Capitolo IV
"Nelle tasche"
Parigi
parte prima
-Mademoiselle Lang,
svegliatevi! -Lo disse mischiando un po' di tutto, ma Heléna
capì benissimo.
La stanza era totalmente
buia; l'orologio segnava in un ticchettio che faceva solo da sfondo ai
rumori della strada; subito fuori dalla finestra, rumori ovattati dalle
mura ma che comunque pian piano riuscirono ad interrompere quel beato
sonno del primo giorno a Parigi.
Pauline
entrò correndo verso le finestre,la porta della stanza fece
un rumore tale che sì udì anche per strada.
Spalancò le serrande in un baleno, uscì dalla
stanza, vi tornò in pochissimi secondi mettendo sul comodino
un vassoio con della marmellata, due croissant e del latte. Corse
ancora fuori, prese un secchio ed un manico di scopa.
-Oddio no, quella
finestra no!-Disse Linda
Lang in un inglese perfetto ed una pronuncia che non
lasciava intendere alcuna provenienza.
-Sono spiacente
mademoiselle Linda, ma devo informarti che è mezzogiorno,
sarà meglio uscire per pranzare non credi?
-Mademoiselle? Ma
che razza di appellativo orrendo è mai questo? Per favore,
mi chiamo Linda... Linda e niente altro, ok?-
Heléna
osservò bene la stanza, non aveva avuto tempo per osservarla
nella notte trascorsa. Era arrivata molto stanca da quel viaggio. Le
pareti erano bucherellate un po' ovunque, color
giallo ocra. Vi erano evidenti segni di usura del tempo, scheggiature,
graffi; questo le balzò in testa all'istante. C'era un
comodino di fianco a lei. Scassato ma di un qualche legno
pregiato,doveva essere in noce per quelle che un tempo erano state le
eleganti venature. Una cassapanca poco distante era l'oggetto
fondamentale della stanza,lì Heléna
aveva posato il suo vestiario.
Quando Pauline
andò per sistemarglielo, Helèna saltò
dal letto facendosi cadere il croissant
dalla bocca.
In mente aveva dei
familiari flashback
di quando aveva poco più di diciassette anni.Sua madre
apriva la finestre ogni mattino, ed ogni mattino il timore era sempre
lo stesso: il rumore
metallico dei proiettili che cadendo dalle tasche danzavano colpevoli
sul pavimento.
-No ferma! Lascia
lì quella roba!
Pauline si
sentì non poco imbarazzata, cercò di far finta di
niente e depose i vestiti là dove erano.
-Sì hai
ragione Pauline e ti ringrazio per il favore, ma delle mie parti ci
infastidisce che qualcuno sistemi i nostri vestiti. Sia chiaro, non ho
nulla da nascondere, ma è un'abitudine a mio modo sbagliata
che aveva anche mia madre quella di toccare i miei pantaloni; ed io ad
ogni mio risveglio avevo il timore di aver lasciato nelle tasche degli
oggetti compromettenti. Sai quelle cose imbarazzanti per ogni
adolescente Pauline...-
Linda
Lang accennò ad un fantomatico elenco che di
bocca non le venne mai. Cosa poteva saperne lei di una normale
adolescenza? Viveva con il terrore che qualche macchia di sangue le
fosse rimasta sulla maglietta o sulla cintura dei pantaloni; era quello
il timore con cui prima di andarsene via di casa aveva
guardato la madre ad ogni risveglio, era quello il timore con il quale
ora faceva cenno a Pauline
di allontanarsi dai suoi vestiti.
Pauline non
capì, ma continuò a pulire la stanza facendo
finta di nulla.
Pauline passava
velocemente uno straccio per terra.
-Ah sì,
Pauline devo aver versato della birra sul tuo pavimento... mi spiace.-
Pauline sorrise e
andò avanti frettolosamente proprio come era entrata. Il suo
sorriso era particolarmente bello,
Heléna non poté fare a meno di
notarlo e sarebbe anche meglio dire che una persona quasi sempre
imbronciata come
Heléna, era particolarmente attenta nel notare
certe bellezze. Pauline
portava in volto delle vistose fossette quando rideva, era bionda e
molto magra, “un volto pulito”,pensò
Heléna,come
mediamente sono le parigine che incontri per il lungofiume.
L'aveva conosciuta
all'aeroporto Charles
de Gaulle, quando Pauline
era appena tornata dal suo viaggio in Italia per far
visita ad una cugina di Torino. Linda Lang le si
era avvicinata per chiedere informazioni su come raggiungere nel minor
tempo possibile il centro di Parigi.
