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Autore: NiNieL82    04/05/2011    7 recensioni
Visione del tutto personale del finale del manga. POV sia di Georgie e di Arthur il giorno del loro incontro. E quello che comportò
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la mia prima fanfiction su Georgie, uno dei miei cartoni animati preferiti quando ero una bambina. Ho letto qualche cosa sulla trama del manga, ma non l'ho letto tutto. Quello che vi apprestate a leggere è una one shot dedicata all'unica coppia felice alla fine del manga.

Spero che vi piaccia. Fatemi sapere con una mail o con una recensione che cosa ne pensate.

Vi mando un bacio e vi ringrazio per la pazienza che avete dimostrato nel leggere questa piccola one shot.

Buona lettura.



IMPORTANTE: i diritti del manga giapponese 'Lady Georgie' appartengono a Yumiko Igarashi. Io ho solo preso in prestito i personaggi per poter rendere omaggio ad una delle storie più belle che sono mai state scritte nel manga, nella speranza di non offendere nessuno autrice, parenti dell'autrice, amici dell'autrice e naturalmente i fans come me.




La tenacia del paziente.


Tempo fa, quando i miei ricci biondi toccavano soffici come piume che cadono dal cielo dalle ali di un uccellino spaventato il terreno nudo della stalla dello zio Kevin, mentre Barone William Adams Junior mi guardava silenzioso, forse chiedendosi che stessi facendo, non sapevo che partire dall'Australia mi sarebbe costato così tanto.

Ho conosciuto il dolore, il più cieco in questi anni. Pensavo che scappare dall'amore di Abel e di Arthur, che ancora sentivo miei fratelli e non due ragazzi come me, del quale mi potevo innamorare, era la cosa giusta. Pensavo di aver fatto la cosa migliore lasciando per sempre la fattoria nel quale ero cresciuta, ignara dalle mie origini, delle mille bugie dette per nascondere quella verità che il signor Butman, l'uomo che ho considerato mio padre per tanti anni aveva messo su per proteggermi da tutto e da tutti.

Non sapeva che mi doveva difendere dalle persone che c'erano nella sua stessa casa. Quando morì lasciò due figlie maschi che stavano camminando inesorabilmente verso la lunga via che li avrebbe resi uomini e una figlia femmina che da allora avrebbe sempre lottato per un po' dell'affetto di una madre fredda e scostante.

Già da allora avrei dovuto capire. I segnali c'erano tutti: il signor Butman che mi diceva che dovevo tenere quel bracciale che portavo al polso come il più caro dei tesori, che non lo dovevo perdere mai, che non dovevo separarmene mai; Abel e quella sua strana mania di difendermi da tutto, molto di più di quello che un comune fratello avrebbe fatto; Arthur che voleva proteggermi da Abel, dal mondo, dal mio passato e da quei sentimenti che provava e che non voleva ammettere nemmeno a se stesso. Tutto mi legava a quel mondo di cui facevo parte e dal quale ero stata cacciata quando ancora ero in fasce con mia madre e mio padre.

E quando quei segni divennero troppo evidenti per essere ignorati perfino dal più stolto, io non capì e attesi che la donna che avevo creduto una madre mi sputasse addosso tutta la sua rabbia.

Ecco perché tempo fa, davanti ai miei ricci biondi che cadevano lenti sul terreno sporco della stalla dello zio Kevin, provavo indifferenza, forse anche liberazione in quel gesto che deturpava la mia bellezza.

Misi vestiti da uomo, salendo su di una nave che mi avrebbe portato da Lowell Gray, il mio primo amore, quello dell'inesperienza, quello dei primi baci che ti fanno venire le gambe molli.

Salì su di una nave che mi avrebbe portato in Inghilterra, rischiando la mia stessa vita quando avvelenarono un uomo con un tè che dovevo bere io.

