-CAPITOLO 26-
-TABULA RASA-
Sentendo una morbida carezza sul volto,
Bunny aprì gli occhi, scorgendo Seiya ancora con le dita sulla sua guancia. Gli
sorrise, felice che fosse lui il primo su cui i suoi occhi si posarono quella
mattina. E quel sorriso fu più di mille parole, non servì aggiungere altro.
Kakyuu distolse lo sguardo, affranta per il
dolore che stava provocando, un dolore tuttavia necessario. Non poteva reggere
a lungo la felicità nei loro volti, sapendo che l’avrebbe distrutta con un solo
gesto. Poteva davvero portare questo peso sulla coscienza? Gli interessi in
gioco erano davvero più importanti di un sentimento così profondo? Non riusciva
a rispondersi, non trovava una spiegazione adatta a quella frustrazione interna.
Rimpianti e rimorsi pervasero la sua mente. Non avrebbe mai preso una decisione
così avventata, così estrema. Eppure aveva acconsentito, aveva accettato di
porre fine a tutto quel calore, a tutto quell’amore…ma si può porre fine
all’amore?
“Principessa…”. Il richiamo di Bunny le
riaprì gli occhi sulla realtà, vera e
crude. Aveva stretto un patto e l’avrebbe rispettato. Non c’era altro a cui
pensare. Solo a questo.
“Bunny, le tue amiche ti stanno cercando!”
disse, evitando di incrociare lo sguardo di Seiya “Cos’è successo?” domandò
preoccupata “Niente, non preoccuparti. Vieni, torniamo indietro”.
Bunny le camminò affianco, affondando le
gambe in mezzo alle sterpaglie. C’erano lunghi rami, spinati ed aggrovigliati,
ad intralciare la strada del ritorno. Per evitare di graffiarsi, Bunny
saltellava su e giù, andando spesso ad incagliarsi fra i cespugli finché non
inciampò, incastrando la gonna in uno di quei fuscelli pungenti fino a scucire una
parte di stoffa. Imprecando per il danno, continuò a scavalcare quel ammasso di
roveto, finché i suoi piedi non si posarono fra gli ordinati giardini della
reggia.
Seiya la seguiva a poca distanza, con gli
occhi coperti dai scuri occhiali, nonostante il sole fosse ancora innocuo.
Bunny si voltava spesso a guardarlo, sentiva dentro di lei che stava soffrendo,
che qualcosa non andava. Il comportamento della scorsa notte l’aveva tramortita
quanto illuminata. Quel luogo, quella melodia, quel ballo e quelle parole, come
scritte su un vetro appannato da cui non potranno essere mai cancellate, perché
rimarranno per sempre impresse nella memoria di chi le ha raccolte. Ma allora
perché era così abbattuto, perché non sorrideva più. Il dolore di Seiya
rimbalzava nel suo cuore come gocce sul freddo metallo.
Senza che se ne accorgesse, Seiya cambiò
direzione. Aveva bisogno di stare solo, solo con se stesso e con quell’unica
verità, la verità che non sarebbe stata più sua, che quella volta sarebbe stata
davvero l’ultima, per sempre. La camminata si fece più rapida, il corpo si
muoveva da sé, spinto da un’irrefrenabile voglia di sfogare tutta quella
repressione in una stanchezza fisica. Corse veloce, senza sapere dove stava
andando, senza sapere quale sarebbe stata la meta ora che la sua bussola si
stava fermando, ora che la sua stella polare si stava spegnendo. Correva come
un cavallo sbizzarrito, che fugge dalla sua paura più grande. Ben presto il suo
volto s’inzuppò, non si sa se di sudore o di lacrime. Non c’era niente a
fermalo, nessuno a bloccarlo, non c’era niente per cui tornare indietro. E poi
le ginocchia cedettero, cadde a terra raschiando l’erba con le unghie e
sbattendo violentemente i pugni. “Perché, perché, perché?”. Era l’unica cosa
che riusciva a dire, la sola parola che aveva senso pronunciare in quel
momento. Tuttavia in cuor suo sapeva che se anche ci fosse stata una risposta,
questa non sarebbe bastata. Perché non c’è motivazione capace di giustificare
la fine di qualcosa di così importante.
Quella che stava vivendo non era una storia
d’amore…era la storia dell’amore, la storia di due persone che si amano, che si
vogliono, che si desiderano, ma che per destino o per volontà superiori, non
possono viversi. Era la storia di lei, costretta a fuggire, e di lui, arresosi
a quel fato tanto ingiusto quanto sincero.
