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Autore: Val2910    26/04/2011    3 recensioni
Ace ormai è morto da due anni (o almeno dovrebbe esserlo).
Nami, pronta per rincontrare i compagni, parte per il suo viaggio verso l’arcipelago Shabaody.
Se questa fosse una storia normale, la rossa riuscirebbe ad arrivare sana e salva all’arcipelago, raggiungere i suoi compagni e prepararsi ad affrontare nuove avventure.
E considerando che non ha la più pallida idea del fatto che Ace è ancora vivo, potrebbe anche incontrarlo e superarlo senza farci caso.
Ma prendendo in considerazione le bolle volanti e cadenti, colpi bassi, favole dove i protagonisti sono dei gran fighi, un sentimento innato per la pizza e l’ossessione per il colore arancione... allora direi che questa non è una storia normale.
E quindi che Nami avrà molto da fare prima di raggiungere i Mugiwara...
[AceXNami] Prima fanfic a capitoli che scrivo, mi piacerebbe sapere che ne pensate. Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Buone vacanze!
(Magari!)
Eccomi con un altro capitolo: la seconda parte del flashback, ed anche l'ultima. Prima però, come sempre, voglio ringraziare chi, qiesta storia, l'ha messa fra le seguite:

1 - Cloe_Chan [Contatta]
2 - Daistiny [Contatta]
3 - Gol D Ann [Contatta]
4 - Kiby [Contatta]
5 - kymyit [Contatta]
6 - leonedifuoco [Contatta]
7 - MBCharcoal [Contatta]
8 - milan010 [Contatta]
9 - NamiFolle [Contatta]
10 - sihu [Contatta]
11 - stellinatvb [Contatta]
12 - SvEtY [Contatta]
13 - _Lunatica_
[Contatta]

Chi fra le ricordate:
1 - Death Knight [Contatta]

E chi fra le preferite:
1 - Cloe_Chan [Contatta]
2 - Frandra [Contatta]
3 - Itacina [Contatta]
4 - Mymoon96 [Contatta]
5 - niki 96 [Contatta]
6 - Sayuri_91 [Contatta]
7 - Straw X Kisshu [Contatta]


E si, anche se è da tanto che non lo scrivo (scusatemi) chi le ha recensite, perchè un commentino ci vuole sempre! Detto ciò vi lascio alla lettura!

Qualche minuto dopo, a Marineford...
Marco era seduto su una roccia, distante da due tombe che avrebbe preferito non vedere mai. Su una di queste era appoggiata un’enorme lancia, su un’altra un cinturone e un cappello da cow boy color arancione vivace.
Vivace... proprio come lo era il suo proprietario.
Il biondo teneva in mano una bottiglia di vetro, come se fosse l’unica sporgenza su cui appoggiarsi per non cadere.
Ma era difficile non cadere, se ti trovavi sul ciglio di un fossato.
Dietro di lui riecheggiavano molte voci, ma non dava peso a nessuna di queste.
“Riunione dei pirati di Barbabianca”, l’avevano chiamata. Ma Marco era dell’opinione che non sarebbe servita a un granché. Farla a Marineford, poi... era solo una scusa per visitare la tomba del babbo. Anche se nessuno riusciva a capire che, almeno per Marco, era una cosa che peggiorava il suo stato d'animo.
-Tu che ne dici, Marco?- quella voce richiamò l’attenzione del biondo, finora distratto e con la testa immersa in un mare di pensieri estranei a quella discussione.
-Che? Come dici?-
Sul volto di Vista cadde un’espressione vagamente rassegnata e ben marcata: -Non stavi ascoltando, non è vero?-
Il comandante della prima flotta abbassò lo sguardo, forse dall’imbarazzo o dalla tristezza, la quale regnava sovrana in quell’atmosfera.
-Scusate, ma è più forte di me! Non riesco a pensare ad altro... -
I presenti sapevano come si stesse sentendo il comandante della prima flotta. C’erano passati tutti.
La voce autoritaria di Jaws tuonò nell’aria lasciando trasparire dello stupore fra i compagni di bordo: -Quello cos’è, Marco?-
-Niente!- il biondo si richiuse velocemente in sé stesso, come un istrice sulla difensiva –Assolutamente niente!-
Jaws fece per avvicinarsi. Si fermò di fronte alla figura rannicchiata del biondo, con le sue braccia che si stringevano le gambe al petto, e il viso seminascosto fra le ginocchia. Si poteva scorgere, anche se con difficoltà, qualcosa di lucido e trasparente posato sullo stomaco del comandante della prima flotta. Qualcosa che lui stava nascondendo.
Jaws tuffò la mano nello spiraglio da cui aveva intravisto il luccichio dell’oggetto.
Mentre il moro lo afferrava saldamente, il comandante della prima flotta si richiuse ancor più in se stesso, senza permettere alla mano dell’altro di uscire, sempre che non lo lasciasse. Cercando di trattenerlo, riuscì solo a farsi male.
Infine Diamond rubò la bottiglia che stava coprendo. Era trasparente, puzzava di alcol ed era vuota. O meglio, era stata svuotata dal desiderio di dimenticare.
Per sua sfortuna, il comandante della prima flotta reggeva perfettamente l’alcol, o almeno sentiva di avere la mente ancora molto lucida.
Jaws sospirò: -Marco... -.
Il biondo distolse lo sguardo dall’uomo: -Era... solo un goccio!-
-Ti sei scolato l’intera bottiglia!- lo rimproverò criticamente Vista, raggiungendo gli altri due.
-Però... – rispose Marco per giustificarsi -... non credo ci sia molto da ridire! Non penso che voi siate stati così santerellini da affrontare la morte del babbo e di Ace a mente lucida!-
I ricordi trafissero le teste dei subordinati di Barbabianca, che ascoltarono quelle parole come delle frecce abbattono con facilità il loro bersaglio.
Marco realizzò in fretta l’errore che aveva commesso senza ragionare. -Scusate... - e si congedò, scomparendo alla vista degli altri pirati.

