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Autore: Ayumi Zombie    02/05/2011    6 recensioni
Non avevi idea che qualcuno potesse, nell’Universo, finito o infinito che fosse, distoglierti dai tuoi pensieri e ragionamenti puramente scientifici. Qualcuno che potesse farti incazzare tanto da farti smettere di congetturare ed iniziare a farti venire voglia di uccidere.
Qualcuno che potesse spingerti, con un riso maligno, giù dal baratro della logica e farti cadere nell’abisso della confusione.
« Cazzo, Cartman. Non russare.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eric Cartman, Kyle Broflovski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{ i hate everything about you. }
 

Everytime we lie awake, after every hit we take.
Ogni volta, rimaniamo sdraiati e svegli, dopo ogni colpo che incassiamo.

 
Cerchi di ascoltare il suono delle gocce di pioggia, mentre tentano disperatamente di sciogliere quel voto di silenzio compiuto dalla notte, che non le ha prima interpellate. Deglutisci, ti lecchi le labbra secche e un pochino screpolate. Riprovi a concentrarti, a focalizzare la tua attenzione sull’acqua che scroscia là fuori. Ma qualcosa ti continua a distrarre. Ed è lì, nel tuo stesso letto, quella cosa che in confronto a te è tanto enorme e che sembra risucchiare, oltre alla tua attenzione, anche tutta la tua tranquillità. E le energie. E le emozioni positive. E il buon senso.
Non avevi idea che qualcuno potesse, nell’Universo, finito o infinito che fosse, distoglierti dai tuoi pensieri e ragionamenti puramente scientifici. Qualcuno che potesse farti incazzare tanto da farti smettere di congetturare ed iniziare a farti venire voglia di uccidere. Qualcuno che potesse spingerti, con un riso maligno, giù dal baratro della logica e farti cadere nell’abisso della confusione.
« Cazzo, Cartman. Non russare.
 

Every feeling that I get… but I haven't missed you yet.
Ogni sentimento che mi hai dato… ma, ancora, non mi manchi.

 
« Non sto russando, ebreo di merda.
Senti qualcosa afferrarti la bocca dello stomaco e stringerla. Per qualche istante, compari questa sensazione a quella che hai avuto quando hai scoperto che esiste gente dal cuore di pietra che prende i gattini appena nati, li strangola e li butta in un sacco, per poi lasciarli affondare nel fiume. È sveglio. Anche lui.
« Ah, sei sveglio, culacchione.
Ti torna in mente quella volta in cui Stan ti ha chiesto perché tu continuassi a chiamarlo con quegli epiteti. Grassone, culacchione, lardoso, culone, trippone, culo grasso, palla di lardo, e tutti quelli che ti vengono in mente quando incroci quello sguardo bruno che vomita rabbia, ira, odio e disprezzo – tutti dedicati quasi esclusivamente a te. In fondo, ti ha detto il tuo migliore amico, Cartman ha buttato giù quella trippa che lo ricopriva quando frequentavano le scuole elementari e medie. Ora, ha preso il suo posto un bel set di muscoli che fa fare un mezzo sorrisetto ai volti femminili che incrociano il suo cammino. Tu non avevi risposto niente, a Stan. Avevi scrollato le spalle e borbottato qualche cosa, mescolato ad un debole andare a ripassare chimica.
Sei solo tu, a chiamarlo ancora così.
Si lascia chiamare ancora così solo da te.
 

Every roomate kept awake, by every silent scream we make.
Tutti I compagni di stanza che abbiamo tenuto svegli, con le nostre urla silenziose.

