Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: loonaty    11/05/2011    2 recensioni
Com'è fuggire da ciò che più si ama?
Com'è avere tutto e subito dopo ritrovarsi con nulla fra le dita?
Un chakra dalla potenza sconfinata, inferiore solo a quello della volpe.
Un carattere combattivo e ribelle.
Un'indole autodistruttiva.
Un membro in più nel clan Uchiha.
Cosa si prova ad essere un mostro?
Non ci si aspetta che qualcuno capisca.
Non ci si aspetta che qualcuno compatisca.
Perché niente di ciò è davvero rilevante.
Kioko è Kioko, e questo, che voi lo vogliate o no, non cambierà.
"Queste rose.
Sono come me. Lentamente sfioriscono, i loro bei petali hanno ingannato per tutta l’estate gli ingenui che nel coglierle si erano feriti con le spine. Quando però avranno perso ogni petalo le persone temeranno quei rovi spinosi, si terranno alla larga. Così era successo con lei." (capitolo 12 "Queste rose")
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Obito Uchiha, Rin, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

30 – IL FALCO CHE STRISCIA

 
La stanza era buia e puzzava di disinfettante anche se al momento non le interessava più di tanto. Appena adocchiò qualcosa di vagamente simile ad una branda vi si lasciò cadere all’indietro spostando il ciuffo che le aveva coperto gli occhi ed incontrando un'altra mano, molto più grande, già pronta a compiere lo stesso gesto. Un brivido le percorse la schiena mentre scacciava la mano dell’uomo con un gesto scortese. Un sibilo venne dalle sue labbra stretta per tutta risposta gli fece la linguaccia.
Ororchimaru sbuffò. Era ridicolo che mostrasse la lingua a lui. Però era un buon elemento per i suoi esperimenti. Davvero molto buono.  Forse anche più di quella mocciosa con i capelli lilla … A proposito, dov’era Anko?
Si guardò in torno distrattamente scoprendola accanto ad una vasca di incubazione che emanava un riflesso verde azzurro inquietante, all’interno un feto pulsante rispondeva a piccoli sussulti al suo continuo battere sul vetro con la mano libera, infatti con l’altra stringeva un pennino ed aveva un blocco di appunti e una boccetta d’inchiostro malamente appoggiati sulle cosce nude. La lingua stretta tra le labbra si intravedeva appena. Gli venne da ridere notando la moltitudine di rotoli sparsi ai suoi piedi ed accatastati dietro lo sgabello sul quale era accoccolata.
-Mmh – I suoi occhi serpentini ne incontrarono uno più luminoso dalla pupilla tonda che seguiva il suo sguardo alla ricerca della fonte di tanta improvvisa ilarità.
Kioko fissava, al di là di quello che doveva essere lo schienale di un divano mezzo sfondato, la ragazzina con i capelli di quel colore singolare. Concentrata sui suoi appunti. Quella bambina aveva fatto sorridere l’uomo serpe. Magari era la sua assistente, azzardò. (magari è la sua cena) Kioko sussultò. C’era qualcosa che non andava. Richiuse l’occhio di falco. Falco … Falco? Hayabusa?! Ha – Hayabusa?!? (Alla buon ora!)
Non lo sentiva … Non lo sentiva! Si alzò di scatto gettando all’aria le coperte (chi era stato a coprirla?) I piedi nudi (si era tolta le scarpe?) si contrassero a contatto con il pavimento bagnato. Il suo respiro agitato. (oh, mi compiaccio che la mia perdita ti provochi un tale choc) Perché non sentiva l’Hayabusa? Chi l’avrebbe tirata fuori dai guai? Chi l’avrebbe consigliata? Chi le avrebbe tenuto compagnia la notte al buio quando i ricordi di Itachi la tormentavano? Chi? (ehi, non sfociare nelle smancerie adesso) Non lo sentiva, non era possibile! (Uffa, ma allora tutti i miei commenti arguti andranno perduti! Ed io chi faccio parlare da sola adesso? Non posso più essere la causa di molteplici figure barbine … )
 
-Cosa mi hai fatto?-
Orochimaru si bloccò sulla soglia. Voltandosi appena per sbirciare tra le ciocche catramate.
