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Autore: The DogAndWolf    12/05/2011    2 recensioni
La dottoressa Jackleen Simmons viene chiamata da New York per un consulto al Princeton-Plainsboro.
Il suo arrivo sconvolgerà la vita di un membro della squadra di House in particolare: Tredici.
Arrabbiata con il mondo, conquistatrice incallita, geniale giovane chirurgo... riuscirà Jackleen, tra ex irascibili, capi cinici e colleghi diffidenti, a trovare un po' di pace grazie a Remy alla fine di questa long-fic?
Magari proprio a Seattle, dove abita e lavora la sua migliore amica?
Crossover tra House e Grey's Anatomy (fine quinta stagione in poi).
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Remy Hadley/Tredici, Un po' tutti | Coppie: Greg House/Lisa Cuddy
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Sesta stagione
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Remy e Jackleen si fissarono negli occhi per un momento, stupite, temendo che qualcuno le potesse scoprire. Si alzarono dalla sedia di scatto, il più velocemente possibile, cercando di non fare rumore.
La ragazza prese subito il proprio camice bianco da terra e se lo infilò, mentre la bionda vagava in cerca della sua maglietta blu da chirurgo. Dove diavolo l’aveva lanciata Remy?
Sconfitta, sussurrò, nel panico, alla ragazza: «La mia maglia… dov’è la mia maglia?».
Posò lo sguardo su Remy, che aveva l’oggetto della sua disperata ricerca appeso all’indice della mano destra e un sorriso furbo e malizioso in volto, mentre si imprimeva ogni singolo particolare dell’immagine di Jackleen in reggiseno nella mente.
La bionda ridacchiò silenziosamente nel vedere l’espressione della castana.
«Tredici, apri! So che sei qui!» urlò una voce maschile infuriata fuori dalla porta e si sentirono altri colpi impazienti alla porta.
Il sorriso di Remy si perse nel panico mentre lanciava un’occhiata di puro terrore all’entrata dell’ufficio. Jackleen intercettò quello sguardo, riconoscendo la voce dell’uomo, e subito una maschera di ghiaccio occultò tutte le sue emozioni. Strappò dalle mani della ragazza la propria maglia con un gesto secco e brusco. Remy sobbalzò un po’, sentendo l’indumento sfuggirle tra le dita, ma non si mosse. La bionda si rivestì e si diresse, convinta ed innervosita, alla porta.
La ragazza la guardò allibita e preoccupata, paralizzata dal terrore.
Jackleen aprì la porta, con uno scatto brusco e sbottò a Foreman, davanti a lei: «Che diavolo vuoi, brutto idiota?». Il veleno bruciante nelle sue parole spinse il dottore a fare un passo indietro.
Si riprese quasi subito e urlò, furioso: «Levati, devo parlare con Tredici!». Lo spettacolo di Foreman irato avrebbe fatto fuggire il più robusto tra gli uomini, ma Jackleen rimase completamente immobile e lo squadrò glaciale. Grazie alla sua altezza poteva fronteggiarlo senza nemmeno dover alzare lo sguardo.
«Mi fa davvero molto piacere… ma io stavo dormendo, deficiente!» gli rispose, quasi ringhiando. Ora tutti quelli nel corridoio stavano assistendo, molto incuriositi, alla litigata tra i due dottori.
Foreman si guardò attorno, abbastanza imbarazzato, ma riuscì ancora a replicare seccamente con la poca dignità che gli era rimasta: «Sto cercando Tredici e sono sicuro che sia qui dentro!».
Remy, nascosta nella stanza dietro a Jackleen, tremò appena, involontariamente scossa da un brivido di paura. La bionda non la vide e rispose a Foreman, con un tono talmente gelido che, se avesse potuto, avrebbe scottato il medico: «Non hai pensato alla mensa? Sai, di solito è lì che vanno le persone nella pausa pranzo!». Il dottore non ebbe nemmeno il tempo di pensare ad un modo intelligente per ribattere che Jackleen gli aveva già chiuso la porta in faccia.
La bionda si voltò verso Remy, lanciandole uno sguardo di fuoco. La ragazza si riprese, tornando a respirare normalmente, mentre Jackleen recuperava il proprio cellulare e chiudeva il portatile con un gesto deciso.
La castana le sorrise, maliziosa, si avvicinò a lei e mormorò, sensuale: «Allora, se non sbaglio eravamo rimaste… da queste parti, mi pare di ricordare…». Le accarezzò il braccio scoperto e fece per baciarla sulle labbra, ma Jackleen la scostò, lanciandole un’occhiataccia.
Remy la guardò spiazzata, allora la bionda le chiese, con voce dura che nascondeva il suo sentirsi ferita e la gelosia che si era impossessata del suo petto: «Pensi che io sia completamente idiota?».
La ragazza sembrò non capire o, più probabilmente, non voler capire. «C… cosa, scusa?» le domandò, preoccupata, cercando la sua mano.
Jackleen la bloccò con uno sguardo glaciale, una sfumatura cupa pervadeva i suoi occhi viola scuro quando le ringhiò contro, irata: «Pensi di potermi usare per far ingelosire il tuo ragazzo? Pensi di aver trovato la prima sprovveduta che penda dalle tue labbra, perfetta per cornificarlo?».
Remy non poté più sostenere le sue occhiate accusatrici, quindi mormorò, abbassando gli occhi che si stavano rapidamente riempiendo di lacrime: «Non… non stiamo più insieme…».
La risata sarcastica della bionda la colpì in pieno, come un pugno diretto allo stomaco.
«Non state più insieme… certo! E allora perché stavi morendo di paura? Me lo spieghi? Perché avevi il terrore che ci scoprisse?» le urlò Jackleen, indicando la porta chiusa dell’ufficio.
Ogni singola parola era un affondo sempre più profondo e doloroso per Remy, che cercava in ogni modo di trattenere il pianto, anche se una parte di lei voleva solo confessarle tutto, liberarsi di quel peso enorme. Ma l’orgoglio o la paura o chissà cos’altro vinsero su quella voglia e lei riuscì solamente a sussurrare appena: «Io…».
Il silenzio crebbe tra di loro. Un silenzio teso, pieno di disagio e irritazione.
Finché non fu infranto dalla voce tagliente e disgustata di Jackleen: «Aspetta… non dirmelo… ho capito! Pensi che io sia una puttana, giusto?».
Remy sobbalzò violentemente a quella parola e al tono con cui la bionda la pronunciò. Era intriso d’ira, tristezza, delusione e qualcos’altro che non riuscì a decifrare.
Finalmente riuscì a reagire, ma era troppo tardi. Jackleen stava già prendendo le sue cose e uscendo dalla stanza quando la ragazza disse, ferita, con la voce piena di disperazione, cercando di prenderle la mano ma arrivando troppo tardi: «No… non… Jackleen… ti prego, torna qui… Jackleen…».
Quando la bionda udì il suo nome sulle labbra della ragazza, chiamato con quel tono assolutamente perso, si sentì morire, agonizzare lentamente, distruggere dall’interno. Ma mascherò tutto con un’espressione delusa e fredda e uscì dall’ufficio, lasciando la porta completamente spalancata.
A metà corridoio incontrò Foreman: aveva un’espressione incredula e irata sul volto. Jackleen gli rivolse uno sguardo di puro odio e se ne andò, domando due istinti opposti che la stavano dilaniando: scappare via urlando o ritornare in lacrime da Remy, scusandosi per le cose orribili che le aveva detto?
Mantenne l’impassibile maschera di ghiaccio fino in ascensore, dove si appoggiò alla parete del lato lungo e, quando le porte si chiusero completamente davanti a lei, si abbandonò in un silenzioso pianto ferito di rabbia, delusione, tristezza, insicurezza e gelosia.
Pensava di essere nascosta, pensava di essere al sicuro, pensava che nessuno l’avrebbe mai vista in quel grave momento di imperdonabile debolezza. Lo pensava, ne era convinta. Ma si sbagliava.
La presenza di una persona, che non aveva notato per via delle lacrime che le velavano lo sguardo o perché era assolutamente sconvolta, fu sottolineata da un timido: «Ehm ehm…».
Jackleen sobbalzò, presa completamente alla sprovvista fece cadere la borsa con dentro il portatile che si schiantò a terra con un tonfo sordo, e le sue mani andarono subito ad asciugarsi velocemente gli occhi viola magnetici, ora scossi da un maremoto di emozioni.
Lo sconosciuto aveva un aspetto a dir poco ordinario. Era vestito in camicia e cravatta, portava il camice bianco da medico e stringeva una borsa molto simile alla sua. Si fissarono per un momento, poi, l’uomo raccolse il portatile di Jackleen e la bionda poté guardarlo dritto negli occhi mentre glielo porgeva. Occhi castani, la cosa che l’aveva colpita di più in quell’uomo dall’aspetto ordinario erano quegli occhi castani impregnati di gentilezza e preoccupazione per una sconosciuta. Le sorrise quando lei prese la propria borsa dalle sue mani senza dire nulla. Anche quel piccolo sorriso era illuminato da una luce altruista.
«Salve! Sono James Wilson… tu devi essere nuova, tutto bene?» le disse in tono seriamente preoccupato. Seriamente preoccupato per una completa sconosciuta.

