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Autore: kenjina    14/05/2011    4 recensioni
La situazione peggiorò quando trovarono un tavolo da biliardo libero e pronto solo per loro e, ovviamente, finì invischiato in un due contro due in coppia con la sua manager - almeno quella era una piccola fortuna in mezzo a tanta sfiga, si disse per farsi forza. Non avrebbe saputo di che morte morire, se avesse dovuto scegliere tra il Porcospino e la Scimmia; per non parlare della nuotatrice che, grazie a Buddha, non aveva mai giocato a biliardo e non sapeva neanche da che parte iniziare.
«Ehi, guarda che hai le palle piene tu, intesi?», gli fece Hanamichi, puntandogli la stecca contro.
Rukawa sollevò gli occhi al cielo. «Scimmia, non c'era bisogno di dirmelo. Che ho le palle piene di te lo sapevo da tempo».
(Tratto dal capitolo 17)
I ragazzi selvaggi son tornati, più selvaggi di prima... Ne vedremo delle belle!
Storia revisionata nell'Agosto 2016
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Nobunaga Kiyota, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wild Boys'
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Ni-hao a tutti

Capitolo 14

Non lo farò più, lo prometto.

 

 

 

«Ripetimi ancora una volta, Ayakuccia: perché diavolo mi sono lasciato invischiare in questo brutto affare?», domandò avvilito Ryota, mentre la sua riccioluta fidanzata sorrideva come una povera pazza nel sistemargli il colletto della camicia sopra la cinghia del basso.

«Perché tu sei un uomo dalle grandi qualità e sai anche suonare uno strumento musicale», disse quella. «E perché te l'ho chiesto con occhioni da cerbiatta, tu hai capitolato ed eccoti qui!», concluse, con tanto di strizzata d'occhio.

Il Capitano dello Shohoku guardò in cagnesco verso la platea del piccolo teatro scolastico. «E mi puoi ripetere anche perché quei cerebrolesi sono tutti qui?».

«Ma per sentirti suonare, che domande!», esclamò Hime, saltellante come una cavalletta e a braccetto con Sanako. Quella pazza era già entrata nella parte, con quei Ray-Ban a goccia rubati al fratello e usati come cerchietto per i capelli. «Hai giustappunto davanti a te la manager ufficiale della festa a tema, mio Capitano! Nacchan mi ha affidato questo arduo compito e abbiamo deciso insieme che il tema sarà anni '70-'80! Non sei contento?». L'occhiataccia dell'amico rispose per lui.

«Suvvia, senpai, almeno non sei solo», tentò di incoraggiarlo Kimi Shimura, facendo girare le bacchette della batteria tra le dita. «Queste due hanno incastrato anche me».

Le due in questione sorrisero candidamente, tanto che Ryota fu colpito dal terribile istinto di spaccare il basso in testa almeno alla Sakuragi - prima o poi quella soddisfazione se la sarebbe dovuta togliere. Ma doveva farlo per la sua Ayakuccia, solo per lei. Doveva stringere i denti e sperare di essere accettato per il ruolo, altrimenti la sua donna l'avrebbe fatto a fette, ne era più che sicuro. Non poteva deluderla, non lo avrebbe mai fatto, cascasse il mondo e Rukawa si mettesse a ballare la cucaracha sorridendo come quel demente di Hanamichi!

E a proposito di Hanamichi, questo era giusto immerso in un racconto demenziale che vedeva il povero Ryota alle prese con un basso più alto di lui - per la gioia e l'ilarità di tutto il resto della combriccola, letteralmente spalmata dalle risate sulle poltroncine del teatro - che neanche si accorse di una figura minacciosa che si ergeva alle sue spalle, con chiari intenti bellici nei suoi confronti. Ma quella volta non si trattò del nuovo Capitano, né dell'ex, che se ne stava ad ascoltare con una manona sulle labbra, pur di nascondere un sorriso e non dargli la soddisfazione; dietro Hanamichi stava niente meno che Masaki Tsukiyama, la zia di Sana, che con un malloppo di spartiti in mano non prometteva niente di buono. Quando il numero dieci dello Shohoku si rese conto che i suoi amici non lo stavano più ascoltando ma erano più interessati a qualcosa alle sue spalle, decise di voltarsi e ciò che vide non gli piacque. Non gli piacque per niente.

