Videogiochi > Final Fantasy IX
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Autore: fflover89    05/05/2011    1 recensioni
«La famosa pietra Gulgu… non mi è mai capitato di operare con una gemma simile. La applicherò sulla lama in modo che possa essere degna di essere adoperata da te. Ma a cosa ti servirebbe?» chiese.
«Voglio vedere se riuscirò a raccogliere le mie scintille di memoria.» rispose lui.
 
“Dieci anni sono passati dallo scontro contro Trivia, otto dall’abbraccio di Gidan e Daga, e Gaya è cambiata: un abisso di cristalli alti quanto alberi nel luogo dov’era l’albero di Lifa, una nuova città tecnologica di jenoma e maghi neri, nuove razze che risorgono dalla terra. Una diciassettenne Eiko Carol Fabool che sente ancor di più la mancanza del suo amato Vivi. Un personaggio misterioso che fa ritornare alla memoria frammenti perduti di ricordi. Che cosa succederà?”
 
(Non è il seguito di “The Ultimate Weapon” ma chi già l’ha letto troverà più semplici da capire certi dettagli)  
 
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amarant Coral, Eiko Carol, Freya Crescent, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Buongiornosera a tutti voi gentili lettori e, spero ve ne siano, gentili lettrici! Il sempre vostro “The Alex” vi dà il ben ritrovato su queste pagine! Lo scorso capitolo ci ha lasciato più confusi che persuasi, per citare Montalbano. Questo forse vi lascerà più persuasi, o forse ancora più confusi! Leggete, e lo scoprirete!
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La mattina dopo Eiko si svegliò, si vestì, scese senza fare il minimo rumore e aspettò nella piazza principale del vecchio villaggio che arrivasse Artemisio. Il tutto senza avvertire Amarant, cosa che in verità avrebbe dovuto fare. Aspettò qualche minuto finché in lontananza non vide arrivare il moguri a strisce bianche e viola.
       «Già sveglia signorina Eiko?» chiese educatamente il folletto.
       «Lascia stare, è stata una brutta nottata. Certi sogni…» rispose senza guardarlo.
       «Mi ha chiamato per una lettera?»
       «Certamente non per scrivere un libro!»
Artemisio capì che non era il caso di insistere e tese la manina: ricevette una lettera imbustata con destinazione Alexandria per i reali consorti.
       «Accidenti, è la seconda in tre giorni! Che ci sono problemi?»
       «Ma tu non dovevi andare di corsa?» gli richiese di rimando.
       «Ma veramente…»
       «VAI!» urlò perentoria.
E il moguri schizzò via impaurito. Eiko sbuffò e cominciò il suo giro intorno al villaggio: se qualcuno si era avvicinato presumibilmente volando accanto un edificio, anche se era sera inoltrata, doveva essere stato visto. E se era lo stesso come pensava, anzi ne era sicura, che Quina aveva visto inciampare a Lindblum forse c’era una possibilità che fosse lì.
Iniziò il giro dal proprietario dell’ostello:
       «Ha mai visto in giro, anche prima che noi arrivassimo un tipo che indossava una pelliccia marrone? Forse non è un mago.»
       «Non so. Qui entra spesso gente vestita in maniera strana. Ma riconoscere qualcuno per una pelliccia…» disse vago.
       «Allora qualcuno che aveva o indossava questa maschera?» disse Eiko mostrando un foglio dove aveva disegnato uno schizzo di Antoleon.
Gli occhi dell’oste si allargarono, in un’espressione non meglio identificata tra meraviglia e sorpresa. Riassumendo la solita espressione disse sbrigativo:
       «No. E comunque un tipo con una maschera simile lo ricorderei.»
Eiko, non del tutto convinta uscì, e domandò ai negozi e agli abitanti vicini. Ebbe però sempre la stessa risposta: “Ci sono tanti che vanno in giro con una pelliccia pesante perché di notte fa freddo, un tipo con una maschera simile lo riconoscerei” ed era troppo comune tra i maghi per essere dovuta solo alle scarne domande che poneva la giovane sciamana. Poco più avanti incontrò Amarant.
       «Pensavo non mi avessi sentito uscire.» disse Eiko.
       «Ti ho sentito eccome. L’unica cosa che non ho sentito è la tua richiesta di accompagnamento. Sai, ho trentasei anni ma ancora un certo udito ce l’ho. È da quando sei uscita che ti seguo. Cos’è, vuoi ancora fare tutto da sola?»
