Parte III : In un altro
luogo e in un altro tempo
2 dicembre
2027
Gli
aeroporti sono un po’ tutti uguali. Gli stessi duty
free, le stesse scomode sedie di plastica, le stesse
facce stanche, ansiose o semplicemente apatiche.
Ho
cercato di convincere mio padre a darmi il jet della compagnia, ma lui non vuole
concedermi privilegi.
“L’essere il figlio del capo
non ti mette al di sopra degli altri. Anzi deve essere semmai un incentivo a
lavorare di più”. Mi sembra di risentire nelle orecchie la sua voce lievemente
strascicata.
Sì,
papà. Hai ragione. Lavoro. Lavoro così tanto da averne la nausea. Non vedo l’ora
di essere nel salotto del mio appartamento. Un Martini fresco, un pacchetto di
sigarette e la mia televisione. E invece al mio ritorno a Londra mi aspetta
un’altra cazzo di riunione per la fusione con la Payback. Che prospettiva fantastica.
Dio, sento ancora gli
effetti del jetlag del viaggio di andata. Tre giorni a
New York e due di viaggio su quel cazzo di aereo.
Il
mio cellulare suona. E’ la ventesima volta nell’ultima
ora.
“Sì?”
“Amore, dove
sei?”
Kelly, la mia fidanzata. Una
rompicazzo da primato olimpico. Chiudo gli occhi,
rilasciando un sospiro.
“Al
JFK” rispondo. Mi abbandono contro lo schienale della sedia, allungando le
gambe. E a fanculo la compostezza. Sono stanco,
cazzo.
“Dove?” squittisce lei
dall’altra parte dell’oceano.
Non
imprecare. E non ricordarle nemmeno quanto è ignorante. Stai
zitto.
“Aeroporto” replico atono.
Lei si lancia in una disquisizione sul preventivo per il nuovo arredamento del
suo appartamento. Non può fregarmene di meno, ma accenno qualche sì ogni tanto,
giusto per non sentirmi dire che non la stavo ascoltando.
Ha
idea di quanto costino le telefonate transatlantiche?
Non
credo. Continuo a dire di sì, finchè il mio cervello
non minaccia di far esplodere la calotta cranica.
La
odio. Non credo di odiare nessun altra persona quanto odio lei i questo momento.
Ah no, forse c’è un’altra persona. Un coglione con cui
litigavo sempre a scuola.
Finocchio.
“Ho
un avviso di chiamata. Ti chiamo quando atterro”
Tronco la comunicazione,
senza salutare. Non lo faccio mai.
“Fottuta rompicoglioni” mormoro tra
me e me.
Mi
passo le mani sulla faccia, stropicciandomi gli occhi con le dita. Questa volta
la mia testa salterà davvero per aria, schizzando i muri con la mia materia
celebrale e il mio sangue.
“Dio che mal di
testa”
“Vuoi un’aspirina?” mi
chiede una voce.
Mi
volto fino a incontrare gli occhi verdi della ragazza seduta accanto a me. Ha
lunghi capelli rossi e il viso spruzzato di lentiggini. Mi tende una scatola di
aspirine, recuperata probabilmente dall’enorme zaino che tiene tra i piedi.
Abbozzo un
sorriso.
“Grazie” dico, prendendone
due. Le butto giù senz’acqua. Gran brutta abitudine.
“Non c’è problema” mi dice,
rimettendo la scatola dentro alla tasca dello zaino.
Ha
mani minute, pallide, le dita lunghe, ornate da diversi anelli. Un paio sembrano
tribali, come i braccialetti che porta al polso e che tintinnano a ogni suo
movimento. Registro tutto questo, prima che un oggetto nero scappi dalla tasca
dello zaino, rotolando sul pavimento.
Mi
chino in avanti e lo raccolgo. E’ la custodia di un rullino.
“Grazie” mi dice,
sorridendo, quando glielo restituisco.
Le
nostre dita si sfiorano. E allora la sento…una potente botta alla nuca. Una vera
e propria mazzata. Rimango come un cretino a osservarla, chiedendomi se l’ho già
incontrata prima. Se le mie labbra si sono già posate sulle sue, se le mie
braccia l’hanno già avvolta, se mi sono già perduto nel dolce calore del suo
corpo.