«Tu devi essere Hanamichi Sakuragi, il fratello di Hime. Giusto?», gli chiese la donna, assottigliando gli occhi a due fessure. Quello annuì, corrugando la fronte, preoccupato. «E sei anche quello che gironzola sempre durante le ore di lezione perché è troppo intelligente per stare secco e fermo come gli altri studenti. Vero?».

Per sua sfortuna Hanamichi non colse quella sottile ironia che si nascondeva in quell'ultima frase e iniziò a dare di matto. «Ahaha! Certo che sono io, quel genio intelligentissimo, signora! Io non so chi sia, ma vedo che lei mi conosce bene!».

Le narici di Masaki si dilatarono spaventosamente, come un toro prima dell'affondo contro il matador, e il malloppo di spartiti che teneva in mano finì bel bello contro la capa rossa del ragazzo, che si fece piccolo piccolo sulla sua poltroncina. «Esigo il massimo silenzio, d'ora in poi. Niente schiamazzi, niente risate, niente di niente. Se potete evitate anche di respirare», sibilò la donna. Poi, come se niente fosse, vedendo che tutti l'osservavano attoniti, sorrise come una bambina. «Bene, vedo che ci capiamo. Buon ascolto, ragazzi!». E con un ghigno che non prometteva niente di buono, la donna se ne andò sul palco. Lì Hime, seduta a gambe incrociate, li osservava con un sorrisino che era tutto un programma: stava per scoppiare a ridere, ma per pena o forse per timore di subire ripercussioni riuscì a evitare il peggio.

Masaki batté le mani, per richiamare su di sé le attenzioni di tutti. Sana era già sul suo sgabello, al centro del palco, la chitarra sulle gambe e le mani pronte a strimpellare; poco dietro di lei uno scazzatissimo Ryota lanciava a intermittenza prima occhiatacce ai suoi compagni di squadra, poi sguardi pieni d'amore alla sua Ayakuccia preferita; alla batteria Kimi si sgranchiva le dita e i polsi, e i ragazzi si stupirono parecchio nel vedere l'aria trasognante di alcune ragazzine presenti a vedere le prove - del resto si sa, il batterista è quello che più fa conquiste.

«Mi sa che nel tempo libero mi do alla batteria anche io», disse convinto Hanamichi, suscitando subito le risposte sarcastiche degli altri. Ovviamente il più pungente fu il solo e unico Kaede Rukawa, che se ne uscì con un "Con il cranio vuoto che hai sai che grancassa ne esce".

Gli ultimi due componenti del gruppo erano un ragazzo del secondo anno alla chitarra, Genjo, già conosciuto dai ragazzi perché suonava con Sana al bar, e un tastierista, Tadao, dai grandi occhiali da vista con montatura grossa e nera. Sana l'aveva recuperato in un angolo della biblioteca a far finta di studiare - in realtà stava leggendo un pesante libro sui Genesis. Era stato un regalo di Buddha, ne era sicura!

«Devo chiedergli dove ha preso quegli occhiali», commentò Araki, credendo di essere un simpaticone.

Quando si vide i due nemici per la pelle dire in contemporanea "Non ti daranno un'aria più intelligente, Puffo!" e "Rassegnati" - chi disse cosa è facilmente intuibile - Araki diede di matto. Fu sedato con una tirata di orecchie dalla terrorista della situazione, la signora Masaki, che lo sbatté fuori dal teatro senza troppe cerimonie, mentre tutti ridevano fino alle lacrime. Quando la donna si voltò a fulminarli con lo sguardo tutti ammutolirono e da quel momento non si sentì neanche una mosca.

«Quella donna è inquietante», commentò come un ventriloquo Mitsui.

«È pazza, guardala», gli diede corda Kiyo, con una mano davanti alle labbra, osservando la zia della sua amica tornare sorridente come se niente fosse.

«Com'è che si chiama quello lì? Dottor Jack e Mister Clive?», domandò Hanamichi, battendosi un dito sul mento, pensieroso.

Akagi si passò una mano sul viso, rassegnato, mentre l'Armata, Eichiro e Mitsui sprofondarono sui loro sedili scoppiando per le risate, tentando di nascondersi dagli occhi indagatori di Masaki-san. Gli unici che non aprirono bocca furono Kaede e Kiyo, che si scambiarono un'occhiata arrendevole.