       «Non ho bisogno di una guardia del corpo per chiedere informazioni.»
       «E chi ha parlato di protezione? Io voglio solo darti una mano, mocciosa. Ieri almeno lo abbiamo visto in faccia, più o meno: se scopriamo che ha già frequentato questo villaggio, potremmo avere la fortuna di trovarlo subito e andarcene a casa entrambi. Almeno appureremo se è davvero lo stesso che ha trafugato il meteorite. Dopo averlo sistemato, ovvio.»
Eiko si fermò e poi girandosi lo guardò con fermezza:
       «Io non voglio ucciderlo: voglio trovarlo e parlargli.»
       «Si può fare.» rispose Amarant dopo averci pensato un po’«Ma non fare mosse avventate: ricordati che sei comunque una maga: un guerriero ben allenato potrebbe sapere come coglierti di sorpresa.»
       «Vorrà dire che farà male a te, e non a me. Hai una reputazione da difendere.»
Che voleva dire, tradusse Amarant dal linguaggio cinico di Eiko, “conto su di te per proteggermi”.
In realtà in tutto il villaggio dei maghi neri, nessuno sembrava saper qualcosa di questo tipo con la maschera di Antoleon. Eiko era ancora più delusa, e decise di tornarsene in albergo, senza aver finito il proprio giro d’interrogatori. Amarant invece aveva un ultimo posto dove andare:
       «Benvenuti all’officina del gatto nero… ah, siete voi, signore.» lo riconobbe Jake «Mi spiace, ma la sua asta ancora non è pronta…»
       «Ancora non l’hai capito che non è per me, razza di idiota? Comunque, non sono venuto qua per questo. Volevo chiederti un’altra cosa: ultimamente i maghi neri sono implicati in qualche affare con qualche altra popolazione?»
       «Beh, diciamo che molti sono andati al centro della città per specializzarsi in qualche lavoro: scienza, lavori manuali, medicina…»
       «Ecco, proprio di questo volevo parlarti: perché questo posto sembra spopolato di maghi neri? Rispetto a qualche tempo fa eravate molti di più, e non penso dipenda dalla sola emigrazione.»
Il mago nero abbassò il capo e rimase così per un bel pezzo.
       «Dopo che l’albero di Lifa è scomparso mi sono sempre chiesto perché anche voi non vi siete “fermati” come Vivi. Lui è morto poco prima che Gidan tornasse da Daga, cioè otto anni fa, a undici anni, secondo l’età che diceva di avere. Io credo che fosse nato poco prima che Quan lo trovasse in mare per cui… diciamo sei o sette mesi prima che lo incontrassi: dubito che Brahne avesse cominciato la produzione dei maghi neri già da nove anni, la guerra si sarebbe scatenata prima. Anche Garnet, dice di aver visto Kuja per la prima volta l’anno precedente. Quindi mi chiedo: se Vivi è morto praticamente a tre anni di età, che era già tanto, com’è possibile che voialtri siate sopravvissuti più del triplo del tempo?»
Jake continuava a evitare lo sguardo dell’uomo salamandra. Poi, con enorme sforzo rispose:
       «Quando morì il numero 64, eravamo convinti che ci saremmo fermati tutti entro l’anno di vita. Poi quando anche il vostro amico morì, pensammo che era la fine del nostro clan: invece poco a poco, la nostra vita aumentò e per molti anni non morimmo. Anche quelli che nacquero con lo stesso sistema di clonazione che creò i figli di Vivi, sopravvissero. Gli jenoma hanno costatato che la stessa nebbia che ci aveva creato, anche se sparita con l’albero di Lifa, ci stava mantenendo in vita. Ma da qualche tempo, la moria è ricominciata… e quindi cerchiamo altri modi per…»
E si rifermò, non riuscendo a parlare. Stava cominciando a tremare.
       «Ti do una mano. State cercando di nuovo qualcuno che vi prometta di allungarvi la vita. Ed ecco la mia domanda: conoscete quell’uomo con la maschera di Antoleon che ieri notte ha tentato di entrare nel nostro albergo? Ci stanno dicendo tutti di no. E ora tu sei la nostra unica fonte di informazioni su quel tipo.»
