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Autore: Jerry93    08/05/2011    11 recensioni
Lunga è la via per la redenzione. Sofferenza, dubbi, odio. Gioia, certezze, amore. Hermione e Draco. You and Me.
"Lo Slytherin alzò un sopracciglio. Lei arrossì.
-Posso baciarti?-
Il sorriso che si aprì sulla sua bocca fu il più bello che Hermione avesse mai visto.
Gioioso, gentile, grato.
-Accomodati- le rispose, come ad invitarla ad entrare in una casa in cui, da tempo, aveva lasciato le sue valige.
Soddisfatto, solare, semplice.
Lei si alzò sulle punta dei piedi, così da poter essere alla sua altezza.
Dolce, desideroso, destabilizzato.
Cercò, improvvisamente spaesata, il contatto con le sue mani. Lui gliele fece trovare subito.
Le loro dita si intrecciarono in un nodo indissolubile.
Afrodisiaco, ansioso, attratto.
Hermione si sporse, instabile sul suo appoggio improvvisato.
Posò la sua bocca su quella di lui.
Indeciso, impressionato, innamorato."

[Chapter 12, Abstinence and Satisfy]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Becoming Us'
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Chapter sixteen Chapter sixteen, New Alliance

Alla mia Subdola Lettrice,
che poi tanto malvagia non è ...

Le lanterne appese alle pareti riempivano la grande stanza ovale di una luce fioca, la quale si specchiava, come una dama vanitosa, sui numerosi oggetti d’argento posti su alti tavolini dalle gambe sottili. I Presidi che avevano preceduto Silente, il quale era seduto alla sedia della sua scrivania, sonnecchiavano nelle loro cornici o mormoravano piano tra loro.

L’anziano uomo teneva stretta nella mano destra una lettera. La lesse prendendosi tutto il tempo necessario per decifrare quella calligrafia un po’ stentata e traballante. Quando il suo sguardo si alzò dal foglio, un sorriso animava le sue labbra e le rughe che, ad ogni inverno trascorso, si erano prese una piccola dimora sul suo viso.

-Buone notizie?- gli chiese Piton, inginocchiato di fianco al vecchio e piegato sul pavimento con la bacchetta stretta nel pugno.

-Molto buone, caro Severus!- esclamò il vecchio entusiasta. Sapeva che quell’uomo austero, che incarnava perfettamente il prototipo dell’insegnate terribile, non avrebbe indagato oltre e che, se non fosse stato lui ad affrontare quell’argomento, mai si sarebbe permesso di rivolgergli domande a riguardo.

Questa volta, però, lo avrebbe reso partecipe dei suoi progetti, sperando che questo fosse una ricompensa sufficiente per i suoi servigi.

Gli diede una pacca leggera sulla spalla con la mano sana.

-Riposati un momento, Severus - cominciò Silente, sottraendo il braccio sinistro dalle cure oscure con cui l’uomo stava cercando di arginare la potente maledizione che lo aveva colpito – L’ordine degli eventi non muterà solo perché un vecchio decrepito come me vivrà un’ora in meno, no?-

Voleva alleggerire il peso che sapeva presto avrebbe dovuto reggere solo con le sue spalle, ma sapeva che un po’ di ironia non sarebbe stata sufficiente.

Piton tenne gli occhi fissi sul pavimento.

- Un’ora- sospirò il professore – Potrebbe proprio essere l’ora in cui il figlio di Lily potrebbe aver bisogno d’essere salvato da lei-

Il preside si alzò dalla sua comoda sedia imbottita. Le sue ossa, tremendamente fragili come mai prima, scricchiolarono accompagnando quel movimento lento. Con pochi passi misurati, raggiunse il trespolo su cui la fenice Fanny, l’unica ad essere a conoscenza di tutti i suoi segreti, lo guardava con occhi tristi. Le porse la busta e questa, non appena l’animale la strinse nel suo becco, s’infiammò. Il fuoco famelico ingoiò la carte, la quale, annerita, si sbriciolò in frammenti leggeri.

Silente le sfiorò il dorso delicatamente con un dito e dagli occhi tristi dell’uccello scaturirono alcune lacrime cristalline. Neppure il potere medicamentoso di quell’acqua cristallina, però, poteva qualcosa contro la maledizione di Voldemort.

Eppure, lui sapeva con chi stava combattendo, lui aveva visto il giovane Tom Riddle crescere e, ad ogni anno, cambiare la propria pelle fino a trasformarsi nell’ispide che era stata sconfitta dal piccolo Harry. Uno stupido errore di valutazione, come, purtroppo, ne aveva fatti tanti nel sua vita. Ma non se ne pentiva perché, sebbene solo per pochi attimi, quando si era infilato l’anello di Gaunt, aveva potuto rivedere il viso pallido ed emaciato di Ariana.

Si, il suo essere un uomo come tutti gli altri era stato la causa della sua disfatta.

Il Rimorso aveva guidato le sue azioni e, pur di attenuare i sensi di colpa che per anni non gli avevamo permesso di dormire sonni tranquilli, aveva girato per tre volte la Pietra della Resurrezione nella sua mano sinistra.

Ciò che vide gli bastò, nonostante la sua fragile sorellina non fosse né viva né uno spettro. Il poco tempo gli permise solo di chiederle scusa e, ne era certo, quell’ombra che tanto assomigliava ad Ariana aveva annuito, come se con quel gesto l’avesse assolto dalle sue colpe. Perché lui sapeva d’essere il vero colpevole della sua morte. Ma anche in quel momento, seppure da tempo avesse aperto gli occhi sulla vera natura di Grindelwald, era certo che, se avesse potuto rivivere la sua esistenza, avrebbe seguito di nuovo Gellert in capo al mondo. Perché vi era stato un tempo in cui quegli occhi, quelli con cui il potente mago Oscuro lo aveva sfidato a duello, lo avevano guardato con una dolcezza quasi dolorosa e perché, molti anni prima, le sue braccia, quando si stringevano attorno al suo corpo, erano state l’unico vero motivo per continuare a vivere.

Ma molti anni era passati da quando, giovane e sciocco, aveva intrapreso quello scontro contro suo fratello Aberforth che si era concluso con il prematuro stroncamento dell’esistenza di Ariana.

