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Autore: Etoiles    25/04/2011    5 recensioni
Tutto ha inizio con la caduta di una stella cadente. Bunny e le sue amiche ancora non lo sanno, ma dovranno intraprendere un viaggio che le porterà alla riscoperta delle vecchie amicizie, dei vecchi amori e di nuovi nemici.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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-CAPITOLO 26-

-CAPITOLO 26-

 

-TABULA RASA-

 

 

Sentendo una morbida carezza sul volto, Bunny aprì gli occhi, scorgendo Seiya ancora con le dita sulla sua guancia. Gli sorrise, felice che fosse lui il primo su cui i suoi occhi si posarono quella mattina. E quel sorriso fu più di mille parole, non servì aggiungere altro.

Kakyuu distolse lo sguardo, affranta per il dolore che stava provocando, un dolore tuttavia necessario. Non poteva reggere a lungo la felicità nei loro volti, sapendo che l’avrebbe distrutta con un solo gesto. Poteva davvero portare questo peso sulla coscienza? Gli interessi in gioco erano davvero più importanti di un sentimento così profondo? Non riusciva a rispondersi, non trovava una spiegazione adatta a quella frustrazione interna. Rimpianti e rimorsi pervasero la sua mente. Non avrebbe mai preso una decisione così avventata, così estrema. Eppure aveva acconsentito, aveva accettato di porre fine a tutto quel calore, a tutto quell’amore…ma si può porre fine all’amore?

“Principessa…”. Il richiamo di Bunny le riaprì gli occhi sulla realtà, vera  e crude. Aveva stretto un patto e l’avrebbe rispettato. Non c’era altro a cui pensare. Solo a questo.

“Bunny, le tue amiche ti stanno cercando!” disse, evitando di incrociare lo sguardo di Seiya “Cos’è successo?” domandò preoccupata “Niente, non preoccuparti. Vieni, torniamo indietro”.

Bunny le camminò affianco, affondando le gambe in mezzo alle sterpaglie. C’erano lunghi rami, spinati ed aggrovigliati, ad intralciare la strada del ritorno. Per evitare di graffiarsi, Bunny saltellava su e giù, andando spesso ad incagliarsi fra i cespugli finché non inciampò, incastrando la gonna in uno di quei fuscelli pungenti fino a scucire una parte di stoffa. Imprecando per il danno, continuò a scavalcare quel ammasso di roveto, finché i suoi piedi non si posarono fra gli ordinati giardini della reggia.

Seiya la seguiva a poca distanza, con gli occhi coperti dai scuri occhiali, nonostante il sole fosse ancora innocuo. Bunny si voltava spesso a guardarlo, sentiva dentro di lei che stava soffrendo, che qualcosa non andava. Il comportamento della scorsa notte l’aveva tramortita quanto illuminata. Quel luogo, quella melodia, quel ballo e quelle parole, come scritte su un vetro appannato da cui non potranno essere mai cancellate, perché rimarranno per sempre impresse nella memoria di chi le ha raccolte. Ma allora perché era così abbattuto, perché non sorrideva più. Il dolore di Seiya rimbalzava nel suo cuore come gocce sul freddo metallo.

Senza che se ne accorgesse, Seiya cambiò direzione. Aveva bisogno di stare solo, solo con se stesso e con quell’unica verità, la verità che non sarebbe stata più sua, che quella volta sarebbe stata davvero l’ultima, per sempre. La camminata si fece più rapida, il corpo si muoveva da sé, spinto da un’irrefrenabile voglia di sfogare tutta quella repressione in una stanchezza fisica. Corse veloce, senza sapere dove stava andando, senza sapere quale sarebbe stata la meta ora che la sua bussola si stava fermando, ora che la sua stella polare si stava spegnendo. Correva come un cavallo sbizzarrito, che fugge dalla sua paura più grande. Ben presto il suo volto s’inzuppò, non si sa se di sudore o di lacrime. Non c’era niente a fermalo, nessuno a bloccarlo, non c’era niente per cui tornare indietro. E poi le ginocchia cedettero, cadde a terra raschiando l’erba con le unghie e sbattendo violentemente i pugni. “Perché, perché, perché?”. Era l’unica cosa che riusciva a dire, la sola parola che aveva senso pronunciare in quel momento. Tuttavia in cuor suo sapeva che se anche ci fosse stata una risposta, questa non sarebbe bastata. Perché non c’è motivazione capace di giustificare la fine di qualcosa di così importante.