Quell'uomo era mio zio, il fratello del mio vero padre. Ed è grazie a lui che hanno scoperto che ero una donna e Caterine che mi ha difeso a spada tratta. Devo tanto a quella bambina. Quando si scoprì che la destinataria di quel tè ero io e venni scagionata da ogni colpa, mi prese con se e mi vestì con i migliori vestiti alla moda, rendendomi quella nobildonna che ero per lignaggio, ma che non ero mai stata avendo vissuto per tutta la vita in una fattoria con un piccolo koala come amico.

Ho faticato per ricostruire la mia vita. Ho trovato Lowell. Ho anche pensato di essere felice. E forse lo ero. Almeno fino a che non sentì qualcuno chiamare il mio nome nel giardino della casa di Caterine. Seguì quella voce, sapendo di doverlo fare. Mi resi conto che era un pappagallo quando lo vidi planare e posarsi poi su di una mano conosciuta: quella di Abel. Il mio fratellone era lì. Ma io non ero più sua sorella. E avevo smesso di esserlo da molto prima che lui mi dichiarasse il suo amore.

Quando lo rincontrai a Londra sapevo di essere felice e al contempo triste. Volevo che mi stesse vicino, che mi proteggesse come quando ero una bambina, come quando ero solo la piccola Georgie. La mia gioia andò scemando mano a mano che Abel cominciò a parlare. Voleva che lo seguissi, che andassi a vivere con lui. Rifiutai, all'epoca troppo cieca per vedere oltre quell'amore profondo e pazzo che sentivo crescere in me,quello per Lowell, che aumentava di giorno in giorno con la stessa forza di un'ossessione. E forse lo era davvero.

Lowell ed io scappammo per poterci amare. E anche se fu breve e le cose da allora sono molto diverse da come lo sono ora, ricordo con gioia quei momenti e mi suscitano sempre tranquillità e gioia.

Lowell ed io ci amammo. Con la forza del nostro amore riuscimmo a nasconderci, ma poi arrivò la malattia. Lowell si ammalò e io fui costretto a riportarlo a Londra, nella sua casa.

Fu allora che tornai da Abel. Mi aprì la porta di casa sua senza fare domande. Parlammo di quello che ci era successo: io delle giornate interminabili passate a lavorare per un tozzo di pane; lui del fatto che nostro fratello Arthur fosse rinchiuso nelle segrete della reggia dei Dangering, in una situazione terribile ed estrema.

Uniti dopo tanto tempo dallo stesso spirito di due fratelli e non dalla passione disperata di amanti non corrisposti, decidemmo di attuare un piano per salvare Arthur dalla sua prigione fisica e mentale. E solo allora incontrai mio padre. Il conte Gerard che mi riconobbe grazie a quell'unico oggetto che l'uomo che avevo chiamato papà nei miei primi anni di vita, il signor Butman, mi aveva detto di tenere stretto.

Fu come rinascere un'altra volta. Non ero più Georgie Butman, ma la contessa Georgie Gerard. Avevo di nuovo Abel vicino, conoscevo mio padre, il mio padre naturale e stavo cercando di liberare Arthur.

Era un'impresa angosciosa e rischiosa. E sentivo dentro di me uno strano presentimento, un'ombra che mi diceva che Abel non doveva sostituirsi al fratello, permettendoci di prendere il largo verso l'Australia.

Lui mi rassicurò. E forse solo allora mi resi davvero conto di amarlo. Solo allora. Mentre lui mi diceva che tutto sarebbe andato bene prendendomi in giro come quando eravamo due bambini, mi resi conto di amare Abel Butman, quel ragazzo che ridendo mi portava con se nel cavallo per le sconfinate praterie australiane.

Ma la paura, forse quel mio essere sempre così debole, mi bloccò e non mi permise di dire ad Abel che ero innamorata di lui.

Il piano venne attuato. E solo allora mi resi conto che quell'ombra scura che era calata nel mio cuore era più di un presentimento.