Voltò le spalle a Fanny e ritornò a sedersi alla sua scrivania.

-Troppi pensieri inibiscono il nostro giudizio- commentò lui stesso, mentre incrociava le mani davanti al viso, poggiando i gomiti sul tavolo.

Eppure, erano in pochi coloro che potevano comprendere veramente quell’affermazione. Da quando Drew aveva proposto l’Incanto Fidelius come soluzione contro le incursioni di Voldemort nella mente di Harry, i pensieri del ragazzo spesso superavano la barriera che l’anziano Preside aveva interposto tra le loro menti. Le sensazioni del giovane Potter, a volte, erano talmente forti da lasciarlo intontito: la paura di perdere le persone a lui care, l’amore verso la sua giovane fidanzata Ginny, la preoccupazione per Hermione e il desiderio di vendicare Sirius. Ma, in fondo, queste scosse emotive gli facevano bene, lo motivavano.

-Il Falco, alla fine, ha accettato. Verrà ad Hogwarts entro settembre- continuò Silente, come se non fosse stato per alcuni attimi zitto e pensoso.

Un’espressione sbalordita ravvivò il viso cupo di Piton.

-Come ha fatto a – cominciò Severus, venendo interrotto da una risata argentina del Preside.

-È uno dei tanti agi che essere il Preside di Hogwarts ed avere una fenice permettono di avere ad un mago abile come me-

-Ma da quanti anni – riprovò l’altro, ottenendo lo stesso risultato.

-Quasi sei anni di cui non si hanno notizie certe sulla sua esistenza, esclusa la busta che ho appena bruciato- rispose subito Silente gongolante.

 

***

 

Hermione, quando aveva pregato i suoi amici di seguirla, si era sentita un po’ stupida. Si sentiva una ragazzina alla prima cotta che, dopo aver dato il primo bacio ad un timido coetaneo, smaniava dalla voglia di raccontarlo a qualcuno. Tutta quella segretezza stabilita di comune accordo con Draco, poi, dava una striatura misteriosa alla sua storia con il ragazzo.

Draco, infatti, forte del supporto di Drew, si era dimostrato più scaltro di quanto lei avesse ipotizzato. La verità era che, a causa della cacofonia che aveva accompagnato quel periodo, si era dimenticata della sua natura. Mai gli sguardi che le rivolgeva e i carezzevoli baci con cui sfiorava le sue labbra l’avrebbero spinta a riconoscere nell’erede dei Malfoy la sua natura Slytherin. Lei vedeva solo Draco, la sua impertinenza, la sua superbia e i suoi occhi plumbei, leggermente lucidi per l’emozione.

Quell’emozione che, in quel momento, illuminava anche il suo sguardo: l’amore.

Ginny, sua unica complice e confidente, attendeva tranquillamente seduta su una sponda del letto della camera da Prefetto di Hermione. Ron, invece, con lo sguardo basso, stava appoggiato alla scrivania in silenzio. Il primo a prendere parola, però, fu Harry, che, a differenza dei due Weasley, camminava ansioso per la stanza, borbottando preghiere a Merlino e Godric Gryffindor.

-Allora, Hermione, cosa devi dirci?- chiese rivolto alla ragazza.

Questa, presa in contropiede, iniziò ad agitare le mani ed a balbettare alcune parole completamente slegate tra di loro e prive di senso. Poi, recuperata la sua rinomata freddezza, liberò i polmoni dall’aria con uno sbuffo deciso e, dopo un grosso respiro, cominciò a parlare.

-Mi vedo con un ragazzo- cominciò lei, sicura.

-Un ragazzo che non è quell’idiota di Belby?- insistette Harry.

Lei annuì.

La reazione del suo unico interlocutore la lasciò basita.

Il celebre Ragazzo Sopravissuto aveva preso a ciondolare instabile, fino ad arretrare pericolosamente di alcuni passi. Ginny scattò in piedi e, con una spinta leggera ma decisa, lo fece sedere sul letto, vicino a lei.

-Vedi? Dovresti avere più fiducia nella tua fidanzata … - scherzò Ginny.

-Ma … ma … ma è Malfoy!- balbettò lui, afferrando le mani della rossa e smuovendola, come per spronarla a dargli ragione. Quella, però, non appena il nome dello Slytherin era stato pronunciato, era sbiancata.

Hermione le aveva rivolto un’occhiata truce. Quel cipiglio severo, Ginny lo sapeva perfettamente, non poteva che portare nuove poco felici.

-Senti, Hermione, non potevo tenerglielo nascosto- cercò di scusarsi la ragazza, giocando d’anticipo – Erano preoccupati-

-Molto preoccupati- aggiunse Ron, parlando per la prima volta.

-Decisamente preoccupati!- esclamò Harry – E avevamo ragione!-

Hermione, punta sul vivo, si mise sulla difensiva.

-Voi non lo conoscete, Draco non è come sembra- disse subito la Gryffindor.

Harry si lasciò scappare un’imprecazione. Poi, bisbigliando, si rivolse ai due Weasley.

-L’avete sentita? Non può essere Hermione!- disse, per poi rivolgersi alla diretta interessata – Il problema, qui, non è quell’impiastro platinato di Malfoy, ma Belby il Mangiamorte!-

Hermione, stupita da quell’affermazione, rimase in silenzio.

-Quindi, non smetterete di parlarmi a causa di Draco, vero?- chiese, dopo alcuni istanti di riflessione.

-Per quale motivo dovremmo farlo?- domandò stizzita Ginny.

-Però, per favore, Hermione, dacci almeno un paio di lustri per abituarci all’idea prima di chiamarlo per nome!- si intromise Ron.

La diretta interessata sospirò di sollievo.

-E, comunque- continuò la rossa – sappi che hai dalla tua parte una delle migliori alleate che potesse capitarti-

Incuriosita, Hermione le chiese di chi si trattasse.

- Molly Weasley – le rispose sorridendo l’altra.

Di nuovo, la Granger ammutolì. Evidentemente, Ginny non si era accontenta di rivelare ad Harry e Ron di Draco, ma aveva deciso di raccontarlo alla sua intera famiglia. Maledetta pensò.