Quella che stava vivendo non era una storia d’amore…era la storia dell’amore, la storia di due persone che si amano, che si vogliono, che si desiderano, ma che per destino o per volontà superiori, non possono viversi. Era la storia di lei, costretta a fuggire, e di lui, arresosi a quel fato tanto ingiusto quanto sincero.

“Ti sei sfogato?”. Taiki si sedette a terra, levandogli gli occhiali dal viso “Lasciami stare, Taiki” rispose, pulendosi le mani dai fiocchi d’erba. Impallidito dalle numerose ferite che si trascinava da troppo tempo, Taiki lo abbracciò, lasciando che si scaricasse, che sputasse fuori tutta quella afflizione “Perché, Taiki” chiese, con voce soffocata “perché? Almeno tu , dammi una risposta sensata”.

Con le mani sulle spalle, Taiki lo allontanò, per poter comprendere ciò che il suo sguardo tentava di gridare “Ci sono cose che non vanno come vorremo, guerre, amicizie…persino amori. Il suo posto non è qui, Seiya. Lei ha un compito, un dovere che le appartiene fin da quando i suoi occhi hanno visto la luce. Non possiamo stravolgere il loro mondo, non possiamo cambiare le loro vite, la loro realtà”.

Seiya lo fissava avvilito, in cerca di parole confortanti non di detestati ritornelli “Non capisci, Taiki…io e lei siamo un’unica realtà! Perché non possiamo essere padroni delle nostre vite, perché non può essere libera di scegliere chi amare?” “Perché non è così che deve andare, e lo sai anche tu, l’hai sempre saputo. Ora basta, tutto questo deve finire…non voglio più vederti in queste condizioni”.

Desistendo dall’insistere ulteriormente, Seiya si alzò in piedi. “Cosa accadrà esattamente…”. Taiki si alzò a sua volta “Kakyuu userà il suo potere sulla mente di Bunny. Tabula Rasa, Seiya. Cadrà in un sonno profondo ed al suo risveglio non ricorderà più nulla. Dimenticherà questo viaggio, le battaglie affrontate, le giornate trascorse insieme…dimenticherà ciò che è stata…con te. Sarà come se nulla fosse mai accaduto”. Seiya sospirò profondamente, ancora incredulo che stesse accadendo tutto ciò. “E io cosa dovrei fare?” domandò, con un’ingenuità propria di un bambino che non sa come muoversi, come comportarsi di fronte a determinate situazioni “Devi dimenticarla, Seiya, non puoi fare altro”. Seiya rise, una risata ironica e nervosa “E’ già difficile non amarla…dimenticarla è impossibile”

“In questo caso convivrai per sempre con il tuo dolore…è davvero questo che vuoi?”

“La lontananza non mi farà smettere di amarla! La lontananza me la farà amare ancora di più” “Non devi più amarla” ribatté Taiki, ferocemente.

Seiya s’irrigidì. Come poteva Taiki non capire ciò che provava, ciò per cui il suo cuore batteva ogni singolo giorno. Lo prese per la giacca, stringendo fortemente tra le mani la liscia stoffa “Non puoi decidere chi amare, Taiki. Quando ami una persona la ami e basta. Non ti fermi davanti a nulla, tutte le tue paure, le tue angosce, i tuoi timori si dissolvono, perché lei è più importante, lei conta più di qualunque altra cosa al mondo”. Gli diede le spalle, senza lasciargli il tempo di controbattere. S’incamminò piano verso il palazzo, scalciando qua e la i sassolini incontrati nel suo percorso.

Salì in camera, prima che qualcuno potesse accorgersi della sua presenza. La stanza era vuota, dalle finestre ancora spalancate filtrava un vento marino che innalzava le tende come spiriti insoddisfatti. Seiya non riusciva a stare fermo. Passeggiava su e giù, calpestando più volte il morbido tappeto. Con le mani in tasca, attendeva il momento in cui l’avrebbero chiamato, il momento dell’ultimo saluto. E non c’era cosa più straziante.

Qualcosa punse i polpastrelli della mano, che permeava nella tasca. Seiya si bloccò, cercando di capire cosa potesse essere. Afferrato quell’oggetto per un angolo, lo estrasse. Il foglietto di pergamena. Riflesse un attimo poi ricordò, ricordò la notte trascorsa sotto alla cometa, ricordò di non aver scritto nulla su quella pergamena e di esserla rimessa in tasca…ricordò che il suo sogno era li, proprio davanti ai suoi occhi. Sorrise al pensiero di quelle emozioni vissute così intensamente. Poi il sorriso svanì, non le avrebbe più riprovate, più ritrovate, se non all’interno delle sue notti.