Abel, dopo aver preso il posto di Arthur uccise Inwin e venne condannato a morte e Arthur, sotto i miei occhi attoniti, dopo essere stato liberato, impazzito per via dei soprusi e delle violenze, si lanciò dalla carrozza sul quale stavamo scappando, si buttò dal ponte e sparì tra i flutti del Tamigi.

Quella che cominciò dopo la morte di Arthur, fu la parte più dura della mia vita. Lottai per vedere Abel libero e lo feci con mio padre al mio fianco. E una sera, aiutata da Maria, l'ex fidanzata di Arthur, entrai nella cella di quello che un tempo credevo il mio fratello maggiore e gli confessai i miei sentimenti.

Quella fu la prima volta che feci l'amore con un uomo. La prima e l'unica. Lowell provò parecchie volte, ma mi negai, senza nemmeno capire il vero perché. Forse, già da allora sapevo che dovevo essere solo di Abel. E così fu. Ci amammo disperatamente. Una stilla di felicità in un oceano cupo di tristezza.

Ma a quella goccia solitaria si aggiunsero mille lacrime di amarezza nel momento in cui venne annunciato che l'esecuzione sarebbe stata anticipata.

Mio padre ed io lottammo per dimostrare non solo l'innocenza di Abel, ma di mio padre stesso, accusato dal conte Dangering stesso di aver complottato contro la regina.

Ci riuscimmo. Tutto sembrava fatto. Abel era salvo. Ma un colpo venne sparato comunque.

Abel si accasciò.

E solo allora riuscì a dirgli che aspettavo un bambino da lui.

Ora, su questa nave che mi riporta a casa, guardo i miei capelli, i lunghi boccoli biondi mossi dal vento.

I miei occhi non hanno lo stesso barlume d speranza a farli brillare. Brillano per inerzia, per colpa delle lacrime che li hanno bagnati per così tanto tempo.

E mentre il vento porta via una lacrima facendola scorrere lungo la mia guancia, prima, rapendola poi per consegnarla all'orizzonte placido, sento i piccoli pugni di mio figlio stretti alla mia gonna.

Mi volto e sorrido e accarezzo i capelli neri. Lui solleva gli occhi su di me e quando lo guardo sento un tuffo al cuore: è come rivedere Abel da bambino.

Che c'è?”

Volta lo sguardo un po' preoccupato verso l'orizzonte dove lontano appare una lunga lingua di terra.

Mamma? È quell'Australia?”

Guardo l'orizzonte. Stringo mio figlio a me e sospirando rispondo:

Si Abel! Quella è casa!”


Come tanti anni fa un carretto mi porta di nuovo a casa. Non alla vecchia fattoria dei Butman. Quel posto è vuoto e lo troverei solo pieno di ragnatele e di fantasmi poco propensi ad accogliermi.

Seguo le linee dei campi sterminati; guardo uomini chini a lavorare e ricordo con nostalgia la mia infanzia.

L'Inghilterra, Londra, mi hanno rubato un po' di anima. Mi hanno regalato un padre ma mi hanno tolto due delle persone più importanti della mia vita.

E ripensando a loro, ad Abel ed Arthur guardo su un albero e sorrido. C'è una famiglia di koala che mi guarda passare con interesse. Chissà se Lup è ancora lì, con la sua compagna e se almeno lui è felice.

Il carro si ferma e mio figlio mi guarda interrogativo. Non ha mai visto una fattoria e quasi sembra intimorito. Sorrido e lo aiuto a scendere e poi mi volto. Un uomo sempre più sdentato e sempre più brizzolato mi guarda quasi vedesse un fantasma.

Nemmeno ci crede che io sia qua.

Zio Kevin!” esclamo felice.

Lui con la bocca spalancata mi abbraccia sempre incredulo. Poggia le mani sulle mie spalle e mi guarda.

Quando ti vedrà...” e guardando dietro di me domanda: “E tuo fratello Abel?”

Sorrido malinconica. Non do caso a quello che ha detto e poggiandogli una mano sulla spalla dico:

Andiamo dentro. Dobbiamo fare una bella chiacchierata!”