«Ehi, perché diavolo state ridendo?!», strillò il rossino con troppa enfasi, interrompendo le prove. Sul palco Ryota, con un pericolosissimo tic all'occhio, stava seriamente pensando di andare dai suoi compagni e spaccare il suo strumento musicale in testa a ognuno di loro, mentre la zia di Sana era già partita a spalancare le fauci per mettere in chiaro le cose.

Hime, nel guardare quella scena, scoppiò a ridere. Guardò il suo ex-Capitano e mimò un cuore con le dita, indicando prima lui e poi la donna. Akagi, in risposta, ghignò, capendo l'antifona. Una versione femminile del King Kong non poteva certo stare che con il King Kong in persona, se solo non fosse stata così grande!

Intanto un uomo, seduto per conto suo lontano da quel caos, osservava divertito quelle scenette comiche, per soffermarsi poi con più interesse sulla chitarrista del gruppo. Più Kiichi Rukawa osservava sua figlia cantare e suonare, più si malediceva per essersi perso la sua vita. S'immaginò come sarebbe stato poterla vedere mentre diceva le sue prime parole, emozionarsi nel sentirsi chiamare papà, oppure darle il suo supporto per farle muovere i primi passi. E poi il primo giorno di scuola, le sue prime lezioni di chitarra e i suoi saggi... che razza di padre non era stato?

Sanako guardò nella sua direzione, mentre cantava Hot in the City, di Billy Idol, e gli sorrise. Kiichi Rukawa, in quel momento, si sentì l'uomo più felice sulla terra e tutti i rimpianti svanirono in quel sorriso, solo per lui.

E tra musica anni '80, una Hime che dietro le quinte ballava come un'invasata con Ayako, e il gruppetto di fanciulle spasimanti di Kimi che era aumentato a vista d'occhio, le prove terminarono dopo un'ora e mezzo. Per la cronaca Hanamichi e l'Armata riuscirono a farsi sbattere fuori anche lì - e certo, Masaki non poteva più sopportare quegli sghignazzi e quel demente del rossino che faceva finta di suonare prima la batteria e poi la chitarra, convinto di andare a tempo, distraendo tutti.

«Buon pomeriggio a tutti! Mi sono perso qualcosa?». Il ridente Sendoh comparve poco dopo, irradiando l'intero teatro con il suo sorriso da pubblicità.

Kaede non si fece, ovviamente, perdere l'occasione di mostrare al mondo tutto il suo affetto per l'ex numero sette del Ryonan. «Il tuo cervello, come sempre».

Akira ridacchiò, scuotendo il capo, mentre il suo migliore amico gli si avvicinava con le braccia incrociate. «Ma non avevi allenamento, tu?».

«Mi sono addormentato dopo pranzo e non ho sentito la sveglia», rispose con un candore unico, tanto che nessuno ebbe il cuore di rimproverarlo.

«Taoka non arriverà ai sessanta standoti appresso», commentò Hisashi, battendogli una mano sulla spalla e andandosene, seguito da Kiyo a qualche metro di distanza. Come se non fosse palese che si stessero allontanando insieme, quei due.

«Ehi, Porcospino, dillo che lo Shohoku ti piace più di quel liceo di poveri! Passi più tempo qui che lì!», esclamò Hanamichi, ficcandosi una mano nella tasca dei pantaloni, mentre l'altra reggeva la giacca della divisa sulla spalla.

«Ah, la colpa è della tua bellissima sorella, Hanamichi!», rispose quello, proprio quando giungeva Sanako, che sorrise un po' imbarazzata e a disagio. Akira, però, non se ne accorse. «Mi ha fatto una proposta indecente».

«Hicchan!», sbraitò spaventato il fratello.

Hime, d'altro canto, tirò un calcione al metro e novanta di perfezione dai capelli anti-gravità. «Nei tuoi sogni, forse, tesoro!», cinguettò, facendolo ridere come un demente. «Gli ho solo chiesto di aiutarmi con la pubblicità. Avrà il faticoso compito di far sapere a tutti i licei di Kanagawa della festa dell'anno, così avremo un po' di ospiti e facce nuove!».

«Ehi, Hicchan! Perché non lo hai chiesto a me?!», chiese col labbrone all'infuori il Tensai, distrutto dal dolore.

«Perché per il fratello migliore del mondo ho in mente qualcos'altro!», rispose quella, con una strizzata d'occhi.

«Hmpf, Buddha ci salvi, allora».

«Ede! Se vuoi coinvolgo anche te! Ho giusto il compito perfetto!».