Pauline, ben
disposta alla conversazione e visibilmente simpatizzante per gli occhi
a mandorla che Heléna
portava con altezzosa diffidenza, le offrì
ospitalità per la notte.
-Pauline,
spero che il resto dei francesi non siano così ospitali come
sei tu. -
Disse Linda Lang
posando delicatamente le labbra su un croissant.
Pauline le
mostrò ancora una volta quel suo volto solare e pieno di
gioia quando le disse:
-Spero
tu voglia scusarmi ma continuo a non capire molto di quello che tu
dici, eppure il tuo inglese mi sembra scandito bene.. -
E
qui aggiungeremo che anche l'inglese di Pauline era a dir
poco perfetto, anche se il dettaglio avrà poca rilevanza.
-Ok
Pauline lasciamo stare. Dove mi porti a mangiare?
-Le
Baba Bourgeois! É un piccolo locale molto carino che
dà sulla Senna, è poco distante da qu.
Heléna
scese dal letto con addosso solo un paio di mutande molto strette
diremo quasi essenziali
che Pauline
guardò palesando un certo disagio. Heléna
si fermò sulla porta del bagno.
-Ti
indigni per le mie mutande o per il mio seno?
-Non
avevo mai visto così da vicino il corpo di un' americana.-
Disse Pauline.
-Non
ricordo di averti detto la mia provenienza..- Pauline allora
tirò dalla tasca il suo passaporto.
-Me
ne stavo quasi per dimenticare, deve esserti caduto in macchina ieri
notte, è lì che l'ho trovato questa mattina.
Spero mi perdonerai la curiosità
di aver letto che sei una giornalista.
-Sono
una fotoreportert per la precisione, mi occupo di fotografia.
-E
hai lasciato il tuo strumento nella valigia? Che sfortuna...avresti
fatto delle foto bellissime questa mattina, è una giornata
stupenda fuori.
-Che
peccato!- E l'ironia di
Linda Lang era comprensibile solo a Linda Lang mentre
raccoglieva delle ciocche di capelli con piccole mollette colorate. Si
era tolta anche le mutande ed era nuda dinanzi allo specchio.
Notò come la sconosciuta stesse a fissarla sulla porta.
Allora
Linda Lang
chiese:
-Senti
Pauline, non sei lesbica giust?
Le
fossette di Pauline
risposero:
-No
che non lo sono e se lo fossi non potrei guardarti?
-Potresti,
certo.
-Immagino
che te lo dicano in molti.
-Cosa?
-Sei
una bellissima ragazza.
-Grazie,
ma non sono americana come c'è scritto sul mio passaporto.
Mio padre è cinese, mia madre ha origini inglesi ma ha
vissuto maggior parte della sua vita a Singapore.
-Bellissimo,
avrai già visto mezzo mondo.
-L'ho
già visto tutto a dire il vero.
-Ho
capito subito con chi avevo a che fare. Devi essere una fotoreporter di
gran carriera quindi.
Heléna
storse il muso, poi inclinò una mano quasi spazientita.
-Sì
sì, in certi ambienti mi conoscono sin troppo bene, ma per
favore non parliamo del mio lavoro. Sono
tua ospite no? Cerca di farmi divertire almeno per le prossime ore.
-Hai
ragione scusami, a chi piace parlare del proprio lavoro?
-Da
brava passami l'accappatoio... smettila di guardarmi il seno! E
smettila di arrossire!
-Ok,
ok... la smetto!- Rispondeva Pauline.
-Tu
invece Pauline? Cosa fai nella vita?
-Io
sono una studentessa...studio lingue straniere nell'ambito della
traduzione e dei rapporti politici ed economici esteri, alla Sorbonne
Nouvelle.
-Un
percorso quanto meno impegnativo per un volto rilassato e sereno come
il tuo...
-É
qualcosa che mi piace...a te non piace fare la fotoreporter?
-Inizialmente
a me piacciono molte cose, quando una cosa però inizia a
diventare forzata, come nel caso di un lavoro, inizio a provare una
forte negazione autonoma ed involontaria.
-Immagino
che una persona come te possa fare tante altre cose allora.
-Hai
detto bene. Fossi stata più prudente anni fa avrei anche
evitato di sentire l'odore della carcassa umana in putrefazione... e
credimi, sono cose che chiunque di noi eviterebbe di provare.- E mentre parlava intanto cercava
i vestiti che non aveva, poi si rese conto-Emh...
Pauline, dovresti prestarmi dei vestiti.
-Nessun problema!- Rispose Pauline mentre
consegnava alla ragazza asiatica un golfino e un paio di pantaloni
scamosciati dal color violetto.