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Autore: Callie_Stephanides    14/05/2011    19 recensioni
Quando si incontrano per la prima volta, in occasione della finale della Coppa del Mondo di Quidditch, Draco Malfoy e Hermione Granger devono ancora compiere quindici anni.
E' un rapido sguardo, il loro; la curiosità di un momento.
Qualche settimana più tardi, tuttavia, quando l'unico figlio di Lucius Malfoy arriva a Hogwarts con la legazione di Durmstrang per il Torneo Tremaghi, il Destino stringe il nodo di cui saranno gli estremi.
Puoi innamorarti della ragazza che ha rubato il cuore dello Czar di Durmstrang?
Se è tanto forte da sciogliere la prigione di ghiaccio in cui ti sei nascosto, forse sì.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Sirius Black, Viktor Krum | Coppie: Draco/Hermione, Vicktor/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'Dum spiro, spero'
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I libri sono amici discreti, indulgenti e indimenticabili.
Il loro è un abbraccio tutto sensoriale, perché non è vero che le pagine nutrono il cervello e cancellano la vista, no: le pagine sono un profumo, un’emozione, una vibrazione tattile.
Le pagine sono l’imprevisto di una lacrima, di una risata, di una riflessione inattesa.
Le pagine sono un pretesto e un rifugio, poiché non c’è nulla come un buon libro che possa nascondere la tua paura, la tua timidezza, la debolezza di un momento.

Hermione Granger, tra i libri della biblioteca di Hogwarts, ha fatto il nido.
Vorrebbe raccontarsi per prima che i suoi voti sono frutto di talento, ma le manca quella scintilla che ha reso i Malandrini leggenda.
Hermione è coraggio, caparbietà, applicazione: virtù che non colpiscono quanto il genio, d’accordo, ma che sulle lunghe distanze ti danno il primato di una celebre tartaruga.
Riddle era genio era arroganza era crudeltà.
Chi possiede senza dover dare – pensa Hermione – sperpera.
Chi è nato Babbano, con i dentoni e i capelli crespi, accumula come una formichina ogni piccola scheggia di sapere.
Chi deve lottare mordere impegnarsi per avere, però, non si perde mai.