-In effetti, Herm, se hai mamma dalla tua sei praticamente a metà dell’opera!- scherzò Ron – Pensa che ha riunito tutta la famiglia per discuterne ed ha obbligato papà a richiedere un collegamento internazionale speciale tra il nostro camino e quello della casa di Charlie in Romania! –

-Per non parlare del fatto che ha invitato anche Fleur la Flebo!- rincarò la dose Ginny.

Hermione si concesse alcuni attimi per digerire completamente la notizia. Era risaputo che il rapporto tra Fleur Delacour e la futura suocera non solo non era dei migliori ma tendeva, anzi, ad essere piuttosto bellicoso. Chiaramente, se Molly Weasley si era spinta a tanto per lei, non poteva che esserle riconoscente.

-Vostra madre ha riunito tutta la famiglia per me?- chiese Hermione, senza sapere come comportarsi di fronte ad una novità di tale portata.

Ginny annuì in modo vigoroso.

-Ovviamente, quell’idiota di Percy non si è presentato, ma solo la mamma sperava che quel troll cambiasse idea- le disse la rossa.

Tutti i presenti, estranei alla famiglia Weasley compresi, si ritrovarono a maledire la brama di scalare la gerarchia sociale del nuovo leccapiedi del Ministro.

-Beh, non ci chiedi cosa ha detto il Generale Molly durante questa “Riunione d’Emergenza”, come l’ha definita lei stessa?- domandò Ronald ad Hermione, rompendo, finalmente, quel silenzio ovattato in cui la camera era stata immersa in quegli ultimi istanti.

La ragazza scosse piano la testa, sorrise piano e gli fece la fatidica domanda.

- Cosa vi ha detto il Generale Molly?-

Ginny e il fratello si guardarono complici. La prima, allontanandosi con una rapida stretta della mano da Harry, si alzò e mutò la propria espressione in una perfetta riproduzione del cipiglio severo della matrona di casa Weasley.

-Chiunque, e sottolineo “chiunque”,- cominciò con un tono di voce grave ed alzando l’indice della mano destra con fare ammonitorio – oserà manifestare pubblicamente il proprio disappunto per la relazione di Hermione con Draco Malfoy non avrà più il diritto d’entrare dalla porta della mia cucina!-

Ron, che aveva affiancato la sorella, prese a gesticolare teatralmente.

-Fu in questo preciso istante che il nostro stolto fratello Fred tentò di manifestare il proprio disappunto a riguardo, ponendo la nostra attenzione sulla palese demenza del suddetto platinato- cominciò, muovendo le mani davanti al viso e piegandosi sulle ginocchia, in un ben poco riuscita imitazione di un giullare di corte – Crudelmente, - ricominciò mesto il ragazzo, senza fermarsi neppure per riprendere fiato – tutti i tentativi di replica vennero soppressi dalla grande abilità oratoria del generale Weasley –

Ginny gonfiò il petto, nel tentativo di riproporre il seno prosperoso della madre, dalla presenza del quale la Natura l’aveva esclusa.

-Non credere, Fred, - prese ad urlare, rossa in viso – che, solo perché da un paio di mesi un elfo domestico ti lava le mutante, tu sia autorizzato a mancare di rispetto a tua madre! Una sola battuta su Draco Malfoy in mia presenza e, sappilo, puoi stare certo che andrai a fare compagnia al Demone in soffitta!-

Harry scoppiò a ridere, seguito, poco dopo, da Hermione.

A prendere parola fu di nuovo Ron, in un’ottima parodia del padre.

- Molly, ti prego, cerca di calmarti- disse, tentennante, invitando cautamente la moglie a calmarsi.

-Taci, Arthur!- gli rispose Ginny, forse facendosi prendere un po’ troppo dalla foga – Tu sei troppo permissivo con i tuoi figli, ma, questa volta, non ti consiglio di sfidarmi, se non vuoi andare a chiedere a tua zia Muriel un letto in cui dormire, stanotte!-

 

La scenetta durò a lungo, fino a che, stremati, i due fratelli, ridendo, si lasciarono cadere sul letto oramai sfatto di Hermione.

Il gruppo, finalmente riunito, si impegnò per darsi una calmata e per riprendere a respirare normalmente.

Alla fine, quando tutti, seppure con le guance ancora cremisi, erano ritornati tranquilli, Hermione aveva ripreso a parlare.

-Davvero, ragazzi, vorrei sapere cosa ne pensate di me e Draco – disse, guardando negli occhi gli amici, ma senza soffermarsi su nessuno di essi.

La prima a rispondere, come la stessa Hermione aveva supposto, fu Ginny.

-Io sono assolutamente favorevole!- esclamò la rossa – E, poi, avete visto che sedere si ritrova? Credi a me, Hermione, un’occasione del genere non ti ricapiterà molto presto!-

Harry, punto sul vivo, rivolse un’occhiata truce alla fidanzata, la quale, alzando le spalle, gli diede un rapido bacio. Hermione, invece, arrossì e, voltandosi rapidamente, cercò di nascondere agli occhi dei presenti le sue gote scarlatte.

Fu proprio il ragazzo Sopravvissuto a voler dire per secondo il proprio parere, non appena le sue labbra si separarono da quelle della fidanzata, di cui, con uno slancio da Cercatore, si era impossessato.

- Malfoy è un idiota- cominciò, facendo prospettare ad Hermione un proseguo poco felice – Assodato questo, va tenuto in conto che, nell’ultimo periodo, essendo stato l’unico con cui hai condiviso i tuoi sospetti su Belby, ha saputo proteggerti molto bene. Quindi, essendo tu quella costretta a passare del tempo con lui, fai ciò che ritieni più giusto, visto che fino ad ora il tuo giudizio non ha mai fatto cilecca.-

Hermione sospirò di sollievo. Due su tre, per lei, era già un risultato più che positivo.

-Ma ti chiedo due cose, Hermione – riprese Harry, facendo ripiombare la Granger nell’insicurezza – La prima: non escluderci più dalla tua vita. Se hai un problema, noi vogliamo essere al tuo fianco, vogliamo aiutarti e farti sapere che non sei sola. La seconda, invece, è più un favore personale: se mai dovesse ferirti, permettimi di aiutarti a picchiare quella serpe!-

La stanza si riempì delle risate generali. Hermione, però, colpita da quel dolore che, inconsciamente, aveva inferto ai suoi amici di sempre, vide il sopraggiungere dell’ultimo giudizio come un catastrofe funesta.