Rukawa se la ritrovò tra i piedi, saltellante e pimpante. Del discorso che avevano affrontato lunedì notte non ne avevano fatto menzione - come ovvio che fosse - ma era intimamente felice di rivedere la solita instancabile Hime. Gli era mancata. «Tanto non ci vengo a questa roba».

«Oh, non ci scommetterei», gli disse, mentre quello usciva. Lo bloccò in mezzo al corridoio, con le mani sul petto. «Perché continuerò a stressarti finché non cambierai idea, sappilo. E tu conosci bene il mio potenziale!».

«Purtroppo sì».

«Ede!».

«Hn. Noiosa».

Hime incrociò le braccia, ostinata. «Verrai perché mi farebbe un immenso piacere. Verrai per me?».

Se me lo chiedi così. «Scordatelo».

«Daaai! Per favore!», esclamò la ragazza, mettendosi in ginocchio e infischiandosene altamente delle occhiatacce dei pochi passanti. Ormai era risaputo che la sorella di Sakuragi non avesse tutte le rotelle al posto giusto.

«Alzati!», la rimproverò, afferrandola per un braccio e sbuffando. Lei sorrise, sapendo che stesse per cedere.

«Allora, me lo prometti? Verrai?».

Kaede la sorpassò, dandole un buffetto tra i capelli. «Vediamo».

«L'hai detto, eh! Vale la prima!».

Il Volpino corrugò la fronte. Lui non aveva detto proprio niente! La osservò sparire verso il piccolo teatro e scosse il capo nel sentire Akagi lamentarsi per essersela ritrovata sulle spalle.

«E staccati!», brontolò l'ex Capitano, non riuscendo proprio a trovare un motivo valido per cui la vita avesse potuto punirlo e affibbiargli i fratelli Sakuragi. «Tuo fratello sarà anche una scimmia ma tu sei peggio di un koala!».

Gli occhi della ragazza divennero grandi e luccicanti. «Stai dicendo che sono tenera?».

Quello roteò gli occhi. «Sto dicendo che stai sempre attaccata alle spalle di qualcuno, soprattutto alle mie, demente».

Hime sorrise innocentemente. «Ma certo! Sei il mio tronco di eucalipto!».

Per poco non scese un coccolone a tutti. Le avevano sentite tutte: Gorilla, King Kong, Scimmione, Negriero, Schiavista... ma tronco di eucalipto ancora no, quello mancava ancora in elenco. E chi poteva aggiungerlo se non uno dei due Sakuragi?

«Hicchan, ricorda una cosa», disse con fare saggio il fratello, mentre Akagi aveva già bello che pronto un pugno nel qual caso l'idiota avesse detto qualcosa di sconsiderato - e sicuramente l'avrebbe detta. «Ricorda che nessuno può darti della Scimmia, neanche il Gorillone».

Tutti gli istinti bellici dell'ex numero 4 svanirono in un soffio.

Hime si grattò il naso, imbarazzata. «Hana, luce dei miei occhi, non vorrei capovolgere il tuo mondo fatto solo di scimmiette saltellanti, ma tecnicamente il koala è un marsupiale».

«Ecco, tecnicamente! Ma praticamente non lo è!». Vedendo i volti perplessi e scoraggiati degli altri Hanamichi tentò di deviare il colpo, temendo di aver detto l'ennesima cazzata. «Perché sembra una scimmia... no?».

Ryota gli batté una mano sulla spalla. «Mi fai pena, amico mio. Questo modo di vedere tuoi simili ovunque è veramente triste».

Due secondi più tardi il playmaker più veloce della prefettura dovette dare libero sfogo alle sue gambe pur di non dover capitare nel raggio di curvatura del cranio di Hanamichi. L'ultima cosa che voleva era una sua testata.

 

*

 

Kiyo chiuse gli occhi e respirò appieno il profumo salmastro del mare, che si tingeva di rosso con il riflesso del cielo. Il tramonto era il momento della giornata che più preferiva, perché lasciava posto alla notte e lei, nella notte, adorava perdersi.

«Ti piace proprio l'acqua», commentò Hisashi, affiancandola e osservandola con la coda dell'occhio.

«Esattamente come a te piace tanto quella palla arancione».

Il cestista piegò il labbro in un sorriso. «Allora guarda davanti a te e dimmi cosa vedi», le sussurro, alle sue spalle.