“Ti sei sfogato?”. Taiki si sedette a terra,
levandogli gli occhiali dal viso “Lasciami stare, Taiki” rispose, pulendosi le
mani dai fiocchi d’erba. Impallidito dalle numerose ferite che si trascinava da
troppo tempo, Taiki lo abbracciò, lasciando che si scaricasse, che sputasse
fuori tutta quella afflizione “Perché, Taiki” chiese, con voce soffocata
“perché? Almeno tu , dammi una risposta sensata”.
Con le mani sulle spalle, Taiki lo
allontanò, per poter comprendere ciò che il suo sguardo tentava di gridare “Ci
sono cose che non vanno come vorremo, guerre, amicizie…persino amori. Il suo
posto non è qui, Seiya. Lei ha un compito, un dovere che le appartiene fin da
quando i suoi occhi hanno visto la luce. Non possiamo stravolgere il loro
mondo, non possiamo cambiare le loro vite, la loro realtà”.
Seiya lo fissava avvilito, in cerca di
parole confortanti non di detestati ritornelli “Non capisci, Taiki…io e lei
siamo un’unica realtà! Perché non possiamo essere padroni delle nostre vite,
perché non può essere libera di scegliere chi amare?” “Perché non è così che
deve andare, e lo sai anche tu, l’hai sempre saputo. Ora basta, tutto questo
deve finire…non voglio più vederti in queste condizioni”.
Desistendo dall’insistere ulteriormente,
Seiya si alzò in piedi. “Cosa accadrà esattamente…”. Taiki si alzò a sua volta
“Kakyuu userà il suo potere sulla mente di Bunny. Tabula Rasa, Seiya. Cadrà in
un sonno profondo ed al suo risveglio non ricorderà più nulla. Dimenticherà
questo viaggio, le battaglie affrontate, le giornate trascorse
insieme…dimenticherà ciò che è stata…con te. Sarà come se nulla fosse mai
accaduto”. Seiya sospirò profondamente, ancora incredulo che stesse accadendo
tutto ciò. “E io cosa dovrei fare?” domandò, con un’ingenuità propria di un
bambino che non sa come muoversi, come comportarsi di fronte a determinate
situazioni “Devi dimenticarla, Seiya, non puoi fare altro”. Seiya rise, una
risata ironica e nervosa “E’ già difficile non amarla…dimenticarla è
impossibile”
“In questo caso convivrai per sempre con il
tuo dolore…è davvero questo che vuoi?”
“La lontananza non mi farà smettere di
amarla! La lontananza me la farà amare ancora di più” “Non devi più amarla”
ribatté Taiki, ferocemente.
Seiya s’irrigidì. Come poteva Taiki non
capire ciò che provava, ciò per cui il suo cuore batteva ogni singolo giorno.
Lo prese per la giacca, stringendo fortemente tra le mani la liscia stoffa “Non
puoi decidere chi amare, Taiki. Quando ami una persona la ami e basta. Non ti
fermi davanti a nulla, tutte le tue paure, le tue angosce, i tuoi timori si dissolvono,
perché lei è più importante, lei conta più di qualunque altra cosa al mondo”. Gli
diede le spalle, senza lasciargli il tempo di controbattere. S’incamminò piano
verso il palazzo, scalciando qua e la i sassolini incontrati nel suo percorso.
Salì in camera, prima che qualcuno potesse
accorgersi della sua presenza. La stanza era vuota, dalle finestre ancora
spalancate filtrava un vento marino che innalzava le tende come spiriti
insoddisfatti. Seiya non riusciva a stare fermo. Passeggiava su e giù, calpestando
più volte il morbido tappeto. Con le mani in tasca, attendeva il momento in cui
l’avrebbero chiamato, il momento dell’ultimo saluto. E non c’era cosa più
straziante.
Qualcosa punse i polpastrelli della mano,
che permeava nella tasca. Seiya si bloccò, cercando di capire cosa potesse
essere. Afferrato quell’oggetto per un angolo, lo estrasse. Il foglietto di
pergamena. Riflesse un attimo poi ricordò, ricordò la notte trascorsa sotto
alla cometa, ricordò di non aver scritto nulla su quella pergamena e di esserla
rimessa in tasca…ricordò che il suo sogno era li, proprio davanti ai suoi
occhi. Sorrise al pensiero di quelle emozioni vissute così intensamente. Poi il
sorriso svanì, non le avrebbe più riprovate, più ritrovate, se non all’interno
delle sue notti.