Ormai era da parecchio che camminava sempre dritto, a testa bassa. Si fermò solo quando si accorse che se avesse fatto un altro passo, sarebbe caduto in mare. Aveva attraversato l’intero diametro di Marineford, senza neanche accorgersene, e aveva ormai raggiunto il confine della baia. Fece un lungo e profondo sospiro preparandosi a camminare di nuovo tutto il tragitto che si era già fatto.
Non appena si voltò, il suo sguardo cadde sulla struttura in parte demolita del patibolo. Lo stesso dove Ace stava per essere...
Un brivido freddo e glaciale percorse la schiena del biondo, riportando alla vita sensazioni che non era riuscito ad abbandonare.
Marco, forse in preda all’alcol, forse in preda alla rabbia che provava per Akainu, forse per il semplice fatto che erano morti suo babbo e suo fratello, a quel ricordo, a quel dolore cadde nella follia più profonda e cupa.
Aveva sorbito un intero mese nella tristezza causata dall’assenza di quelli che erano stati, per lui, un padre e un fratello. Ora era stanco. Stanco di sapere che non sarebbero più tornati. Aveva già sofferto abbastanza durante la guerra, ma non poteva dire mai qualcosa come “Suvvia, domani sarà un altro giorno!”, perché anche quando arrivava il domani, il dolore se lo trascinava con sé.
Portò le mani alla testa: -MALEDETTO ACE!- diede un calcio infuocato, che fece saltare un palo saldato con il cemento armato per terra. -Maledetto te che dovevi proteggere il tuo fratellino! Maledetto te che ti sei fatto catturare! Maledetto te che ti sei fatto quasi giustiziare! Maledetto il babbo che si è fatto ammazzare per colpa tua!-
Colpì con un pugno un lampione, ma questo, notevolmente più robusto e resistente del paletto, non si piegò. Un pugno... che non riusciva a battere l’avversario. Gli era già capitato, quando duellava con Ace per far passare il tempo sulla Mobydick. Alla fine l’aveva sempre vinta il biondo, ma per le prime batoste Pugno di Fuoco era incrollabile.
Esattamente come il suo stato d’animo: incrollabile. Poteva capitargli di tutto, ma lui non si arrendeva mai. L’unica volta che il comandante della prima flotta l’aveva visto mollare era stata sul patibolo. Eppure alla vista dei suoi compagni aveva quasi ricominciato a vivere.
Che cosa strana, ricominciare a vivere proprio a un preludio dalla morte...”
A quell’ultima parola, Marco diede un altro violento pugno contro il palo. Come se colpirlo servisse a trovarsi di fronte, come sfidante, l’amico perduto.
Ne diede un altro.
E un altro ancora.
Nel frattempo le lacrime salate e amare scendevano dal viso seguendo i lineamenti duri del biondo, per poi staccarsi dal suo volto e cadere a terra, lasciando tracce indelebili alle loro spalle. Sentiva le nocche e il dorso delle mani cominciare a bruciarsi e a scorticarsi a causa della brutalità di quei colpi. Eppure non riusciva a fermarsi. Non voleva.
L’ennesimo pugno, più dolorante e stanco degli altri, si fermò a un centimetro di distanza dal lampione. Infine Marco lo poggiò lentamente contro la superficie fredda e ferrosa, con un velo di rassegnazione. Chinò la testa e le spalle in avanti, notando come il pilastro fosse diventato ricurvo, e come non fosse servito a nulla distorcere la sua linea eretta.
No. Poteva picchiare quel palo quanto voleva, ma non sarebbero tornati. Non più.
–Maledetto te... – si lasciò scivolare lentamente lungo la linea del palo, ritrovandosi in ginocchio per terra -... che ci hai lasciato dicendo “grazie”- A quelle parole, le lacrime ricominciarono a scendere giù come pioggia di marzo.
E il biondo si sedette, lasciandosi sbattere la schiena contro il palo. Le gambe ormai erano flesse, e aveva ripiegato la testa fra le ginocchia.
Stava piangendo.
E odiava piangere.
Perché se piangi c’è sempre un motivo per cui lo stai facendo.
E quel motivo è più doloroso del pianto stesso.
-“Grazie” per averti voluto bene, poi... che razza di ultima parola è, Ace? Certo che ti abbiamo voluto bene! Eri nostro frate...- s’interruppe bruscamente, continuando comunque a lasciar scendere le lacrime dagli occhi.
-No. Tu sei  nostro fratello! E lo rimarrai per sempre! Altrimenti non sarei qui, a fare la fontana per te!-
Fra quei ragionamenti, fece cadere un sorriso sghembo e ironico sulla sua bocca, ormai bagnata dalle lacrime salate, che parevano non volergli lasciare tregua: -Non ci posso credere! Riesci persino a farmi fare ciò che odio di più anche da morto! Sei unico nel tuo genere, Ace! Se solo fossi andato avanti, quando Akainu ha detto quelle cose! Se solo fossi stato meno stupido... - diede un ultimo sospiro. Poi si ammutolì, dando libero sfogo al suo pianto.
-Ma io... non sono stupido!-
Il biondo sbuffò: -Si che lo sei, invece! Sei la pecora nera di tutte le ciurme delle flotte di Barbabianca! Fa parte della tua natura essere stupido, Ace!-
Marco si bloccò: -Ace?-
Rizzò in piedi, con gli occhi spalancati e attenti dallo stupore.
A qualche metro di distanza da lui vide la figura di un ventenne, alto, dai capelli corvini e neri come la notte che cingevano quel viso caratterizzato da un sorriso divertito, oltre che a numerose lentiggini. Se ne stava lì, in piedi, con una maglietta a maniche corte addosso e un paio di jeans.
Il comandante della prima flotta prese seriamente in considerazione l’eventualità che si potesse trattare di una visione provocata dalla sbronza, soprattutto per quell’abbigliamento che non era da lui.
Ma se quello era solo un sogno, allora il biondo desiderò come mai aveva fatto in vita sua di potersi non svegliare più. Marco iniziò a correre verso di lui, e Ace si preparò a rispondergli.
Dopo qualche secondo, il moro realizzò le vere intenzioni del biondo, che a giudicare dallo sguardo omicida che gli stava mandando e dal pugno infuocato blu, si avvicinavano molto a qualcosa del tipo “fargli pentire amaramente di essersi fatto vivo solo dopo un mese”.
E nello stesso momento Ace, inarcando lentamente il sopracciglio, iniziò saggiamente a correre verso l’altra parte.
-GIURO CHE TI AMMAZZO!-
-Marco! Dopo tutto il discorso commovente che hai fatto, ti rimangi tutto così?- disse il moro scappando a gambe levate.
-FERMO LI’, RAZZA DI PIROMANE DA CIRCO! MI HAI FATTO DIVENTARE UN FIUME IN PIENA MENTRE ERI SANO COME UN PESCE! GIURO, CHE SE TI PRENDO, TI SFREGO LA TESTA COME SE FOSSI UN FIAMMIFERO FINCHE’ NON TI ACCENDI! PAROLA MIA!-