 
*****
Ok, mi sono fatta la promessa di aggiornare ogni giovedì. Perché è un bel giorno (in America c'è Grey's Anatomy xD), perché vi meritate davvero almeno un capitolo a settimana per tutte le belle recensioni che mi avete lasciato dall'inizio di questa ff e perché amo questa storia! ù.ù
Sinceramente non so per quanto resisterà la mia promessa, ma farò tutto il possibile per mantenerla! ^^
Passando ad altro...
Questo capitolo non mi piace... çç Odio far litigare le coppie che formo! .-. xD Però ci vuole un po' di tensione, altrimenti sarebbe una pacchia! ù.ù Un'altra cosa... ho paura (anzi, ormai vivo nel terrore xD) che Foreman sia OOC. Parzialmente questa modifica nel suo comportamento è spiegata dal fatto che sia ancora innamorato di Remy (che, tra l'altro, per spezzare una lancia in sua difesa, devo dire l'ha davvero mollato, per quante seghe mentali si possa fare Jack! ù.ù xD) e per un altro fattore che poi si scoprirà. Comunque, se vi sembra troppo OOC, ditemelo, vi prego! >.<
Fatemi anche sapere che cosa ne pensate dell'entrata in scena del caro Wilson! xD Io, personalmente, amo il suo personaggio! ù.ù E' troppo tenero! *-* xD
Detto questo, vi lascio, come sempre, con un:

Hope you liked it! =D
Dog
   
 
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