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Autore: ornylumi    10/05/2011    4 recensioni
Un immaginario capitolo extra di Harry Potter e i Doni della Morte, posto subito dopo la fine della battaglia di Hogwarts. Un viaggio nei ricordi di Bellatrix, visti attraverso gli occhi di Harry, alla ricerca della vera ragione per cui è diventata quello che era: la più spietata e fedele Mangiamorte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Harry Potter, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Rodolphus/Bellatrix
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Quando la stanza prese di nuovo a vorticare, il cuore di Harry accelerò i battiti. Sapeva dove poteva trovarsi da un momento all’altro, e avrebbe tanto voluto evitarlo. Ma sapeva anche, qualsiasi cosa lo aspettasse, che sarebbe andato fino in fondo; qualcosa di più forte della sua stessa volontà lo spingeva a non abbandonare quei ricordi.

La prima immagine che riconobbe fu quella della fontana dei Magici Fratelli, al Ministero della Magia. Nessuna delle statue era però al suo posto, e gli bastò un’occhiata veloce per capire che la battaglia c’era già stata. Così, fu con un certo sollievo che continuò a guardarsi attorno, rivide se stesso a quindici anni steso a terra privo di sensi, e la figura di Silente accovacciata accanto a lui. Molte cose stavano accadendo nello stesso momento: diversi maghi, primo tra cui Cornelius Caramell, stavano spuntando dai camini, tutti con un’aria decisamente sconvolta; un colpo assordante e improvviso rivelava che una delle statue era esplosa in mille pezzi; e Bellatrix, dapprima intrappolata, era di nuovo libera. Veniva afferrata con forza da Voldemort e trascinata con lui, in un istante, in una Materializzazione Congiunta, lontana dal Ministero e dal pericolo.

Quella volta, però, Harry non restò nell’Atrium a rivivere una scena già conosciuta: era il ricordo di Bellatrix, e perciò non poté che essere trascinato con lei, abbandonando l’altro se stesso svenuto sul pavimento.

Improvvisamente, capì perché l’omicidio di Sirius non era compreso in quella collezione: ciò che era accaduto dopo doveva essere stato, per lei, molto più memorabile. Era la seconda volta che veniva salvata da Voldemort, e benché Harry lo sapesse già, non ci aveva mai riflettuto davvero. Quel gesto gli sembrava tanto, quasi troppo, da parte di qualcuno che la considerava solo una serva. Eppure, non c’erano dubbi sul fatto che Lord Voldemort non conoscesse sentimenti.

Fu con grande stupore che, quando la nuova scena fu di nuovo chiara ai suoi occhi, Harry riconobbe un luogo che aveva già conosciuto, in una bruttissima occasione: il salotto nobiliare, le pareti viola e il grande lampadario di cristallo erano quelli di villa Malfoy, la stessa in cui non molto tempo prima era stato catturato. E proprio sotto il lampadario, Bellatrix e il suo padrone fecero la loro comparsa. Lei gli restò stretta a lungo, più del necessario, fissandolo con gli occhi pieni di gratitudine, finché lui non la scansò.

“Mi avete salvata… Mi avete salvata…” ripeteva, come se nel dirlo potesse rafforzare quella verità. “Io… non so come dirvi grazie”.

“Ho già perso molti Mangiamorte, stanotte. Volevi forse tornare ad Azkaban con loro? Non mi sei utile, lì dentro”. Voldemort era sprezzante, infuriato per la Profezia che non aveva potuto ascoltare. Tuttavia, Bellatrix non sembrò delusa da quelle parole; era felice, estasiata e sottomessa, come se non fosse stata la stessa donna che fino a poco prima aveva combattuto e ucciso. Persino i suoi tratti sembravano addolciti, ora che le lacrime le rigavano copiosamente le guance.

Prima che potesse dire altro, una porta si spalancò e un’altra donna entrò in tutta fretta nella stanza. Narcissa Malfoy, più pallida del solito e con indosso la veste da camera, portava tracce evidenti di una notte insonne.

“Bella!” esclamò, sorpresa di trovare lì sua sorella. “Signore…” aggiunse poi, abbassando rapidamente lo sguardo.

Nessuno le rispose. Bellatrix la guardava, ma non osava dirle com’era finita la missione.

“Che cos’è successo, dove sono gli altri? Dov’è Lucius?”

“Tuo marito ha fallito”. La voce di Voldemort, fredda e tagliente, ingigantì in un attimo la sua già grande disperazione. Harry vide i suoi occhi allargarsi di dolore e provò, per la prima volta nella sua vita, pietà anche per lei. “Lui e quegli altri incapaci sono stati catturati nell’Ufficio Misteri. A quest’ora potrebbero essere già ad Azkaban”.