-Qualcosa la turba mia signora?-  Si le parole bruciavano sulla lingua mentre la fissava con quell’ironia forzata. Se fosse stata più vicina ne avrebbe piegato le ossa come burro fuso. Però era un Uchiha e, in secondo luogo, doveva presentarla a Pain.
-Non … - forse rivelargli che conversava abitualmente con il falco non era una buona idea. –Non avverto più la presenza del falco. – Strizzò gli occhi incassando la testa tra le spalle e poggiando la fronte alle ginocchia, abbracciò le proprie gambe stringendosi un polso con tanta forza che la pelle divenne fredda ed insensibile.
L’uomo inarcò un sopracciglio. Aveva visto lui stesso l’occhio del falco qualche secondo prima.
-Da quanto è assente?- Domandò, il tono professionale con cui avrebbe parlato ad una rana o ad un altro animale, senza aspettarsi propriamente una risposta e preparandosi a rispondere da sé dopo un veloce autopsia.
Si concentrò. Effettivamente il falco era assente da quando era collassata … Dopo … Dopo le pillole …
-E se il segno maledetto interferisse con le forze portanti?-
A parlare era stata Anko.
La bambina non staccava gli occhi dagli appunti, ma, colta da improvviso silenzio, sollevò la testa sulla stanza buia.  Lo sguardo accigliato del sensei e gli occhioni neri che facevano capolino da dietro lo schienale contornati da una complicata geometria di rovi la puntavano sconcertati. Anko ridacchiò nervosa sfregandosi la nuca.
-Bhè, ecco, pensavo … Uhm … Che magari il sigillo potrebbe interrompere il flusso continuo del chakra demoniaco … Quindi … - Si guardò intorno a disagio, i due erano attenti ed ascoltavano curiosi quel ragnetto dai capelli flou –Potrebbe darsi che tu possa usufruire dei poteri del falco in maniera discontinua o ridotta quando il sigillo è attivato- Concluse calando poi la testa sui suoi appunti. Orochimaru sorrise soddisfatto si avvicinò alla bambina scompigliandole i capelli. Kioko prese un bel respiro e si rilassò. Lei non era una forza portante nel vero senso della parola, però provare non costava niente. Rilassò i muscoli tentando di riassorbire il chakra che ardeva a fior di pelle dandole quella sensazione di dolore e onnipotenza che la gasava più di una sprite agitata. Era il massimo. Assaporava la vittoria ancora prima che le porgessero uno scontro, però la forza del falco le serviva. (sfruttatrice)
Orochimaru ora la fissava nuovamente con interesse. E’ divertente osservare qualcosa che si muove, si contorce nella tua presa. Ciò che è fermo è noioso … Vero? Kioko Uchiha per quanto potente non aveva il controllo necessario a riassorbire il segno maledetto. La ragazza ebbe un singulto simile ad un singhiozzo strozzato e cadde a terra bruciante di febbre.
Orochimaru sbuffò. Tipico! Aveva dato fondo alle riserve di chakra … O più semplicemente era l’ennesimo esperimento fallito e stava rigettando la trasformazione.  Anko aveva ripreso a scarabocchiare freneticamente e mentre lui si avvicinava con pacatezza alla mora stesa a terra la bambina chiese –Questa quanto durerà? Una settimana? Una mese? Un giorno?- senza alzare la testa, con la superficialità di chi ha imparato a dare la morte per scontata e la vita come un gioco. L’uomo si chinò e sollevò la ragazza in braccio. Era pesante più di quanto si aspettasse. Le sue ossa non erano cave, erano spesse e robuste, le ali di conseguenza dovevano esserlo il triplo per sollevare la sua massa e la membrana sotto le piume possedere una resistenza inaudita per non strapparsi con la pressione dell’aria. La riaccomodò sul divano. Coprendola con lo straccio che poco prima le aveva addossato. Nel gesto qualcosa tintinna, un campanellino, e Kioko si agita nel sonno.
 
-Waaaaaaaaaaaaaaa!-
Il ragazzino, silenzioso, pacato, orgoglioso, testardo , ma più di tutto coraggioso, almeno a sua detta, le corse in contro urlando e stringendo la sua gamba con tutta la forza che aveva nelle braccine magre e pallide. LA ragazza per lo spavento lasciò cadere il coltello che si conficcò nel tatami mancando per pochi millimetri l’alluce dei suoi piedi nudi.
