Ti
farò vedere Tel
Aviv
- E così
domani è il gran giorno. –
- Già. –
- Sai? Non
mi sembra affatto vero che una come te arrivi a… -
-
Sposarsi? Neanche a me. –
Mi alzai
dalla comoda poltroncina di velluto bordeaux e così lei,
dopo aver finito il
suo drink. Era il suo addio al nubilato e dopo che Abby e McGee se ne
erano
andati per preparare lettere e filmati commoventi alla sposa Ziva aveva
deciso
di rimanere con me nella hall del nostro hotel a Tel Aviv.
Noi due,
soli.
Mentre la
guardavo nel suo tubino nero mi tornò in mente come un
flashback quella
missione sotto copertura, molto tempo prima: il nostro primo e unico
bacio era
stato fantastico, poi eravamo finiti a letto insieme ma questo nessuno
al
lavoro lo sapeva. Tutta finzione, ci era bastato dire, e loro se
l’erano bevuta
senza fare domande.
Solo io e
lei sapevamo che cos’era successo veramente, anche se la
questione non era mai
più stata tirata fuori.
Forse
perché tenere segreta una relazione all’NCIS non
era così facile, forse perché
era la scappatella da una notte e via. Il problema però era
il fatto che io
avevo iniziato a vedere Ziva come qualcos’altro che una
collega.
Per
dimenticarla andai a letto con un’infinità di
altre donne, mi fidanzai con
Jeanne, ma lei era sempre lì tutti i giorni, al lavoro e
nella mia testa; ed
ognuna delle ragazze con cui ero stato doveva subire un muto confronto
con lei.
Osservai
ancora una volta,
come avevo fatto in
tre lunghi anni, i suoi occhi, i suoi lineamenti perfetti e lo stomaco
mi si
strinse in un nodo che voleva ricordarmi che non era mia e non lo
sarebbe mai
stata.
Michael
Rivkin, ecco chi aveva avuto il coraggio di portarmela via.
Ricordo
ancora il giorno in cui Ziva e lui ci annunciarono la data delle nozze.
Era un
caldo pomeriggio d’Aprile e lei era raggiante: indossava un
vestito blu che le
fasciava i fianchi e al suo anulare sinistro portava un anello.
Quell’anello.
Era una piccola fede d’oro bianco con un diamante azzurro
chiaro incastonato al
suo interno. Dire che le stava bene era banale; le sue graziose mani lo
portavano con disinvoltura e ci giocherellavano ogni tanto. Quando i
suoi occhi
incontravano quel piccolo cerchietto d’oro si poteva notare
una luce in quello
sguardo da cerbiatta.
Stetti
male quella domenica sera, dopo aver ricevuto la notizia. Non riuscii a
dormire, così me ne andai in un pub per bere e cercare di
dimenticare
quell’orribile verità. Non riuscivo a digerire il
fatto che lei e… lui si
sarebbero sposati. Non si torna indietro, continuavo a ripetermi.
I giorni
successivi furono normali, almeno all’apparenza: le giornate
erano scandite da
lentissimi minuti e la mia rabbia, o gelosia non saprei dire, cresceva
sempre
di più ogni ora che la data del matrimonio si avvicinava.
Passai i
mesi a rimpiangere tutto quello che non avevo potuto, o semplicemente
voluto,
fare; ma il Destino mi aveva dato una possibilità lunga tre
anni e io l’avevo
bruciata. Ora il mio turno era finito, il gioco doveva continuare.
Mi sfogai
con Gibbs una sera, a casa sua. Arrivai a piangere davanti al mio Capo,
a mostrarmi
debole per amore. Come al solito lui non parlò molto ma si
limitò ad offrirmi
una birra e a darmi una pacca sulla spalla. Forse non sapeva come
reagire alle
lacrime del suo agente anziano.
Non sapevo
che fare, così non feci nulla. Aspettai che i giorni
passassero e accettai la
situazione, più o meno.
Tutti al
lavoro si erano accorti che qualcosa non andava ma McGee, Ducky e Abby
non mi
chiesero nulla; forse per ordine di Gibbs, forse perché
erano così perspicaci
per capire da soli il mio stato d’animo.
***
Entrammo
in ascensore in silenzio, la stavo accompagnando nella sua camera in
quell’ultima notte in cui lei era libera, prima di legarsi
per sempre al suo
uomo.
Non sapevo
se sarei andato all’evento, non sapevo in che modo avrei
mandato giù l’ennesimo
di una lunga serie di amari bocconi.