Passano le ore.

Il sangue di suo padre e di sua madre scorre nelle vene di Abel che ben presto toglie le scarpe e si mette a zampettare felice sull'erba assieme a Barone William Adams Junior. Anche lui è invecchiato, ma conserva sempre la sua indole da buffone intollerante all'alcool.

Zio Kevin sembra sconvolto da quello che gli ho raccontato. Guarda davanti a se nel vuoto quasi stia cercando di vedere all'orizzonte apparire Abel pronto a ridere di lui che ha creduto a quello stupido scherzo e a giocare con quel bambino che, citazione di zio Kevin, 'è la copia sputata di quel vagabondo di Abel '.

Sento quasi il peso di quello sguardo che mi spacca il cuore e indifferente chiedo:

Chi ci sta alla nostra fattoria? È da un po' che è abbandonata...”

Lo zio Kevin solleva gli occhi su di me. Mi guarda e allarga la bocca in un sorriso sdentato.

La fattoria Butman non è disabitata!”

Lo guardo corrugando le sopracciglia e per la prima volta dopo il racconto della morte di Abel, lo sento ridere come quando ero piccola. E questo mi scalda il cuore.


Sapere che la fattoria non è disabitata mi ha dato il coraggio di affrontare i miei fantasmi.

Sono stanca dal viaggio, lo ammetto. Anche Abel si lamenta. Ma voglio sapere chi ha preso la casa dove ho vissuto fino alla mia adolescenza.

Cammino per quella strada tanto famigliare e nel petto sento quella straordinaria emozione che si prova quando, dopo tanto tempo lontani, i tuoi piedi calpestano di nuovo il suolo conosciuto della via di casa e il cuore batte veloce, mentre tu, sorridendo senza un motivo, ti appropinqui a bussare ad un uscio conosciuto. All'uscio di casa.

Busso, ma nessuno mi risponde.

Il cuore batte così forte che lo sento riecheggiare perfino nella gola.

Busso di nuovo, sentendo le mani che tremano.

Di nuovo nessuna risposta.

È possibile che lo zio si sia sbagliato. È vecchio e forse non ricorda...

Busso di nuovo e non mi rendo conto che Abel jr si è allontanato da me. Sono troppo presa dalla paura, ora, di aprire quella porta e trovarci dentro mia madre, o il suo fantasma, che severo e cattivo mi accusa di aver ucciso Abel e Arthur.

Calde lacrime bagnano il mio volto e il mio cuore batte a tonfi sordi, come di notte quando un incubo mi sveglia e non riesco più a prendere sonno. Ed ora mio padre, il conte Gerald, non c'è ad aiutarmi a superare questo momento di cupa tensione.

Poggio il palmo della mano sul legno freddo della porta e sento il cuore mancare un battito quando la voce di mio figlio grida felice:

Papà!!”

I miei occhi pieni di lacrime si spalancano dalla sorpresa. Abel jr conosce suo padre, lo ha visto in un ritratto disegnato da suo nonno. Il cuore diventa pesante. Se mi volto mi troverò davanti il viso di Abel, il mio Abel, l'uomo che ho sempre amato. Il padre di mio figlio.

Un fantasma perlaceo pronto a svanire all'intensificarsi della luce a mezzogiorno.

Mi volto e vedo qualcuno che tiene in braccio il mio bambino.

I fantasmi non hanno consistenza, non posso reggere in braccio un bambino.

Eppure anche quello che ho davanti, che non è Abel, dovrebbe essere un fantasma. L'ho visto sparire. L'ho visto soccombere alla sua pazzia e al suo dolore e morire nelle acque scure del Tamigi.

E spostando i capelli, quasi chiedendo conferma a ciò che gli occhi hanno chiaro di fronte a loro, sussurrò una domanda. Dico un nome che non pronuncio da tanto tempo:

Arthur?”

Lui si volta e mi guarda.