-Itachi- Quel tono, calmo ed amorevole, aveva dato fin troppo spesso prova di essere il più evidente segno di pericolo. Eppure il bambino non la lasciò andare. La sorella si accigliò. Pensava fosse più saggio. Tranquillamente si chino e con un gesto veloce estrasse il coltello da cucina dal pavimento voltandosi poi con le mani sui fianchi ed abbassando lo sguardo sullo scricciolo tremante stretto a lei.
-Bhè?-
-C- C’è un serpente!-
Gli angoli della bocca di lei si incurvarono increduli. –E … Allora?-
-Come allora?- Esclamò il bambino mostrandole il musetto imbronciato. –C’è un serpente in camera mia!-
-Sì, ho capito- Disse lei scrollando le spalle ed agitando con foga l’arma impropria che aveva in mano. –Ma quindi?-
-Potrebbe mordermi- Biascicò il bimbetto.
-Potrebbe morderti – Gli fece il verso lei. –Che fai prendi in giro?- Si voltò ignorando il peso morto appiccicato al suo arto e ritornò ad affettare il cavolfiore appena bollito. Era inquietante vedere una come lei, alla sua età, alle prese con la cucina. Era ancora un po’ impacciata, ma le ricette le faceva a modo suo.
Itachi allungò timidamente una mano verso il fiore bianco e morbido che la sorella aveva appena deposto nella scodella accanto finendo immediatamente fulminato da uno sguardo rosso sangue. Sbuffò. Non era giusto usare lo sharingan in casa. Però da bravo bambino quale era non rimproverò la sorella sapendo di rischiare qualcosa in più della vita e non si sforzava neanche di pensare a cosa, perché tanto lei l’avrebbe trovata. –Niente cavolfiori per i bimbi fifoni- Ghignò sadica.
Ora, Itachi non era un bambino sboccato, ma, il fato volle che proprio quel giorno suo cugino Shisui fosse venuto a trovarlo ed il suo linguaggio era sicuramente molto peggiore di quello del cuginetto nonostante l’età quasi pari.
-Stupida- Mugugnò allontanandosi.
-Come?- Attaccare briga con il fratellino di quattro anni non era molto maturo …
-Cosa hai osato dire?- La punta del coltello sprofonda un bel po’ nel tagliere mentre si slaccia il grembiule.
Attaccare briga con il fratellino di quattro anni non era molto maturo, in fondo però mamma e papà non erano a casa.
-Allora?- Il bambino cerca di sfuggire in cortile ma lei gli blocca l’uscita con espressione da invasata.
-I-Io non ho detto niente! N-niente!-
-Io invece ho sentito qualcosa che non dovrebbe mai uscire dalla bocca di un marmocchio codardo e frignone che non sa prendersi le proprie responsabilità … Sai che faccio adesso? Ti chiudo in camera, così rifletterai un po’-
Attaccare briga con il fratellino di quattro anni non era molto maturo, in fondo però mamma e papà non erano a casa. Kioko poi era tutt’altro che matura.
-NO! IN CAMERA C’E’ IL SERPENTE NO!-
Inutile lo aveva già afferrato per la maglietta e caricato di peso in spalla. Cominciò a salire le scale.
-Un gradino per i denti … - Ghignò improvvisando la cantilena ed immobilizzandogli gambe e braccia.
-Il secondo per il veleno-
-LO DICO A MAMMA!-
-Terzo è il sibilare che al quattro poi scompare … ED IO DICO A PAPA? CHE SEI UN CODARDO!-
Troppo orgoglioso per piangere si morde il labbro inferiore con foga tirandole i corti capelli. Lei grugnisce irritata e lo sposta mettendolo a testa in giù.
-Per quinto poi riappare, al sesto è sul capezzale- Non contava i gradini, inventava le strofe così come le venivano. Il fratellino era ormai terrorizzato, aveva cominciato a scalciare.
-Settimo ti azzanna, ottavo tutto è fiamma al nove sei freddo e muto ed il dieci … -
Ferma davanti alla porta.