Si sedette sulla sedia, davanti alla lucida scrivania. Quel semplice pezzo di carta aveva significato qualcosa, significava ancora qualcosa. Afferrò la penna stilografica di Taiki, dimenticata sopra un libro di poesie. E scrisse. Pochissime frasi ma testimoni di quella parte dentro di lui che nessun incantesimo potrà mai cancellare. Non lo firmò, perché avrebbe dovuto farlo. Quella parole sarebbero state sufficienti. Sapeva benissimo che Bunny non avrebbe mai saputo da chi provenissero ma non gli importava. Aveva lasciato qualcosa di se, il suo amore racchiuso in minuscole sillabe inchiostrate. Arrotolò quel piccolo pezzo di pergamena e lo nascose nel taschino della giacca.

“Seiya!”. Seiya si voltò di soprassalto, non aveva sentito Yaten aprire la porta “Aspettano solo te” “Non credo di farcela, Yaten” disse, abbassando lo sguardo “Lo devi fare, o sospetterà qualcosa”. Strigliando le gambe della sedia sul pavimento, Seiya seguì Yaten nell’ampio terrazzone calcareo.

Erano tutti li, felici, spensierati. Sapevano tutti cosa sarebbe accaduto da li a poco, tutti si, Bunny esclusa. Cercava Seiya con gli occhi, avrebbe voluto afferrarlo, urlargli contro, chiedergli il motivo del suo comportamento. Ma quando lo vide arrivare, con lo sguardo puntato a terra, quasi a volerla evitare, non ne ebbe il coraggio. Si avvicinò a lui, limitandosi a fissarlo.

Non appena le fu davanti, Seiya non ci pensò due volte. L’abbracciò, stringendosela al petto, infondendole tutto l’ardore del suo corpo, del suo cuore, della sua anima. Affondò il viso nei capelli, doveva ricordarselo, il suo profumo, doveva penetrare nella sua pelle. “Sembra quasi che tu mi stia dicendo addio” sbeffeggiò Bunny, ignara di quale fosse la realtà “Mi sei mancata” rispose lui, accennando ad un singhiozzo “mi mancherai sempre”.

Bunny premeva il viso contro il suo petto. Seiya la stringeva talmente forte da non lasciare nemmeno che gli occhi si incrociassero con i suoi. “Seiya…sei così strano, mi sto preoccupando”

“Non devi preoccuparti, Bunny”. Seiya la riportò di fronte di a se “Ascoltami bene. Ci sono cose che non si possono dimenticare, ci sono emozioni che resteranno per sempre scalfite su di noi, come tatuaggi sulla pelle, attimi che vivranno nelle nostre giornate, nascoste da qualche raggio di luce magari, ma ci sono, le potrai percepire sempre, come il vento…ci sono baci che non si possono scordare, perché sulle tue labbra ci sarà sempre la voglia di assaporare quella felicità, l’eternità di quell’istante. Il tempo non potrà portare via nulla, non ci sarà uragano, non ci saranno mareggiate, non ci sarà apocalisse che potranno portarti via…i miei occhi ti vedranno sempre, ti ameranno sempre. E quando il tuo cuore sconfiggerà le ombre del passato, il sentimento che provo potrà vincere e prevalere sul destino”. Le diede un tenue bacio sulla fronte, per poi riabbracciarla per l’ultima volta. Silenziosamente, afferrò la pergamena dal taschino, infilandola nel minuscolo foro presente sulla gonna, scucitosi in seguito alla caduta.

Con le guancia cremisi, Bunny indietreggiò di pochi passi “Perché mi stai dicendo tutto questo?”. Seiya non rispose, guardandosi intorno. Tutti li stavano fissando, chi con gli occhi gonfi, chi con l’impronta della vittoria sul viso. Attorniata da quelli sguardi, Bunny si sentì raggelare il cuore. Osservava Seiya allontanarsi sempre più da lei, sorpassare Taiki e Yaten senza degnarli di uno sguardo. “Seiya!” urlò, affinché si voltasse, affinché tornasse indietro da lei, come aveva sempre fatto. Ma non quel giorno, non quella volta. Non si fermò, proseguì per la sua strada, quella strada che non si sarebbe più intersecata con la sua vita.