 
« Ma vai a farti fottere,
lo senti ringhiare. Ti scappa un sorrisetto. Ecco una fantastica vittoria: sei riuscito a dare sui nervi a quello stronzo un’ennesima volta.
« Perché non dormi?,
gli chiedi. Non sai nemmeno perché tu glielo stia domandando – in fondo, non te ne frega proprio niente, non ti interessa niente di niente, che riguardi lui. Lo fai solamente per fare quattro chiacchiere, per insultarlo un po’ e trovare qualche stupida ragione per prenderlo in giro. Chissà, magari riesci a ricevere una risposta simile ad un non riesco a dormire senza il mio orsacchiotto. Sai che non otterresti mai una replica del genere, non la darebbe a te e non a diciannove anni suonati, ma ci provi lo stesso.
« Perché non dormi tu?,
questa risposta ti fa leggermente trasalire. Non avevi previsto una sua inversione della domanda. Rimani in silenzio qualche istante, ma non puoi lasciarlo vincere. Non anche stavolta. Decidi di improvvisare, così spari qualche cosa, a caso.
« Non sono abituato a dormire con un enorme ammasso di lardo nel letto.
ti senti orgoglioso. Gli hai risposto male, e sembra che, per il momento, si sia persino zittito. Un ghigno di vittoria si dipinge sulle stesse labbra che poco fa hai leccato con nervosismo.
È la causa del tuo nervoso, la causa delle tue vittorie, la persona per cui ti impegni di più. Lo fai perché lo vuoi ferire, ma ti impegni da morire.
Per fargli capire che sei meglio di lui, per ficcargli in testa che lo odi più degli altri, per rigettargli in faccia quell’uragano di emozioni che, dentro di te, ha già distrutto tutto e portato Dorothy ad Oz.
 

Only when I stop to think about it…
Solo quando smetto di pensarci…

 
Per qualche istante, la tua mente scientifica passa ad analizzare quello che è accaduto ieri. Come sempre, ti ritrovi a compilare un elenco immaginario ed  ordinato delle cose rilevanti, di tutto ciò che ti ha portato nello stesso letto di quello stronzo.
L’improvvisa idea di Stan di prendere e partire, così, per festeggiare il diploma e fare la prima vacanza da soli, senza fratellini o madri o sorelline o altri parenti di sorta, senza avvisare in nessun modo con non fosse un telegrafico sms; il frappé andatoti di traverso al sentire la notizia; gli altri tre che insistevano perché venissi anche tu – anzi, gli altri due. Cartman era rimasto in silenzio a fissarvi, impenetrabile, dall’altra parte del tavolino del bar, mentre cercavano di convincerti che l’idea che non fosse poi così tanto suicida, e di tirarti via il liquido rosa che aveva fatto inversione di marcia e si era accomodato nei tuoi polmoni. L’uscita da South Park senza una meta che non fosse una città lontana; la stazione caotica e piena di gente; quel « quattro biglietti a caso, per favore », accompagnato dal sorriso e dal tono accendi-femmine di Kenny; l’eccitazione di trovarsi nella capitale, Denver, in circa una giornata di treni presi senza nessuna logica. La pioggia a catinelle, l’albergo a mezza pensione non troppo caro e piuttosto accogliente. Le sole due stanze libere. L’implorazione a Stan che non ti abbandonasse, non ti lasciasse da solo con Cartman. Kenny ubriaco che tira Stan, quest’ultimo che arrossisce e cerca di nascondere qualcosa che spunta dal cavallo dei pantaloni. L’abbandono. La stanza condivisa per forza. Le luci spente.
 

I hate everything about you: why do I love you?
Odio tutto di te: perché ti amo?