Kiyo non poté far niente per evitare di rabbrividire nel sentire quelle mani grandi sui fianchi. Corrugò la fronte nel sentire quella frase, ma non obiettò. Osservò il sole, che lentamente scendeva verso l'orizzonte. Una palla infuocata, arancione, che andava lentamente a sfiorare l'acqua. «Come siamo romantici, Mitsui».

Quello rise di gusto. «No, non credo che la parola romanticismo possa essere affiancata al mio nome, ma era una bella similitudine, la mia, ammettilo».

«E darti la soddisfazione di far crescere il tuo già spropositatamente grande egocentrismo? Scordatelo», fu la replica dell'altra, sgusciando via dalla sua salda presa e regalandogli una smorfia. Hisashi la seguì, con un delizioso sorriso sulle labbra. Quella ragazza era incredibilmente sfuggevole; ma più tentava di allontanarlo più sentiva il bisogno di averla accanto. Mai aveva provato il tremendo piacere di stuzzicare una persona come faceva con lei - tranne con Akira, ma quello era un provocatore nato, non poteva non rispondergli a tono. Ah, se l'avesse visto e sentito in quel momento! Doveva ancora sbollire la lode che l'amico gli aveva fatto dopo aver sentito il racconto dello zio, qualche giorno prima.

"E bravo, Hisa! Zio mi ha raccontato tutto nei minimi dettagli... quanto avrei voluto esserci! Comunque, guarda che ci sono motel a basso costo per fare porcherie con la tua ragazza, non c'è bisogno di nascondersi nel bar!".

Se non fosse stato per la elevata presenza di persone intorno a loro gli avrebbe spaccato il muso, ne era più che sicuro.

«Tra poco devi andare a lavoro», gli ricordò Kiyo, destandolo dai pensieri.

«Non vedi proprio l'ora che levi le tende, eh?».

La ragazza roteò gli occhi, spintonandolo. «Non ti dirò che non voglio che vada per stare con me, Mitsui. Ricordi la storia del tuo egocentrismo?».

Hisashi l'afferrò per una mano e con uno strattone delicato la fece avvicinare spaventosamente alle sue labbra. «Ma io lo so che vorresti che rimanessi».

«Sei un pallone gonfiato, lo sai? Un altro po' e scoppi», brontolò lei, allungando una mano sul suo collo e alzandosi sulle punte dei piedi, per baciarlo.

Il rombo di un motore li separò poco dopo, dato che era tremendamente vicino a loro. E Kiyo si paralizzò sul posto nel riconoscere quella macchina tirata a lucido. Il guidatore abbassò il finestrino, poggiando il braccio sulla carrozzeria nera, e si abbassò gli occhiali da sole. «Ma guarda, la mia bella ragazza in compagnia del facchino. Non hai trovato di meglio?».

«Non sono più la tua ragazza da parecchio. Vedi di lasciarmi in pace», sibilò Kiyo, stringendo forte la mano di Hisashi.

Toshiro piegò il capo, ridacchiando nel notare quel gesto di insicurezza. «Ma guardati. Fai ancora finta di essere una ragazza dura, Kiyo. Quando imparerai che sei debole come tutti gli altri?».

«Ehi, vedi di cambiare aria», s'intromise Mitsui. Lo sguardo che aveva non prometteva niente di buono. Per un attimo Kiyo rivide quello stesso ragazzo che solo qualche mese prima girava per Kanagawa con i capelli lunghi e la fronte corrugata in un'espressione di terribile ira.

«È la seconda volta che mi dai ordini, facchino. Non mettere a prova la mia pazienza, Mitsui».

La Guardia dello Shohoku socchiuse le labbra, sorpreso. Lo conosceva? Si gelò quando quello continuò, con un sorriso che mal celava le sue intenzioni belliche.

«So molto su di te, Mitsui. Anche che il tuo ginocchio sinistro non è stato in buone condizioni. E se te lo rompessi un'altra volta?». Finì appena di parlare che due brutti ceffi in moto raggiunsero l'auto dell'amico. E Hisashi capì che le cose si stavano mettendo veramente male.

«Toshiro, per favore, vattene», disse con una nota d'isteria Kiyo, strattonando la mano del ragazzo al suo fianco per intimargli di non fare idiozie.

«No, non credo che me ne andrò», rispose lui, aprendo la portiera della macchina e sgranchendosi le gambe. «Perché non ci facciamo una chiacchierata tutti insieme, che ne dite? Una cosa amichevole».