Si sedette sulla sedia, davanti alla lucida
scrivania. Quel semplice pezzo di carta aveva significato qualcosa, significava
ancora qualcosa. Afferrò la penna stilografica di Taiki, dimenticata sopra un
libro di poesie. E scrisse. Pochissime frasi ma testimoni di quella parte
dentro di lui che nessun incantesimo potrà mai cancellare. Non lo firmò, perché
avrebbe dovuto farlo. Quella parole sarebbero state sufficienti. Sapeva
benissimo che Bunny non avrebbe mai saputo da chi provenissero ma non gli
importava. Aveva lasciato qualcosa di se, il suo amore racchiuso in minuscole
sillabe inchiostrate. Arrotolò quel piccolo pezzo di pergamena e lo nascose nel
taschino della giacca.
“Seiya!”. Seiya si voltò di soprassalto, non
aveva sentito Yaten aprire la porta “Aspettano solo te” “Non credo di farcela,
Yaten” disse, abbassando lo sguardo “Lo devi fare, o sospetterà qualcosa”.
Strigliando le gambe della sedia sul pavimento, Seiya seguì Yaten nell’ampio
terrazzone calcareo.
Erano tutti li, felici, spensierati.
Sapevano tutti cosa sarebbe accaduto da li a poco, tutti si, Bunny esclusa. Cercava
Seiya con gli occhi, avrebbe voluto afferrarlo, urlargli contro, chiedergli il
motivo del suo comportamento. Ma quando lo vide arrivare, con lo sguardo
puntato a terra, quasi a volerla evitare, non ne ebbe il coraggio. Si avvicinò
a lui, limitandosi a fissarlo.
Non appena le fu davanti, Seiya non ci pensò
due volte. L’abbracciò, stringendosela al petto, infondendole tutto l’ardore
del suo corpo, del suo cuore, della sua anima. Affondò il viso nei capelli,
doveva ricordarselo, il suo profumo, doveva penetrare nella sua pelle. “Sembra
quasi che tu mi stia dicendo addio” sbeffeggiò Bunny, ignara di quale fosse la
realtà “Mi sei mancata” rispose lui, accennando ad un singhiozzo “mi mancherai
sempre”.
Bunny premeva il viso contro il suo petto.
Seiya la stringeva talmente forte da non lasciare nemmeno che gli occhi si
incrociassero con i suoi. “Seiya…sei così strano, mi sto preoccupando”
“Non devi preoccuparti, Bunny”. Seiya la
riportò di fronte di a se “Ascoltami bene. Ci sono cose che non si possono
dimenticare, ci sono emozioni che resteranno per sempre scalfite su di noi,
come tatuaggi sulla pelle, attimi che vivranno nelle nostre giornate, nascoste
da qualche raggio di luce magari, ma ci sono, le potrai percepire sempre, come
il vento…ci sono baci che non si possono scordare, perché sulle tue labbra ci
sarà sempre la voglia di assaporare quella felicità, l’eternità di
quell’istante. Il tempo non potrà portare via nulla, non ci sarà uragano, non
ci saranno mareggiate, non ci sarà apocalisse che potranno portarti via…i miei
occhi ti vedranno sempre, ti ameranno sempre. E quando il tuo cuore sconfiggerà
le ombre del passato, il sentimento che provo potrà vincere e prevalere sul
destino”. Le diede un tenue bacio sulla fronte, per poi riabbracciarla per
l’ultima volta. Silenziosamente, afferrò la pergamena dal taschino, infilandola
nel minuscolo foro presente sulla gonna, scucitosi in seguito alla caduta.
Con le guancia cremisi, Bunny indietreggiò
di pochi passi “Perché mi stai dicendo tutto questo?”. Seiya non rispose,
guardandosi intorno. Tutti li stavano fissando, chi con gli occhi gonfi, chi
con l’impronta della vittoria sul viso. Attorniata da quelli sguardi, Bunny si
sentì raggelare il cuore. Osservava Seiya allontanarsi sempre più da lei,
sorpassare Taiki e Yaten senza degnarli di uno sguardo. “Seiya!” urlò, affinché
si voltasse, affinché tornasse indietro da lei, come aveva sempre fatto. Ma non
quel giorno, non quella volta. Non si fermò, proseguì per la sua strada, quella
strada che non si sarebbe più intersecata con la sua vita.