Il
classico dlin ci
annunciò l’arrivo al
piano ed uscimmo da quella scatola rivestita da elegante moquette prima
di
incamminarci fianco a fianco verso la stanza 308.
Respirai
profondamente prima di vederla strisciare la carta magnetica nella
piccola
fessura sulla porta della stanza; da quel momento davvero non sarei
più potuto
tornare indietro.
Lei si
voltò, bellissima come sempre, e mi disse con un sorriso:-
Allora, buonanotte.
–
-
Buonanotte. – Sospirai, cercando di sciogliere quel gigante
groppo in gola.
Mi voltai a testa
bassa per attraversare il corridoio
che portava alla mia camera il più in fretta possibile,
quando mi dissi che non
era vero che non potevo tornare indietro, che finchè lei non
fosse stata la signora
Rivkin tutto poteva essere cambiato.
Mi voltai
di scatto ed alzai la testa: sapevo che cosa fare, meglio tardi che
mai, mi
dissi. Ripercorsi tutto il corridoio fino a che non mi fermai davanti
alla
porta della camera di Ziva; presi fiato e bussai: tre colpi.
Né uno di più, né
uno di meno.
Attesi
qualche istante prima di sentire scattare la serratura e vederla
materializzarsi con l’accappatoio in mano davanti a me,
sorpresa:- Hai
dimenticato qualcosa? –
- Forse. –
Le risposi. Non sapevo se avevo dimenticato qualcosa che non mi ero mai
preso,
così le chiesi:- Posso entrare? –
- Certo. –
Lei si scostò per farmi passare e sentii il suo profumo
mentre entravo nella
stanza.
- Allora…
non so da dove iniziare. – Avevo troppi pensieri che mi
affollavano la testa.
- Parti
dall’inizio, sono sicura che potresti farcela. – Si
mise a ridere: mi ricordava
i tempi in cui flirtavamo senza ritegno in qualsiasi momento della
giornata.
- Ecco… -
misi in ordine le idee ed iniziai:- credo tu stia sbagliando.
– Sputai velocemente.
Appena ebbi pronunciato quelle parole notai il viso della mia collega
impallidire e la vidi spalancare gli occhi, prima di sedersi sulle
lenzuola
bianche di seta.
- Che
cosa? Di che cosa stai parlando? –
- Della
tua vita. Ed io ho sbagliato prima di te. Ho sbagliato
perché non ti ho mai
detto quello che provo veramente e perché sono stato un
vigliacco.
Insomma, ho
lasciato che tu ti fidanzassi con qualcuno che non ti
merita… -
- Tony,
io… -
- Aspetta,
lasciami finire. Diavolo credevo si chiamasse Bruce! Non ha la faccia
da
Michael e se lo sposi per far felice tuo padre sappi che non
c’è alcun
problema. Ti porterò in salvo, proverò a parlare
con lui, gli farò capire che
lui non è fatto per te. Ho sbagliato Ziva. Perdonami e dammi
un’altra
possibilità. Fammi tornare indietro. –
- Ma io
voglio bene a Michael! Non posso mollare tutto, non posso ora! Sai per
quanto
tempo ti ho aspettato? Sai quanto ho sofferto quando ti vedevo
telefonare di
nascosto a Jeanne? Sai quante volte, vedendoti felice, avrei voluto
essere io
la causa della tua felicità? E ora arrivi tu, il giorno
prima del mio
matrimonio, a chiedermi di tornare indietro? –
- Ziva,
perdonami. Ti prego. Scusa se mi sono accorto solo ora che ti amo.
–
Afferrai
la maniglia della porta ed uscii richiudendomela alle spalle. Ora
sì che non si
sarebbe più potuto tornare indietro. Una lacrima mi scese
lungo la guancia
mentre avanzai verso la mia stanza e mi ci chiusi dentro.
Presi a
pugni il muro e mi sedetti sul mio letto prendendomi la testa tra le
mani doloranti,
consapevole anche questa volta di aver fallito.
Il tempo
passò velocemente ed io ero ancora in quella posizione.
Guardai la sveglia:
erano le due del mattino. Chissà che cosa stava facendo
Ziva. Probabilmente
stava dormendo, doveva essere riposata se voleva essere perfetta il
giorno più
bello della sua vita.
Dopo
qualche minuto sentii bussare e mi alzai, infilai un paio di pantaloni
della
tuta per rendermi presentabile poi aprii la porta: Ziva era davanti a
me, gli
occhi stanchi di una che non ha dormito, una canotta bianca e un paio
di
pantaloni blu del pigiama.