È quello sguardo dolce che conosco da una vita. È lo stesso Arthur che si è tagliato i polsi per disperazione, lo stesso Arthur che mi difendeva dalla mamma e dal suo odio alle volte cieco verso una figlia non sua, che stava dividendo la sua famiglia e che un giorno avrebbe portato i suoi due figli ad uccidersi per il suo amore.

Arthur. Quello dolce e comprensivo. Quello meno impulsivo di Abel, che preferiva parlare prima di prendere a pugni qualcuno.

Arthur. Il fratello minore. Quello che mi diede il carillon che mi regalò Lowell il giorno dopo in cui rischiai di annegare.

L'uomo perfetto da amare. Eppure io nemmeno mi ero resa conto di Abel e del suo amore disperato, quasi pazzo per me. Come potevo anche solo immaginare che il bonario Arthur fosse un degno pretendente con il suo amarmi in silenzio, stando dietro alla mia ombra, diventandone parte.

Le lacrime di prima ricominciano a scendere. Abel pretende di essere messo per terra e Arthur, senza smettere di fissarmi, lo lascia andare. Lenta mi avvicino a lui. Poggio le mani al suo petto, pronta a vederle passare attraverso, ma mi accorgo che il suo petto è caldo e solido e che il cuore batte contro il palmo della mia mano destra.

Sei vivo?”

Lui mi guarda sorpreso quasi quanto me. Non parla. Sento un tuffo al cuore. Non è amore. È la gioia immensa di una persona che rivede qualcuno che credeva di aver perduto per sempre.

Arthur sorride dolce.

Come mi disse tempo fa zio Kevin, Arthur mi ha sempre amata in un modo totalmente diverso e meno passionale di quello di Abel, ma non meno forte. Lui metteva il bene mio e della famiglia prima dei suoi sentimenti.

Solo ora mi rendo conto che quel sentimento è rimasto immutato e provo un po' di paura.

Non ho tempo di pensare ad altro che Arthur mi abbraccia.

Questo è il segno tangibile che mi fa capire che Arthur è qui vicino a me. E che posso ricominciare di nuovo. Che posso crescere Abel jr qua in Australia. E che Arthur, con la sua pazienza e il suo amore disinteressato mi aiuterà.






È passato qualche tempo da quell'abbraccio.

La mattina mi sveglio e mi sento diverso. Ho messo da parte i miei fantasmi.

Inwin non tortura più giornalmente i miei sogni. Non mi sveglio di soprassalto e non ho paura del mio passato come ne avevo dopo che lo zio Kevin mi ha curato e mi ha aiutato a ricominciare la mia vita da solo.

Certo che la vita è strana però.

Stavo morendo e io stesso ho cercato la morte quando il dolore, le violenze divennero troppo insopportabili.

Ho passato una vita a lottare nel silenzio, nella seconda linea. Ero il gregario di me stesso e nemmeno lo sapevo.

Poi un giorno la mia vita è cambiata. E la luce è entrata nella mia testa con la stessa forza di raggio di sole che passa inoffensivo attraverso la finestra. Ed è arrivata sotto forma di Abel. E non mio fratello. No! Mio nipote.

In un attimo anni di silenzi, di amori chiusi a chiave dentro il luogo più nascosto del mio cuore sono riaffiorati lentamente. Ho rivisto Georgie, bella come quella sera al ballo, quando cercò di farmi capire che lei era lì per me, per salvarmi. E con lei c'era anche Abel.

Quella volta li persi entrambi buttandomi nelle acque del Tamigi.

Quel giorno in cui Abel jr entrò nella mia vita riconoscendomi come quel padre che lui non aveva mai visto, decisi che avrei smesso di piangermi addosso. Avrei affrontato la vita, le mie paure con Georgie e il piccolo.

Ricominciare non è mai facile.

Anche per me e per Georgie le cose non lo sono state all'inizio.

