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Autore: Toti1424    08/05/2011    4 recensioni
Abby è una ragazza come tante altre, gli piace fare cose normali:andare a scuola, andare al cinema con gli amici. Il suo mondo era solido ed equilibrato.Nessuno poteva scalfirla o ferirla, perché nessuno conosceva la vera Abby. Da sempre si era costruita come un’armatura, una corazza inpenetrabile, che impedisse a tutti di vedere il suo vero io. Nessuno sapeva mai cosa provava veramente o cosa pensava, lei, al contrario di molte altre ragazze della sua età, era un libro chiuso.
Tutto quello che aveva costruito in quegli anni, però un giorno come tanti altri incominciò a vacillare in seguito all’arrivo del suo nuovo docente: Gurth Carter.
Fin da subito tra i due era nata una sorta d’antipatia, Abby lo reputava più bravo come modello
vista la sua innaturale bellezza. Infatti Carter non era come tutti gli altri insegnanti, era bello, affascinante, misterioso.
Per caso il professore scoprirà la situazione che è costretta a sopportare Abby a casa; il padre della protagonista è quasi sempre ubriaco e la picchia. Carter spinto dal desiderio di aiutarla finirà per avvicinarsi alla ragazza. I due finiranno per intraprendere una storia per trasgredire le regole ma… questa storia potrà mai diventare amore puro?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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<< Arrivo tra pochi minuti, non ti muovere di li.>> riagganciai e mi accucciai sul fondo della cabina. Non potevo credere di aver pianto al telefono con lui. Appoggiai la testa sulle ginocchia: era tutto così dannatamente assurdo ciò che mi stava succedendo, perché lo avevo chiamato? Ormai era da anni che le cose come questa si ripetevano, ci ero ormai abituata e allora come mai ho sentito il bisogno di telefonarlo? Ho davvero sentito il bisogno di telefonarlo? No, è stato un raptus, non sento realmente il bisogno di chiedere aiuto agli altri. Me la sono cavata fino ad ora e posso ancora continuare a sopportare questa situazione, non mi manca ancora molto ai 18, quindi, credo di poter sopportare ancora per un anno o due.

Infondendomi da sola il coraggio di continuare a vivere sotto lo stesso tetto di mio padre mi rialzai ed uscii dall’abitacolo pubblico.

Il professore aveva detto che sarebbe arrivato li a momenti, ma volevo veramente che mi vedesse così? In fondo lo avevo conosciuto appena due settimane prima e non eravamo nemmeno amici, forse, forse conoscenti. E allora? Cosa volevo fare? Avevo due possibilità: la prima era andarmene, facendogli pensare che era uno scherzo, perdendo la sua stima( sempre se ce ne aveva di me) e non avere più la possibilità di farmi aiutare. La seconda era quella di aspettarlo, farmi trovare in preda alle lacrime come una pecorella smarrita e fargli tenerezza così che mi prenda sotto la sua ala proteggendomi sempre a spada tratta come uno di quei principi azzurri di cui parlano tanto le fiabe.

Sicuramente la prima. Il mio orgoglio mi impediva di fare ancora la parte della ragazzina indifesa, me ne andai.

Camminai fino a casa di Will, per fortuna abitava al primo piano di una palazzina, così sarei potuta entrare dalla finestra di camera sua, senza svegliare i suoi genitori, per poi svignarmela al mattino senza che se ne accorgessero.

Picchiettai con le nocche sulle tapparelle verde bandiera della sua stanza, all’interno della camera si sentii un fruscio di coperte. Picchiettai un pelino più forte, nella stanza si accese una flebile luce, poi la finestra si aprì:

<< Chi è?>> domandò una voce assonnata da dietro le persiane << chi rompe a quest’ora?>> uno sbadiglio.

<< Will, sono io. >> sibilai temendo che i suoi si svegliassero.

<< Abby?>> nella voce si sentî chiaramente un tono di stupore mischiato alla preoccupazione << c…cos’è successo?!>> le inferiate si aprirono, la sua faccia era seriamente preoccupata << entra.>>

Mi incitò, ma purtroppo non ero così alta e dovetti tendergli le mani per farmi aiutare, lui senza alcuna fatica mi prese e mi fece entrare dalla finestra.