 
Senti il materasso cigolare. Automaticamente, rivolgi il viso verso la fonte del rumore.
Cartman.
A furia di rimuginare, ti eri dimenticato della cosa con cui condividi il letto. Mentre riemergi da quella sorta di dormiveglia – non un mezzo sonno vero e proprio, perché non hai voglia di dormire e non credi che te ne verrà tanto presto – ti accorgi che è troppo tardi. Senti qualcosa che ti passa nell’aria sopra la faccia, arriva sul tuo cuscino. Una mano. Nonostante sia buio, noti una specie di ombra posizionarsi sopra di te. Cartman è sopra di te. E daresti tutta la tua paghetta per poter scommettere che ha quel ghigno malefico che lo contraddistingue da quando aveva nove anni.
« Che… che cazzo stai facendo?
gemi. No, non va bene. Troppo flebile, troppo sottile, troppo smorzato. Si capisce benissimo che te la stai facendo sotto, e te ne accorgi perfettamente. Per questo, dopo aver richiuso la bocca, ti mordi la lingua fino a farti male.
« Ti faccio un favore, ebreo di merda.,
risponde lui, sogghignando. Sì, avresti vinto il doppio. Ti ha parlato usando lo stesso tono infame che aveva sempre avuto, ma con quell’inclinazione particolare che acquista nelle occasioni in cui sta per mettere in atto una di quelle sue trovate cattive. È un aggettivo infantile, e non ti piace usarlo, ma sai che è l’unico in grado di definire quella perfidia gratuita.
L’unica differenza da dieci anni fa è che non andate più alle elementari. Eric non è più un ammasso informe di grasso criminale dalla voce stridula, mentre tu… beh, tu non sei cresciuto poi così tanto. Sei rimasto il più piccolo del gruppo, il più esile e l’unico che, al contrario di tutti gli altri, ha mantenuto un aspetto infantile. A volte ti ritrovi a dover riconoscere, non senza un po’ di avversione, che persino Butters è più virile di te.
« Non capisci?
senti il suo fiato – sa di menta, quel bastardo, lo riconosci!, ha usato il tuo dentifricio – a pochi centimetri dalle tue labbra. Caldo, ti sfiora le stesse labbra che, a causa sua, erano state leccate nervosamente, e, sempre a causa sua, si erano tese in un sorriso vittorioso. Ora, a causa sua, sono dischiuse e alla disperata ricerca d’aria. Ma è loro negata.
 

Only when I stop to think about you, I know.
Solo quando smetto di pensare a te, lo capisco.

 

« E sì che eri tu, quello tutto scientifico e intelligente, ebreo del cazzo. »

 

Only when you stop to think about me, Do you know?
Solo quando smetti di pensare a me, lo capisci.

 

« Ti voglio togliere la sabbia dalla vagina. »

 

I hate, you hate.
Ti odio, mi odi.

 
E, impotente, senti l’arrivo della fine.
I concetti banditi dalle leggi che avete deciso all’unanimità, nonostante non vi foste azzardati ad interpellarvi l’un l’altro; i desideri rinnegati ed esiliati in un angolo della mente di entrambi; i pensieri mai espressi a voce o men che meno ammessi a voi stessi.
Ora, sembra tutte queste emozioni – tutte queste verità – si siano ribellate agli infiniti anni di segregazione e autocensura. E l’abbiano fatto con la forza.
Pare che abbiano preso il controllo delle mani di Eric, che ti abbassa velocemente i corti boxer neri, che si siano impossessate del tuo bacino, mentre si alza per facilitargli la manovra, delle tue mani che corrono sulla sua forte schiena nuda, prima ancora che tu riesca a renderti conto che la tua maglietta e i suoi pantaloni del pigiama sono già stati lanciati via chissà dove.
 

I hate, you love me.
Ti odio, mi ami.

 
Sei nudo, sotto di lui.
Ti attacchi alle sue spalle con tutta la forza che hai. Ti aggrappi a lui con le tue esili gambe, stringendo i grandi occhi verdi ed infilando la tua piccola testa nell’incavo tra il suo collo e la spalla. Le sue mani vigorose stringono la presa sul tuo bacino ossuto, le sue dita si ancorano sulle tue fragili ossa sporgenti. Tu sei piccolo e sottile, lui grande e forte. Potrebbe spezzarti, ucciderti da un momento all’altro, e tu rimarresti solo la sua vittima.
Ti trema un po’ il mento, hai paura. Ti accorgi di starlo supplicando, in silenzio, dentro di te. E non lo puoi più ignorare, quando senti delle gocce calde evadere dalle tue palpebre serrate e rigarti le guance, nonostante i tuoi sforzi per trattenerle.
Senti il suo inguine avvicinarsi a te, mentre lui si prepara per entrare in te, lentamente.
 

I hate everything about you: why do I love you?
Odio tutto di te: perché ti amo?


why do i love you? }
 

Bene, bambini.
Spero vi abbia traumatizzato abbastanza.
Lasciatemi una recensione in cui mi scrivete i soldi che devo darvi per pagarvi le cure psichiatriche che vi ha procurato leggere questa cosa partorita dalla mia mente morta.
Niente cause legali, per favore. So che il vostro cervello ha subito danni ingenti a causa mia, ma potreste trovare dei problemi, a far causa a un morto.

   
 
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