Crescere un bambino è dura. Affrontare le nostre paure e i nostri dolori assieme, facendoci da spalla a vicenda ci aiutò a continuare nonostante la durezza della vita nella fattoria.

Le cose hanno cominciato a cambiare lentamente. E sono migliorate con la mia abilità nel gestire i campi aiutato da Georgie e dallo zio Kevin.

Mi sono accorto che bisogna aver pazienza con il grano. Bisogna saperlo coltivare dando attenzione che nessun uccello mangi i semi quando li butti sulla terra appena arata. Bisogna aver tenacia e aspettare che cresca lentamente. E poi sapere esattamente quando è il momento di tagliarlo, raccoglierlo in covoni e renderlo grano.

Ho capito presto che tutta la mia vita è stata così. Ho pazientato sempre. Ho nascosto i miei sentimenti per Georgie persino ad Abel, fino a che non ho potuto negare più nulla, il giorno il in cui quello sconosciuto venne a cercare Georgie per portarla via. Fu allora che per un attimo abbandonai la mia pazienza e divenni impulsivo come Abel dicendo una bugia, troppo sconvolto dall'idea di perderla per aver paura delle fiamme dell'inferno, dei pugni di Abel che mi atterrarono quando confessai il mio amore per nostra sorella.

Georgie qualche volta dice che le ho salvato la vita due volte: la prima quella notte di tempesta quando, dopo averla tratta in salvo dalle acque del fiume, la scaldai con il mio corpo per non farla morire assiderata; la seconda il giorno in cui accettai di accoglierla con me, nella mia casa, nella mia vita.

Non si rende conto che lei l'ha salvata a me.

Credevo che non avrei mai più amato una donna dopo le violenze di Inwin. O dopo aver capito che il mio amore per Georgie era superiore per quello che potevo provare per chiunque altra: questo lo capì una sera in cui Maria disse di amarmi. Mi resi conto che non potevo ricambiare i suoi sentimenti, che non potevo amarla con lo spauracchio di Inwin che entrava nella mia cella, con il pensiero di Georgie che era l'unico spiraglio di luce in quella vita da incubo.

Ecco perché è lei che ha salvato me. Ecco perché l'amerò per sempre. Specialmente ora che anche lei ha deciso di ricambiarmi.

Ho scoperto che Georgie mi amava una notte di qualche anno fa. Eravamo da soli in casa. Abel jr aveva insistito per stare a casa di zio Kevin e noi lo abbiamo lasciato volentieri.

Quella sera cominciò a piovere. Lei mi sorrise. La guardai e stupito chiesi:

Non hai più paura dei temporali?”

Lei guardò la finestra. In quel momento un lampo squarciò il cielo. Scosse la testa e i ricci biondi ondeggiarono sulle spalle, accarezzando lo stesso scialle che indossava sempre la mamma quando cominciava a fare freddo.

Si voltò verso di me e rispose:

Sono cresciuta, Arthur! Non sono più una bambina che ha paura di un tuono!”

Sorrisi felice. La guardai sedersi e poggiare la guancia sul palmo della mano aperta. Il bracciale d'oro scese velocemente sul braccio magro.

Parlammo a lungo. In principio non mi resi conto che non stavamo parlando delle nostre paure, dei nostri rimpianti, dei nostri dolori.

Stavamo parlando di noi, del futuro, del raccolto, di quello che potevamo fare con i soldi che avremo guadagnato.

Parlammo a lungo. Poi ci fu un tuono fortissimo. Mi spaventai anche io. La luce della candela si spense perché la porta d'ingresso che non avevo chiuso bene si spalancò facendo entrare pioggia e vento nella piccola cucina di pietra.

Prima di potermi alzare mi trovai Georgie tra le braccia. Tremava:

Arthur stringimi! Ho paura!”

Sorrisi. Quante volte aveva detto una cosa simile a me o a Abel. Le accarezzai i capelli e dissi solo uno stupido:

Lasciami chiudere la porta!”

