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Autore: Eos BiancaLuna    09/05/2011    1 recensioni
“Lo sai che non si dovrebbe…” dissi interrompendo quel momento e maledicendomi per ciò. “Ti blocchi perché non vuoi o perché non puoi?” rispose fissandomi “adesso gradirei che non mi interrompessi più” aggiunse scherzando. Notò la mia espressione però e allentò la presa. Mi pentii subito per quello che avevo detto e lo guardai negli occhi, cosi maledettamente azzurri, “scusa” bisbigliai avvicinandomi di nuovo. Lui fece lo stesso e le sue braccia mi cinsero la vita poi le sue labbra furono sulle mie finalmente. Quando anche le nostre lingue si trovarono gli passai una mano fra i lunghi capelli dapprima lentamente poi mi ci aggrappai. Le mie ansie e le mie paure non c’erano più. Fu un bacio intenso come quello della mattina precedente nel suo letto solo che questa volta durò molto di più.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

 

Il giorno successivo era il giorno del mio fatidico esame orale di letteratura inglese. Mentre ero sulla metro ascoltando “Heart burts into fire”, la mia canzone preferita, cercai di non pensare ai cambiamenti che mi stavano accadendo. Prima di scendere alla fermata della mia università spensi l’mp3.

 “Se continuo ad ascoltare la voce di Matt perderò quella poca concentrazione che mi rimane” pensai.

 Alle 9:00 in punto iniziarono a chiamare gli studenti in ordine alfabetico, se fosse stata una facoltà ad accesso libero ci sarebbero stati il quadruplo dei ragazzi presenti e il mio cognome che iniziava con la lettera w mi avrebbe costretta ad aspettare molte ore. Trovai sulle ultime file della grande aula le mie amiche più “strette” di facoltà : Alessandra, Martina, Federica, Michela, Francesca, Claudia e Cristina. Mi salutarono e Martina mi fece posto accanto a lei “Ciao Liz…oddio sei sicura di star bene?, anche le altre mi fissarono “Come sei pallida” osservò Alessandra. “Ma no tranquille che non è niente davvero” dissi sforzandomi di sorridere e gettando l’occhio sul mio orologio.

Riuscii a distrarle con un argomento sulle unghie e non fecero più caso alla mia cera, anche perché nessuna aveva voglia di ripassare quindi mi rilassai a parlare con loro di cose da donne finché non le vidi alzarsi una ad una ed affrontare l’esame. Io ero l’ultima della lista, si liberò il posto davanti all’assistente del professore ed un ragazzo che era stato appena chiamato quasi inciampò mentre si sbrigava a raggiungerlo. Poi toccò a me, “Walker” mi chiamò il prof d’inglese. Mi alzai trascinando svogliata la mia tracolla nera sulla spalla e quasi sbadigliai prima di sedermi, poi cercai di fare un respiro profondo.

 “Salve” dissi e gli porsi il documento d’identità. “Bene signorina Walker cominciamo con gli esordi dell’autore? O preferisce iniziare da un’opera a piacere ?”.

Optai per un quadro generale dell’epoca poi attaccai con l’autore in questione, la sua vita e tutte le opere che avevo studiato. “Ehm ragazzi” m’interruppe il prof quando ero quasi alla fine del discorso “allora? Vi ho già detto di fare silenzio!”.

 Io, che ero di spalle pensai a quanto fosse stato ridicolo rimanere li ad assistere anche agli esami degli altri, io me ne sarei andata , poi il prof continuò ad incitarli a fare silenzio e allora mi voltai giusto per dare un’occhiata. Il sorriso mi si fermò sulle labbra. Mi rigirai subito perché pensavo di aver avuto una visione. Poi ricontrollai. Matt era seduto a poche file dalla prima e mi aveva fatto un cenno con la mano sorridendomi  come sempre.

 “Allora, stava dicendo?” la voce del prof mi costrinse a rigirarmi “Si…dicevo che la tragedia di Giulietta e Romeo…” ci pensai su, non ricordavo l’ultima parte del mio discorso ma poi riuscii a concludere l’analisi dell’opera e a non pensare più a LUI.