La luce ambrata della candela proietta asole candide contro la pergamena.
Studiare le distende i nervi e l’aiuta a prendere le distanze da se stessa, dalla sua adolescenza appena inaugurata e già così complicata, dalla frustrazione di una gogna sentimentale mai cercata e, soprattutto, mai voluta.
Arretrati di un paio di banchi rispetto alla sua postazione, Cedric e Cho Chang alternano rune a occhiate divoranti.
È una lingua segreta, quella del desiderio, fatta di vuoti e silenzi e pelle; una supplica muta e una guerra che, a guardarla, ti fa sentire vulnerabile e sporco.
Hermione strizza le palpebre e si concentra su quei quattro sgorbi innocui che le parlano di passato e sapienza antica, perché l’amore che le respira alle spalle non le appartiene.
Forse dovrebbe dirlo a Harry, perché amicizia è anche ferire per poi curare.
Forse dovrebbe pensare solo a Hermione, a un cuore che resta vuoto, per quanto pure è pieno di emozioni.
Oltre le grandi finestre, la notte è ovunque. Il buio ingoia Hogwarts all’improvviso, conferendo ai suoi inverni qualcosa di spettrale; eppure c’è nella scuola un’intimità calda e protettiva che molto dice dell’aura di Silente.
I luoghi non sono fondamenta e pietra, ma solide spoglie di chi li occupa: i fasti di Hogwarts, dunque, riverberano la grandezza dell’uomo che vi ha fatto il nido; a incontrare il cipiglio tetro di Karkaroff, per contro, non ti riesce difficile immaginare che razza di inferno possa essere Durmstrang.
La piuma le solletica il naso e poi si arresta.
Karkaroff.
C’è qualcosa d’untuoso e disturbante, in quell’uomo; qualcosa che ha visto riflesso negli occhi di Silente e ancor più nel disprezzo di Piton.
Cosa, però?
Hermione si alza: il suo cervello si è messo in moto e sa bene che non potrà quietarlo se non sapendo. La conoscenza è l’orsetto cui si aggrappa da sempre per sconfiggere la paura del buio, ma conoscenza – scellerata e tetra – è anche quanto ha annegato nella notte il Mondo Magico.
Conoscenza, diceva il Pastore dei suoi giorni da Babbana, è un pomo succulento e velenoso.
Conoscenza, soprattutto, è disobbedienza: e questo ha sempre fatto di Hermione una secchiona sui generis.
È un domino: i pensieri si legano l’uno all’altro e la conducono a una deriva pericolosa.
Karkaroff. Durmstrang. L’unicorno scannato.
L’ultimo sacrificio della più pura delle bestie magiche risale al suo primo anno; lo ricorda bene, Hermione, come ricorda l’orribile certezza legata a quella nuova: lui era, da qualche parte, ma non domato.
Voldemort.
Arriccia le labbra, come fa sempre quando deve comporre le sue emozioni in un ordinato rosario. Esiste un legame tra la cicatrice di Harry e quel bestiale sacrificio?
È una cacciatrice, Hermione; a farle battere il cuore è una traccia che odora di scommessa e di pericolo. I pettegolezzi li lascia alle ragazzine che ancora sognano un eroe – non ne ha bisogno, lei: lo incontra nello specchio ogni mattina, capelli cespugliosi e dentoni inclusi.
Prima che possa tornare alla pergamena, tuttavia, qualcosa colpisce il suo sguardo. Quel qualcosa è qualcuno che piace pochissimo al suo istinto e – sospetta – non senza qualche ragione.
Florian Von Kessel possiede la bellezza di un cammeo e l’aura di un Basilisco; la perfezione respingente d’una di quelle creature che hanno colorato d’incubo la letteratura nera dei Babbani. Le sue lunghe ciglia ombreggiano occhi da lupo, mentre scorre – divora – un libro la cui costola sola basta a denunciare la provenienza.
“Questo è il reparto dei Libri Proibiti. Gli studenti non possono…”
Florian si volta nella sua direzione. “Non lo sapevo.”
La voce è ferma, la replica educata, eppure c’è qualcosa di ostile e gelido nel tono di lui.
Qualcosa che le piace sempre meno.
“Se posso esserti d’aiuto, io…”
Von Kessel le regala un sorriso sprezzante – i suoi denti, piccoli e candidi, ricordano quelli di una fiera.
“Ne dubito. Forse non sei del tutto mediocre, ma di sicuro non sei al mio livello.”
Hermione apre la bocca. La richiude. Se avesse un po’ di saliva da parte, forse gli sputerebbe in faccia, perché se c’è una cosa che le ha insegnato la sua antica pelle, be’, è che i Babbani sanno arrivare al punto anche senza impugnare una bacchetta – anche senza cercare l’alibi di una formula.
“Qui dentro ci sono solo dilettanti e io…”

“Lui è un figlio d’arte. Un cocco di casa. Vero, Florian?”