Rimaneva solamente Ron, il suo ultimo fidanzato.

Lo guardò, cercando di invitarlo a parlare solo con uno scambio di sguardi.

Lui, stupendola, capì.

-La verità, Hermione, è che tu hai già deciso. Tu, da noi, cerchi solo una conferma, un appoggio. Ed è questo, credo, che dovrebbe spingerti a capire che la strada che hai deciso di intraprendere è quella giusta. Non per noi, ma per te- cominciò, evitando i suoi occhi nocciola – Vuoi che ti dica il mio parere? Si, dovresti tenere Malfoy il più lontano possibile da te, perché, ora che Lavanda ha deciso di cambiarmi come un paio di scarpe vecchie, vorrei evitare d’essere solo come un cane e circondato da fringuelli in amore-

Questa notizia, così improvvisa, portò ad un rapido cambio d’argomento.

Quella sera durò molto a lungo.  

 

***

 

Quei gradini sembravano non voler finire mai. Ad ognuno di questi parevano seguire almeno altri tre e ciò spinse un’affaticata Hermione Granger ad imprecare contro quella torre altissima di Hogwarts che, scioccamente, poco tempo prima aveva scelto come luogo in cui attendere il suo biondino preferito. Il quale, come ogni bravo Slytherin, si era fatto attendere a lungo.

Intuibile conseguenza del suo agire sconsiderato, fu un bel raffreddore.

Fortunatamente, nulla che non si potesse risolvere con una cucchiaiata abbondante di Pozione Pepata.

Per vendetta, però, decise, a poco più di venti passi dalla soglia che, una volta spalancata le avrebbe permesso di vederlo, di fermarsi un attimo per riprendere fiato. Non voleva interpretare la parte della ragazzina perdutamente innamorata che, senza un minimo di ritegno, si mette a correre per tutto il castello pur di raggiungere il proprio lui il prima possibile. Purtroppo, doveva ammetterlo con la parte più orgogliosa di se stessa, quel ruolo le calzava a pennello, forse anche a causa delle sue guance rosse e del suo respiro affannato.

Ma per lei, che come una brava vecchina stava ricucendo le crepe del suo animo vicino ad un camino acceso e alle braci crepitanti in questo, tutto questo aveva solo un’importanza relativa.

Certo, prima di cominciare a correre si era assicurata che nessuno potesse fare da testimone alla sua follia con un rapido incantesimo, ma comunque, dopo essersi separata da Daniel, con cui si era dilettata con le oramai abitudinarie ripetizioni di Storia della Magia, i suoi passi avevano preso a susseguirsi rapidi.

Si era detta che, se qualcuno l’avesse fermata, chiunque fosse stato, McGranitt compresa, gli avrebbe detto d’essere inseguita da un branco di Troll di Montagna, pur sapendo d’essere poco credibile.

Perché non poteva più negarlo, l’unica cosa che le importava in quel momento era raggiungerlo.

Trascorsi pochi e rapidi minuti, sufficienti per riportare il suo cuore a pulsare in modo regolare, aveva salito gli ultimi scalini tre alla volta e aveva spinto quella porta, ultimo ostacolo tra i loro corpi.

Dava le spalle al panorama, poggiando i gomiti sulla balaustra in una posa sfrontata. Guardava verso l’alto, verso l’azzurro pallido di quel cielo dei primi di marzo. Il collo pallido, teso in quel gesto, tracciava una linea elegante che lei avrebbe voluto sfiorare con i polpastrelli delle sue dita e con le sue labbra.

Fumava tranquillo, come da molto tempo non lo vedeva fare.

-La puntualità non è uno dei dogmi infrangibili per essere un’Hermione Granger perfetta?- la punzecchiò non appena la sentì aprire la porta.

Lei non gli rispose subito, affascinata dagli avambracci scoperti dalle maniche arrotolate della camicia.

-Ogni tanto mi piace cambiare- disse, dopo essersi ripresa – Tu, invece, non credi d’esagerare un po’ ad andare in giro così poco vestito solo per poterti vantare d’essere una serpe dal sangue freddo?-

Draco sogghignò. Quei loro battibecchi gli mancavano.

-Speravo che tu fossi così gentile da scaldarmi- la punzecchiò lo Slytherin.

La riccia, incrociate le braccia sul petto, lo guardò dall’alto in basso.

-Figurati, Draco, devo giusto fare un po’ di pratica con gli Incantesimi Incendiari del professor Vitious -

Lui respirò profondamente dalla sua sigaretta, con fare signorile e superbo.

-Una ragazza violenta non è elegante- cominciò Draco, allontanandosi dalla balaustra e avvicinandosi a lei – Queste cose, una futura signora Malfoy dovrebbe saperle-.

Hermione percepiva chiaramente sul suo viso il respiro caldo di lui. L’odore di tabacco bruciato, rapidamente, aveva raggiunto il suo corpo.

Si perse ad osservare le foglie secche che, bruciando piano, tramutavano in cenere. Percorse con lo sguardo la superficie di quella sigaretta, fino ad incontrare la pelle rosata delle sue dita affusolate.

Lui, avendo notato l’attenzione che la ragazza stava rivolgendo a quell’oggetto, alzò il braccio e le avvicinò le dita alle labbra.

-Vuoi?- le chiese semplicemente.

Hermione annuì piano.

La sua mano sinistra si strinse attorno al polso del ragazzo.

Fu rapida, come solo durante un duello mortale avrebbe dovuto essere.

Premette le sue labbra contro quelle di lui.

-Accetto l’offerta- aveva sussurrato, dopo essersi sottratta da quel contatto

La sigaretta scivolò dalla presa dello Slytherin.

 

Le aveva posato le mani sul viso e aveva fatto in modo che quella gelida distanza di pochi centimetri svanisse nuovamente. Percepiva le dita di lei, della sua Hermione, che si intrecciavano con i suoi capelli e le labbra vogliose di baci che, dopo quella lunga attesa, lo chiamavano.