Lei
aggrotta appena la sopracciglia, che le disegnano una fossetta leggera al di
sopra del naso. Il suo sorriso vacilla per un istante, mentre le sue guance
vengono colorate da un tenue rossore.
“Qualcosa non va?” mi
chiede, scostando appena lo sguardo.
Scuoto la testa. Devo
deglutire un paio di volte, dato che non credo di essere in grado di parlare in
questo momento.
“No” è poco più di un
sussurro. Cazzo! Sto facendo la figura dell’idiota. Mi passo una mano tra i
capelli, raddrizzandomi sulla sedia.
“E’
solo che il tuo viso…” è così familiare. Così conosciuto. Come una vecchia
canzone tanto amata, che non si sentiva da tempo, e quando finalmente l’ascolti
di nuovo…è come tornare a casa. Come ritrovare un’altra parte di sé
stessi.
Merda. Avrei bisogno ora di quel
Martini. O magari qualcosa di più forte. Mi prenderei a pugni da
solo.
Odio far la figura del coglione con una donna. E di solito non la faccio. Davvero.
E’ solo che lei…lei…cazzo! O mi sono fottuto
completamente il cervello oppure c’è qualcosa di non detto. Qualcosa che scorre
sottopelle, una sensazione impalpabile. Qualcosa di simile a un dejia-vu, ma più
forte. Più spiazzante.
Lei
sorride di nuovo. E’ imbarazzata.
“Sì, anch’io, quando ti ho
visto prima… mi sembrava…” mormora.
Rimaniamo in silenzio per
una manciata di secondi.
Allora non mi sono sognato
tutto. Allora lo avverte anche lei.
Allora…faccio per
chiederglielo, quando lei mi precede con un’altra domanda.
“Sei di New York?”
“Londra”
rispondo.
Eh
sì, dolcezza. E non potrei essere più British. “E tu? Sei di New
York?”
Non
ha l’accento Yankee.
La
guardo scuotere la testa, mordendosi il labbro inferiore. “Edimburgo, ma ho
studiato qui. Faccio la fotografa. Questo è il mio primo incarico importante. Il
National Geographic mi manda
in Australia” dice. Seguo con lo sguardo le sue mani che lisciano distrattamente
il tessuto dei jeans. Una ciocca di capelli le sfiora la guancia. E io provo
l’impulso talmente intenso di scostagliela che sento le dita formicolare.
“E’
una grande opportunità. Di solito si affidano a fotografi free lance. I miei genitori sono molto orgogliosi. E anche i
miei fratelli…io ho un’intera tribù di fratelli maschi”
Mi
guarda e il sorriso si paralizza sulla sua faccia. Si porta una mano alla bocca,
abbassando lo sguardo.
“Scusa. Di solito parlo
sempre troppo quando sono agitata” aggiunge.
Mi
sporgo di poco verso di lei cercando il suo sguardo con il
mio.
“Sei agitata?” le chiedo
piano.
Lei
mi lancia un’occhiata, prima di tornare a fissare il
pavimento.
“N-no. cioè sì…per il volo. Un po’. Cioè mi piace volare,
ma…”balbetta incoerentemente.
Il
pensiero che è agitata per causa mia mi procura un immediata sensazione di
appagamento. Il mio piccolo ego sta improvvisando un ballettino della vittoria.
Percorro lentamente i
lineamenti delicati del suo viso con lo sguardo, soffermandomi sulla forma delle
labbra.
Dio, non so cosa darei per
poterle far voltare il suo viso verso di me e baciarla. Sfiorare appena le sue
labbra con le mie e sussurrarle nell’orecchio parole che non potrebbero essere
pronunciate ad alta voce.
Saprei che sapore hanno le
sue labbra? Conoscerei il modo in cui si muovono sulle mie, il modo in cui le
sue mani mi accarezzano la schiena, in cui si abbandona a
me?
“E
tu invece che cosa fai?” mi chiede, schiarendosi la voce.
La
fisso negli occhi perfettamente serio.
“Killer professionista”
rispondo grave.
Lei
sgrana appena gli occhi. Mi metto a ridere.