Hisashi strinse gli occhi. «Sparisci».

Il sospiro seccato dell'altro fece tremare Kiyo. Stava velocemente perdendo le staffe e lei sapeva che quando Toshiro s'incavolava erano guai seri. Cosa avrebbe potuto fare? Non poteva rischiare che quei due facessero a botte, soprattutto non dopo la minaccia non tanto velata che Toshiro aveva fatto sul ginocchio di Mitsui.

«Kiyoko, uno più socievole potevi trovartelo, però», disse il bullo scuotendo il capo; si avvicinò alla ragazza e allungò una mano per accarezzarle il viso. Hisashi gli bloccò il polso immediatamente e la nuotatrice, vedendo quello sguardo divertito negli occhi del suo ex-ragazzo, capì che il suo era stato un gesto calcolato. Un modo come un altro per attaccar briga.

«Non toccarmi, Mitsui. Mi irrita terribilmente».

«E tu non osare sfiorarla, così siamo pari».

«Tre ordini, amico mio. Mi hai stancato». Il pugno che gli diede lo fece barcollare per qualche istante e Kiyo spalancò gli occhi per l'orrore.

«Smettila, Toshiro, ti prego!», esclamò, tentando di bloccarlo.

Quello se la scrollò di dosso facilmente. «Tenetela ferma, mentre io mi diverto un po'». I due tizi giunti in moto non se lo fecero ripetere due volte, ma furono costretti a lavorare entrambi per sedare quella furia di ragazza che si dimenava per liberarsi.

Hisashi, con il naso sanguinante, osservò l'altro con odio. Doveva avere almeno vent'anni ed era ben piazzato; era solo un po' più basso di lui, ma quanto a forza ci sapeva fare. Non sarebbe stato semplice tenergli testa senza uscirne illeso.

Spero che questo vi abbia fatto passare la voglia di accapigliarvi tra di voi.

Strinse i pugni nel ripensare a quel brutto momento della sua vita che aveva messo da parte con dignità, insieme all'orgoglio. Era stato un ragazzo orribile in quei mesi e si era prefissato di non tornare più sui suoi passi, neanche per sbaglio. E poi c'era quella promessa, quella promessa che pesava più di un macigno.

Assolutamente no. Non farò mai più a botte, con nessuno.

Quando scansò il secondo pugno e glielo restituì all'addome il suo cuore si spezzò al pensiero dell'allenatore Anzai quando avrebbe scoperto che la sua promessa era venuta meno.

 

*

 

Kiichi Rukawa e la figlia erano seduti su una panchina, vicino al campetto dove i gemelli Sakuragi e Shimura, con Miyagi, Sendoh e Akagi stavano giocando. Sì, proprio così, Takenori Akagi non aveva retto un secondo di più quando Hime lo aveva invitato a divertirsi un po' con loro, per ricordare i bei tempi. Era sicuro che quella disgraziata, prima o poi, sarebbe riuscita a farlo capitolare e a costringerlo a tornare in squadra. D'altronde ogni occasione per i ragazzi, anche quando non c'erano gli allenamenti, era buona per il basket, soprattutto in vista del prossimo Campionato. A completare il quadro l'immancabile Armata, che non perdeva occasione di rompere le palle al suo bersaglio preferito, mentre Ayako si tratteneva a stento dal sedare tutto con una bella sventagliata a ciascuno.

«E così sono questi i ragazzi di cui mi parlavi», disse Kiichi, osservando quegli scalmanati che sembravano divertirsi un mondo con quella palla tra le mani. «Sembrano delle brave persone».

«Oh, sì, lo sono. È una fortuna averli incontrati», rispose Sana, sorridendo nel guardarli. «Peccato che non ci sia Kaede, altrimenti te lo avrei presentato».

L'uomo fece spallucce. «Stavo pensando di andare a trovare mio fratello, un giorno di questi. Vorrei riallacciare i rapporti anche con lui. Verresti a farmi compagnia?». Quando la figlia gli sorrise con gioia Kiichi non poté trattenersi e l'abbracciò. «Come ho fatto tutta questa vita senza te?».

Sanako non rispose, ricacciando indietro le lacrime. Basta piangere per quella storia, si era detta. Aveva sofferto come una dannata e continuava a soffrire se solo ci pensava; ma ora suo padre era tornato, ed era lì con lei. E l'abbracciava. Non poteva chiedere di meglio.