-Il dieci .. bhè, tanto ormai sei stecchito- E prima che potesse aggiungere qualunque altra cosa spalancò la porta. Niente. Assolutamente niente. Fu allora che Itachi si lasciò sfuggire un urlo di puro terrore quando un essere strisciante si lanciò a velocità pazzesca verso di lui che la sorella aveva rimesso a terra. Vide i canini ricolmi di veleno fermarsi a pochi centimetri dal suo naso arricciato. La bocca spalancata e fili di saliva velenosa che colano e si tendono tra mandibola e mascella tesi all’inverosimile, il rosa palllido della mucosa dell’animale va tingendosi di un rosso scarlatto mentre questi cade a terra. Anche il bambino si lascia cadere il respiro accelerato, le lacrime agli occhi.
-Hai capito Itachi?- La voce della sorella gli arriva lontana e non riesce  a provare che odio ed ammirazione per la sua crudeltà e per la compostezza con cui ha ucciso l’animale. Che sorella snaturata rischierebbe mai la vita del fratellino per gioco. La sentì dirigersi verso la porta. –In questo momento ti disprezzo- Disse. – Guardati, strisci a terra come quella bestia, e piangi pure!- Scosse la testa e fece per uscire. – MA il peggio e che hai pensato, perché so che l’hai pensato … Che io avrei lasciato che ti facessero del male. Sono molto delusa. Tu devi sempre fidarti di me è chiaro? Probabilmente potrai sempre e solamente fidarti di me … In questo momento però mi sento tradita.-
La porta si chiuse.
Era strano il modo di pensare di sua sorella. Non aveva un filo logico. Non aveva senso. Il bambino  rimase a fissare il cadavere del serpente con la paura che si rianimasse, ma lo stesso pulsante terrore di uscire da quella stanza. Non riusciva a muoversi , ma cominciava già a fargli male il sedere. Lentamente decise di prendere la strada per la cucina, dopotutto era ora di cena. C’era un buon profumo. Si avicinò al tavolo titubante. Sua sorella era sdraiata sul divano, le gambe accavallate alla spalliera e la testa in basso. Fissava dritto davanti a se e smangiucchiava dei dango sovrappensiero. La cosa era clinica, sua sorella detestava i dolci. Sul tavolo una ciotola di cavolfiori bolliti. Senza condimento, o meglio, il minimo condimento indispensabile in modo che potessero essere mangiati con le mani senza sporcare ovunque. La ragazza sollevò appena il capo e poi ritornò ai suoi dango. Sovrappensiero accese la TV. Seguì diversi telefilm fino a quando non ebbe ripulito il piatto e non si voltò una volta nella sua direzione. Non poteva nemmeno dire che lo stesse ignorando però, quando le chiese se poteva togliere il morto dalla sua stanza lei si alzò spegnendo la televisione e salì le scale, tornò giù tranquillamente con un sacchetto nero e lo gettò nell’immondizia, raccolse la ciotola pulita, piatto, pentola, le varie posate, gettò tutto nel lavandino, gli scompigliò i capelli e si mise a lavare tranquillamente. Ruppe un bicchiere per la troppa foga con cui lo gettò di lato. Imprecò a bassa voce per poi ripulire tutto.