“No, in realtà faccio un
lavoro decisamente più spietato. Lavoro nella società di mio padre. Fusioni e
acquisizioni. Non c’è niente di più eccitante”
Lei
mi rivolge un’occhiata strana. Apre lo zaino e prende un pacchetto di
caramelle.
“Se
non ti piace potresti cambiare lavoro” mi suggerisce, porgendomi il pacchetto.
Non mi muovo, intrecciando il suo sguardo con il suo. Ogni volta che succede
sono come incantato. Sono incapace di ragionare.
“Potrei…” mormoro con un
filo di voce.
Potrei
amarti?
Sì,
potrei. Anche se sei una perfetta sconosciuta. Anche se potresti essere una
qualunque psicopatica, so che potrei amarti. So che potrei essere tuo per
sempre.
Non
so niente di te. Nemmeno il tuo nome, ma quello non è mai stato importante,
vero?
Non
erano i nostri nomi, che potevano tenerci lontani. Né quelli, né la furia del
destino…
“Volo 8953 dell’American
Airlines per Londra…” dice l’altoparlante sopra le
nostre teste, annunciando il gate per l’imbarco.
Mi
riscuoto. Devo andare. È il mio volo. Lo so che devo andare. Lo so
perfettamente.
Eppure non riesco a
muovermi. Continuo a guardarla, perdendomi nella dolcezza del suo sguardo. Devo
andare. Devo andare…devo…
Lei
sbatte un paio di volte le palpebre, fissando un punto indeterminato sul
pavimento.
“E’
il tuo” bofonchia.
“Ehm sì” confermo. Mi
sistemo il cappotto elegante, alzandomi. Le tendo una mano. Lei la stringe,
sollevando lo sguardo su di me.
“Grazie per
l’aspirina”
Potrei…io so che potrei
amarti. Ma devo andare.
“Di
nulla” risponde, ritirando la mano.
L’altoparlante annuncia di
nuovo il mio volo.
Indietreggio continuando a
guardarla. E lei…Dio, lei è così bella. E io sono un coglione.
“In
bocca al lupo per…” le dico, quando mi scontro con qualcuno. “scusi” smozzico a
mezza voce.
Mi
volto ancora verso di lei. Devo andare. Le lancio un ultimo saluto e mi dirigo
verso il mio gate.
Ho
fatto la scelta giusta. Indubbiamente.
Voglio dire, se avessimo più tempo
forse...ma non l’abbiamo.
Io
ho un lavoro. Ho un aereo da prendere. Ah sì, ho anche una fidanzata.
Rompipalle, ma ce l’ho.
Ho
anche un cane, che mi aspetta a Londra. E un televisore al plasma. Ho troppi
motivi per prendere quell’aereo.
Devo andare. Devo. Non ho
scusanti per restare.
E
anche lei tra poco dovrà andare. Ha un aereo da prendere. Canguri da
fotografare. Fratelli che spaccano ossa.
Il
suono del mio cellulare mi fa trasalire. Sono quasi arrivato alla mia uscita.
Guardo il display. Il nome
Kelly lampeggia furiosamente sul
quadrante.
Non
posso.
Non
posso farlo.
Non
posso.
Mi
giro e getto il telefonino nel cestino più vicino.
Non
posso andarmene. Non posso! Sono stato un pazzo! Un completo pazzo! Un folle. Io
sono un folle!
Comincio a correre. Devo
raggiungerla.
Mi
faccio largo in mezzo al continuo via vai dell’aeroporto, dando e ricevendo
spallate. L’altoparlante annuncia nuovamente il mio volo. I viaggiatori sono
pregati di affrettarsi.
“Che vada a farsi fottere” ringhio, irrompendo nella sala d’aspetto. Cerco lo
sguardo il posto in cui eravamo seduti. Vuoto.
Non
c’è.
Non
c’è più. La ragazza non c’è più.
Non
è possibile. Non posso essere così sfigato. Trovo la donna della mia vita e me
la lascio scappare dalle mani.
“Cazzo” sbotto, passandomi
una mano tra i capelli.
Riprendo a correre. Non
posso nemmeno chiamarla con l’altoparlante. Non so nemmeno come si chiama. Non
posso di certo dire ragazza con i capelli rossi, diretta in Australia!
Corro talmente veloce, da
non vedere nemmeno il pavimento dell’aeroporto.