“Ma che succede??” gridò esasperata. Il cuore batteva a velocità inusuale, la testa pulsava, le gambe tremavano. Si mise una mano sul petto, controllando i rintocchi accelerati del suo io, voleva bloccare quella sensazione che le stava pervadendo l’intero corpo. Le sembrava di conoscere quella sofferenza, di averla già provata prima di allora. Non era solo dolore fisico, era un tormento profondo, un tormento dell’anima. E se ne rese conto. Era lo stesso identico dolore sentito la prima volta, quando quella stella cadente era piombata così impetuosamente nella sua vita.

Abbassò la fronte, gocce di sudore caddero sulle piastrelle marmoree, oscurate da un ombra proveniente dalle sue spalle. Bunny voltò lo sguardo, per dare identità a quella sagoma.

Kakyuu era dietro di lei, con le braccia distese, le mani lunghe, quasi a sfiorarla. Bunny la fissò, con gli occhi mezzi chiusi, con la schiena pesante che la costrinse a piegarsi “Guardami, Bunny” le ordinò “apri gli occhi e guardami”. Abbandonatasi ormai a quello strazio, Bunny aprì gli occhi più che poteva. Dalle mani di Kakyuu s’innalzò un’abbagliante luce splendente che penetrò nelle sue pupille, accecandola dal mondo. Non vedeva nulla, non percepiva nulla. Si sentiva come se stesse galleggiando nelle profondità degli abissi, leggera e spensierata. Una strana sensazione l’avvolse, un dolce profumo la stregò.

Le lancette dell’orologio scorrevano rapide all’indietro nella sua mente, fino a farla tornare su quel balcone, con gli occhi puntati verso le stelle, con la mente rivolta a colui che forse più di tutti l’aveva amata per quello che era e non per ciò che sarebbe diventata, un ragazzo così lontano e così irraggiungibile. Bunny stava rivivendo tutto. Attorno a lei c’era solo il vuoto incolore, immagini sfocate di un passato dannatamente vicino ed eccessivamente fantastico. Distese il braccio, per raccogliere la stella da terra, ma non c’era nulla. Non c’era niente sotto i suoi piedi, niente la circondava. Si stava smarrendo in quella sfera dimensionale così assurda, senza rendersi conto di ciò che le stava accadendo. Lo stomaco le si rivoltava, non aveva superfici su cui appoggiarsi, non aveva voce per gridare aiuto. I corpi celesti la aggirarono, avvinghiandosi alla sua pelle come un abito rovente. Bunny strizzò forte gli occhi, mentre i ricordi si scioglievano come piccoli cristalli di ghiaccio baciati dal fuoco solare. E nell’immensità della reminescenza, si addormentò, precipitando nel buio più profondo, nello spazio più immenso, inspirano il suo ultimo soffio di vita, il suo ultimo attimo di Utopia.

 

Un trillante suono le tremò nel timpano. Col tatto percepì morbide lenzuola, profumanti lavanda. L’aria era così candida, una leggera frescura fece ondulare i lisci ciuffi biondi sulla fronte, facendola rabbrividire. Era una sensazione così confortevole. Aprì gli occhi.

Sgranchendosi gambe e braccia, si sedette a gambe incrociate, riconoscendo quel piccolo spazio a lei molto famigliare.

La camera da letto era in disordine, come di consueto del resto. Il sole alto e cocente abbandonava chiazze splendenti sul muro, dipingendovi intrecciate strisce di luce. Allungando il collo verso l’esterno, ammirò la giornata, davvero meravigliosa quella tarda mattina. Ma quel suono non smetteva di pulsarle nelle orecchie

Bunny si alzò scattante, facendo sobbalzare il materasso. Cercò di stare in equilibrio e, facendo slalom tra libri e vestiti sparsi per il pavimento, afferrò il telefono che impertinente continuava a vibrare sulla scrivania.

“Pronto, chi è?” rispose, affannosamente

“Bunny, come stai? Ti sei riposata?”. Bunny sorrise. Felice, si lanciò sul letto a pancia all’aria, abbracciando forte la cornetta e scalciando le gambe all’aria “Mi sento benissimo, è una giornata magnifica oggi, dovremmo andare a mangiare un gelato enorme!” “Sei sempre la solita, testolina buffa! Sicura di sentirti bene?”

“Si, certo” rispose, con voce squillante “anche se mi sento come se avessi dormito un po’ troppo…” “Sei una dormigliona, non cambierai mai. Allora ci vediamo tra poco!”

“Si è perfetto…ehi senti…” “Si dimmi”.

Bunny fece una lunga pausa, posando la mano sui rossi zigomi “…non vedo l’ora di vederti, Marzio”.

 

 

   
 
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