Inclinato contro lo scaffale dei trattati di Pozioni, Draco è un’asola di luce e un alleato imprevisto.
“Scusalo. Non domina poi così bene l’inglese. Ti assicuro che non è antipatico come sembra.”
Oh, no. La prossima volta mi salterà alla gola, pensa Hermione – vaticina, per la verità, e non può saperlo – ma stira le labbra in un sorriso di circostanza, perché Malfoy non la immagini vulnerata o fragile.
C’è in quegli occhi una scintilla che la attrae; il gusto del proibito e la tentazione di desiderare il ragazzo sbagliato. Lo sa, lo sente, Hermione: per questo lo vuole.
Florian serra la mascella come una tagliola e fissa Draco. È un dialogo muto, il loro: una prova di forza da cui, tuttavia, Von Kessel si ritrae sconfitto – almeno pare.
“Ich komme aufs Schiff zurück,” (Torno alla nave) sibila in una lingua che la vuole – è evidente – estranea. Malfoy non si scompone, e replica in inglese. “Ti raggiungo tra un po’.”
Se avesse una coda, pensa divertita Hermione, quella di Florian spazzerebbe in terra.
“Non ti sei offesa, vero?”
Draco abbandona il suo angolo per raggiungerla. Si muove con la sicurezza del padrone e un’eleganza che la colpisce dritta al cuore, lei, figlia di una middle-class fatta di bisogni meschini e gesti spicci. “No. Dopo quattro anni con Serpeverde, so riconoscere uno sbruffone quando lo incontro,” replica ironica.
Malfoy sorride. “Stavi studiando?”
“Sì. La Sala Comune è un po’ troppo rumorosa per i miei gusti.”
“Questa scuola… È molto accogliente, vero?”
“In che senso?”
Draco storna lo sguardo. “Niente… Non è importante.”
Sul suo banco, la penna giace inerte.
“Non sono molto forte con le rune… Qualche volta possiamo studiare insieme.”
Hermione deglutisce a fatica. “Ne sei sicuro? Per quello che ho visto…”
“Il genio è Florian. Io non sono il fattucchiere che vorrei essere,” è la replica smozzicata.

È una strana faglia, quella che si aperta tra loro.
Hermione sceglie le parole come perle di una collana, perché il filo che le raccoglie è anche quello su cui scivola, equilibrista maldestra, per raggiungere Malfoy.
“A me fa piacere. Sei il primo ragazzo che non trova noiosa l’ipotesi di studiare con me.”
Draco sorride ancora. “Non sembra. Harry Potter ti sta sempre incollato.”
Se il cuore non le rimbombasse nelle orecchie, forse Hermione potrebbe accorgersi di un’affermazione strana, fuori tempo e fuori contesto; invece si tiene stretti i suoi quindici anni di omissioni e sordità selettive.
“Ti prego! Non cominciare anche tu!”
La distanza che li oppone si è ridotta: nelle parole, nei gesti, respira una familiarità che non dovrebbero concedersi.

Hermione, nata Babbana, e il figlio di un Purosangue corrotto?
Conosce favole più plausibili.

“Perché?” la punzecchia Malfoy.
“Perché sono tormentata da pettegole che credono di vedere ovunque pretendenti per me… A partire dal vostro Krum, poi!”
“Viktor è molto serio,” replica serafico Draco. “Pensi che potresti uscire con lui, domani pomeriggio?”
Hermione apre la bocca, ma non ne esce un suono. Malfoy le sorride di nuovo – un lampo di malizia feroce guizza nei suoi occhi chiarissimi. “Quando comincerà il Torneo, sarà molto impegnato. Non vuoi dargli quest’opportunità? Guarda che la sua è una famiglia di sangue antico!”
“Non è questo… È che io…”
“Su, digli di sì!” la provoca Draco – e l’istinto le ruggisce qualcosa che no, proprio non riesce a sentire, stordita com’è dall’odore della sua pelle, dalla stupidità felice di quindici anni all’ombra.
“E tu… Che mi dai in cambio?”

Sto flirtando?
È una puntura che le raggiunge il cervello e lì muore, sepolta dal senso del ridicolo e dal rimuginare sensato della solita Granger.
Malfoy è così vicino, ormai, che il cuore le balza in gola, quasi voglia immolarsi in punta di lingua.

“Uno dei segreti di Florian?”

Non è un bacio, ma un baratto: i ragazzi sono stupidi anche quando hanno la bellezza evanescente degli elfi.

