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Autore: Stupid Lamb    13/05/2011    34 recensioni
"Mi chiamo Edward. Ho ventiquattro anni. Vivo in strada."
Mini-ff, OOC, All Human.
Genere: Dark, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo 2

Per ringraziarvi della risposta al primo capitolo, eccovi il secondo in anticipo. Il numero tre arriverà, come previsto all’inizio, il giorno dopo l’aggiornamento di Farfalle Colorate.

 

Buona lettura.

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Capitolo 2

 

Nei dieci anni in strada sono stato violento in due sole occasioni.

La prima nel 2002, per difendere Adam da un tipo che dormiva nel nostro stesso vicolo e gli diceva quotidianamente di essere uno sporco negro. Una sera, dopo una giornata passata ad ascoltare lui e a cercare di ripararci dalla neve, lo colpii fino a fargli sputare sangue.

Il giorno dopo se ne andò in un altro vicolo.

La seconda volta in cui ho usato violenza è stato nel 2007, quando ho salvato Bella da un ragazzo che voleva stuprarla. Ero con Adam, ed eravamo entrambi strafatti, ma quando ho sentito le sue grida in quel parcheggio ho saputo subito che dovevo aiutarla e che ci sarei riuscito.

Adam ha protetto Bella mentre io colpivo il ragazzo ben vestito fino a lasciarlo sul cemento freddo.

Bella era sola, ubriaca. Indossava un costume da Babbo Natale, con tanto di gonna.

La presi in braccio perché aveva perso le scarpe. Non ricordo ciò che le ho detto, ma da quel momento non ci siamo più lasciati.

Quella sera mi regalò il cappello del costume, per ringraziarmi.

E’ l’unica persona con cui ho fatto l’amore. Darei la mia vita per lei.

 

La vita di Bella è stata molto più brutta della mia.

Suo padre era un ubriacone che picchiava lei e sua madre ogni sera; quando il bastardo le ha lasciate, al suo posto è arrivato il nuovo compagno della madre, un pezzo di merda che, oltre a picchiarla, l’ha violentata per due anni.

Bella è scappata di casa a dodici anni e a tredici (dopo aver conosciuto Jessica) ha iniziato a drogarsi. Si è venduta per una dose, si è venduta anche per pagare l’affitto dell’appartamento in cui viveva con Jessica.

Poi ha trovato lavoro in un negozio di abbigliamento usato. Ha continuato a drogarsi, ma ha smesso di vendersi.

La sera in cui l’ho salvata, pochi giorni prima di Natale, stava tornando a casa dopo aver lavorato.

Il giorno dopo si è trasferita in strada con me.

Preferisco vivere in strada con te che sotto un tetto con Jessica. Voglio cambiare.

Io non ho niente da darti. Io non sono migliore della tua amica.

Sì, invece. Devi solo rendertene conto.

Una settimana dopo ha smesso di farsi. Ha impiegato due anni per far smettere anche me, e ci è riuscita solo quando Adam è morto.

E’ dolce. E’ golosa.

 

All’inizio non facevamo che litigare.

L’unico a farci calmare era Adam. Diceva che se avesse voluto vivere all’inferno sarebbe rimasto alla casa-famiglia.

Quando sei un barbone, i litigi sono diversi da quelli delle coppie normali. Discuti quando devi scegliere il negozio in cui andare a rubare, o il lato del vicolo in cui dormire. Litighi per i risparmi, ma non per quelli con cui vorresti mandare i figli al college, bensì per quelli con cui vorresti acquistare una bottiglia di gin.

Bella è, allo stesso tempo, testarda e fragile. Non è stato semplice capirla. Ancora oggi, a volte, fatico a comprenderla.

A parte questo, Bella è anche un insieme di cose meravigliose. La sua testardaggine mi ha salvato dalla morte. La sua dolcezza è il cibo che preferisco.

Siamo perfetti insieme e ce ne siamo accorti fin da subito, nonostante i litigi.

L’idea di avere un bambino è stata sua, e io non ho saputo dirle No.

Io gli vorrò bene, tu gli vorrai bene. Saremo felici.

Ma non potremo dargli niente.

Saremo felici comunque.

Il suo ottimismo mi ha sempre spaventato.

Nonostante il suo passato - o forse proprio per quello - Bella è molto più forte di me.

 

Il bambino dovrebbe nascere fra tre settimane. Credo.

Negli ultimi mesi Bella è diventata molto debole. Non riesce a stare in piedi per più di cinque minuti di fila. Non riesce a camminare. Ha i piedi gonfi e spesso le gira la testa.

Ha freddo, e le coperte che ho recuperato per lei non bastano a tenerla al caldo, anche se siamo al coperto.

Ha sempre fame, e io non riesco a procurarle tutto il cibo di cui lei e il bambino hanno bisogno. Alla mensa non danno porzioni anche per le fidanzate incinte e deboli, per cui ogni giorno devo lavorarmi le ragazze che preparano i sacchetti per ottenere un po’ di zuppa in più. Devo rubare di più, devo digiunare ancora di più.

Che succederà quando il bimbo nascerà? Che faremo? Bella è ottimista, ma io sono preoccupato. Ho paura.

Sveglio come se fosse mezzogiorno, mi faccio queste domande quando, poco prima dell’alba, sento dei rumori. Bella è stretta al mio fianco, la testa sepolta sotto le coperte.

Intravedo delle ombre accanto al cancello-porta, poi sento le voci.

“I lavori inizieranno fra sei mesi, giusto?”

“Già. Nel frattempo dobbiamo dare un’occhiata. Spero che i topi non siano giganti.”

 

I due poliziotti, un uomo e una donna, si accorgono subito di noi. Ci puntano addosso le torce. “Sveglia!” grida l’uomo. “Forza!”

Bella apre gli occhi. La sua mano va al pancione.

“Avanti!” grida la poliziotta. “La pacchia è finita. Questo posto va sgombrato. Dovrete cercarvi un’altra tana.”

“Edward…”

“Non preoccuparti.”

Mi alzo lentamente e mi avvicino ai poliziotti. “La mia ragazza è incinta; è molto debole, non possiamo spostarci.”

“Mi dispiace per te, amico, ma questo non è un ricovero. Dovete sgombrare, la stazione sta per essere riconvertita. Dovete andarvene.”

“A sei isolati da qui c’è un ricovero,” interviene la donna. La sua voce sembra commossa.

“Non possiamo andare al ricovero. Dobbiamo restare qui.”

“Amico, non faccio io le regole,” dice l’uomo. “Avete mezzora per raccogliere le vostre cose ed andarvene. Forza.”

Bella piange in silenzio quando mi vede raccogliere le coperte, i cuscini, i vestiti. Resta seduta fino all’ultimo momento, mentre io sistemo tutti i nostri averi in modo da poterli caricare sulle spalle.

Impieghiamo dieci minuti per salire i gradini che ci portano in strada. Bella ha il fiatone.

“Dove andremo adesso?”

“Non lo so,” rispondo, “ma andrà tutto bene.”

E in quel momento inizia a piovere.

 

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L’ho già detto su Twitter e su Facebook, ma voglio ripeterlo. L’ispirazione per Pop Tart è arrivata tramite il video degli Smashing Pumpkins (trovate il link alla fine dello scorso capitolo), ma questa ff non sarà in alcun modo così cruda. Triste sì, ma non cruda.

 

Grazie in anticipo a chi leggerà e a chi lascerà un commento. Grazie ancora una volta a Lele Cullen per il suo supporto.

   
 
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