“Bene Walker, io le darei 28…anzi no meglio un 30. L’ho vista un po’ incerta sull’ultima parte ma è andata abbastanza bene, accetta il voto?” il prof sembrava arcistufo di quella giornata. “Si certo” dissi, firmai lo statino, ripresi la mia carta d’identità e mi alzai.

 Quando passai davanti a Matt lui si alzò e mi abbracciò le spalle “Allora?” chiese impaziente, “30” dissi “è il massimo solo che non mi ha voluto mettere la lode”.

 “Oh perdonami è stato perché ti ho distratta” disse triste, io non ero molto d’accordo, cosi tossii leggermente “ E…come mai sei qui? Non dovevi allenarti? E provare anche?”.

Il buonumore gli tornò all’istante “Vietato fare domande, e comunque dovevo farti una sorpresa ricordi? Beh visto che ieri non ci sono riuscito…Oggi vedrai”.

Incredibilmente ero tornata di buonumore anch’io ed ero felicissima che fosse venuto a vedermi e che forse avrei passato mezza giornata con lui, ma non volevo dargli soddisfazione, chissà perché. Cosi dopo averlo rimproverato di non essersi lasciato gli occhiali scuri (alcuni ragazzi lo guardavano stranamente anche perché parlava inglese) lo seguii nel parcheggio posteriore dell’ateneo chiedendomi dove avesse messo la macchina quando sembrò leggermi nel pensiero.

“E’ questo il bello di oggi Liz, non piove, quindi non sono venuto in macchina” mi abbracciò, non ebbi il tempo di dire A perché mi fece voltare verso una moto. Bellissima, nera e rossa tirata a lucido. Era un ultimissimo modello della Honda. Restai senza parole. Era l’ennesima volta  che riusciva  a farmi restare muta, senza niente da dire, meravigliata. Sghignazzando montò in sella, mise in moto e percorrendo qualche metro frenò accanto a me, che ero rimasta del tutto scioccata.

 “Dai Liz,monta” mi disse dolce. Il mio cervello non connetteva più, ero stata in macchina col mio cantante preferito, mi aveva aiutata a ripulire la sala da pranzo dell’Hotel in cui lavoravo, mi aveva fatta dormire nel letto della sua stanza con la sua camicia addosso la sera in cui mi ero ubriacata, mi aveva anche spogliata struccata e mi aveva tolto le lenti a contatto, era stato a casa mia, avevo anche socializzato col suo husky. Non contento mi aveva accompagnata all’università per ben due volte, aveva assistito a un mio esame e ora mi riaccompagnava non sapevo dove in moto.

Le sue parole “Guarda che non è pericoloso la so guidare benissimo” mi portarono di nuovo con i piedi sulla terra. “Allora…?” insistette. Salii pronunciando un “Ok ma si facciamoci un giretto in moto”. Diede gas e mentre stavamo ripartendo mi voltai, cosi per guardarmi intorno e scorsi Martina, una delle mie amiche che mentre fumava e stava al cellulare mi lanciò un’occhiata molto interrogativa, io le risposi con un saluto ed un sorriso.

Sfrecciammo veloci nella tarda mattinata di quel mercoledì 19 gennaio, la vigilia del suo compleanno. Io mi ero avvinghiata alla sua schiena e ogni volta che eravamo fermi ad un semaforo rosso mi dava una pacca su una coscia o mi chiedeva se era tutto ok. Con lui sarebbe stato sempre tutto ok. Avrei voluto che quel giorno non sarebbe mai finito, avrei voluto che lui fosse stato single, riuscii perfino a dimenticarmi del suo mestiere e iniziai a pensare a lui solo come Matt Tuck, nient’altro.

Quando tornammo in Hotel mi annunciò che era l’ora dell’allenamento, cosi decisi di unirmi ai Bullet mentre si tenevano in forma. Andai nella mia camera riservata a cambiarmi e li raggiunsi in una delle 4 palestre, la più piccola. Jay era intento a fare una serie lunghissima di addominali mentre Padge si aggiustava la coda e Moose era alla cyclette. Soffocai una risata.