Cercò d’essere gentile, ma fece una fatica immensa a trattenere tutta quella passione che solo un gemito sfuggito dalla bocca della ragazza aveva risvegliato.

Lei gli mordicchiò il labbro inferiore, ricevendo, in cambio, un altro bacio dal ragazzo.

La teneva stretta al suo corpo, attirandola a sé con il braccio che le aveva passato attorno ai fianchi, e, con il tocco gentile della mano destra, la invitava a guardarlo, così che quel loro incontro di emozioni fosse più agevole per entrambi.

Quando le loro bocche si divisero, le labbra di entrambi erano gonfie per l’effusioni che i due si erano scambiati.

Le loro fronti si toccavano, i loro sospiri affannati si fondevano e i loro corpi continuavano a rimanere legati.

-Hai parlato con San Potter e con la sua compagnia di Mentecatti?- le chiese, dopo alcuni istanti di piacevole silenzio.

Lei si staccò da lui, in modo da frapporre tra loro il giusto spazio per esprimere il suo disappunto senza, tuttavia, smettere di percepire il suo calore.

-Compagnia di cui anche io faccio parte- commentò, dopo avergli lanciato un’occhiata torva – e che, caro mio, è meglio che cominci a farti piacere-

Draco spalancò gli occhi e la sua pelle, arrossata dai baci, riprese immediatamente la solita carnagione pallida.

-Stai scherzando?- le domandò, realmente preoccupato.

-Mi dispiace, Draco, ma sei stato ufficialmente accettato da tutta la famiglia Weasley e da Harry – gli rispose Hermione ridacchiando – Nel tuo futuro vedo un gran numero di cene e pranzi alla Tana, sai?-

Lui si rimpossessò delle sue labbra. Quando fu sazio, sorridendo sulla pelle calda di lei, le rispose.

-Sopporterò quella banda di pazzi, pur di vedere questo futuro con te-

 

***

 

Alla fine, dopo l’ennesimo bacio, si erano separati: Hermione diretta verso l’inaccessibile torre dei Gryffindor e lui, per contrasto, nell’oscuro antro degli Slytherin.

La Sala Comune della sua Casa, come da usanza, era affollata da ragazzi e ragazze silenziosi. Perfette statue di marmo, i cui contorni erano stati levigati dall’abile scalpello di un artigiano superbo. In quell’ampio salotto, riscaldato da un magico fuoco verde crepitante nel caminetto, i più nobili rampolli di alcune delle famiglie Purosangue più influenti di tutta l’Inghilterra sorridevano ipocriti al passaggio del Malfoy.

Un gioco squallido, quello a cui tutti in quella stanza partecipavano e a cui nessuno Slytherin poteva sottrarsi. Un passatempo estenuante, in cui ogni mossa sbagliata comportava un’inevitabile perdita di punti.

Draco, che, prima di Hermione e del tradimento di Voldemort, era stato il campione incontrastato di quello scontro tra famiglie, sapeva bene come giocare. Nonostante fosse regredito ai livelli più bassi della classifica, continuava a combattere per la sopravivenza, tendendo le labbra in false espressioni compiacenti. Persino in quel momento, quando poteva ancora chiaramente percepire il sapore della sua ragazza, la sua bocca si stiracchiava in sorrisi.

Qualcuno, memore dell’antica gloria del Malfoy, si alzò persino dalla comoda poltrona su cui era seduto.

Theodore Nott, colui che, fino ad un nuovo scandalo, avrebbe stretto tra le mani lo scettro del potere. Quel ragazzo era stato da sempre un abile tirapiedi, peccato che, come testimoniavano gli eventi, si era dimostrato ben più scaltro di quanto desse a vedere.

Forte dell’arresto del suo anziano padre per il teschio del Signore Oscuro che questo aveva tatuato sul braccio sinistro, non gli era stato poi troppo difficile approfittare del declino dei Malfoy per prenderne immediatamente il posto.

Come Draco aveva ormai capito da molto tempo, è nelle vesti delle persone più silenziose e servili che si nasconde la fiala contenente il veleno più pericoloso.

Nott gli porse la mano destra in segno di saluto, lui gliela strinse, sorrise ironico e, senza prodigarsi in quelli che erano i suoi doveri nei confronti del nuovo “boss”, lo aveva superato con passo sicuro, dirigendosi verso la sua camera, dove era certo di trovare Blaise e Daphne. Un gran numero di mormorii riempì la Sala Comune al mancato inchino del Malfoy.

Legge non scritta, infatti, era che tutti chinassero il capo dinnanzi a colui che conduceva il gioco, aspetto a cui lo Slytherin non si sarebbe mai piegato.

Raggiunse la porta della sua stanza e, senza neppure bussare, entrò.

Zabini, suo unico compagno di stanza, sonnecchiava sul suo letto. Daphne, invece, seduta su una poltrona ed utilizzando la schiena del ragazzo come poggiapiedi, si stava dedicando alla cura delle proprie unghie, limandole con un attenzione quasi maniacale.

 

Blaise, chiusi gli occhi, era scivolato in una vigile dormiveglia. Pur intontito dalla stanchezza, infatti, pensieri confusi gli impedivano di dormire come avrebbe voluto. Cercava di svuotare la mente, ma, ogni volta che lo faceva, l’istinto prendeva possesso del suo corpo e le sue dita cominciavano a sfiorare la morbida pelle delle gambe di Daphne. Lentamente, la sua mano raggiungeva le caviglie sottili, cominciando a tracciare invisibili cerchi e spirali interminabili. Eppure, ogni volta costringeva il proprio cervello a riprendere il controllo.

I muscoli di lei si tendevano sotto il suo tocco che, seppur gentile, sembrava essere in grado di risvegliare il dolore causato dai molteplici lividi scuri che, come entrambi sapevano, erano stati celati da un incantesimo Dissimulante di ottima fattura.

Quando Draco era entrato in quella stanza, Blaise sembrava essere appena riuscito a trovare la quiete adatta a sconfiggere la sua insonnia.

Il ragazzo, come se la dea Atena gli avesse donato, in cambio dei suoi sogni, l’intangibile conoscenza, sbuffò e, dopo essersi preso alcuni istanti per stropicciarsi gli occhi assonnati, si mise a sedere, spostando piano le gambe di Daphne.