- Sei
venuta per finire di insultarmi? –
- No. –
- Hai
dimenticato qualcosa? –
- Non lo
so. –
- E allora
a che devo la tua visita in piena notte? –
- Stavi
dormendo? –
- No,
affatto. –
- Allora
mi lasci entrare? –
- Certo. –
Questa volta mi scostai io per farla passare e lei entrò.
Sembrava tesa.
- Vuoi
sederti? –
- No, va
bene così. –
- Come
preferisci. – Mi avvicinai al mobile bar e presi uno scotch.
Tanto non avrei
comunque dormito quella notte:- Vuoi qualcosa da bere? –
- No, grazie.
–
- Wow. O
sei agitata e non vuoi farmelo vedere o, al massimo, hai fretta. Anche
se non
capisco perché tu ti sia scomodata a venire fin qui. Domani
ti sposi, inizierai
una nuova vita, ti lascerai il passato alle spalle. Potrai sorridere
perché ti
legherai per sempre all’uomo che ami. Insomma… -
- Tony,
smettila. Sai benissimo che non sarà così quindi
finiscila di recitare e lascia
che ti spieghi. –
- Mi
sembra che tu abbia già illustrato bene i tuoi motivi. Non
c’è bisogno che tu…-
- Insomma
la vuoi piantare? Ho sbagliato, lo so. Ma tu sai anche che io non
ammetto mai i
miei errori. –
- Non c’è
bisogno che tu me lo dica ma… sbagliato su che cosa? Non su
quello che ti ho
detto prima… eri così dannatamente
determinata.–
- Su
l’uomo che amo. Non sai quante volte in questi ultimi mesi
pensando al mio
matrimonio collegavo automaticamente il viso di colui che avrei sposato
con il
tuo. Non sai quante volte avrei voluto tornare indietro. Ma non posso
deludere
tutti così è… troppo tardi. Tutti
quelli che si sono fidati di me che vedono
mandare in frantumi le loro speranze. –
- Non puoi
rinunciare alla tua vita per far felici gli altri e comunque io mi fido
di te;
e anche Gibbs, Abby, Palmer e il resto della squadra. Quindi smetti di
caricarti sulle spalle scelte che non ti appartengono, okay? –
- Non
posso. –
- Oh, si
che puoi. Puoi eccome… o forse non lo vuoi tu? –
- Io sono
stanca di vivere per altri! –
- Lo ami?
–
- Chi? –
- Rivkin.
–
- Lo
conosco bene. –
- Non hai
risposto alla mia domanda; lo ami? Si o no? –
- Io, io
non lo so. –
- E perché
lo sposi? –
- Perché
non dipende da me. –
- Sì che
dipende da te. –
Mi
avvicinai a lei di un passo, lei rimase però immobile.
- Che
pensi di fare adesso? –
- Salirò
su quell’altare e dirò si. È questo che
devo fare. –
- Ma non è
quello che vuoi. –
- A
nessuno importa quello che voglio. –
- Avrei
giurato che tu non ti saresti mai arresa, piccola ninja. –
- A quanto
pare ti sbagliavi. –
Poggiai il
mio bicchiere su un tavolino
accanto e
me e feci un altro passo verso di lei.
- Tu che
vuoi fare? – Mi chiese guardandomi con curiosità.
- Riguardo
a? – Sapevo che si riferiva al giorno seguente ma volevo
sentirglielo dire.
- A tutto.
A te, a domani, a… noi. – Evitò di
guardarmi negli occhi quando pronunciò
quella parola.
Noi.
Tutto
quello che potevano racchiudere tre semplici lettere. Tutto quello che
avrei
voluto scoprire racchiudesse quella sillaba. Noi. Una parola che non le
avrei
mai potuto dire.
- Sai come
la penso. –
- Si può
sapere perché devo sempre indovinare quello che ti passa per
la testa? Domani sarò
su quell’altare cazzo e l’unica cosa che potrebbe
farmi tornare indietro sei…
tu. –
- Non
credo di venire domani, non so se riuscirei a sopportare la vista di te
felice
con qualcun altro che non sono io. –
- Non ho
mai detto che sarò felice con Michael. –
- Andiamo,
è la notte prima delle nozze e tra meno di sette ore ti
sposerai. È
l’incertezza finale, prima del “E vissero tutti
felici e contenti”. O almeno
quasi. Se domani non sarai felice te ne farai una ragione, imparerai a
convivere con Rivkin, imparerai ad ovattare la sua presenza fino a
quando non
ti provocherà più fastidio e arriverai anche
ad… Amarlo. –
- Non si
amano le persone con cui si è abituati a stare. Quello non
è amore. Si amano le
persone che non smetterai mai di conoscere e implicitamente me la hai
insegnata
tu questa cosa. Spero non ti dimenticherai mai di me, Tony. –
- Come
potrei anche solo provare a farlo? Sai che non accadrà. Tu
pensa solo ad essere
felice. – Sentivo gli occhi che bruciavano, sapevo che quella
sarebbe stata
l’ultima opportunità mandata in fumo da troppo
orgoglio.