 “Oh che c’è che ti fa cosi ridere?” mi chiese Pagde beffardo lanciandomi un asciugamano. Io lo presi al volo e gli risposi “ Niente è che non vi ho mai visti cosi”. Jay comparve alle mie spalle “Ciao bella oggi abbiamo anche lezione di autodifesa ti unisci a noi?”, io che avevo rilanciato l’asciugamano a Padge mi voltai verso Jay per rispondergli ma in quel momento entrò Matt che indossava i pantaloni della solita tuta grigia e una canottiera nera. I suoi occhi mi colpirono in pieno come al solito, poi il suo sguardo si posò sul mio petto, visto che indossavo anch’io una canottiera nera ma con le iniziali bianche della sigla della loro band, arrotolata fin sopra l’ombelico. Il tutto completato con pantaloni bianchi elasticizzati e una treccia alla Lara Croft.  Jay che era rimasto in attesa di una risposta si accorse che ci stavamo guardando e in quel momento Moose ci passò davanti con una bottiglia d’acqua in mano “Lei cosa ci fa qui? Non dovrebbe essere in cucina?” chiese severo ai suoi compagni di band, Matt gli diede uno spinta e dicendo “Ma che cazzo dici Michael” .

 A giudicare dal tono di Moose non dovevo essergli molto simpatica, qualcosa mi balenò in mente e ricordai perché. “Si Jay faccio il corso di autodifesa con voi molto volentieri” dissi ad alta voce guardando Moose che si voltò, poi aggiunsi “dal momento che io non sono qui per prendere il posto di Charlotte se è questo che qualcuno teme, vero Moose?”.

Silenzio di tomba.

Matt fece per rispondermi ma poi ci ripensò, “Niente di personale” gli sussurrai. Moose si voltò verso di me fulminandomi con lo sguardo poi usci dalla porta che dava sul retro e la sbatté . In quel momento entrarono i personal trainer e l’istruttore di difesa personale. Jay fece qualche passo rapido intento a raggiungerlo ma Padge lo intimò a restare. Allora mi mossi io ma mentre passavo vicino a Matt mi bloccò un braccio dicendomi “Resta”. Quel contatto mi provocò una serie di sensazioni strane. Padge ci raggiunse” Cosi sai di lui e della sua ragazza?” mi chiese.

Lo guardai ma non risposi “ Padge” disse Matt “sai che non sono affari vostri ma miei, e vorrei che nessuno si immischiasse della mia vita privata”. Padge rise “Quindi non gliel’hai detto?” disse indicandomi. Io lo guardai poi guardai di nuovo il cantante, “A me? Dire cosa scusate…” non riuscivo a capire a cosa si riferisse. “Matt e Charlotte hanno dei seri problemi…” continuò Padge, ma rideva. “Hey…la vuoi smettere?” intimò Matt poi Padge si ritrovò a terra e i due iniziarono una specie di lotta, meno male che stavano scherzando.

 Mi voltai verso Jay che si avvicinò guardandoli poi si rivolse a me “Quanti anni hai tu?”. I due che stavano ancora giocando si fermarono e corsero da me. Padge sembrava supercurioso, “Piu di 20 no?” chiese impaziente. “In realtà…”dissi senza guardare Matt, Padge pendeva dalle mie labbra “Sono ancora 19, quest’anno ne compio 20” dissi sorridendo a Jay. Padge sbottò a ridere e si rotolò per terra, strappò un sorriso anche a me, poi Jay si unì a lui. Non riuscivo a capire il motivo di tutto ciò. Cosi rivolsi il mio sguardo altrove evitando Matt che se ne accorse subito “So cosa stai pensando” gli dissi mentre si avvicinava. “No non lo sai, non puoi saperlo ora, forse un giorno te lo dirò” fu la sua risposta, cosi mi girai a guardarlo in faccia. L’insegnante di autodifesa ci comunicò che era stanco di aspettare i nostri comodi e dopo che Moose si fu deciso a rientrare iniziammo l’allenamento.

La sera non ero di turno, cosi dopo essermi fatta una doccia nella mia camera in Hotel andai a spegnere lo stereo visto che aveva terminato di leggere le tracce del cd “Fever”. Chiamai mia madre per dirle che sarei tornata a casa per cena e distrattamente presi a leggere il libretto nella custodia, arrivai alla pagina dei ringraziamenti . I primi erano quelli di Matt, diceva le solite cose sull’amore dei fan e della famiglia, che era dura passare molto tempo lontano da casa ma il fatto di sapere che tutti sono orgogliosi di lui rende il tempo che passa fuori più bello. Dopo di ciò lessi distrattamente i nomi delle sorelle che sapevo già, cioè Rachael e Deborah, ma poi la frase “ My beautiful soulmate Charlotte and our baby boy Evann” mi investi in pieno come un treno diretto.