Il mago nero, strinse i pugni, si riaggiustò il cappello, sospirò e infine disse con un filo di voce:
       «Ci ha detto… che se noi maghi aiutiamo lui… e il suo capo… porrà fine a questa moria…»
Amarant sorrise dentro di sé. Anche se era molto labile, il sospetto che tra quell’uomo misterioso e i maghi neri potesse esserci un legame gli era stato appena confermato.
       «A voi maghi piace la musica?» chiese come se nulla fosse, con il volto molto più disteso, tanto che il mago sobbalzò quasi come gli avessero pestato un piede.
       «…sì, molto. Riesce a farci dimenticare per un po’ i nostri foschi pensieri.»
       «Perfetto allora. Ordina a tutti i maghi che stasera ci sarà un evento musicale: suonerà una tra le migliori musiciste di Gaya.»
       «Uh, chi?» chiese eccitato Jake.
       «Eiko Carol.»
 
  
      «Tu vuoi che io faccia cosa?!» chiese Eiko a gran voce.
       «Dobbiamo vedere quanti maghi neri presenti nel villaggio ci sono. È da qualche tempo che cominciano a mancarne, e non solo per la moria. Mi sono fatto dire dal fabbro quanti maghi neri sa per certo che sono sopravvissuti, sono quarantatré. Se ne mancherà qualcuno, ci sapremmo far dire chi sono e potremmo cercarli meglio.»
       «Ma che centra la ricerca di questo improbabile tizio che vuole ingannare i maghi neri! Io sto parlando del fatto che dovrò esibirmi davanti a quaranta e più persone!»
       «Suonami qualcosa: ho visto il flauto che hai con te.» rispose Amarant tranquillamente.
A sentire questa richiesta, la sciamana si calmò. Prese cautamente il flauto composto in pratica da un ramo di legno con dei fori, e lo guardò come se fosse la prima volta che lo impugnava. Ci pensò un attimo, e suonò un pezzo molto dolce, lento che aveva scritto pensando alla sua avventura di dieci anni prima, a Gidan e a Daga (le note alterate, ovvio), a lei e a Vivi. Era da un po’ che non suonava per il semplice gusto di sentire la sua stessa musica, e non per i suoi studi di magia. Poi cambiò il ritmo, uno stile simile ad una danza frenetica, allegra, un susseguirsi ubriacante di note acute e non, sbagliando veramente poche volte. Dal flauto ma Eiko inizialmente non se ne accorse, iniziò a uscire una luce e una sorta di piccola nuvoletta bianca che creava forme molto suggestive, simile a mani e volti umani. Avvenendosene, staccò la bocca dal flauto e rimase meravigliata: aveva creato una piccola copia di se stessa da piccola che batteva le mani a tempo davanti ad un’altra piccola massa nuvolosa con una punta, forse un Vivi in miniatura.
       «E ancora hai dei dubbi? Se non ti vai a far bella, ti butto fuori dalla finestra. Forza, via!» disse Amarant perentorio.
       «S-sì!»
 
 
 
I maghi neri avevano fatto un grande fuoco nella piazza principale, quella che anni prima era l’ingresso del villaggio stesso. Ora invece, da quello spiazzo partiva una strada che portava alle luci di Sortlibre. Tutti i maghi neri, piccoli e grandi erano disposti a semicerchio, lasciando spazio tutto davanti il focolaio; c’era anche qualche jenoma. Quando Eiko arrivò dal piccolo ponteggio che portava all’ostello ricevette sguardi colmi di ammirazione, di stupore, di meraviglia.
Erano diversi da quegli sguardi attenti, colmi di tenerezza e di interesse che riceveva, quando suonava qualcosa ai pranzi e alle cene con altri nobili e nobildonne che suo padre invitava a castello: tutti guardavano la piccola Eiko Carol nel suo abito rosa confetto sfoggiare la sua bravura al flauto, come fosse un numero da circo, senza quasi che importasse qualcosa alla bambina che veniva quasi sfruttata come un giradischi. Ad Eiko però era sempre piaciuto sentirsi al centro dell’attenzione. Anche se per quegli altolocati créme della créme di Toleno, era solo una bimbetta capace a suonare, si sentiva orgogliosa di essere oggetto di quegli sguardi quasi inteneriti.