Si separarono quando sentirono il rossino sbraitare qualcosa contro un nuovo arrivato.

«E lui chi è? Un altro tuo amico?», chiese Kiichi, osservando quel ragazzo con una vistosa fascia viola sulla fronte, accompagnato da una ragazzetta che gli somigliava molto e che si reggeva a stento sulle sue gambe.

«Non proprio, cioè lo conosco solo perché è il fidanzato di Hime, quella con i capelli rossi», gli spiegò la figlia. «Però per quel poco che ho potuto capire è un ragazzo simpatico anche lui. Adora attaccar briga con Hanamichi e con Kaede!».

L'uomo osservava la scena davanti ai suoi occhi piuttosto perplesso. «Vedo».

«Ohi, che palle! Hicchan, l'hai invitato tu?», domandò Hanamichi col labbrone all'infuori per la delusione. Ma quella era già andata zampettante verso il suo ragazzo che, doveva ammetterlo, aveva trascurato un po' in quell'ultimo periodo. Tutta colpa di quella strega di Ayako, dell'altro maledetto Yoehi e soprattutto del suo migliore amico. Sì, era colpa loro, non sua.

Nobu le sorrise, dandole un veloce bacio sulle labbra, per poi rivolgersi al suo "cognato", con la solita aria da strafottente che tanto gli piaceva sfoggiare. «No, mi ha invitato Sendoh, demente! Certo che mi ha invitato lei!».

Akira non si fece sfuggire la battuta. «Beh, dato che Hisashi mi ha tradito con la bella nuotatrice devo pur rifarmi con qualcuno, no?».

«Sendoh, sei allucinante», commentò Akagi, mentre quello scoppiava nella sua consueta e cristallina risata.

«Uhm... e quel Rukawa che fine ha fatto?», domandò con neanche mal celato fastidio la Scimmietta Saltante del Kainan.

«Se n'è andato alla Volpaia a dormire, cos'altro potrebbe fare quello lì?», rispose con ovvietà Hanamichi, scrollando le spalle.

«Ma è strano che non si sia unito a giocare, conoscendolo», commentò Yoehi, guardando Hime che per un attimo si perse in qualche suo pensiero.

«Comunque meglio che non ci sia, mi irrita anche solo sentirne parlare», disse Nobunaga, stringendo possessivamente la sua donzella. Aveva capito che ci fosse qualcosa di strano, in quell'ultimo periodo, e aveva il tremendo sentore che il pericolo arrivasse proprio dalla Volpe dello Shohoku. Gli aveva soffiato il titolo di miglior matricola dell'anno, non gli avrebbe soffiato anche la ragazza! Perché lui era Nobunaga Kiyota, il grande amante di Kanagawa!

«Ehi, Ari-chan, perché tuo fratello ha quella faccia da esaltato?», chiese Hanamichi, agitandogli una mano davanti agli occhi sognanti, mentre quella ridacchiava.

«Bah, si sarà perso nelle sue solite elucubrazioni di superiorità, non mi preoccuperei», commentò Ryota. «Riprendiamo a giocare o cosa?».

«Nobu, ti unisci a noi?», cinguettò Hime, appendendosi al suo braccio.

Quello tornò a sorridere come un ebete, sistemandosi la fascia con uno sguardo determinato. «Ma certo! Mancavo solo io! Ahaha!».

«Ora inizieranno a litigare su chi dovrà stare in squadra con Hime, ci scommetto tutto quello che vuoi», commentò Yoehi, piegando le braccia dietro la nuca.

«Oh, lo credo anche io», rispose Ayako. «Tre, due, uno...».

«Non ci pensare nemmeno, maledetta Scimmia Pulciosa! Con Hicchan sto io!».

«Che cavolo vuoi?! Tu la vedi ventiquattro ore su ventiquattro, lasciamela almeno in queste occasioni!».

«Tra i due litiganti il terzo gode, dice il saggio! Hime, mia adorata, io e te faremo schemi da scintille».

«Tu non osare guardarla, maledetto Porcospino!».

E mentre Hime ridacchiava imbarazzata, conscia che tutto quel casino era in parte anche merito suo, Akagi vide bene di sistemare le cose una volta per tutte.

E Kiichi Rukawa spalancò la bocca nel vedere quel cimitero di teste fumanti. «Effettivamente quello non mi sembra un tipo raccomandabile».