Questa, dopo aver preso una sigaretta dal pacchetto sgualcito che Blaise teneva sul comodino, l’accese prendendone un grosso respiro e gliela porse. Il ragazzo, reso ancora più pigro dal sonno, le sussurrò piano un ringraziamento. Dopo averla afferrata tra l’indice e il medio, distinse chiaramente sulla superficie liscia del filtro l’impronta della soffice carne delle labbra di lei, imprigionata dal rossetto chiaro.

Se la portò alla bocca.

Il famigliare odore del tabacco bruciato, come una buona tazza di caffè, ebbe la capacità di risvegliarlo. Quel profumo, per lui, contava moltissimo: perché sapeva di quella stanza dove aveva trascorso i momenti più belli della sua esistenza, perché lo ritrovava nei suoi vestiti e tra le sue lenzuola e perché due delle persone più importanti della sua vita sembravano non potersi muovere senza averlo addosso.

Riconosceva quell’aroma con una leggera nota di cioccolato nel respiro di Daphne e persino in Draco, sebbene, da qualche giorno, un retrogusto eccessivamente dolce di vaniglia intaccava la fragranza più robusta delle sigarette del ragazzo.

- Drew ci deve parlare- esordì Malfoy.

L’unica presenza femminile di quella stanza si animò immediatamente.

-Il professor Kennan?- domandò, facendo Evanescere con un colpo di bacchetta la limetta che stava usando e cominciando a sistemarsi i capelli.

Il biondo, in risposta, sospirò e, dopo aver scosso la testa per darsi la forza necessaria a sopportarla, le rispose.

-Quanti altri Drew conosci, Daphne?-

-Chiedimi quante teste di cazzo conosco, Draco - le rispose lei sorridendo mentre, dopo essersi rinfilata le scarpe rigorosamente con il tacco, usciva dalla stanza – Io vado a prepararmi, ci vediamo dopo-

Blaise, spenta la sigaretta in un posacenere, ritornò nel caldo abbraccio del suo letto.

-L’appuntamento è tra più di due ore, Daphne!- urlò Draco, dopo averla inseguita e ad aver spalancato la porta della stanza.

La voce della ragazza che si stava allontanando raggiunse Zabini prima che questo ricadesse nella sua dormiveglia.

“Solo due ore? Non sarò mai pronta in così poco tempo!”

 

***

 

Daphne camminava piano, affiancata da Blaise e Draco. Il rumore leggero dei suoi tacchi sul pavimento scandiva il ritmo tranquillo di quella marcia che avrebbe condotto i tre fino al nuovo ufficio di Drew, il quale, dopo una lunga ricerca, aveva trovato sistemazione in un vecchio archivio impolverato. Certo, la stanza aveva avuto bisogno di un paio di modifiche, ma nulla che non si potesse risolvere con due colpi di bacchetta ben assestati e con una squadra di elfi domestici addestrati.

Al loro passaggio, più di un ragazzo si era voltato a guardarla. La ragazza sapeva bene che quelli che indossava non erano abiti consoni al luogo in cui si trovava, aspetto che Draco non aveva tardato a farle notare, ma, nella peggiori delle ipotesi, avrebbero incontrato l’austera McGranitt la quale, però, si sarebbe limitata ad un rimprovero e alla sottrazione di un paio di punti. Inezia a cui la Greengrass poteva facilmente porre rimedio con alcuni interventi durante le lezioni di Lumacorno.

Restava dunque il fatto, che sebbene il vestito nero non le coprisse completamente le cosce, fino a quel momento nessuno si era lamentato delle sue gambe.

Nessuno tranne Blaise che, nel suo solito silenzio, aveva accennato ad un’espressione di disappunto. Nulla più di questo, comunque, anche perché, se si fosse spinto oltre, avrebbe infranto l’unica regola che vigeva sulla loro relazione.

“Per quel che mi riguarda, puoi fare quello che vuoi, ma voglio esserne informato” le aveva detto, alcuni anni prima, in un impetuoso attacco di loquacità. Questa clausola, ovviamente, era valida per molteplici ambiti: poteva prendere a sberle una stupida Purosangue Slytherin, o girare mezza nuda per tutta Hogwarts, o flirtare spudoratamente con un ragazzo, ma, fatto il misfatto, avrebbe dovuto informare di tutte le sue imprese colui che la sua famiglia aveva scelto come suo marito.

Blaise Zabini.

Lui le aveva offerto la possibilità di non diventare una schiava senza dignità come sua madre e lei aveva accettato immediatamente, anche perché, il più delle volte, il ragguagliarlo su tutte le sue marachelle non aveva alcuna ripercussione sulla sua persona.

Ovviamente, anche la pazienza del suo futuro marito aveva un limite e, come Daphne aveva capito ben presto, il ragazzo era un efferato sostenitore della vendetta. Era capitato per puro caso, per esempio, che, dopo un paio di Whisky Incendiari di troppo, lei si fosse ritrovata sotto le coperte del letto di Theodore Nott, quando questo, in quel periodo, era ancora un buon amico di Blaise. Come da contratto, era stata costretta a rivelarlo a Zabini che, tempo dodici ore, le aveva ricambiato il favore, scivolando, casualmente, tra le gambe di Pansy Parkinson, con cui la Greengrass, in quell’epoca oramai molto remota, condivideva la stanza. Inutile dire che Pansy, il giorno seguente, non era riuscita a dire neppure tre parole su quella serata focosa prima di ritrovarsi allegramente Schiantata contro un muro.

Quella che spinse Daphne, nonostante l’apparenza, non fu gelosia: odiava, semplicemente, quelle pesanti occhiaie che rovinavano l’armonia del suo viso, dirette conseguenza di quella nottata insonne.

La sua totale indifferenza a riguardo, comunque, non le aveva impedito di pensare ad una degna ripicca che, però, non aveva mai attuato. Aveva deciso, infatti, di far cadere nella sua ragnatela il miglior amico di Blaise, ma, dopo essersi ricordata che era anche il suo miglior amico, era dovuta ritornare sui suoi passi.