Qualche minuto prima, dall’altra parte della balia, la Red Force era ormeggiata al molo, stupendo tutti i pirati presenti. Non aspettavano una seconda visita dal rosso.
-Shanks! Che ci fai tu qui?- gli chiese Halta, l’unica donna capitano delle flotte del vecchio.
-Che ci fate VOI qui! Io sono venuto solo a farvi una visita!- gli rispose ironicamente l’imperatore.
-Ora che non abbiamo una ciurma, dovevamo pur sempre discutere di alcune cose, e lo stiamo facendo qui!- disse Vista, osservando come alcuni subordinati stessero crollando per l’estremo utilizzo dell’haki da parte dell’altro capitano. Quest’ultimo lo notò.
-Ops! Scusate... – fece una volta sceso a terra, massaggiandosi la nuca con fare imbarazzato.
-Tranquillo, ormai ci siamo abituati... -
-Ma non vi preoccupate che possa tornare la marina?- chiese Beckman, che coprivano le spalle al suo superiore.
-Perché dovremmo? La guerra è finita da poco, e il campo di battaglia è molto trascurato quando sono spostati i cadaveri. Non vedo cosa ci possa essere da preoccuparsi!- gli rispose Jaws -... tornando a voi: che siete venuti a fare qui? Non credo che abbiate attraversato mari e monti solo per venirci a trovare!-
Shanks si preparò: avrebbe dovuto comunicare lui la notizia di Ace che era vivo, ma l’avrebbe dovuto fare con delicatezza. Aveva mandato Pugno di Fuoco a farsi un giro, tanto per preparare psicologicamente i suoi compagni. Solo che non sapeva come farlo.
Prese un ultimo sospiro, rassegnare. Poi si preparò a dire tutto.
-TI HO PRESO, FOTTUTO PIROFILO!- Marco arrivò in scivolata lungo l’asfalto, proprio davanti al rosso e agli altri pirati, mentre con un braccio cingeva energicamente il collo di qualcuno, di cui non si vedeva il volto. Con l’altro arto sfregava le nocche delle dita sulla testa di quest’ultimo.
Ace quasi non riusciva a respirare, per colpa di quella morsa micidiale. Teneva gli occhi chiusi per lo sforzo immane che faceva con dita, infilate fra il braccio di Marco e il suo collo, cercando di creare uno spiraglio che gli permettesse di riprendere fiato. Non ci riusciva. Sapeva che il comandante della prima flotta era molto forte, ma non immaginava che potesse arrivare fino a questo punto.  Percepiva sulla fronte le gocce di sudore, che scivolavano lungo la testa, fino a cadere con un minuscolo tonfo per terra. Ace provò ad aprire gli occhi, accorgendosi che la sensazione umida sul capo non era per niente dovuta al sudore.
Erano lacrime.
Mentre Marco teneva il viso in un’espressione arrabbiata, scendevano lacrime dagli occhi.  Man mano che piangeva, la sua stretta perdeva vigorosità, permettendo al moro di difendersi.
-... Marco?- provò a dire quest’ultimo, osservando l’amico.
-Che vuoi, piromane da circo?-
-Stai piangendo-
Il biondo lasciò libero il braccio che cingeva quello dell’amico. Si mise in piedi, mantenendo in faccia un’espressione distaccata. Porse la mano ad Ace per aiutarlo ad alzarsi: -Che ti aspettavi? Che avrei riso il giorno che saresti morto? Ti serviva un’esecuzione pubblica per capire che ti volevamo bene?-
Ace afferrò la mano del compagno, poi si fecero forza per metterlo in piedi.
-Se proprio mi vuoi bene perché, ora che sono tornato in vita, cerchi di ammazzarmi e poi ti metti a piangere come una femminuccia?-
Proprio in quel momento, l’espressione arrabbiata di poco prima sparì dal volto dell’amico, lasciando posto a un maligno ghigno pronto a fare qualcosa. Qualcosa che non sarebbe piaciuto troppo al moro.
-Perché tu... -
Marco si gettò un pugno in faccia all’amico, beccandolo in pieno –SEI IL PIROMANE DA CIRCO PIU’ BASTARDO A CUI ABBIA MAI VOLUTO BENE, ACE!-
Ace si rialzò col naso grondante di sangue.
Fra tutti i membri della flotta di Barbabianca che hanno l’haki, proprio Marco doveva essere fra questi?” pensò.
Si strofinò via il liquido dalla faccia con l’avambraccio. Si era reso conto di cosa avesse voluto dire l’amico, ma proprio le parole “piromane” e “bastardo” avevano rotto l’atmosfera.
Peccato.
Pugno di Fuoco diede un altro sguardo al compagno, mentre si rialzava.
-Grazie tante, eh!- fece.
-Se ti è piaciuto, posso concederti il bis!- Marco caricò un altro pugno.
-NO! Ti prego!-
-Dai, scherzavo!- e mentre rideva, gli diede qualche pacca sulla spalla.
Ace si voltò, e notò che sia Shanks che tutta la sua ciurma li guardavano sbigottiti.
Dopo la scenata di prima, non c’era da stupirsi della loro reazione.
-Hey, Shanks! Non avevi detto che andavi a comunicare la notizia agli altri ragazzi?- chiese Ace.
Shanks mosse l’unico braccio che aveva, indicando dietro di lui.
Il moro si girò, trovando con grande sorpresa d’innanzi a sé tutti i capitani della ciurma del babbo, che lo stavano guardando attoniti. Più che attoniti, erano caduti in catalessi.
-Emh... l’avevi già preparati alla notizia, non è vero?- chiese il comandante della seconda flotta speranzoso.
Un rumore riecheggiò nell’aria: Marco stava ridendo. Si avvicinò all’amico e, prendendolo per la spalla, se lo trascinò con sé.
-Marco! Ho appena incontrato i miei compagni di viaggio dopo aver fatto una visitina all’inferno... e ora me ne vado? Già?-
-Diciamo pure che le tue entrate in scena, in particolar modo questa, tolgono sempre il fiato. Dagli almeno i tempi di respirare! Ti offro la cena se vuoi... -
Ace non poté fare a meno di resistere a quel delizioso richiamo, lasciando tutti gli uomini alle sue spalle sbalorditi, con le bocche aperte, senza osar fiatare...
... anche se dentro stavano urlando a squarciagola di gioia.

