e lo nascose con la visiera.
-Come siete finiti in quella posizione?- domandò Philip curioso.
-Mi è caduta addosso mentre pattinava.-
-Strano.- s’insospettì Mark -Con tutto lo spazio che c’è.-
Benji lo guardò.
-È stata la prima cosa che le ho detto.-
-E la seconda qual è stata?-
-Di togliersi.-
-Avrei scommesso il contrario.
-Invece io scommetto che ci hai trovati proprio tu, Landers.-
-Esatto!- si meravigliò Philip -Come hai fatto a indovinare?-
Mark alzò le spalle.
-Semplice. Non bisogna mai perdere d’occhio il nemico.-
Bruce si mostrò un po’ turbato.
-Cioè, voi due sapete sempre cosa sta facendo l’altro?-
-Eccezionale! Neanche Jenny ed io siamo mai riusciti ad arrivare a tanto!-
Particolarmente impressionato, Holly si avviò per tornare dal resto del gruppo.
-Visto come stanno le cose, vi lasciamo alla vostra intimità.-
-Imbecille.- concordarono all’unisono Benji e Mark.
Più lontani, avviati in tutt’altra direzione, Julian e Amy costeggiavano il lago mano nella mano, in silenzio. Nella pace della natura addormentata, si udivano solo i loro respiri e lo scricchiolio della neve calpestata.
-Perché sei arrabbiato, Julian?-
-Non sono arrabbiato.-
-Sì che lo sei.-
-Hai ragione, sono arrabbiato. Ma non con te.-
-E allora con chi?-
-Con quegli idioti guardoni che mi hanno impedito di venirti ad aiutare.-
-Eravate a guardare?-
-Io non ho potuto fare altro.-
-Che stupidi idioti.- le venne quasi da ridere -Julian, per favore, non te la prendere per questa sciocchezza. Né io né Benji ci siamo fatti male.-
-Non è questo…-
-E allora cosa? Che ci abbiano preso in giro? Li abbiamo fatti divertire? Be’ pazienza. A me non importa.-
-Io non mi sono divertito per niente, soprattutto alla fine.-
Lei lo guardò comprensiva, perché sapeva che stava pensando al bacio che non era stato un bacio, sicura che Julian lo avesse capito.
   
 
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