Appena posai i piedi per terra lui mi strinse a se, era a torso nudo e mi sentii un po’ in imbarazzo, ma ricambiai l’abbraccio. Tra me e lui era sempre stato così, ci conoscevamo sin dalle medie ed eravamo sempre stati nella stessa classe, tra noi si può dire che c’era un legame che andava oltre le parole, oltre gli sguardi. Era come se i nostri cuori, le nostre menti e i nostri sentimenti fossero sempre in contatto, riuscivamo a capirci all’istante.

<< Ne vogliamo parlare?>> domandò sciogliendo l’abbraccio.

<< No.>> dissi senza nemmeno guardarlo negli occhi, non riuscivo a farlo, perché sapevo che se avessi alzato lo sguardo mi sarei sicuramente messa di nuovo a piangere, ed era l’ultima cosa che volevo in quel momento.

<< Va bene.>> si voltò per andare a trafficare con il cumulo di vestiti che aveva nell’armadio << tieni, mettiti il pigiama.>> così dicendo mi porse una maglietta bianca e dei pantaloncini rosa della mia taglia stirati e piagati, forse gli unici indumenti in ordine che c’erano in quel casino << ecco, io te l’ho comprato appunto per questi imprevisti>> li presi e li esaminai, nessuno mi aveva mai pensato a me in questo modo, li strinsi al petto << te lo dico solo perché tu non fraintenda in un qualche modo.>>

<< No, no, sei… grazie.>> gli sorrisi.

<< Okay, allora mi giro così te lo metti.>> si andò a sedere sul letto con le coperte sgualcite e prese a fissare la parete bianca.

Mi tolsi i vestiti che indossavo e mi misi il pigiama il più veloce possibile così da non farlo aspettare troppo << Come mi sta?>> mi misi in posa come un ebete tanto per alleggerire l’atmosfera cupa che c’era.

<< Sei bellissima come sempre.>> sorrise << ora però a nanna perché domani non possiamo dormire fino a tardi perché va a finire che poi ti vedono qui e salta la polemica>> sorrise infilandosi sotto le coperte e sdraiandosi ancora una volta di fianco dalla parte del muro dandomi la schiena. Io mi feci piccola e mi misi dal lato opposto, schiena contro schiena e chiusi gli occhi << notte Abby.>>

<< Buonanotte.>>

Quella sera non feci incubi sull’accaduto grazie a Will, questa era la sua magia, quella della buonanotte, ma a quanto pare mi rigirai tra le coperte parecchie volte poiché la mattina ci svegliammo senza le lenzuola, che erano cadute a terra e abbracciati stretti, stretti, l’uno all’altra come per riscaldarci a vicenda. Ora per alcuni questa situazione potrà sembrare molto romantica eccetera, ma per me no. Mi è capitato già molte altre volte di dormire con lui e non lo trovo più di un amico, quindi, NO! Niente di romantico, però… già il solo fatto che ci stia pensando starebbe a significare che io lo reputo…. Basta pensare! Mi fa venire l’emicrania pensare!

<< Will… Will sei sveglio?>>

Lui si stropicciò gli occhi e li aprì lentamente, era ancora nel mondo dei sogni << Buongiorno amore. Dormito bene?>> si alzò di colpo << Oh! No! Che ore sono? E i bambini? Dobbiamo portarli a scuola o faranno tardi!>>

Gli tirai un colpo in testa << Smettila di scherzare e alzati o se no tua madre ti verrà a chiamare!>>

<< No dai, giochiamo un altro po’ a moglie e marito!>> iniziò a lamentarsi e si rigettò a peso morto sul letto.

<< Io non sono tua moglie Will, nemmeno la tua ragazza per giunta, quindi alzati e vai a fare colazione così posso vestirmi.>>

<< Si, ma sei la mia compagnia di giochi, quindi giochiamo!>> iniziò ad imitare un bambino che fa i capricci.