Naturalmente, sotto smorzatura di Ace, Marco fu costretto a mantener fede alla sua promessa riguardo alla cena. Ma avendo ritrovato un compagno scappato per poco dalle braccia della morte, si poteva permettere qualcosa in grande stile: invitò anche tutti gli altri pirati di Barbabianca sulla nave della prima flotta per un banchetto. Questi furono felicissimi di accettare, anche per allontanare la sensazione di lutto dovuta all’assenza di Edward Newgate, che ormai imperversava su di loro da poco più di un mese. Ospitarono sulla nave anche Shanks e la sua ciurma. Infondo, era stato lui a salvare Pugno di Fuoco.
La sala dove si mangiava era enorme e del tutto riempita. Sarebbero stati tutti più comodi sull’enorme Mobydick, ma questa aveva subito gravi danneggiamenti durante il corso della guerra di Marineford. Della sua riparazione se ne stavano già occupando alcuni carpentieri, ma per ora era inutilizzabile.
Tutti erano seduti attorno a dei lunghissimi tavoli rettangolari, ognuno in qualsiasi momento aveva davanti a sé una pietanza o un boccale di birra. Nella maggior parte dei casi entrambi.
Molti scoppiarono a ridere quando Ace cadde con la faccia nel piatto e la forchetta in mano. Per l’ennesima volta.
Fra i tavoli scoppiava spesso qualche gara di bevute. Se davvero questi erano figli di Barbabianca, dovevano aver ereditato il gene del “reggere bene l’alcol”, perché crollavano solo dopo moltissimi giri. Il rosso volle testare questo loro gene.
-Shanks, Aspetta!-
Proprio poco prima che il pirata potesse portare alle labbra il primo boccale in una sfida contro Atomos, si voltò trovando d’innanzi a sé la figura del dottore albino, con le braccia incrociate e la solita espressione imbronciata sul volto. Accanto a lui il suo vice, dalla medesima espressione.
-Cosa vuole, anarchico? Mi vuole ricordare tutti i rischi di chi beve troppo sakè o degli effetti del dopo sbronza, come farebbe ogni bravo dottore e ogni fedele vice?-
Sul viso della coppia di criminali si posò un ghigno sghembo, poi Ben parlò: -Per niente! Ma i qui presenti anarchico e fedele vice vogliono scommettere contro questi gentilissimi signori cinquemila Berry che il nostro capitano non crolla prima di quest’essere qui accanto... -
Alle parole “quest’essere” Atomos sbuffò.
-... quindi ci dia il tempo di puntare, per la miseria!- aggiunse l’infermiere.
Shanks sorrise. Aspettava quel genere di risposta dai suoi subordinati. –Cinquemila Berry, avete detto?-
 fece il rosso tornando a osservare il liquido ambrato dentro il boccale.
-A testa! – rispose il suo vice.
–Dottore, Ben, davvero mi sorprendete: potevate puntare molto di più!-
Il medico sorrise beffardo: -Non volevamo scialacquare questi pivelli!-
Shanks fece scorrere nella gola l’alcolico, scialacquando il boccale tutto d’un fiato. Batté il bicchiere vuoto contro la superficie del tavolo di legno: -Fine primo giro... avanti col secondo!-.
La gara continuò per un bel po’, e non c’era da stupirsi: Atomos, con l’aspetto che aveva, già faceva intendere di reggere bene qualsiasi cosa, persino l’alcol.
Riguardo a Shanks... beh, era Shanks! C’è bisogno di aggiungere altro?
Verso il nono giro il comandante della flotta di Barbabianca diede i primi segni di stanchezza, finché non chiuse gli occhi e si accasciò sul tavolo.
Attorno ai due partecipanti si sentirono i tristi lamenti di chi aveva puntato per Atomos e le esclamazioni dei membri della ciurma del rosso.
Vittoria.
Fra i più contenti ed esilaranti c’erano il cecchino e il luogotenente.
-Yahoo! Vittoria!- urlò quest’ultimo.
-Non c’è nulla da sorprendersi, se si tratta del nostro capitano e del suo modo di reggere. Non è vero, Shanks?-
Nessuno rispose al biondo.
-Ohi, capitano!- provò a richiamare –L’alcol ti ha reso sordo? -
Non appena si voltò, trovò la figura del rosso (ormai rossa soprattutto sul naso, oltre che ai capelli) che batteva il boccale contro il tavolo e rideva a crepapelle senza un preciso motivo, agitando le braccia come un bambino capriccioso.
Ubriaco.
Yasop rimase a fissare il suo superiore con una punta di disprezzo per un minuto. Dopodiché sentì le pacche sulla spalla da parte del suo grasso amico.
-Lo so, Yasop. Lo so... -