Hermione tossicchia nervosa e si ricompone. “Non ho bisogno di barare, se voglio stracciare qualcuno.”
Draco inarca ironico un sopracciglio. “Sei un osso duro, insomma.”
Hermione si appunta una ciocca oltre l’orecchio. Ha le guance in fiamme, ma l’oscurità dello studio la protegge. “Dì a Viktor che va bene… Che se vuole… Sì, possiamo uscire insieme.”
Malfoy inclina un poco il capo, quasi a studiarla con la curiosità che destini a una bestiolina rara. “Posso sapere cosa ti ha fatto cambiare idea?”

Il tuo odore? Il mio istinto?

“Fatti miei,” replica altezzosa, e poi raccoglie le spoglie che un’altra Hermione ha disperso, perché la clessidra si è rovesciata e un torrente di grani scorre ora a regalarle una nuova pelle.

***

“Fammi capire… Tu vuoi davvero…”
Hermione inghiotte rapida un boccone e si guarda furtiva alle spalle.
Gli studenti di Durmstrang, seduti alla mensa di Serpeverde, sembrano più interessati al cibo che alla conversazione.
“Non è molto corretto, lo ammetto, ma…”
“Non sto parlando di correttezza. Qui entra in gioco la tua sicurezza, Hermione!”
La voce del Prescelto è incerta e tesa. “Prima mi dici che forse c’è un legame tra l’unicorno, Voldemort e Durmstrang, e poi…”
“Shhh, abbassa il tono!” sibila fredda. “Proprio per questo devo saperne di più su quella scuola. Tu dovrai affrontarlo al Torneo, no?”
Harry sbuffa. È un ragazzo, in fondo: i ragazzi pensano che il mondo si divida in draghi da abbattere e principesse da salvare. I ragazzi non si chiedono mai se non sia la principessa a pretendere il cuore del drago.
“Se Viktor ha un debole per me, Harry, non mi capiterà niente di male. Anzi! Potremmo trarne un utile tutti quanti!”
“Ma tutti chi?” ringhia il Prescelto. “Noi. La Scuola. Te l’ho già detto: non è una guerra che combatterai solo.”
Harry storna lo sguardo.
“Piuttosto… Sirius ti ha risposto?”
“No,” è la scarna replica.
Hermione libera un piccolo sospiro. “Una ragione in più per darsi da fare.”