<< Si, Will, magari dopo.>>

Andammo a scuola assieme, come succedeva raramente poiché era uno di quei ragazzi perennemente in ritardo.

Quando iniziò la lezione di inglese, il Professor Carter non mi degnò nemmeno di uno sguardo, ed era una cosa così strana che persino quegl’idioti dei miei compagni se ne accorsero e pensarono che mi avesse preso di mira, il che non era poi così sbagliato.

Rimasi come al solito in aula fin dopo le lezioni, avevo quasi paura di tornare a casa e ritrovarci ancora gli uomini della sera prima. Pensandoci bene n on li avevo neanche mai visti, conosco le amicizie di mio padre, mi capita spesso di vederli assieme al pub, ma quelli non erano suoi amici.

<< Come mai senza cartella oggi?>> era Carter, ma questa volta non mi si era seduto di fronte, era in piedi, appoggiato leggermente al banco davanti al mio, mi stava osservando come dall’alto al basso.

Io non mi mossi di un millimetro, rimasi china con le braccia incrociate sul banco, la testa appoggiatavi sopra e lo sguardo fisso sul tramonto << I libri pesano.>> giustificai l’assenza del mio zainetto.

<< Lo so che pesano i libri, ma dato che tutti i tuoi compagni lo portano non vedo perché tu debba fare eccezione.>> logico, appena trova qualcosa in me che non va si vendica per quello che è accaduto la sera prima, c’era d’aspettarselo << e guardami quando ti parlo.>> alzai la testa ubbidendo e lo fissai con una delle mie tipiche facce strafottenti << non fare quella faccia.>>

<< Quale faccia? Questa è la mia faccia, non vedo cosa ci possa essere che non vada nella mia faccia.>> sorrisi beata.

<< Io non ti ho dato il mio numero per farmi prendere in giro da te.>> nei suoi occhi si vedeva della rabbia, ma non potevo di certo biasimarlo dato che l’avevo fatto correre da me.

<< E allora perché me l’ha dato? Per accorrere come mio salvatore in caso di necessità? Magari così ti sarei stata debitrice e avrei dovuto ricambiare il favore?!>> okay, l’ultima frase era un po’ bastarda, ma ormai la frittata era fatta.

<< Sei solo una piccola ingrata!>> si, è vero, e sono pure egoista ed orgogliosa, ma che ci potevo fare? Sapevo che mi stavo comportando male e che sarebbe stato meglio dire le verità e basta, ma poi? Poi cosa ne sarebbe stato di me? Mi avrebbero data in affidamento o sarei stata rinchiusa in uno di quei orfanotrofi stile prigione che si vedono nei film. Io non volevo che ciò accadesse e in più avevo paura… se fossimo finiti in tribunale, mio padre sarebbe stato accusato di violenze domestiche, poi avrebbero scoperto che è un alcolizzato, lo manderebbero in una qualche clinica per farsi curare e in meno di due mesi, se si comporta bene, sarebbe uscito e sarebbe venuto a cercarmi e mi avrebbe fatto chissà quali orrori, o addirittura uccisa. No, non voglio morire, non voglio vivere con il terrore che lui torni, se voglio davvero fare in modo che la situazione cambi devo essere certa di non rivederlo mai più, ne lui, ne i suoi porci di amici.

<< Sa cosa le dico? Si, sono un’ingrata, sono tutto ciò che pensa lei in questo momento: Sono una bambina, sono ingrata, sono stupida, strafottente, stronza, odiosa e tutto quanto.>> mi alzai e mi avviai verso l’uscita della classe.

<< Non è questo quello che stavo pensando Abby!>> disse infuriato ancora appoggiato al banco.

<< Si, si, come vuole lei.>> e me ne uscii.

Mentre tornavo a casa mi sentii un verme, non dovevo trattarlo in quel modo, in fondo, voleva solo aiutarmi, ma davvero, non ce la facevo. Non riuscivo a sopportare l’idea di fare così pena da essere compatita da un docente che nemmeno conosco bene.