 In un tavolo non troppo distante da questo si stavano già svolgendo altre sfide. Solo uno non aveva ancora provato, ma avrebbe rimediato presto a questo particolare.
Pugnò di fuoco salì su una panca e batté il piede sul tavolo -Hey! - il grido di Ace atterrò l’attenzione di tutti quelli che si trovavano in quel tavolo.
-c’è qualcuno che vuole sfidarmi?-
Il silenzio regnò in quella stanza. Ace era conosciuto, oltre per il fatto di essere il comandante della seconda flotta, per la sua fama da bevitore (più mangiatore, a dire il vero). Quindi nessuno si azzardò a rispondere.
Scappò qualche risatina soffocata, mentre Ace continuava a guardarsi in giro, senza trovar nessuno che volesse gareggiare contro di lui.
Quando aveva perso le speranze, notò una mano alzarsi da lontano: era il comandante della prima flotta.
Pugno di fuoco sorrise: una sfida contro Marco sembrava molto interessante, perché anche lui era conosciuto per il modo in cui reggeva l’alcol.
Il moro si ritrovò profondamente deluso quando notò che l’amico era appena uscito da un’altra sfida e ora era ubriaco fradicio.
-C’è qualcun altro che vorrebbe sfidarmi?- chiese implorante al resto dei ragazzi.
Marco imitò il compagno mettendosi sopra la panca: -Accontentati, Ace! Dammi un buon per questo motivo io non possa gareggiare contro di te!-
Il moro socchiuse gli occhi: -Marco, quante birre ti sei fatto?-
-Diciasette! -
-Ecco il tuo buon motivo -
Il comandante della prima flotta sbuffò, dando le spalle al ventenne e cominciando a  camminare lungo la panca: -Tanto avresti già perso in partenza! Non riesci a bere dieci boccali di seguito, figuriamoci diciassette!-
La mano salda e ferma di Ace afferrò duramente la spalla del biondo. Sul volto di quest’ultimo apparve un sorrisetto soddisfatto. Adorava farlo innervosire in questo modo.
Pugno di Fuoco girò brutalmente il compare: -Rimangiati subito  quello che hai detto!-
Marco, con la solita espressione in viso, porse un boccale che gli capitò per caso all’amico: -Dimostramelo, allora!-
Ace afferrò il bicchiere, si sedette sul tavolo, con le gambe divaricate sulla panca, e bevve tutto d’un fiato l’alcolico. Mentre si affrettava a prendere il secondo, iniziò a dettar le regole: -Tanto per incominciare, io mi faccio diciassette giri, così siamo pari... – si scolò in un sol sorso la birra –poi incominci a bere pure tu, e chi crolla per primo ha perso. Intesi?-
Marco si sedette composto sulla panca, vicino all’amico. Annuì leggermente con la testa. Quel sorriso che aveva in faccia non gli si era allontanato di un millimetro. –Intesi... -
Pugno di fuoco ghignò e portò alla bocca il terzo boccale.

Fu la volta del quarto.
Poi il quinto e il sesto.
Al settimo, ancora non aveva dato il benché minimo segno di stanchezza.
Bevve tutto d’un fiato l’ottavo.
Lo stesso fu per il nono.
Il moro sbatté il decimo boccale di fronte alla faccia di Marco, che aveva il volto semi-affondato fra le braccia conserte poste sul tavolo.
-Chi è che non riuscirebbe ad arrivare a dieci giri di seguito?- aggiunse con una punta di strafottenza nei confronti dell’altro comandante.
-Attento, Ace: ti rimane da bere quasi il doppio di quello che ti sei appena fatto ora. Sei sicuro di voler continuare?-
Pugno di Fuoco lo fissò attentamente in modo vacuo. Ormai la vista cominciava a tradirlo, a giudicare da quelle macchie sfocate che si frapponevano tra lui e il biondo. Le guancie gli si erano avvampate di un rosso talmente acceso da nascondere perfettamente le efelidi sul viso. Gli occhi erano arrossati e semichiusi sia per la stanchezza sia per l’ubriachezza.
Infine, riassumendo l’espressione strafottente di poco prima, afferrò l’undicesimo boccale e fece scorrere il liquido in esso contenuto giù per la gola.
Marco sorrise: -Lo prendo per un sì. -

Arrivato al quindicesimo boccale, la situazione si era fatta critica. Mentre intorno si stagliava una folla di curiosi che facevano il tifo per il moro, quest’ultimo aveva vertiginosi giri di testa e continui stimoli di vomito. L’odore dell’alcol aveva, per la prima volta, evidenziato al giovane il suo lato più nauseante. La sua gola si era richiusa, e Ace era scivolato da sopra il tavolo per poi ricadere sulla panca. Si girò e poggiò la fronte sulla superficie legnosa e fredda del banco. Ebbe un secondo si sollievo, prima che i giramenti di testa tornassero a tormentarlo. A peggiorare l’emicrania sembrava che fosse già iniziato il momento di dopo sbornia, e le grida dei compagni riecheggiavano nella sua testa come un martello su una campana.
“Perché continuo con questa tortura? ...” si chiese mentre sollevava leggermente la testa. Lo sguardo ricadde su un altro boccale di birra. La visione più nauseante che potesse avere in quel momento.
-Ace! – qualcuno tirò indietro la spalla del ventenne, costringendolo a guardarlo in faccia. Era stato Marco, con un’aria certamente preoccupata per il compagno. –Se non la smetti, domani mattina ti ritroverai a vomitare il tuo stesso fegato! -
Pugno di Fuoco lo fissò duramente. “... ah, già. Per la sfida contro Marco” aggiunse nel suo cervello.
La sua testa fu percorsa da quel momento, dove Marco gli aveva passato il primo boccale di birra:
-Dimostramelo, allora!-
Era questo ciò che aveva detto. Infondo quelle parole erano riferite a dieci semplici giri. E li aveva già superati da un bel pezzo.
Al diavolo se Marco reggeva l’alcol meglio di lui! Come aveva appena detto, preferiva tenersi stretto il fegato. Senza contare la ramanzina che gli avrebbe fatto il medico della ciurma del rosso, se avesse scoperto che era svenuto durante una gara di bevute, proprio poco dopo un’operazione.
Aspetta un attimo: la ramanzina, giacché si era ubriacato, gliel’avrebbe fatta comunque.
Vabbè, chi se ne importava di quel vecchio! Al diavolo anche lui!
Ace afferrò come l’amico, la spalla del compare, e si fece aiutare a mettere in piedi. Non appena allargò lo sguardo, notò che dietro di lui numerosi pirati che prima facevano il tifo adesso si stavano lamentando.
C’erano qualche faccia sconsolata e qualche altra che rideva.
Fra tutti quei visi cercò quello di suo padre, Barbabianca. Era curioso di vedere se gli avesse lanciato uno sguardo preoccupato e, da bravo padre, l’avesse trascinato in infermeria con Marco. Oppure se gli avesse dato un semplice sorriso rassicurante e con una o due pacche sulla spalla gli avrebbe detto qualcosa del tipo “Per la prima volta non sono io l’unico che sta seriamente male su questa nave!”.
Ace si ricordò anche che quel giorno non l’aveva ancora visto, a Barbabianca.
Eppure era strano, perché conoscendolo, gli avrebbe dato un caloroso “bentornato”.
Un pensiero percorse velocemente la testa di Pugno di Fuoco. L’impronta che aveva lasciato, però, non se ne andò via.
Il moro cominciò a guardarsi intorno più freneticamente, cosa assai difficile per colpa di quel velo sfocato davanti agli occhi, dovuto a tutte quelle birre.
Ace si era preoccupato di controllare se erano rimasti in vita tutti i suoi compagni. All’appello mancavano solo Little Odr (amico fidato, ma si era già ripreso dalla sua morte parecchio prima), e un tipo della sua ciurma, un certo Misha, ma non aveva avuto modo di parlarci perché quest’ultimo era arrivato lo stesso giorno che era partito per dare la caccia a Barbanera.
Si mise a riflettere su quello che aveva visto quel giorno, come per cercare una semplice ombra che confermasse la presenza di Edward Newgate.
A quanto pare, l’effetto dell’alcol lo aiutava a vedere anche quelle memorie sfocate cui non aveva dato nemmeno attenzione. Un ricordo ben messo a fuoco gli fece sbarrare gli occhi per lo stupore.
Cercò di scacciare via quel pensiero con tutte le forze che gli erano rimaste, ma lo stato di ubriachezza lo teneva prigioniero dei suoi pensieri.
Ace continuò a guardarsi intorno. Era appena riuscito ad alzarsi grazie a Marco, e il mal di tesa era appena peggiorato.
Ma Pugno di fuoco non ci fece caso, troppo concentrato su quel pensiero fisso, sul dubbio di Barbabianca.