 Il cellulare mi cadde di mano e anche qualche lacrima scese. Accessi di corsa il portatile sulla scrivania mentre mi infilavo i jeans sotto la camicia lunga scura che indossavo, aprìì internet e cercai nervosamente la biografia di Matt su wikipedia. Sotto il titolo  “Vita Privata” c’era scritto che lui aveva avuto il suo primo figlio Evann il 25 marzo del 2010. Non saprei dire esattamente cosa provai in quel momento: rabbia, delusione, rassegnazione . Chiusi il pc e senza scarpe con i capelli ancora umidi uscii svelta sul corridoio e mi precipitai in ascensore, avrei potuto fare le scale visto che lui si trovava ad un piano di differenza ma non m’importava. Arrivata davanti la porta della sua camera bussai con forza per tre volte.

 Padge venne ad aprire e il sorriso gli morì sulle labbra quando vide che entravo spedita come un razzo. Ignorai Jay che giocava all’xbox per terra davanti all’enorme LCD in soggiorno e mi diressi dritta  verso la camera da letto, la porta era aperta e LUI era al cellulare in piedi vicino la finestra.

Mi vide e si immobilizzò, un secondo prima che aprissi bocca aveva chiuso la chiamata. “TU!” urlai, poi mi sedetti sul letto, mi tremava la voce e mi sentivo una stupida. Mi rialzai “Tu hai un figlio e non me l’hai detto! Perché?”. Avevo gli occhi lucidi, anche lui era stato investito in pieno da un treno diretto a tutta velocità. Era immobile, non parlava più e mi fissava; un misto fra tristezza e dispiacere. “Perché?” ripetei guardandolo negli occhi e avvicinandomi. La mia ira non si placava.

 Padge e Jay si erano bloccati sulla porta alle mie spalle, me ne accorsi poi Padge ci chiese ”Che succede ragazzi?” era seriamente preoccupato. “Ecco perché quell’altro mi odia” dissi ad alta voce. I due ragazzi si guardarono con aria interrogativa “Moose non ti odia, è solo che lui è affezionato molto a Charlotte” disse Jay. “E non me la nominate porca puttana!” strillai e prima di piangere a dirotto aggiunsi  “Io me ne vado a casa” e uscii di corsa dalla stanza, attraversai il salotto e mi trovai di nuovo sul pianerottolo, Matt mi aveva seguita e bloccata chiudendo dentro la suite gli altri due.

“Io pensavo che tu lo sapessi, ecco perché non ho mai toccato l’argomento” mi disse serio, io che stavo piangendo con la p maiuscola scossi la testa, poi mi sforzai di sorridere “scusami è colpa mia, io non sono nessuno per te e mai lo sarò, non capisco perché ho reagito cosi”. Lui mi asciugò le lacrime costringendomi a guardarlo in faccia “Non è affatto vero, tu sei già diventata importante per me”.

“Stronzate” pensai subito. “Certo come no” lo sfidai, “Vuoi che te lo dimostro?” sussurrò appoggiandomi con le spalle alla porta e avvicinandosi. La sua espressione continuava ad essere triste. “Fai cosi con tutte quelle che incontri in vacanza, o negli Hotel o nei backstage dopo i concerti non è cosi?” ringhiai. “Guardami negli occhi” disse piano, “riesci a capire…cosa voglio che tu sappia?” mi chiese poi di botto avvicinò troppo il viso al mio finché non sentii il suo respiro sulle mie labbra. Una parte di me fremeva al solo pensiero e l’avrebbe divorato di baci ma l’altra aveva frenato in pieno.

Mi accarezzò la guancia poi si avvicinò ancora di più deciso ma io lo fermai spingendolo via da una spalla “Se vuoi mettere le corna alla tua ragazza, fallo con qualcun’altra e non con me!” dissi velenosamente e dopo averlo scansato sfrecciai giù per le scale.

   
 
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