- Credo di
non potercela fare. –
- Sei
forte, ci riuscirai. –
- No,
Tony. No. Non lo sarò perché tu non sarai con me.
–
Dopo
queste parole mi si avvicinò e appoggiò le sue
labbra calde e morbide sulle
mie. Finalmente, mi dissi. Forse una piccola opportunità per
tornare indietro
ci sarebbe potuta essere.
La strinsi
tra le braccia sentendola viva, mia. Capii che lei, solo lei mi sarebbe
stata
quella perfetta. Quella che non avrebbe dovuto subire confronti con
nessun’altra. Lei, l’unica.
Le nostre
lingue si intrecciarono, lei mi accarezzò i capelli, io le
infilai una mano tra
quei riccioli scuri sfumati di color cioccolato.
Mi sfilò
la t-shirt, io feci altrettanto con la sua canotta a costine. Ci
togliemmo i
pantaloni della tuta a vicenda: eravamo in intimo io e lei, sul mio
letto, la
notte di un addio al nubilato. Quello della donna che mi guardava negli
occhi e
che stava per fare l’amore con me.
Inspirai
profondamente il suo dolce profumo: Alien
mi pareva si chiamasse, me lo aveva raccontato una mattina.. Ma non era
il
momento di pensare al nome del suo profumo, mi limitai ad inspirarlo e
godermelo; Ziva poggiò le sue labbra sull’incavo
del mio collo e vi lasciò un
bacio che scottava sulla pelle.
Facemmo
l’amore per ore, poi Ziva si addormentò
abbracciata a me, alle sei del mattino:
io e lei, nient’altro. Solo il rumore del traffico
giù in strada, le prime luci
che si accendevano, il sole che sorgeva sopra di noi.
Poi chiusi
gli occhi.
* * *
Mi
svegliai rilassata per la prima volta da una settimana a questa parte
anche se
sapevo di non poterlo essere. Aprii gli occhi e mi resi conto in che
razza di
situazione mi ero cacciata la notte precedente: avevo fatto
l’amore con Tony.
Era semplicemente una cosa impensabile, specialmente la sera prima
delle mie
nozze con Michael.
Non potevo
averlo fatto.
Avevo due
scelte, anche se entrambe avrebbero portato qualcuno a soffrire, ed io
odiavo
scegliere per gli altri: la prima era andare al matrimonio e fingere
che tutto
andasse bene; confermare la scelta che avevo fatto mesi prima e sposare
Michael
anche se avrei fatto soffrire l’uomo che amavo. La seconda
era rimanere con
Tony, essere felice, farmi ripudiare da mio padre e creare scompiglio
nel
Mossad.
La scelta
con il cuore l’avevo già fatta, quella con la
ragione però mi indusse ad
alzarmi da quel letto caldo, a staccarmi da quel corpo che combaciava
così bene
con il mio, a rinunciare ancora una volta alla mia felicità
per appagare un
padre che non mi considerava… Sarei dovuta andare su
quell’altare e dire sì.
Nient’altro.
Scostai le
lenzuola e mi alzai controvoglia, una piccola e impertinente lacrima
scivolò
lungo la mia guancia senza che io potessi trattenerla. Presi i miei
vestiti, li
infilai come un automa e detti un bacio a Tony prima di salutarlo:-
Promettimi
che non ti scorderai mai di me, ti prego. – Sussurrai sulla
sua fronte prima di
voltarmi e raggiungere la porta della stanza.
- Sai che
non posso farlo. – Sentii bisbigliare.
La
impastata dal sonno di Tony mi fece voltare e lo guardai con le lacrime
agli
occhi… Perché la vita doveva essere
così ingiusta con me?
- Non te
ne andare, ti prego. Sistemeremo tutto. –
Si alzò
anche lui e mi raggiunse, per cingermi tra le sue braccia.