Del resto era certa che Draco, una volta stuprato da Blaise, non le avrebbe più rivolto la parola e ciò l’avrebbe privata della compagnia dell’unico essere dotato di intelletto in tutto il dormitorio Slytherin.

La scaglia di drago, come si suole dire tra i maghi, non valeva neppure la fatica dell’impresa.

Finalmente, però, dopo una lunga attesa, aveva la possibilità di ottenere la sua nemesi e di colpire Blaise con la sua ira fulminea.

Perché, se avesse messo le mani su Drew, poi il suo diabolico fidanzato, per rispondere alla sua offensiva, avrebbe dovuto trovare un’insegnante disposta a cedere alle sue lusinghe. Non che la cosa fosse difficile per il suo giovane fascino, ma, comunque, avrebbe dovuto cogliere il suo fiore in un prato oramai avvizzito. E lei, con un ghigno, avrebbe goduto della sua plateale caduta di stile.

Percorso l’ennesimo corridoio e svoltato l’angolo, li vide. I quattro Gryffindor più celebri di tutta la scuola stavano sostando, ridendo tra loro, davanti alla porta dell’ufficio di Drew. Non appena distinsero le loro figure, riconoscendo nell’immane classe di cui erano sprovvisti le loro persone, ammutolirono. Subito Potter si incupì, stringendo le mani fino a far sbiancare le nocche e digrignando impercettibilmente i denti.

Nella mente di Daphne, l’espressione aggressiva di Harry venne associata immediatamente a quella di un cane lasciato per una settimana senza cibo. I due Weasley, invece, a causa della loro tipica faccia da ebeti, sembravano essersi colpiti vicendevolmente la testa con una clava.

-Spero che questa coincidenza sia solo un tremendo errore del Destino – disse la Greengrass, cercando, senza provarci con vero impegno, di non guardarli con aria troppo schifata.

I due compagni non le risposero. Non che si aspettasse una parola da Blaise, ma, comunque, vedere Draco che, senza darle ascolto, accelerava il passo, la stizzì.

D’istinto afferrò la mano destra di Blaise e prese ad inseguirlo, per poi fermarsi all’improvviso ad un metro dal gruppo di Gryffindor.

Draco, dopo aver sussurrato qualcosa all’orecchio della Granger, aveva cominciato a baciarla.

Sconvolta, la Greengrass cercò il supporto del fidanzato, il quale, però, stava osservando le effusioni della coppia impassibile. Possibile che sia sempre così freddo? si chiese la ragazza.

Il conforto di cui aveva bisogno, inaspettatamente, le giunse da quelli che, da tempo immemore, aveva catalogato nel sempre più ampio gruppo degli “avversari”. La Piattola sembrava aver trovato qualcosa di molto interessante nelle sue scarpe da quattro soldi, sistema molto utile per nascondere le gote ancor più rosse dei suoi capelli. L’allampanato re Ronald, invece, dopo aver scostato lo sguardo, pareva cercasse inutilmente di utilizzare il suo unico neurone per contattare mentalmente i due gemelli, affinché questi gli fornissero al più presto il rimedio per le Pasticche Vomitose. Infine, aspetto che più la rese felice, il viso di San Potter faceva trapelare chiaramente una cieca furia omicida.

-Appena questo teatrino pietoso sarà finito, vorrei sapere, Draco, per quale motivo loro sono qui- disse acida, indicando con un cenno del capo gli eredi di Godric Gryffindor.

Malfoy, dopo aver posato un dolce bacio sul collo di Hermione, le rispose tranquillo.

-Perché sono qui per il tuo stesso motivo-

-Ovvero?- insistette lei.

-Rendere inoffensivo Marcus Belby –

Un silenzio pesante calò tra i ragazzi.

Il respiro leggero di Blaise rimbombava sulle pareti di quel castello secolare.

-Capisco i tuoi timori di perdere la tua principessa saputella, ma non ti sembra eccessivo castrare quel povero fesso di Belby?- domandò Daphne, suscitando le risate dei presenti.

Percorse rapidamente con lo sguardo i tre Gryffindor che, come lei, erano rimasti invischiati in quella spiacevole situazione.

In fondo, non parevano essere così stupidi come ad un primo sguardo potevano sembrare.

 

***

 

Perfettamente in orario, i suoi ospiti bussarono alla porta. Si aspettava un gruppo rumoroso e sbraitante ma, con suo enorme stupore, i sette ragazzi entrarono in ordine e silenziosi.

Drew fece comparire con un cenno della bacchetta un numero di sedie sufficiente e li invitò a sedersi. Il modo in cui si disposero su queste, invece, fu piuttosto prevedibile. Hermione e Draco sedevano in quelle centrali, affiancati, come se fossero diverse fazioni politiche, dai propri compagni di Casa.

Gryffindor da una parte, Slytherin dall’altra.

Una guerra che si combatteva da quando i fondatori avevano dato luce ad Hogwarts e la cui fine veniva procrastinata continuamente. Eppure, come era solito cantare il Cappello Parlante, uniti non avrebbero potuto avere avversari.

Nonostante le discrepanze, però, gli sembrava che, seppure in minima parte, questo processo d’unione che sicuramente avrebbe piegato molti altri anni prima di giungere ad un termine, poteva dirsi cominciato. Lì, nel suo piccolo studio, lui stava per dar inizio ad un’operazione che, forse per la prima volta nella storia di tutta la scuola, avrebbe visto la cooperazione di nemici storici.

-Bene, ragazzi, sapete perché siamo qui?- cominciò Drew, studiando le reazioni dei suoi astanti.

- Dobbiamo perdere tempo con queste cose?- domandò Daphne, sicura e stranamente seria – Sappiamo tutti che siamo qui per Belby!-

Drew le sorrise gentile, gesto che fece imporporare leggermente le guance della Greengrass, la quale, però, non si scompose minimamente.

-E sapete anche chi è Marcus Belby?-

Ad intervenire fu Blaise, che, mentre rispondeva alla domanda del professor Kennan, si accese una sigaretta.

-Sappiamo cosa potrebbe essere e cosa Draco e la Granger credono che sia, non quello che realmente è-

Il ragazzo che teneva le redini della discussione propose di bere una tazza di tè. Tutti, rispondendo tranquillamente come fece Hermione o annuendo appena come, invece, fece Blaise, accettarono.