***

Hagrid uggiola come un cagnetto preso a calci, mentre Severus spiega le cocche del sacco in cui sono stati raccolti i resti di un massacro. Intrisa di sangue, la iuta ha assunto una consistenza nuova e l’odore inequivocabile che ha la Morte quando la spremi persino dalle ossa.
Il pozionista socchiude le palpebre. Il guardiacaccia ulula.
“È proprio necessario che assista?” sibila Piton.
Silente intercetta il suo sguardo e annuisce. “Ti ringrazio, Hagrid, per la tua disponibilità, ma Severus ha ragione: è tempo che ci occupiamo noi del tuo povero amico.”
Il guardiacaccia curva le spalle e si asciuga il moccio incrostato tra naso a baffi. È disgustoso, pensa Piton, che pure maneggia senza un fremito una coratella sanguinolenta.
Il Preside spende parole di miele e facile persuasione. Con uno come Hagrid non è necessario dar fondo all’enfasi retorica.
“Ora siamo soli.”
Piton annuisce. L’aula di Pozioni è deserta a quell’ora della notte. Un candelabro d’argento proietta ombre spettrali contro le pareti ingombre di ampolle e calderoni.
“Non sono un anatomista, Preside,” mormora Severus, “ma non occorre scienza per ipotizzare chi sia stato. Bastano gli occhi.”
Silente si avvicina al massiccio tavolo che tollera da generazioni la maldestra approssimazione degli studenti. Dell’unicorno non si è salvato molto – e quel poco urla vendetta.
Il cranio, scempiato, manca del corno. Chiunque abbia aggredito la povera creatura, l’ha attaccata frontalmente, strappandole le labbra.
Severus solleva l’inconfondibile testa equina, il cui muso, mutilato, esibisce ora un ghigno nudo e feroce. Contro le ossa, là dove la carne è stata rimossa, si notano – inconfondibili – le sciabolate lasciate dai denti dell’aggressore.
“A una prima occhiata, direi un Warg. Solo un lupo di quelle dimensioni potrebbe procurare un simile danno.”
“O un licantropo.”
“O un licantropo, ma la Foresta non ospita né l’uno, né l’altro.”
Il tronco è stato sgranato come un melograno. La cassa toracica lascia intravedere solo una parte degli intestini. Mancano il cuore e i reni.
“Notate quello che ho notato io?”
Silente si sfila gli occhiali e socchiude le palpebre, pensoso. “Solo una bestia avrebbe potuto fare questo, eppure una bestia…”
“Non avrebbe avuto cura di lasciare intatti alcuni organi. Cuore e reni non sono stati divorati, ma resecati. Il vallo che li ospitava non è stato lacerato. Anche il corno è stato rimosso… Con un’incisione, mi sia concesso dirlo, molto accurata, anche se non perfetta.”
Il Preside annuisce, silenzioso. Piton si netta le mani, dissimulando il malessere profondo che gli procura l’odore dolciastro e penetrante del sangue. Non è mai stato uno dei cani da caccia di Voldemort, ma le sue memorie sono intrise di rosso – e il rosso è un colore che cauterizza la retina e lì resta.
“Un Animagus,” mormora infine Silente.
“L’ho pensato anch’io.”
Albus sorride – e i suoi sorrisi sono cicatrici beffarde. “Scommetto anche che sapresti dirmi il suo nome, Severus.”
Piton abbassa lo sguardo. “Non mi faccio grandi illusioni sulle intenzioni di Karkaroff, ma tra i suoi studenti c’è un Von Kessel.”
Silente non muove un muscolo. Silente sa tutto prima di chiunque altro, ma gli piace giocare la parte della colomba immacolata – lui, ch’è un falco rapace.
“E questo non ci aiuta, perché la linea di sangue dei Von Kessel…”
Thestral, lo so bene. Ho conosciuto Ludwig Von Kessel… Uhm… Quarant’anni fa, più o meno. Bell’uomo, ma un terribile senso dell’umorismo, come tutti i tedeschi, d’altra parte. Da un tedesco non puoi aspettarti né storielle divertenti, né un pasto decente, anche se…”
Piton libera uno strategico colpo di tosse. “Un Thestral non può sventrare un unicorno.”
Silente inforca di nuovo gli occhiali. “No, un Thestral no, ma al momento è l’unica traccia che abbiamo… Oltre, ovviamente, a un amico che potrebbe riuscirci prezioso.”
Severus solleva ironico un sopracciglio. “Hagrid? Perdonate se lo rimarco, ma non vedo che ausilio potrebbe darci un…”
“Non sto parlando di Hagrid.”
È un sorriso quasi crudele quello che increspa le labbra del preside di Hogwarts. Un sorriso che ha un nome e un cognome.
Sirius Black.
“È un ricercato e la Scuola sarà molto frequentata dalle autorità del Ministero in occasione del Torneo. Non credo che sia il caso di…”
“Il Calice ha offerto un quarto nome, Severus. Tanto basta a giustificare tutto.”
Piton annuisce a capo chino, perché chi è ostaggio di un rimorso non ha mezzi per sfuggire al proprio carcere.
“Voglio che collaboriate. Quale sia la cifra del vostro accordo non m’interessa. Tutto quello che importa…”
“È proteggere Harry Potter. Lo so.”
Silente lo studia, attento e spietato. “Hai altre domande?”
“Guinzaglio e museruola, almeno,” replica a mezza bocca Severus, e poi miscela calce e scaglie di geco per nettare il bancone.

   
 
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