-Non... non lo vuoi sapere? E perché?- fece il luogotenente sbigottito.
-Sentite... – Pugno di Fuoco prese un profondo respiro -... ormai, dalle vostre facce, ho capito che Barbabianca o è gravemente ferito... oppure è morto. Non so se il babbo è vivo o no. Non so se mi sto trattenendo dal sapere la notizia che mi renderebbe la persona più felice della terra o se mi sto parando con uno scudo di carta da ciò che mi renderebbe più triste. Quindi non lo voglio sapere. Non ora almeno. Tanto prima o poi dovrò scoprirlo comunque, no?-

Sì. Prima o poi avrebbe dovuto scoprirlo.
Ace voleva reagire, ma tutti quei giramenti di testa e quella nausea glielo impedivano.
L’unica cosa che aveva possibilità di fare, e che poi compì, fu afferrare il diciassettesimo boccale e affrontare il gusto dell’alcol in bocca, pur di scacciare via quel pensiero.
In seguito accaddero solo due cose:
l’arrivo inaspettato (o quasi) del medico albino, che cominciò a sbraitargli contro, mentre le gambe di Pugno di Fuoco crollavano sotto il suo stesso peso.
E Marco che lo prendeva da dietro, mentre il moro iniziava lentamente a socchiudere gli occhi e perdeva i sensi, accasciandosi sul pavimento mentre tutti gli altri pirati, intorno, lo guardavano preoccupati.
 