Ma ciò che provò stando a contatto di quelle occhiate fu quasi eccitante, e non a torto: era vestita con la sua vestaglia da notte semitrasparente, ma l’aveva raccolta in modo da avere una gonna che arrivasse poco sopra le ginocchia delle gambe snelle, mise una cinta a risaltare le forme poco pronunciate ma abbastanza sensuali da essere provocanti. Liberò il ciuffo lasciando ricadere i capelli blu mare che aveva reso quasi ondulati, e i grandi occhi verdi rilucevano bellissimi di orgoglio e di amor proprio, e sicurezza della propria femminilità come mai aveva pensato di avere. Prese il flauto che aveva dietro la schiena, e iniziò a suonare la melodia che aveva provato prima in camera, sedendosi su una gamba rannicchiata e mettendo l’altra perpendicolare. Dalla bocca del flauto cominciò pian piano, muovendosi lentamente e sinuosamente una piccola nuvoletta bianca che divenne una piccola scena del passato: erano lei e Gidan che si avvicinavano quatti quatti vicino Vivi che era seduto su un ceppo d’albero assorto come al solito nei suoi pensieri: lei imitava i movimenti suggeritegli prima dal Tantarus per non fare rumore, e una volta vicino all’amico gli prese il cappello, facendo sobbalzare il piccolo mago nero. Poi alzò lo sguardo e dopo aver battuto quattro volte il tempo con il piede nudo sul terreno, si rialzò e suonò un altro pezzo, veloce, facendo una specie di danza con movimenti di gambe e di schiena. La nuvola s’ingrandì, e raffigurava i due ladri di cappelli inseguiti da un furente Vivi che lanciava incantesimi di fuoco e di ghiaccio prima di fulminarli entrambi.
E la rappresentazione continuava, mostrando un momento simile a quello che stava succedendo lì, cioè un ballo con tanti maghi neri intorno al fuoco, con lei che invita un impacciato e timidissimo Vivi a ballare. E anche in quel momento, i maghi neri si unirono alla danza sfrenata della ragazza, che sudava felicità e lacrimava gioia dagli occhi.
Alla fine del pezzo, tutti applaudivano, anche Amarant che le fece l’occhiolino. Eiko sorrideva felice, per la prima volta da molto tempo libera di dar sfogo alla sua personalità. Immediatamente dopo, l’uomo salamandra si crucciò, notando che mancava una persona all’appello della festa, quando prima invece c’erano tutti: il fabbro Jake. Fece cenno a Eiko con la mano aperta con tutte e cinque le dita e poi chiudendone una, e quest’ultima si guardò intorno. Andarsene da un evento così importante, voleva dire che Jake si era allontanato per un motivo più importante.
E poco lontano ecco il motivo: il fabbro stava parlando con un uomo di media statura e con una pelliccia rossiccia, e anche se in piccola parte, si riusciva a intravedere la maschera mostruosa che indossava.Non si riusciva a sentire ciò che dicevano, ma dai movimenti di Jake, si capiva che aveva paura di chi aveva di fronte, si metteva a posto il cappello, guardava in basso, si grattava il braccio. Eiko non fece in tempo a cercare di defilarsi non vista dalla festa, che l’uomo mascherato infilò la mano dentro il volto del mago nero. Cosa quasi impossibile, al tatto quelle teste nere erano sì quasi vellutate e soffici, ma una loro testata faceva male come colpire del legno. Invece la mano di quel tipo era entrata sotto gli occhi del fabbro fino alle nocche come fosse gelatina, e il povero mago rimaneva immobile con le braccia allargate. Poco a poco, le piccole luci ocra che erano i suoi occhi si affievolirono fino a scomparire e fu lì che Eiko scattò attivando automaticamente la magia di lievitazione sul suo corpo. Non aveva mai visto un mago nero “fermarsi”. Nemmeno quando fu al capezzale di Vivi, che le chiese di non esserci nel momento finale.
Così d’improvviso fuggì dalla festa, spiazzando tutti persino Amarant che non aveva visto la scena. Il corpo stesso del mago stava tornando allo stadio in cui era in origine: “nebbia”. Il gas turbinò intorno al braccio dell’uomo mascherato che girandosi, vide la giovane sciamana dirigersi verso di lui e con un rapido movimento fuggì all’interno del bosco nero. Eiko non pensò a nulla, voleva solo mettere le mani addosso alla persona che aveva ucciso in maniera così… malvagia, non riuscì a trovare termine migliore, un mago nero e soprattutto davanti i suoi occhi. Lei ed Amarant avevano calcolato male, evidentemente non era solo la giovane Carol il suo obbiettivo. Anche i maghi dovevano essere implicati nel mistero di quell’uomo con la maschera di Antoleon.