Devo trovarla. Lo so che è
irrazionale. Lo so che...so tutto. So tutti i contro. Ma so anche che è giusto
così.
Il
respiro si blocca nella mia gola, quando scorgo una testa rossa tra la
folla.
E’
lei. E’…
“Ehi” grido forte per farmi
udire. Lei si gira. Mi avvicino sempre correndo.
Mi
fermo a pochi passi da lei. Il respiro ansante. I capelli biondi che mi ricadono
scompostamente sulla fronte.
Non
riesco a parlare. E ora che cazzo le dico?
“Lo
so che posso sembrati pazzo…”
Buon inizio. Insomma,
anch’io credo di essere pazzo.
“ma
so che se ti lascio andare via ora, lo rimpiangerò per il resto della mia
vita”
Lei
si avvicina di un passo. Gli occhi sempre inchiodati nei
miei.
“Volo 3255 dell’American
Airlines per Sidney…” dice quel cazzo di altoparlante
sopra le nostre teste. E’ il suo volo. Ora è lei che deve andarsene.
Mi
tende una mano.
“Non lasciarmi andar via”
sussurra, con gli occhi velati di lacrime.
“Non lo farò” dico,
prendendo la sua mano nella mia.
E
quando le nostre dita si intrecciano so che è come avrebbe dovuto sempre
essere.
Perché non tutte le storie
d’amore sono destinate a finire bene.
Perché non tutti i luoghi e
non tutti i tempi sono adatti ad accoglierle.
Perché la morte è per
sempre. Ma non in tutte le storie.
Di
certo non in questa.
Draco e
Ginny.
In
un altro luogo e in un altro tempo.
Fine.
Ooh visto che c’era il lieto
fine?
Spero di essere riuscita a
sorprendervi con questo finale. Non voglio addentrarmi in disquisizioni
religiose o filosofiche sull’aldilà, questa è solo una storia, quindi…prendetela
così com’è senza porvi troppe domande, sul perchè,
come…okay?
In
realtà è nata prima questa parte di tutte le altre, volevo quasi scriverla come
one-shot, ma poi ho pensato di darci una base più
solida e così sono nate le parti precedenti.
E
ora passiamo ai ringraziamenti.
Ellie: ciau, visto che c’è stato il lieto fine? Mentre lo scrivevo
mi sono emozionata e dovevo continuare a fermarmi… Ginny credo che sia un
personaggio abbastanza OOC, purtroppo non amo molto la Ginny del libro (Harry e
Ginny insieme poi mi sono abbastanza indigesti), mi piace pensarla comunque con
una grande dolcezza e una grande pazienza per sopportarsi un rompipalle come
Draco^^; Ma anche con una grande forza d’animo e un grande coraggio, che forse
l’accomunano a Draco! Grazie per tutte le recensioni che mi hai lasciato! Alla
prossima!
Maky91: ciau, ma spero di scrivere un’altra long, anche se per ora
credo che sia difficile, credo che per un po’ mi adagerò su storie medio corte
tipo questa. Mi spiace ;_; Cerco di non fare più stragi di questo tipo, poveri
Draco e Ginny! Ginny è un personaggio complesso, spesso non riesco a capirla
nemmeno io e in ogni fanfic mi ritrovo a scoprirla un
po’, mentre Draco…mah Draco in qualsiasi storia mi sembra un personaggio
conosciuto, che riesco a gestire senza troppo difficoltà, come se scrivere di
lui sia…”naturale”.
Stellina: no no, non linciatemi! Ho scritto il lieto fine! Cioè è vero
che sono morti tutti, però alla fine si sono ritrovati – e no, l’aereo non
cade^^…anche se forse avrei potuto…un guasto ai motori e ciao! Ahahah no no, poverini. Narcissa è un personaggio che andava approfondito
maggiormente, ma che purtroppo in questa storia non ha trovato spazio – magari
però una one shot ci scappa… -. Draco dice di lei che
è sola, non sa nemmeno lui dove, mentre Ginny dice che Malfoy Manor è in rovina, con le porta sbarrate e i mobili pieni di
polvere, quindi ho pensato a questa donna che ha perso il marito, il figlio, la
sorella Bellatrix e tutte le cose che possedeva…per
capire Narcissa c’è una frase chiave che dice Ginny:
gli occhi pieni di pazzia, ho pensato che tutto questo dolore possa averla resa
pazza e così quando vede qualcuno sulla tomba del figlio agisce come se volesse
proteggerlo, cioè uccidendo quel qualcuno…sì, forse una one shot potrei scriverla…vedremo! Grazie per tutte le
recensioni, sei sempre gentile! Ciauu alla
prossima!