Il giorno dopo
Marco socchiuse lentamente gli occhi, percependo i raggi di sole che illuminavano l’enorme stanza dei banchetti, ormai vuota ma già ripulita.
La testa era poggiata sul tavolo di legno, e anche il busto era accasciato su questo.
Non c’era nessuno con lui. L’unica cosa a fargli compagnia era un tremendo mal di testa e una vaga sensazione di nausea.
“Maledetta sbronza! Vista, te la farò pagare cara! Me lo sentivo che non dovevo fare la gara di
bevute contro di te... ”
Si mise eretto e si stirò le braccia. Il mal di testa peggiorò di un po’, ma in quel momento Marco era talmente stanco che lo ignorò.
Si diede una veloce occhiata intorno, scorgendo attraverso la porta che collegava con l’esterno un ragazzo con i gomiti appoggiati contro la balaustra, intento a fissare l’orizzonte del mare.
“Beato Ace, sembra non avere problemi con il dopo sbornia...”
Il biondo si alzò e cominciò dirigersi verso il ventenne.
Una cosa che notò fu la presenza del suo cappello arancione da cow boy accanto al giovane, posto sulla ringhiera, ma il comandante della seconda flotta non lo degnava nemmeno di uno sguardo.
Una volta raggiunta la meta, si appoggiò sulla balaustra vicino a Pugno di Fuoco.
-Bella giornata, eh?- fece il biondo.
Ace a quel richiamo distolse lo sguardo dall’orizzonte, poi gli porse un sorriso: -Già, c’è anche un bel sole... -
-Ma tu sei in pensiero,- aggiunse l’altro – e a me piacerebbe tanto capire perchè-
Il sorriso svanì dal volto del ventenne, che tornò a fissare il mare.
-Hai presente Rufy?- chiese infine.
-Non è tuo fratello?-
-Già! Ecco, stavo pensando a quello che ha fatto a Marineford... -
-E’ stato coraggioso- Marco sorrise: non aveva mai visto nessuno combattere in quel modo per ciò a cui teneva veramente.
-Stupido-  aggiunse Ace, senza staccare gli occhi dal filo azzurro dell’orizzonte.
-Si, è vero, un po’ azzardato. Ma non ho mai visto nessuno buttarsi in un mare di guai per ciò a cui tiene di più!-
-Non era ironico. E’ stato stupido- il moro non aveva cambiato espressione facciale, rimanendo serio.
Marco lo guardò torvo, chiedendosi che gli stesse passando nella testa. Lo fissava, ma non riusciva ad avvicinarsi a quegli ignoti ragionamenti.
-Ace, non capisco... -
-Non c’è molto da capire - continuò Pugno di Fuoco -...è stato stupido. Era troppo debole e si è messo lo stesso a correre inutili pericoli. Ha rischiato quasi di morire-
-Magari non gli farà molto piacere, ma basterà che lo convinci ad allenarsi un po’ e... -
-Marco, non gli voglio dire niente-
Il biondo si bloccò una seconda volta. Non riusciva davvero a capirlo. Provò a calare la tensione ridacchiando un po’.
-Andiamo, Ace! Cosa intendi con: “non gli voglio dire niente”? Che avrai intenzione di fare, altrimenti, quando lo vedrai?-
-Semplice: non lo vedrò-
Il sorriso ironico sparì dal volto del comandante della prima flotta. –Stai scherzando, vero?-
Il ventenne attese ancora un po’: -Stupido. Si è letteralmente catapultato dal cielo per venirmi a dare una mano. Ha attraversato l’intero campo di battaglia rischiando di morire. Ma quello che per poco i lasciava la pelle, in realtà, ero io: mi ha fatto quasi prendere un colpo per lo spavento...-
-Si, ma...- ribatté il biondo, quasi arrabbiato -... alla fine è riuscito a raggiungerti!-
-Dimentichi che il colpo di Akainu era diretto a lui. Poi l’ho voluto difendere e mi sono messo in mezzo.
Sono vivo ancora per un frutto del mare! Uno stupido e insignificante frutto!
Se nella mia vita non mangiavo uno di quei cosi a quest’ora, ero morto!
E lo sarebbe anche Rufy, se non fosse stato così stupido-
-Fammi capire bene:- Provò a dire l’altro, con un tremolio di voce - tu vorresti continuare a fingerti morto a tutto il mondo, alle persone che si preoccupano per te, che hanno pianto lacrime amare a mai finire il giorno che Akainu ti conficcò quel dannato, pungo e ai tuoi amici,... solo perché credi che tuo fratello possa capire che deve diventare più forte se vuole sopravvivere nel nuovo mondo? –
Il capitano della seconda flotta rispose con un tono secco: -Si, qualcosa del genere-
-Ma il troppo magma ti è andato alla testa? Ace! Che ti prende?!?-
-Nah, lascia stare! Non puoi capire... - Il moro fece per allontanarsi. Si dovette ricredere quando sentì che qualcuno gli aveva afferrato il polso. Si voltò irritato: era Marco, con l’espressione più arrabbiata che gli avesse mai visto in faccia.
-Ora sei tornato e, cavolo, non credo che io possa essere stato più felice di oggi!
Ma con quello che dici c’è qualcuno che non sentirà questa felicità come ho avuto la grande fortuna di averla sentita io.
E tu vuoi permettere che tuo fratello, che molto probabilmente sai quanto soffrirà, non possa permettersi solo di sapere che stai bene? Per te potrà essere poco, ma per LUI sarebbe il più bel regalo che tu possa mai fargli!-
Pugno di fuoco rimase a fissare con uno sguardo fermo l’amico, che non gli aveva ancora lasciato il polso.
-Marco... - il suo tono di voce nascondeva un filo di ripensamento.
-Ti sei accorto che hai appena sparato una cavolata?- chiese il biondo inarcando un sopracciglio.
-No. Mi sono accorto di avere un compagno di bordo poeta. E magari posso pensare che abbia anche delle gran brutte e perverse intenzioni, se non mi molla subito il braccio-
Marco lasciò la presa, mentre Ace continuò senza fretta a camminare dalla parte opposta.
-Ci si vede, Marco!-
-Guarda che questo è il tipo di scelta di cui uno si può pentire più facilmente!- gli gridò l’uomo da dietro.
Il ventenne non si voltò, ma fece un cenno veloce con la mano: -Questa non ti è riuscita bene, poeta!-
Marco era già stanco di suo per la dopo sbornia. Ci mancava solo Ace...
Si catapultò verso di lui, bloccandolo poco prima che potesse scendere dalla nave.
-“Tanto in meno che non si dica si dimenticherà di me!”, non è vero? Scommetto che è questo quello che pensi di tuo fratello. Non lo vuoi capire che è più complicato?-
Pugno di Fuoco alzò gli occhi al cielo, poi li riportò sul biondo. -Potrà sempre provare a soffocare il dolore con la rabbia, no? -
Marco sbarrò gli occhi: -Soffocare il dolore con... Si. E’ ufficiale: il magma ti è andato al cervello. Mi spieghi come sia possibile una cosa simile?-
-Vediamo se ti rinfresco un po’ la memoria... – Ace si chinò verso l’amico, avvicinando la bocca all’altezza dell’orecchio – “Maledetto te che dovevi proteggere il tuo fratellino, maledetto te  che ti sei fatto catturare, maledetto te che ti sei fatto quasi giustiziare, maledetto il babbo che si è fatto ammazzare per colpa tua...”, ti ricordano niente, Marco?-
Il biondo rimase paonazzo, mentre Pugno di Fuoco lo superava e scendeva dalla nave.