-Non restare lì impalato … Vai a letto- Gli intimò poi. Era troppo gentile e Kioko gentile metteva a disagio. Eppure il bambino non riusciva a capire dove aveva sbagliato! Che sua sorella fosse complessata mentalmente lo sapeva … MA lui che aveva fatto di male? Giunse alla conclusione che non aveva fatto niente d era lei la psicopatica. Si chiuse in camera. Non le avrebbe più parlato, mai più. Se solo non le avesse dato della stupida magari … No! Non era colpa sua! Era Kioko quella insopportabile. Lentamente il buio calò e la candela sul comodino si spense. In casa c’era silenzio, mamma e papà sarebbero tornati il giorno dopo. Il vento spingeva i rami come un’amante violento contro i vetri delle finestre. LE foglie sgusciavano sotto la porta d’ingresso creando il suono inquietante di un sibilo e il bambino non poteva impedirsi di fissare il pavimento dove ancora si intravedeva, tra le fessure del parquet , il sangue corallino del mostro defunto poco prima. Chiuse gli occhi e riuscì a visualizzare soltanto un’infinità di ndosi serpenti neri dalle fauci spalancate che si contorcevano simili a budella sotto il suo letto, un nido di creature sguscianti e soffianti proprio dove lui riposava, con fili di veleno nero che colavano e lambivano le pareti e lo ingoiavano …
Non resistette oltre, corse in camera di sua sorella,ma si scontrò con lei a metà strada. Kioko abbassò lo sguardo nero su di lui. Le due paia di occhi identici si incontrarono riconoscendo l’uno la propria paura nell’altro. –Mi hai battuto sul tempo piccolo mostro. Mugugnò lei aprendo la porta della sua camera e prendendolo in braccio. –Li odio i serpenti, mi fanno schifo!- Itachi tendeva all’isterico e lui non tendeva mai all’isterico poiché era buono e paziente, quando se ne accorse tentò di riprendere la sua flemme di uomo vissuto che stonava assai sul suo viso d’angelo congestionato da ciò che aveva anche solo immaginato. –Cioè, colevo dire che mai e poi MAI vorrò vedere un serpente- Rabbrividì scendendo velocemente sul pavimento. Lei sollevò un labbro e si gettò sul letto poi lo guardò interrogativa. Itachi stava per chiederle se poteva controllare se sotto il suo letto non ci fosse nessun mostro sputacchia veleno e si rese conto che adesso la ragazza era seria. –Nemmeno a me piacciono i serpenti … In verità li detesto … - Anche lei rabbrividì e allungò una mano verso di lui. –Ma per te potrei benissimo vivere insieme a loro per anni ed anni- Ghignò vedendo l’effetto che quelle parole avevano sul bambino. –No, ti prego, che schifo- Le prese la mano stringendosi sul letto con la schiena contro il suo petto, i piedini gelidi a riscaldarsi tra le sue cosce, le braccia che gli circondavano la vita protettive, il suo respiro fra i capelli. –Chi ti dice che non ci sia un nido di vipere qui sotto?- Gli domandò a sorpresa proprio mentre stava per addormentarsi. Solo che Itachi ora sapeva cosa rispondere. –Tanto tu non lascerai mai che mi facciano del male – LE labbra di lei sfiorarono i suoi capelli a conferma.
 
Kioko! KIOKO!
Ah! Che c’è?
Sei priva di sensi da tre giorni, hai intenzione di morire?
Oh … OH! FALCO SEI TU!
No sono la fatina buona del … mmmh, certo che sono io chi vuoi che sia? Quanta gente hai a zonzo nell’intestino tenue?
Spiritoso.
Avevi davvero paura di non sentirmi più?
No
Io li sentivo lo stesso i tuoi pensieri. Stai mentendo.
Ti odio.
Idem con patate, ora apri gli occhi.
Non li trovo.
Cercali
Dove?
Non lo so, trova gli occhi, Kioko, e comincia a respirare.
 
 
Aveva parlato con Pain, era strano che l’Hayabusa strisciasse ai piedi di una mocciosa a qual modo, aveva detto. Quindi la mocciosa doveva essere potente. La mocciosa doveva sviluppare lo sharingan ipnotico, se ce l’avesse fatta sarebbe stata una traditrice a tutti gli effetti. Avrebbe fatto parte dell’organizzazione e sarebbe stata il suo giocattolo. Molti la volevano vedere ma li aveva scacciati via a suon di serpentate e membra di morti. Per non parlare dei bisturi e dei flaconi che erano volati. Probabilmente avrebbe lanciato anche Anko …
Però la mocciosa continuava a delirare da giorni e non si svegliava. In più erano ormai due ore che pareva non respirare più.
Si avvicinò a lei sfiorandole una guancia, così bella, così dannatamente bella, una bellezza da donna per una ragazzina capricciosa. L’avrebbe uccisa. Peccato. Stava rigettando, si vedeva lontano un miglio. Non si spiegò mai come in tre esatti minuti il simbolo rosso e purulento del suo morso che sembrava stesse infettando il resto del corpo venne completamente riassorbito tingendosi di nero e poi di rosso e di nuovo di nero. Una rosa nera. La ragazza spalancò gli occhi alzandosi di scatto. No. Si disse. I falchi non possono morire strisciando.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: loonaty