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Autore: Heath Queen Bee    01/05/2011    3 recensioni
La mia prima FF, ispirata a uno dei libri che io ritengo tra i più belli (Dark Visions) completamente riadattato dalla mia mente contorta :33
Ha come protagonista Gwen: non uno dei personaggi più amati, ma spero di farvi ricredere grazie a questa (contorta) fanfic xD
Enjoy the read
Dal capitolo 5:
A quella poca distanza non potè fare a meno di perdersi nel profondo verde degli occhi del moro, che le apparivano come unica via d’uscita da quella dolorosa tortura a cui era sottoposta ormai da anni, un piccolo assaggio di paradiso. Avrebbe voluto accorciare ulteriormente le distanze e assaporare quelle morbide labbra rosee, passare le dita tra i profumati capelli del moro e godersi a pieno quello che pensava essere un angelo caduto dal cielo ma, dopo essersi resa conto di stare facendo pensieri poco casti su un ragazzo appena conosciuto, interruppe quel lungo contatto visivo e si morse il labbro inferiore maledicendo il suo lato perverso.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il grande orologio a pendolo scandiva quegli interminabili secondi. Gwen, inginocchiata davanti al corpo esanime della madre, fissava il volto pallido e senza vita. Le lacrime le scendevano inesorabilmente su viso, collo e vestiti, trascinando via le ultime tracce di mascara dai suoi occhi gonfi. Il silenzio regnava sovrano nella periferia di Ottawa. Il vento soffiava con forza, guidato dall’affollata mente della ragazza. Lei, così forte, eppure così debole. Socchiuse gli occhi, lasciandosi curare dal vento, che sembrava spazzare via il suo dolore. Si portò la mano destra sul cuore, mentre con la sinistra sfiorava il petto della madre.
Era tutto così surreale... un sogno... un incubo.
Scosse la testa dolcemente... ma lei non poteva avere incubi, da quando Morfeo l’aveva privata del sonno, da quando la sua anima è stata dannata.
Una mano calda si posò sulla spalla della ragazza facendola sobbalzare, il vento cessò all’improvviso riportando la calma nella stanza.
La gotica si voltò di scatto, alle sue spalle vide una ragazza alta e bionda, che le porgeva la mano.
-Chi sei?- singhiozzò Gwen in preda al panico.
-Sono qui per aiutarti.- rispose l’altra allungando nuovamente la mano.
-Dimmi chi sei!- Questa volta la voce non era più esitante, Gwen era sconvolta.
-Fidati di me.- Rispose la sconosciuta chinandosi di fianco a lei.
Gwen non ricordava l’ultima volta che si era fidata di qualcuno, ma quella ragazza, I suoi occhi, il suo sorriso, il suo profumo le ispiravano fiducia... come se la conoscesse da sempre. Guardò nuovamente la sconosciuta, ancora con la mano tesa. Sollevò il braccio dal corpo della madre e la strinse. Il calore pervase il suo corpo...
-So a cosa stai pensando.- Sussurrò la bionda con estrema dolcezza. Gwen la guardò perplessa, ignara di dove l’avrebbe portata fidarsi di lei.
L’ultimo alito di vento scompigliò i capelli della gotica, mentre si alzava da terra. La bionda, la trascinò fuori casa, invitandola a salire in una macchina sportiva nera, parcheggiata davanti al cancello.
La ragazza non fiatò, non servivano parole in quell’istante di pura fiducia.
Stava salendo di sua spontanea volontà sulla macchina di una sconosciuta, che l’avrebbe portata chissà dove. Ma Gwen sapeva che... ogni luogo sarebbe stato migliore di quello.
 
La parola “casa” le faceva solo ricordare il volto di sua madre, la sua voce. Guardò malinconica fuori dal finestrino. Non sapeva dove sarebbe andata, ma sentiva di poterla chiamare casa, la sua nuova casa.
Il viaggio durò tre ore, tre lunghe ore di silenzio.
Ogni volta che pensava non poteva fare a meno di ricordare la sua mano, appoggiata sul petto esanime della madre. Sulle braccia,sulle mani e sui vestiti era macchiata del freddo sangue della sua sfortunata vittima.
Sfortunata perchè il fato, il destino, aveva scelto per lei la più brutale fine. Uccisa involontariamente dalla sua stessa figlia, o, meglio, dalla sua maledizione.
spostò lo sguardo, incrociando gli occhi verdi della ragazza.
-Io sono Bridgette.- Disse, porgendole la mano. La gotica la strinse sussurrando:
-Gwen.-  
Mentre Bridgette stava aprendo lo sportello dell’auto, per uscire, Gwen la interruppe, prendendole un braccio:
-Tu non hai paura di me? Non credi che io sia una strega... come tutti gli altri?- La bionda richiuse lo sportello e, fissando la gotica dritta negli occhi, assunse un’espressione seria, poi disse:
-Una strega? L’unico motivo per cui tu sei, o, meglio, noi siamo diverse;  la colpa dei nostri poteri psichici, va solo al Destino. Lo stesso Destino che ci ha fatto incontrare, conoscere.- Gwen fu sconvolta da quella rivelazione.
-Ne esistono altri? Altri come me?- Bridgette abbassò lo sguardo per un attimo, soffocando le lacrime.
-Ti spiegherò tutto quando saremo entrate.- Concluse scendendo dalla macchina.
Aveva colpito il bersaglio, rigirato il coltello nella piaga. Non era l’unica e questo la faceva sentire sollevata... si sentiva finalmente parte di una famiglia, la famiglia che il Fato le sottrasse, la famiglia che aveva sempre desiderato.

  
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