Quella sera, Ace era salito sulla Red Force. Si era messo ancora una volta ad osservare il mare appoggiato alla balaustra, stavolta nel buio scuro e cupo della notte. Il venticello gelido gli accarezzò la pelle, facendogli percorrere un brivido.
-Spettrale, vero?- un uomo avvolto da un mantello nero e con un solo braccio gli si avvicinò, mettendosi accanto a lui.
-Io direi squallido – gli rispose senza volarsi.
Shanks sorrise: -Eppure, continui guardare a il mare con quell’aria interessata... mi piacerebbe sapere cosa vedi-
Ace gli lanciò una veloce occhiata. Il rosso stava scrutando l’orizzonte, attendendo una risposta. Prese un sospiro e tornò a guadare d’innanzi a se: -Vedo... Marineford -
-Davvero? -
-A dir la verità, m’immagino cosa è successo dopo la mia morte e dopo quella del babbo-
-Allora, l’hai scoperto- aggiunse l’imperatore, interrompendolo.
-Già-
-Mi dispiace-
-L’avevo comunque capito, anche se non avevo il coraggio di dirlo-
Il rosso annuì. –Tornando a quello che t’immagini... cosa vedi in questo tuo momento post-guerra?-
-Vedo... tutti quelli che sono rimasti vivi. Ringraziano il cielo di avere avuto, come pochi, la possibilità di vivere.
Li vedo che salpano e prendono il mare.
Vedo che sono contenti di poter vivere, che stanno pregando qualche divinità, spirito o chissà chi per ringraziarli della loro protezione.
Vedo che ognuno lascia a quello che si trova dietro di sé tutte le sue più grandi paure, timori, tristezze che ha vissuto durante la guerra, perché farà di tutto pur di non riaverle più.
E a loro volta, quelli dietro li passeranno a quelli dietro ancora, dopodiché saliranno su una barca e lasceranno tutte quelle paure alle persone alle loro spalle, prendendo il largo.-
Shanks gli volse uno sguardo: -E tu dove sei, in questa tua visione?-
-... io?- Ace per la prima volta si voltò, guardandolo negli occhi: -Io sono quello sull’ultima barca sul mare. Quello a cui hanno addossato tutte le paure di tutti quelli che hanno vissuto la guerra. Quello che si sta sorbendo il peso di tutti i loro timori e le loro colpe. Un peso che sento di non poter reggere-
-E allora, che fai dopo?-
-Dovrei lasciare, come hanno fatto tutti, il mio peso alle spalle. Dovrei abbandonare tutto a Marineford, e scordarmene per sempre. Ma non ci riesco-
-E perché?-
-L’ho già detto: è un peso che non sento di poter reggere-
-Ti sbagli, Ace. Un peso che non puoi reggere non sempre va lasciato alle spalle. Le brutte esperienze servono proprio a darti una lezione, ma se te le lasci indietro non imparerai nulla-
-Cosa dovrei fare, allora?-
-Se proprio è un peso che non riesci a reggere, dovresti trovare qualcuno con cui condividerlo, e vedrai che diventerà molto più leggero. E se ti dico che Rufy sarà molto più contento di dividere questo peso con te anziché diventare più forte, ti posso assicurare che è vero-
Ace gli lanciò un’occhiata gelida. –Marco ti ha detto tutto, non è vero?-
Il rosso, come risposta, abbozzò un sorrisetto sghembo: -Esatto. Ma non te la prendere con lui: gli ho scucito tutto io-
-Sai che consolazione... – il moro tornò a guardare l’acqua scura come la pece.
-Comunque... – lo richiamò l’altro –ascoltarlo non sarebbe una cattiva idea, non credi?-
-Mmm...- Pugno di fuoco continuava a non essere sicuro della propria risposta.
-Mettiamo caso che non cambiassi idea: - aggiunse Shanks –come farai a non farlo sapere a Rufy, se la notizia che Portugase D. Ace è ancora vivo in meno di un minuto farà il giro del mondo?-
-Allora, farò in modo che il mondo non lo sappia-
-Saresti disposto a rinunciare la vita sul mare da pirata?-
-Fare il pirata... si, sarei disposto a rinunciare. Ma posso continuare a navigare fingendo di essere un bravo pescatore solo soletto sulla sua bagnarola, no?-
-Occhio a quello che decidi di fare, Ace: la solitudine non è mai una buona cosa-
Il moro fu colto da un attimo di rabbia passeggera: -Che dovrei fare? Venire a navigare sotto la bandiera nera mi farebbe scoprire subito!-
-Puoi sempre decidere di... -
-No! Ho detto che non voglio che Rufy lo sappia!-
Il rosso provò a calmarlo: -Va bene... ora calmati. Se è questo quello che vuoi, d’accordo. -
Nacque il silenzio fra i due, interrotto solo da un’altra folata di vento.
-Il dottore... ha detto quando potrò tornare a navigare? Da solo, intendo- chiese Ace all’imperatore.
-Ancora un mese-
-Allora prometto che ci penserò su. Ma ti prego di non ribadire la mia decisione, quando la sceglierò, vecchio-
Il capitano si voltò di scatto non appena udì quell’appellativo di troppo, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi ironici: -Vecchio? Io? Ma se sono ancora un baldo giovane!-
-Invece no! Hai passato un’intera carriera da pirata come subordinato di Roger, hai formato una tua ciurma e hai avuto una seconda carriera, così buona da diventare imperatore. Ormai ti puoi considerare un vecchietto decrepito!- scherzò il moro.
-Non sono io che sono vecchio!- fece divertito l’altro capitano –Io sono solo “grande”, tu invece sei solo un ragazzino che gioca a fare il pirata!-
-Ma guarda un po’! Anche tu ti sei messo a giocare a fare il pirata!-
-Si, ma io sono diventato imperatore!-
-E allora?-
-E allora zitto e mosca, moccioso!- e ridacchiò.

Un mese dopo, baia di Marineford
Marco, Jaws e Vista se ne stavano a chiacchierare in disparte, sotto la luce fioca della luna e di un lampione mal ridotto, ma funzionante grazie agli ultimi interventi della marina per rimettere apposto l’isola.
Ace, che ormai doveva aver deciso quello che avrebbe fatto in futuro, aveva chiesto ai tre compagni se potevano portargli le sue cose dalla sua cabina della Mobidick. Si sarebbero dovuti incontrare a Marineford.
Quella nave non avrebbe più navigato. Lo avevano deciso con una votazione, per dei semplici motivi: primo, quella era la nave del babbo, quindi non si toccava. Secondo: la marina non avrebbe avuto difficoltà a riconoscerla, e sarebbe stata causa di  combattimenti senza senso. Al massimo l’avrebbero navigata come punto di incontro della famosa “Riunione dei pirati di Barbabianca”.
La cosa accadde molto velocemente:
L’arrivo di Ace.
I saluti ai compagni.
La spiegazione della sua decisione.
Poi... il resto.
Ace, nonostante i tentativi dei suoi compagni di fargli cambiare idea, partì. Albeggiava.
-Mi domando, se sai cosa stai facendo … - si chiese il biondo, mentre guardava l’imbarcazione allontanarsi sulla linea dell’orizzonte.
-... Ace-

Fine flashback! Eccovi il perchè del titolo "l'ultima barca sul mare",che finora è sempre stato incognito sopra ogni capitolo... Per il prossimo mercoledì, forse, non riuscirò a scrivere il capitolo: ho finito tutte le bozze che avevo, e ora mi ritrovo al verde ^-^''
Comunque ho ancora sette giorni di tempo, quindi si vedrà!
Spero che questo flashback sia piaciuto e ringrazio, davvero, chi legge la mia storia. Grazie!

  
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