Entrata in casa me lo trovai davanti, era seduto su di una sedia del tavolo ed in mano stringeva un superalcolico, uno di quelli per i cocktail. La bottiglia era vuota.

<< Ma che piacere vederti Abby cara.>> disse con le guance rosse alzandosi << ieri mi hai fatto passare parecchi guai, lo sai vero?>> gettò a terra la bottiglia di vetro che si ruppe in mille pezzettini che si sparsero su tutto il pavimento. Non riuscivo a muovermi, nonostante fossi abituata a vederlo così, nonostante ero consapevole di ciò che mi aspettava tornando a casa rimanevo comunque pietrificata. Ogni volta che succede non riesco a difendermi, vorrei farlo, nella mia testa c’è così tanta rabbia, ma il corpo non risponde! In queste situazioni è come se corpo e mente fossero separati, separati da un muro, dalla paura. Mi si avvicinò così tanto che sentivo il suo alito fetido come se fosse il mio a puzzare << Mi hai fatto passare tanti guai, lo sai?!>> le gambe mi tremavano << quelli erano persone con cui avevo tratto dei debiti e tu… tu eri quella che doveva saldarlo, lo sai?>> cosa? Lui, lui mi ha venduta?! Sono stata venduta da mio padre?! << Abby…>> mi passò una mano tra i capelli per andare a stringerle attorno alla nuca << più ti guardo, più mi ricordi quella puttana di tua madre.>> rise << quella donna mi fa venire il vomito, così quando guardo te, mi viene voglia di vomitare tanto le assomigli.>> mi trascinò vicino al tavolo << sei proprio una figlia di puttana Abby, quando mai ti ho preso con me! Dovevo lasciarti morire in quel cazzo di ospedale, così mi sarei tolta di torno un gran peso.>>

Sorrisi << Ma allora chi avrebbe ripagato i tuoi debiti?!>> dissi in tono arrogante.

Non si seppe più trattenere, prese la mia testa e la sbatte contro al tavolo, tutto iniziò a vorticare, non riuscivo più a distinguere il pavimento dal soffitto. Poi mi prese dalla maglietta e mi scaraventò a terra, in quel momento sentii caldo, la mia schiena stava bruciando, mi guardai ai lati, dei piccolissimi rivoli di sangue si facevano spazio tra le schegge della bottiglia. Lui non si fermò, mi assestò una dozzina di calci allo stomaco facendomi strisciare ogni volta sui vetri. Cercai di alzarmi, ma lui mi precedette e mi trascinò per i capelli per il pavimento, poi mi tirò un cazzotto in faccia. Sentii la mente staccarsi dal corpo, stavo forse per morire? No, non voglio morire, non ora, non per mano sua! Non reagì, non feci nulla, mi lasciai pestare, non avevo la forza di far nulla, ero letteralmente un fantoccio nelle mani di un ubriaco violento in preda ad una crisi.

 

Finalmente sono riuscita a continuare questa ff perchè ogni volta che cercavo di scriverla c'era sempre qualcosa o qualcuno che mi impadiva di farlo ( non sto addossando le colpe a nessuno)

Comunque... che ne pensate?! In questo capitolo si può dire che c'è un pò di tutto. E finisce anche in un modo piuttosto brusco e violento, spero che vi sia piaciuto!

Aspetto le vostre recensioni!!!

Gladia: Si alla fine era il padre e concordo, è proprio uno s*****o! Continua a seguirla, tra poco accadranno anche cose carine alla protagonista( diciamo che questo per lei è proprio un periodo, anche se dura ormai da anni, un pò sfigato! Allora Ciao!

xXx_Sara_xXx: Si, alla fine il fulcro della storia è l'amore! Mi spiace averti delusa, ma il professore non`ha ancora fatto la parte del principe azzurro, ma ci manca poco perchè ciò accada, continua a segure, spero di non deluderti di nuovo. A presto!

GipsyK: Grazie mille per i complimenti, e ho anche aggiornato piuttosto presto( per te)! Continua a segure la ff. Ciao!

Princess_Dadi

  
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