Oh, se solo gli altri lo avessero sentito, pensò Sana. Già si immaginava i gemelli Sakuragi, insieme ai senpai Miyagi e Mitsui ridere a crepapelle, spalmati per terra nel tenersi la pancia, mentre il diretto interessato non avrebbe saputo se piangere per il fatto che era lui il buono della situazione o se mettere le cose in chiaro anche con l'uomo. Fortuna che fossero a distanza di sicurezza e fossero troppo occupati a fare i loro casini per badare a loro. Solo Akira e Yoehi ogni tanto lanciavano qualche occhiata nella loro direzione, ma Sana ovviamente si accorse solo del primo. Sorrise senza accorgersene nel pensare a quel ragazzo, ma vederlo fare il demente con Hime o con qualsiasi altro essere di sesso femminile la ingelosiva parecchio. Sapeva che la sua era solo scena e che non stavano insieme per avere delle pretese, ma avrebbe preferito mille volte di più che evitasse, così... così non si sarebbe ingelosita, ecco.

La ragazza corrugò la fronte e il padre, notandola, fece altrettanto. «C'è qualcosa che ti preoccupa?».

«Eh? Cosa? Oh, scusami! No, niente, non mi preoccupa niente!», esclamò lei di slancio, arrossendo vistosamente. Accidenti ai suoi viaggi mentali senza ritorno! «Pensavo che... beh, ecco... pensavo. Sì, pensavo!».

L'uomo sollevò le sopracciglia. «A cosa?».

Sana si rese conto della pericolosità di quella domanda, e si affrettò a dire: «Niente, niente!». Si batté una mano sulla fronte, maledicendo la sua brutta abitudine a non pensare prima di parlare, mentre il padre l'osservava sempre più perplesso. «Cioè, è ovvio che pensavo a qualcosa e non al nulla, ti ho detto che pensavo, del resto... oh Kami, starò sicuramente passando per pazza, vero?».

Kiichi scoppiò a ridere per la prima volta dopo anni e le cinse le spalle con un braccio, baciandole la fronte. «La mia pazza figlia», sussurrò, con gli occhi lucidi per la commozione e per le risate.

La serata trascorse tra scontri più o meno accesi di basket e parole: Akagi regalò qualche altra decina di pugni, tanto per non perdere la mano; Hanamichi sciorinò qualche altra demenzialità per la gioia dell'Armata che si era portata dietro i pop-corn per assistere allo show; Sendoh ci provò spudoratamente con Hime solo per far ingelosire il fratello e il fidanzato - e questi due ovviamente non poterono esimersi dal rispondergli a tono a tutte le provocazioni... insomma, c'era stato il solito caos, quindi tutto nella norma.

Quando si fecero velocemente le otto di sera pian piano tutti si avviarono verso le loro confortevoli case. Era stata una giornata un po' più sfiancante delle altre - non fosse per la quantità di risate che si erano fatti durante le prove musicali, l'idea che Ryota suonasse il basso era ancora troppo folgorante per non farli scoppiare a ridere come dei dementi ogni volta che ci pensavano - e l'unica cosa che tutti volevano fare era mangiare un bel piatto sostanzioso e buttarsi sul divano davanti alla tv, come i migliori maiali del mondo, possibilmente con un bicchiere di coca-cola in una mano e il telecomando nell'altra.

Ma quella sera l'intero Shohoku non riuscì a dormire.

Quella sera l'intero Shohoku venne sconvolto da una telefonata. Una notizia che nessuno si aspettava, una notizia talmente brutta e preoccupante che li lasciò tutti senza fiato.

Mitsui era finito in ospedale.

 

 

Continua...

 

 

* * *

 

E dopo pochissimo tempo - neanche io mi aspettavo di aggiornare così presto! - rieccomi qui! Sono stata piacevolmente colpita nel vedere la positività con cui avete accolto la novità dello scorso capitolo! Ora son curiosa di vedere come prendete questa. Sarà la volta buona che mi ucciderete di morte lenta e dolorosa, lo sento. *_*"

A presto, spero!

Marta.

 

PS: vi ricordo il mio account di Facebook che utilizzerò per gli aggiornamenti e le novità di EFP, chiunque voglia aggiungermi è liberissimo di farlo. (: E ora è arrivato anche il gruppo per ricevere notizie, spoiler e anteprime! Lo potete trovare qui. :)

   
 
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