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Autore: GonnaAScacchi    07/05/2011    2 recensioni
Attenzione, oh voi fans toilettiane. Leggerete le vere storie dei vostri beniamini e capirete molte cose. Recensite please!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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Buongiorno da Cloe! Questo account è tenuto da due persone: me e la mia amica Cassandra.
Spero che vi divertirete a leggere le nostre storie imbecilli, come questa che avete avuto la malaugurata idea di aprire!
Toilet Aig Scull è nata la scorsa estate, dai nostri film mentali sul lungometraggio che ha fatto diventare zombie senza cervello milioni di ragazzine.
Anche noi, le autrici, abbiamo avuto più di una volta a che fare con questo libro ormai film... MA non staremo qui a parlare del ragazzo perfetto dai capelli caramello e della dolce umana con gli occhi da pesce lesso! Noi siamo qui a battere le mani sulla tastiera per raccontare la realtà dei fatti, quello che la Meyer ha tentato di tenere nascosto a noi e ai suoi stessi personaggi.

 

Edward Cullen, il perfettino

 

 

Mi sveglio alle 06:03:38 del mattino. Alzo il busto di novanta  gradi formando un angolo retto; questa posizione è anche chiamate "stare seduti". Quindi pongo i miei arti inferiori giù dal letto con un movimento semicircolare e metto le mie pantofole, poste una a 3,16 cm dall'altra.

Mi alzo e faccio quindici passi e mezzo per arrivare in bagno. Di solito la mattina faccio prima la doccia, poi mi lavo i denti e infine mi vesto.

Ma oggi mi va di fare il ribelle! Quindi lavo i miei trentadue denti, iniziando dai molari. Dopo aver svolto accuratamente la pulizia dei denti, entro dentro la cabina doccia. Uso sempre il bagnoschiuma "Neutro Roberts per pelli sensibili".

Come d'abitudine, insapono prima i piedi ( stando attento a passare il sapone in mezzo alle dite), poi le gambe, le cosce, le parti in cui non batte il sole, il busto, le braccia, le dite e infine le spalle.

Per proteggere dall'acqua i miei magnifici capelli uso la cuffietta che mi regalò mia madre per il mio undicesimo compleanno (che poi per me doveva essere il novantottesimo).

Quindi, con diciassette passi, vado di fronte al mio armadio e tra i miei abiti, posti simmetricamente sul piano delle mensole, scelgo una camicia a maniche corte ecrù, una cravatta rossa e dei pantaloni bigi a vita alta. Le calze sono color "bianco splendente" e le mie scarpe lucide e rosso-nere.

Con quarantasei passi  arrivo in cucina e piegando il braccio e facendolo ruotare a destra e a sinistra, faccio un segno di saluto.

Sedendomi sul mio sgabello di legno di noce, trovo la mia personale tazza cerulea posta a 7,3 cm lontana da me.

Questo non va bene, di solito è a sette centimetri!

Grazie all’aiuto della mia precisione, la metto alla giusta distanza.

Dentro la mia tazza ci sono i piselli che sono solito mangiare ogni mattina.

Con un cucchiaio d’acciaio di dieci centimetri mi appropinquo a prendere tre piselli per boccone, ma non di più, se no potrei strozzarmi e morire.

Dopo la mia lauta colazione, con sessantatre passi, vado in salotto per prendere la mia cartella posta sul divano, a sette millimetri da quella di Jasper.

Quindi mi piego di ottanta gradi e l’afferro. Facendo trecentotre passi mi dirigo verso il garage, aprendo la porta e scendendo quindici scalini.

Ecco la mia panda color magenta, il mio gioiellino! Apro la portiera e mi accomodo al posto del guidatore.

Alla velocità di cinquanta chilometri orari arrivo a scuola e la posteggio simmetricamente nel posto prestabilito.

Poi scendo e mi guardo in giro. Io sono un ragazzo speciale. Infatti sin da quando sono nato come "vampiro" ho avuto una certa deficienza a leggere nel pensiero degli altri, cosa molto comune a tutti, tranne che a me.

Comunque, sono il primo ad arrivare a scuola e vedo un camper, affatto simmetrico, parcheggiato a tre millimetri fuori dallo spazio previsto. Questo non posso accettarlo.

Mi avvicino e lo sposto in maniera precisa, procurando all'automezzo un'ammaccatura profonda tredici centimetri. Cose che capitano. Da questo trabiccolo esce un indiano ignudo che impreca cose su di me, su mia madre e su mia nonna.

Io lo guardo. Tra tre minuti inizia l'ora prima delle lezioni, sarà meglio farmi trovare seduto al mio banco con i libri posti in maniera geometricamente corretta.

Guardo ancora "l'indios" che continua a imprecare e mi allontano contando i miei passi. Devo sapere quanti ne faccio, non posso farne a meno.

Dopo otto minuti e quarantaquattro secondi entro nell'aula e pongo il mio corpo sulla sedia del terzo banco a destra vicino alla finestra.

Aspetto i miei compagni, che poco a poco arrivano.

Ma eccola, a fine lezione di chimica. E' arrivata fradicia, con il fiatone. Indossa un gilet di pelle retrò, una camicia blu con otto bottoni e dei jeans Levis anni Ottanta sporchi di qualcosa. Le scarpe sono infangate. La guardo a distanza di due metri e quaranta. Lei gira la testa di trentasei gradi e mi fissa.

E' bella come un  giglio tigrato sui monti del Kamchatka.

Ma dietro di lei spunta mio padre, il mio incubo, e quindi con la velocità di ottanta chilometri orari esco fuori dall' uscita di sicurezza posta in fonda all'aula a destra. Ho deciso, la amo almeno all'ottanta percento del mio essere.

Presto la mia fuga viene fermata dal mio inseguitore (mio padre) che mi porta a lezione.

  
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