Ad un certo punto Eiko si fermò, c’era un piccolo punto dove gli alberi lasciavano uno spiazzo, e in fondo c’era una roccia molto grande che interrompeva la fluidità che le file di abeti generavano. Per un qualche motivo si mise ad aspettare, in quel punto abbastanza ben illuminato dalla luna, posto perfetto per farsi trovare e per ingaggiare un combattimento. Iniziò a respirare lentamente, a riprendere fiato, a calmare l’adrenalina che la danza e il rapido volo gli avevano riempito il sangue. Richiamò a se le energie eteree che permeavano quell’area così naturale, e attorno le sue mani presero forma due masse luminose, dello stesso colore della luce sacra della luna. Mentre lo faceva, da alcuni punti imprecisi della foresta, arrivarono delle saette globulari scarlatte che esplodendo sullo scudo magico che Eiko aveva istantaneamente alzato con ambo le mani, sollevarono un gran polverone e frammenti della roccia che era stata colpita di striscio da uno dei fulmini. Era una tecnica che conosceva bene: era la stessa che Kuja utilizzò contro di loro, e contro la stessa Tera distruggendola.
       «Dove diavo…»
La giovane sciamana non riuscì a finire la frase, che una mano con dita sottilissime sbucarono dalla povere, attorcigliandosi al suo collo, sbattendola violentemente contro la roccia quasi orizzontale. La prima cosa che notò, guardando meglio l’uomo mascherato, era che aveva la coda, uguale a quella di Gidan, però più sul nero. Poi avvicinò la sua faccia mostruosa e gli occhi ocra, simili, troppo simili a quelli del mago nero che aveva ucciso, al volto di Eiko ed esclamò:
       «Oplà, bellezza. Certo che ne hai di coraggio a venirmi dietro così vestita…»
E appena detto questo cominciò con la mano libera ad accarezzargli la gamba destra, salendo fino alla coscia. La situazione poteva davvero sfuggire di mano alla ragazza, che disse una cosa che non riuscì nemmeno lei a capire da dove gli fosse uscita e perché:
       «Se davvero hai tanta voglia di sbattermi, Vivi, perché non lo fai?»
Nonostante l’avesse visto usare la “folgore astrale” che era una delle tecniche maestre di Kuja, nonostante avesse visto che aveva la coda, segno della razza jenoma, in quel momento era convinta di ritrovarsi davanti una sorta di riflesso sbiadito o roba simile del mago nero a cui aveva voluto tanto bene. Eppure mai lui si sarebbe comportato così con lei, neanche se fosse sopravvissuto e fossero diventati amanti. O sì?
Ma accadde una cosa ancora più strana: l’uomo mascherato fermò la mano poco prima del gluteo, ritraendola come se stesse toccando una fiamma rovente o qualcosa di disgustoso, anziché la natica di una ragazza carina come era effettivamente Eiko.
       «Eiko? Che Garland mi fulmini se sei cambiata. L’ultima volta che ti ho vista eri una bimba ancora sporca di latte che agitava quel flauto a destra e a manca… io però mi chiamo Kuja e ricordo che hai combattuto contro di me. Il nome Vivi però non mi è nuovo…»
Prima che terminasse la frase vide Eiko divenire mortalmente pallida, e inizialmente l’uomo mascherato pensò fosse per lo shock o per la paura, ma poi vide il motivo: un frammento di roccia si era mezzo conficcato all’altezza del fegato della ragazza e sanguinava copiosamente.
Poco prima di svenire disse a quell’uomo orribile che si era presentato come la sua nemesi di dieci anni prima e che la stava per violentare da vergine, con lucidità impressionante:
       «…aiutami…»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Niente male, eh? Sono veramente soddisfatto di questo capitolo, ci ho messo tantissimo a limarlo e perfezionarlo ma devo dire che il risultato mi piace assai. In più sono riuscito a rendere le cose ancora più complicate! Aspettate il prossimo capitolo, e ne vedrete ancora delle belle! Aspetto i vostri commenti!
Adioss!! 

   
 
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