Narcissa si portò le mani davanti al viso, soffocando un grido. Voldemort la fissava senza un’ombra di pietà, ed era evidente che l’aveva usata per sfogare la sua rabbia. Senza voler dire né ascoltare altro, la donna si voltò e uscì per la stessa porta da cui era entrata.

“Cissy…” Bellatrix accennò un passo verso la sorella, ma prima che potesse muoversi la mano di Voldemort le afferrò il braccio, riportandola a sé.

“Non ho ancora finito con te” le disse, minaccioso. La concentrazione di Bellatrix tornò a lui, in quello strano miscuglio di adorazione e paura.

“Mio Signore… mi dispiace. Se gli Auror non si fossero intromessi, io…”

“A che serve riempirmi di scuse che conosco già? Le ho sentite tante, troppe volte. Hai fallito come tutti gli altri! Non sei migliore, non sei diversa”. La presa sul braccio non si allentava mentre le rivolgeva quei rimproveri, anzi, si rafforzava fino a farle male. Harry cominciava a chiedersi perché Bellatrix avesse conservato anche il ricordo di quella punizione.

“Non ditemi questo…” lo pregò, implorante. “Punitemi, datemi il male che merito, ma non ditemi questo!”

“È questo il male che meriti!” Improvvisamente, Voldemort lasciò la presa; ma lo fece con violenza, tanta da farla accasciare sul pavimento. Bellatrix sembrò accettare quella posizione e non tentò di rialzarsi, anche se non aveva smesso di piangere. Eppure, per quanto feroce, c’era qualcosa di strano in quel modo di punirla: Voldemort non stava usando la bacchetta.

Si allontanò da lei di qualche passo, voltandole le spalle. Forse, pensò Harry, voleva infonderle un senso di abbandono, un dolore diverso e più difficile da sopportare di quanto sarebbe stata una vera tortura. Lentamente, con una rabbia meno impetuosa ma comunque palese, ricominciò a ferirla con le parole.

“Ti ho istruita per quasi dieci anni. Ho speso il mio tempo per insegnarti gli incantesimi più potenti, anche quelli che pochi conoscono o non hanno il coraggio di utilizzare. Eri una brava allieva, devo ammetterlo. Avevi capacità rare per una strega della tua età, e non ti facevi sciocchi scrupoli di coscienza. Per questo ho investito su di te, e non credevo di potermene pentire. Ma la strega che io ho creato” e si voltò di nuovo, per minacciarla anche con il fuoco che aveva negli occhi “non avrebbe lasciato vincere i suoi nemici. Era in grado di affrontare sfide ben peggiori di quella di stanotte”.

“Lo sono ancora…” Anche se con un filo di voce, Bellatrix non aveva smesso di difendersi. “Sono riuscita a liberarmi, ho ucciso Sirius Black. Ma lui e i suoi cari amici dell’Ordine ci hanno intralciati, hanno permesso al ragazzo di distruggere la Profezia prima che potessimo prenderla. Perdonatemi se ho fallito, se non sono perfetta… Ma non sono voi”.

Harry aveva la netta sensazione che quell’ammissione di colpa non l’avrebbe mai fatta a nessun altro. Eppure, in qualche modo, doveva aver migliorato la sua situazione; Voldemort non smise di guardarla con durezza, ma le permise di sollevarsi a poco a poco da terra.

“Vi prego… datemi un’opportunità per rifarmi, per dimostrarvi di cosa sono capace… Sono sicura che anche senza quella Profezia troverete il modo per liberarvi di Potter. Ed io vi aiuterò, lo giuro! Affidatemi una missione”.

“L’hai già avuta”.

Quella risposta sembrava averla colta di sorpresa. “Cosa?” chiese, infatti. “Credevo che Lucius…”

“Non sto parlando di stanotte”. Seguirono istanti di silenzio, durante i quali Harry notò che Bellatrix aveva iniziato a tremare; temeva quell’attesa, come se il fatto di non ricordare nemmeno la sua missione fosse più grave del fallimento stesso. Voldemort le si avvicinò di nuovo, ancora senza darle una spiegazione, come se si nutrisse e beasse delle sue paure. E infine prese a toccarle il collo, le spalle, in un modo che era a metà strada tra graffi e carezze. Lei chiuse gli occhi, come a volersi perdere in quelle strane attenzioni.

“Perché dovevo fidarmi di te?” sibilò, come un serpente. “Non mi hai mai tradito, ma neppure questo era abbastanza per darti un compito così importante. Ma poi ho pensato…” e l’afferrò più forte, alzandole il mento perché lo guardasse di nuovo “…all’unica cosa che non sei mai riuscita a fare. Hai finto, hai mentito, ma non hai mai cancellato da te stessa quei dannati sentimenti”.