Hhrtruelove: ciao! Ho aggiornato
prestissimo, questa storia scalpitava per essere scritta, specialmente l’ultimo
capitolo! Spero che la fine ti sia piaciuta anche se è un particolare! Ciao e a
presto!
Romen Evans: ciau! Ma speriamo che questa fase duri a lungo, dopo mesi e
mesi di buio, in cui non riuscivo a scrivere nulla – solo a giocare al gioco di
ruolo a cui partecipo- finalmente sono tornata a scrivere. sto ancora…cercando
di riabituarmi. Dopo tanto tempo che non si scrive si perde un po’ la mano – nel
mio caso non riesco a scrivere storie in terza persona, la prima mi viene più
naturale – Beh per quanto riguarda questa fic spero
che ti sia piaciuta anche la fine, un po’ più romantica rispetto alle parti
precedenti, ma dovevo un po’ rifarmi…a presto! Un bacione
PettyMoth: nuuu, non piangere! Eh lo so, ho fatto un po’ una strage …
ho risollevato un po’ le sorti dei nostri nell’ultimo capitolo. Grazie per i
complimenti, mi hanno fatto molto piacere! A presto!
Thilwen : ma ciao! E così siamo
arrivati alla fine anche di questa storia…un po’ mi spiace ;_; Povera Ginny, Non
ho salvato Draco e non sapevo davvero come salvare lei. Farle trovare un altro
amore? Farla suicidare? No, Ginny è un personaggio positivo, non l’avrei vista
capace di togliersi la vita, anche se Draco è morto. E così ho optato per
l’omicidio, all’inizio doveva essere Lucius a
compierlo, poi ho pensato di scegliere Narcissa, anche
se purtroppo non sono riuscita ad approfondire la sua personalità. Per il
finale…ma a dir la verità è nato prima questo dell’inizio della storia, spero di
essere riuscita a renderlo sia coinvolgente, che ...originale! Fammi sapere mi
raccomando! A presto!
Melychan: ciao, grazie per la
recensione! Eh lo so, di solito non scrivo mai storie tragiche, dove muoiono
tutti. Anche in questa fino all’ultimo mi sono detta: salva, Draco, ma poi ho
ceduto e l’ho lasciato morire, povero ragazzo. Spero che la fine ti sia
piaciuta, anche se ha toni completamente diversi rispetto ai precedenti
capitoli. A presto!
DarkStar: Ciau! Sì, sì, Draco e Ginny si sono ritrovati, anche se in maniera un po’ particolare. Come ho già detto, Narcissa è un personaggio che avrei voluto approfondire maggiormente, la morte del figlio e del marito l’hanno annientata completamente, facendole perdere completamente la ragione. Povera donna. Per questo ha ucciso Ginny, anche se probabilmente non sapeva nemmeno che era lei, nel senso che ormai non era più in grado di riconoscerla! Fammi sapere che ne pensi di questa ultima parte… a presto!
Nayachan: ciau, no no niente limbo, ho cercato qualcosa di diverso! Davvero ti piacciono le storie tragiche? Mah io solitamente non le amo molto e non mi piace nemmeno scriverle, però per una volta ho voluto fare un'eccezione! Il lieto fine però c'è... ^_^
Angel: grazie per la recensione! Aggiornato prestissimo! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Sì, è piuttosto triste, poverini Draco e Ginny ;_; beh meno male che si ritrovano...
Ringrazio tutti coloro che
hanno letto la mia storia e che l’hanno commentata.
Scusate se vi ho fatto
piangere nelle prime due parti ;_; Spero di essermi fatta perdonare con
l’ultima!
Bene, ora non mi resta che
salutarvi!
Spero di scrivere presto
un’altra storia!
A
presto
Un
abbraccio
Egle