Georgie sollevò la testa e annuì. Tremava sempre e nella luce di un lampo mi resi conto che stava piangendo.

Andai a chiudere la porta -accertandomi di aver fatto bene il mio lavoro- e riaccesi la candela. La vidi in piedi, con una mano poggiata sul tavolo spoglio e gli occhi fissi su di me.

Che succede Georgie?” chiesi preoccupato. Non avevo mai visto quell'espressione nel volto di qualcuno.

Era triste e allo stesso tempo decisa.

Lei mi guardò e rispose:

Ho scoperto che il mio amore per Abel sta mutando nel tempo. Che sta diventando solo un bel ricordo!”

Aggrottai la fronte. Stavo per rispondere, dicendole che era un bene che stesse riuscendo a superare quel dolore, quando la vidi avvicinarsi. Bella e terribile. E non potei non pensare che era arrivata la fine. Che mi stava lasciando per sempre, per conservare intatto il ricordo di Abel.

Lei mi abbracciò e disse:

Tu ci sei sempre stato. Eri quel bambino che mi consolava, invece di fare a pugni con chi mi faceva piangere. Eri quello che disse una bugia a mio zio quando venne a cercarmi. Accettavi la mia totale mancanza di malizia, senza cercare mai di approfittare mai di questa mia ingenuità. Non mi hai mai messo davanti ai tuoi sentimenti. Pazientemente me li mostravi. Solo che io non me ne rendevo conto... Tu mi hai portato il carillon di Lowell. Tu mi hai salvata dalle acque del fiume e mi hai scaldata con il tuo corpo per non farmi morire. Nella tua certosina pazienza mi hai resa una regina inconsapevole al centro del tuo mondo, anteponendo me a te stesso. Anche ora che non c'è più Lowell, che non c'è più Abel, mi hai lasciato abitare nella tua casa, mangiare alla tua tavola, silenzioso e paziente. E solo ora mi rendo conto che tutto questo mi ha fatto innamorare di te. Che tutto questo ha aperto il mio cuore che tu hai curato dalle ferite, facendomi capire di amarti...”

Non so dirvi cosa successe dopo. Ricordo gli occhi di Georgie che riempivano tutta la stanza. Il mondo intero. So solo che fu semplice come mai lo era stato prima baciarla. E che fu più semplice ancora spogliarci e fare l'amore, stretti come quella notte di tempesta, ma in maniera differente.

La mattina dopo, quando il sole scaldava le piante ancora bagnate dalla pioggia del giorno prima, Georgie ed io ci svegliammo nudi, felici e abbracciati l'uno all'altro. Lei mi guardò felice. I suoi occhi splendevano come quando eravamo ragazzi, il suo sorriso era sereno: era stato, per entrambi, come amare per la prima volta qualcuno, visto che da tanti anni non conoscevamo più l'amore fisico. Lei mi accarezzò una guancia e dolce disse:

La tenacia del paziente ha vinto alla fine!”

Sorrisi e l'abbracciai forte.

Da quel momento Georgie divenne mia e mia soltanto. L'amore che prova per me è differente per quello che ha provato per Abel. E non mi importa se non lo dimenticherà mai completamente. Questo significa che la memoria di mio fratello rimarrà viva negli anni e mi rende felice saperlo.

Amo Georgie per quello che è con me. Per la sua pancia che lievita di giorno in giorno. Per quel figlio mio che mi sta concedendo. So che è femmina. E che stavolta sarà davvero identica a lei.

La amo perché mi ha fatto innamorare di lei quando ero un ragazzino. La amo perché mi ha insegnato ad innamorarmi di lei giorno dopo giorno, quando la vedevo che giocava con Abel jr, quando le ha permesso di chiamarmi papà, quando mi aspetta sulla soglia di casa dopo una giornata di lavoro.

Lei ha imparato ad amarmi da poco. Ma non mi importa. Ho pazientato tutti questi anni. Riuscirò ad aspettare una vita per riuscire a rendere il nostro amore eterno.




   
 
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