“Ma che succede??” gridò esasperata. Il
cuore batteva a velocità inusuale, la testa pulsava, le gambe tremavano. Si
mise una mano sul petto, controllando i rintocchi accelerati del suo io, voleva
bloccare quella sensazione che le stava pervadendo l’intero corpo. Le sembrava
di conoscere quella sofferenza, di averla già provata prima di allora. Non era
solo dolore fisico, era un tormento profondo, un tormento dell’anima. E se ne
rese conto. Era lo stesso identico dolore sentito la prima volta, quando quella
stella cadente era piombata così impetuosamente nella sua vita.
Abbassò la fronte, gocce di sudore caddero
sulle piastrelle marmoree, oscurate da un ombra proveniente dalle sue spalle.
Bunny voltò lo sguardo, per dare identità a quella sagoma.
Kakyuu era dietro di lei, con le braccia
distese, le mani lunghe, quasi a sfiorarla. Bunny la fissò, con gli occhi mezzi
chiusi, con la schiena pesante che la costrinse a piegarsi “Guardami, Bunny” le
ordinò “apri gli occhi e guardami”. Abbandonatasi ormai a quello strazio, Bunny
aprì gli occhi più che poteva. Dalle mani di Kakyuu s’innalzò un’abbagliante
luce splendente che penetrò nelle sue pupille, accecandola dal mondo. Non
vedeva nulla, non percepiva nulla. Si sentiva come se stesse galleggiando nelle
profondità degli abissi, leggera e spensierata. Una strana sensazione
l’avvolse, un dolce profumo la stregò.
Le lancette dell’orologio scorrevano rapide
all’indietro nella sua mente, fino a farla tornare su quel balcone, con gli
occhi puntati verso le stelle, con la mente rivolta a colui che forse più di
tutti l’aveva amata per quello che era e non per ciò che sarebbe diventata, un
ragazzo così lontano e così irraggiungibile. Bunny stava rivivendo tutto.
Attorno a lei c’era solo il vuoto incolore, immagini sfocate di un passato
dannatamente vicino ed eccessivamente fantastico. Distese il braccio, per
raccogliere la stella da terra, ma non c’era nulla. Non c’era niente sotto i
suoi piedi, niente la circondava. Si stava smarrendo in quella sfera
dimensionale così assurda, senza rendersi conto di ciò che le stava accadendo. Lo
stomaco le si rivoltava, non aveva superfici su cui appoggiarsi, non aveva voce
per gridare aiuto. I corpi celesti la aggirarono, avvinghiandosi alla sua pelle
come un abito rovente. Bunny strizzò forte gli occhi, mentre i ricordi si
scioglievano come piccoli cristalli di ghiaccio baciati dal fuoco solare. E
nell’immensità della reminescenza, si addormentò, precipitando nel buio più
profondo, nello spazio più immenso, inspirano il suo ultimo soffio di vita, il
suo ultimo attimo di Utopia.
Un trillante suono le tremò nel timpano. Col
tatto percepì morbide lenzuola, profumanti lavanda. L’aria era così candida,
una leggera frescura fece ondulare i lisci ciuffi biondi sulla fronte,
facendola rabbrividire. Era una sensazione così confortevole. Aprì gli occhi.
Sgranchendosi gambe e braccia, si sedette a
gambe incrociate, riconoscendo quel piccolo spazio a lei molto famigliare.
La camera da letto era in disordine, come di
consueto del resto. Il sole alto e cocente abbandonava chiazze splendenti sul
muro, dipingendovi intrecciate strisce di luce. Allungando il collo verso
l’esterno, ammirò la giornata, davvero meravigliosa quella tarda mattina. Ma
quel suono non smetteva di pulsarle nelle orecchie
Bunny si alzò scattante, facendo sobbalzare
il materasso. Cercò di stare in equilibrio e, facendo slalom tra libri e
vestiti sparsi per il pavimento, afferrò il telefono che impertinente
continuava a vibrare sulla scrivania.
“Pronto, chi è?” rispose, affannosamente
“Bunny, come stai? Ti sei riposata?”. Bunny
sorrise. Felice, si lanciò sul letto a pancia all’aria, abbracciando forte la
cornetta e scalciando le gambe all’aria “Mi sento benissimo, è una giornata
magnifica oggi, dovremmo andare a mangiare un gelato enorme!” “Sei sempre la
solita, testolina buffa! Sicura di sentirti bene?”
“Si, certo” rispose, con voce squillante
“anche se mi sento come se avessi dormito un po’ troppo…” “Sei una dormigliona,
non cambierai mai. Allora ci vediamo tra poco!”
“Si è perfetto…ehi senti…” “Si dimmi”.
Bunny fece una lunga pausa, posando la mano
sui rossi zigomi “…non vedo l’ora di vederti, Marzio”.