Dopo aver fatto comparire dal nulla un servizio di porcellane adatte all’occasione e con un leggero gusto orientale, Drew versò il liquido ambrato da una brocca, facendo attenzione a non spargerne neppure una goccia.

-Purtroppo, ho prove sufficientemente concrete per credere che la teoria di Hermione sia fondata- riprese lui, conclusa l’operazione – Ho parlato con Moody e lui mi ha confermato che la collana che Belby ha mandato ad Hermione per Natale è maledetta. A questo, va aggiunto che le informazioni disponibili negli archivi di Hogwarts riguardo alla sua persona sono alquanto scarni-

-Ma questo è impossibile! La sua famiglia è una delle più antiche dei Purosangue di tutt’Inghilterra!- sbottò Daphne - Senza contare che è perfettamente risaputo che nessuno dei Belby, fino ad oggi, Marcus compreso, è mai finito tra gli Slytherin!-

-Stai forse dicendo, Daphne, che tutti i Mangiamorte furono, ai tempi di scuola, degli Slytherin?- le rispose Drew tranquillo – Mi pare un’affermazione, oltre che difficilmente verificabile, anche piuttosto improbabile-

La ragazza dovette ammettere di non avere, fortunatamente per la sua Casa, alcuna prova in grado di sostenere la sua ipotesi.

-Tu, Drew, credi che Belby sia un Mangiamorte?- gli chiese Harry, introducendosi nella conversazione.

Questo si limitò ad annuire.

-Scusate, ma non potremmo limitarci a denunciarlo a Silente?- domandò, allora, Ron.

-Purtroppo, Ron, non è possibile, o, meglio, non ancora. Per poterlo accusare d’essere un Mangiamorte, dobbiamo prima vedere il Marchio Nero. Non è un’accusa di cui si può incolpare alla leggera-

-E, per ora, Hermione è ancora la sua fidanzata- disse Draco, molto preso dalla discussione sebbene fosse rimasto in silenzio. La Granger arrossì e distolse lo sguardo.

-Problema stupido che si può risolvere semplicemente con un “arrivederci”- constatò Daphne, analizzando la questione messa in luce dal compagno di Casa.

-Il problema è che lasciare Hermione e Belby soli potrebbe essere la scelta sbagliata- disse Drew – Dobbiamo trovare un metodo per poter lasciare loro l’intimità sufficiente senza perderli di vista e potendo avere la possibilità di intervenire immediatamente nel caso in cui gli eventi precipitino-

Ad intervenire fu nuovamente la Greengrass.

-Potremmo aspettare la prossima cena del Lumaclub – propose – Nel chiasso generale, la Granger potrà liberarsi rapidamente del Mangiamorte … -

- … e noi potremmo assicurarci che la situazione non precipiti- concluse Harry per lei.

Il professor Kennan constatò che si trattava di un’ottima idea.

-E cosa faremo per le prossime due settimane?- chiese Ron.

-Lo terremo lontano da Hermione, occupando, a turno, tutte le ore in cui altrimenti sarebbe sola- disse sicuro Draco.

-Quindi dovremmo fare le balie della Granger?- domandò sconvolta Daphne.

Il silenzio che ne seguì fu una risposta sufficiente alla sua domanda.

 

La riunione strategica non durò molto a lungo.

-Credo, comunque, che ci sia bisogno di raccogliere il maggior numero di informazioni su Belby – disse il professor Kennan, alla fine di questa.

-A questo sto già pensando io!- esclamò allegra Ginny, sorridendo diabolica e attirando sulla sua persona l’attenzione di tutti i presenti.

Ginevra Weasley aveva un informatore segreto.

 

Drew le aveva chiesto di parlare in privato.

Avevano aspettato che tutti uscissero e, quando Daphne, dopo aver offerto ai suoi compagni di sventura un giro di Whisky Incendiario, si richiuse la porta alle spalle, il ragazzo cominciò a parlare.

-Credo, Hermione, che tu sia finalmente pronta per le lezioni di Magia Oscura che ti avevo promesso-

 

 

Note dell’Autore

Ebbene si, sono ancora vivo!

Comincio subito implorando il vostro perdono per il mio ritardo (e una richiesta di scuse ancora più sentita nei confronti di Chihuahua, a cui avevo promesso che avrei aggiornato entro sabato, cioè entro ieri).

Purtroppo, mi sono reso conto che, da un mese a questa parte, tra scuola ed impegni extrascolastici, non ho avuto molto tempo per dedicarmi alla scrittura. Ma credo che lo abbiate intuito anche voi …

Nonostante ciò, negli ultimi due giorni mi sono messo d’impegno e, combattendo contro un mal di pancia logorante e il grande numero di interrogazioni sempre crescente (chi, come me, va ancora a scuola sa di cosa parlo … e credo anche chi non ci va più da un po’ …), ho finito il capitolo 16.

Noterete, mi auguro, che questo capitolo (come anche i prossimi due o tre) è un po’ più “leggero” degli altri. Insomma, godetevi un po’ quest’aria fresca, perché, presto, ci sarà un nuovo sconvolgimento.

Nell’ultimo mese, poi, libera_di_sognare (a cui è dedicato questo capitolo e che approfitto per ringraziare ancora) ha indicato “You and Me” all’Amministrazione per le Scelte. Non è ancora un passo compiuto in avanti, ma, come sostiene una mia amica, da qualche parte si dovrà pur cominciare, no?

Nell’attesa di un responso che forse non verrà mai, io incrocio le dita.

Questa novità, poi, mi ha spinto a riflettere e mi sono chiesto: “ Da quanto tempo non ringrazio le mie lettrici?”

Dunque, siccome l’ultimo ringraziamento risale ad un’altra era geologica, lo faccio ora: GRAZIE a tutte! A chi legge, a chi ricorda, segue, preferisce e recensisce!

Bene, sperando di non aver dimenticato nulla, vi lascio ai vostri impegni!

Jerry

P.S.: mi auguro di riuscire ad aggiornare almeno un’altra volta entro la fine della scuola … superato questo scoglio, mi dedicherò a questa storia con maggiore frequenza, giuro!

   
 
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