“Non posso… non riesco, mi dispiace”. Ormai non tentava neanche più di mentirgli. Harry intravide di nuovo, a distanza di anni, quella sintonia tra loro, un’intimità che andava al di là del loro apparente rapporto. Si aspettava un nuovo rimprovero, ma fu sorpreso.

“Quando mi nascondevo in Albania, e mi sforzavo di continuare a vivere seppure privo del corpo e dei poteri, c’era una sola persona che, ero sicuro, sarebbe venuta a cercarmi, ed eri tu. Non riuscivo a credere di essermi sbagliato”.

“Mio Signore… se solo avessi potuto, io…”

“E quando infine seppi dov’eri, come ci eri finita, capii di avere ragione. Erano proprio quei sentimenti, che avrei tanto voluto veder sparire dal tuo sguardo, a renderti diversa, fidata. Strano da ammettere, ma alla fine la tua debolezza si è rivelata la mia forza”.

Improvvisamente, conscia di dove voleva arrivare quel discorso, Bellatrix tornò a sorridere. Lui la stava liberando da quel tentativo assurdo, inutile di frenare quello che provava. Ancora una volta, lo faceva solo perché lei gli restasse fedele e ubbidiente, ma Bellatrix non sembrava curarsi di quelle motivazioni. Era di nuovo felice.

“Tempo fa, ho messo nelle tue mani un oggetto di grande valore. Ti ho detto di nasconderlo nella tua camera blindata alla Gringott, di proteggerlo con i migliori incantesimi di tua conoscenza”.

Bellatrix spalancò gli occhi, ricordando di colpo. “Certo… la Coppa di Tassorosso. Ho fatto come mi avete chiesto. Nessuno potrebbe toccarla, anche se riuscisse a penetrare nella camera. Era questa, la missione?” Sembrava incredula di quella scoperta, come se si aspettasse qualcosa di completamente diverso.

Voldemort le sorrise nel solo modo in cui era capace, con un ghigno di scherno. “Pensi che non sia importante, Bella? Troppo facile, troppo poco rischioso per una strega come te? Sbagli. E’ estremamente importante, un onore che ho concesso solo a te. Se mi deludi in questo, la mia ira non sarà neppure paragonabile a quella di oggi”. Ma Bellatrix, ormai, non aveva la forza di rispondere; i gesti che accompagnavano quelle parole l’avevano totalmente inebriata, non riusciva nemmeno più a pensare. E lui continuava, rendendola ad ogni tocco più vulnerabile.

“Lo sai, che cosa contiene davvero?” L’attenzione di Harry era al massimo in quel momento; non credeva che le avrebbe detto la verità. Invece, ancora una volta, si sbagliava.

“La mia anima”. Bellatrix lo osservò solo un’altra volta, prima chiudere di nuovo gli occhi e scordarsi del mondo. Forse non aveva neppure afferrato il senso di quella risposta, e per questo Voldemort non si era preoccupato di rivelargliela. Lentamente, smise di toccarle il collo e prese a baciarlo, o piuttosto a morderlo, cingendole i fianchi come un amante. Nessuno dei due parlò più.

Harry non riuscì a sopportare oltre quella situazione. Si sentiva di troppo, come gli succedeva spesso con Ron e Hermione, o forse di più, data l’insensatezza del momento. Così si allontanò dalla stanza, con l’eco dei loro baci che lo seguiva nel corridoio.

Note:

Eccomi di nuovo, per una pubblicazione straordinaria infrasettimanale. Questo è un altro capitolo a cui tengo parecchio, e forse per questo non mi convince fino in fondo, ma non riuscivo nemmeno più a cambiarlo e così... ai lettori il giudizio :) L'idea che Voldemort le riveli (fino ad un certo punto) dell'Horcrux spiega la sua paura nel settimo libro, quando teme che Harry e gli altri abbiano rubato la coppa oltre che la spada. Il resto, credo, si spiega da sè.

Ultimamente ho pubblicato anche una One-shot che racconta il punto di vista di Voldemort sulla fuga da Azkaban. So che non è carino farsi pubblicità, ma se mi deste un parere ne sarei tanto felice (quel numeretto zero invece mi fa tristezza... ). Devo anche dire che questa storia si sta avvicinando alla fine... so che mi mancherà, ma gran parte degli avvenimenti che avevo in mente sono stati descritti, e vorrei dare più spazio alla battaglia finale. Grazie a tutti come sempre^^

   
 
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