- Non
voglio che tu te ne vada, non ora. Nessuno potrà farti del
male, te lo
prometto. Parlerò io con tuo padre ma, per favore, non
andartene. So che
non
saresti felice con lui. Ti prego Ziva, segui il tuo cuore una buona
volta. –
- Hanno
ragione quando dicono che mi sono rammollita. –
- A me vai
benissimo così, piccola ninja. –
Mi sedetti
sul pavimento e Tony vicino a me. Poggiai la testa sulla sua spalla e
respirai
quel suo profumo così inconfondibile.
-
Promettilo. –
- Che
cosa? – Gli chiesi.
- Che non
proverai mai più a lasciarmi così. Dimmelo prima,
semmai. –
- D’accordo.
E tu dovrai smetterla di ciondolare dietro a ogni sottanella che ti
passerà
davanti. –
-
Gonnella. –
- Cosa? –
- Si dice
gonnella. –
- Oh, sì,
dai è uguale. –
- Credo tu
debba avvisare qualcuno della tua assenza. Ti staranno aspettando da
almeno
mezz’ora e non è carino, soprattutto se
all’appello manco anch’io. Basterà fare
due più due. –
- Giusto.
Chi chiamo?-
- Gibbs…
Abby… McGee… No, Abby. Lei capirà
sicuramente. –
-
D’accordo, vada per Abby. – Composi il numero e
dopo tre squilli la voce
inconfondibile della nostra scienziata irruppe nel mio orecchio.
- ZIVA! Si
può sapere dive cavolo sei finita? E per di più
manca anche Tony! Non so che
cosa vi sia successo ma qui è il caos: tuo padre che non la
smette di
ciondolare avanti e indietro in preda all’ansia, io che sono
agitatissima
perché temevo ti fosse successo qualcosa, McGee con quel suo
vestito scuro sta
sudando come una fontana e Rivkin è furioso. Insomma, crede
che tu sia con
Tony! Io gli ho spiegato che non può essere affatto
così, che tu saresti
arrivata da un momento all’altro e che qualche minuto di
ritardo era la
consuetudine! Mio Dio non ci capisco più niente, dimmi che
sarai qui tra poco.
–
Le urla si
sentivano talmente bene che Tony non poté fare a meno di
sorridere darmi un
bacio sul collo. Sorrisi anch’io.
- Abby,
Abby… No, mi dispiace. Non ho intenzione di venire, oggi.
Non sono pronta a
sposarmi, tanto meno con Michael. –
- Coosa?
Sei invitata a darmi delle spiegazioni, signorina! –
- Ecco…
Vedi… Io e Tony. Diciamo che… questa notte
abbiamo avuto modo di chiarire un
po’ di cose. –
- SIETE
ANDATI A LETTO ASSIEME? –
- Non
urlare, Abby! Mio padre potrebbe ucciderti! Comunque, sì. Ti
prego non
ammazzarmi quando ci rivedremo ma avevo bisogno di schiarirmi le idee
prima di
sposare qualcuno e non poter più tornare indietro.
–
- Oddio ma
è fantastico! Ziva, finalmente, finalmente!
Gibbs… vieni qui! –
- No! Non
dirlo a Gibbs! -
- Il Capo
mi ucciderà a suon di scappellotti! – Tony si mise
una mano sulla nuca e io non
potei fare a meno di mettermi a ridere mentre ascoltavo Abby che
scongiurava il
Capo di sistemare la situazione.
- E va
bene. – Sentii bofonchiare prima di dire a Abby:- Ascolta,
sistema un po’ la
questione. Grazie, ci vediamo. –
Chiusi il
cellulare prima di voltarmi verso Tony.
- Che si
fa? - Chiese
divertito.
- Adesso
ci sistemiamo, sentiamo come è andata con Michael e
poi… Ti farò vedere Tel
Aviv. –
Sara's corner:
Tadà! Sono tornata! Avevo promesso che non vi avrei mollato.
Uh, questa volta non so dire bene come mi è venuta. Anche se sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro. ^^
Come vi sembra? Un po' OOC? Non lo so, non riesco a capirlo. fatemi sapere per favore.
La stanza 308 è voluta... Puntata 3x08 "Assassini", la mia preferita e Tony credeva davvero che Michael si chiamasse Bruce. Se non vi ricordate ve lo assicuro io. :)
Non so più che dire... Potrei andare a nascondermi fino a che non avrò una vostra risposta...
Vi aspetto.
Un bacio giga a tutti quelli che mi seguono sempre,
Sara. ^^