Capitolo 14
Non lo farò più, lo
prometto.
«Ripetimi ancora una
volta, Ayakuccia: perché diavolo mi sono lasciato invischiare in questo brutto
affare?», domandò avvilito Ryota, mentre la sua riccioluta fidanzata sorrideva
come una povera pazza nel sistemargli il colletto della camicia sopra la
cinghia del basso.
«Perché tu sei un uomo
dalle grandi qualità e sai anche suonare uno strumento musicale», disse quella.
«E perché te l'ho chiesto con occhioni da cerbiatta, tu hai capitolato ed
eccoti qui!», concluse, con tanto di strizzata d'occhio.
Il Capitano dello
Shohoku guardò in cagnesco verso la platea del piccolo teatro scolastico. «E mi
puoi ripetere anche perché quei cerebrolesi sono tutti qui?».
«Ma per sentirti
suonare, che domande!», esclamò Hime, saltellante come una cavalletta e a
braccetto con Sanako. Quella pazza era già entrata nella parte, con quei
Ray-Ban a goccia rubati al fratello e usati come cerchietto per i capelli. «Hai
giustappunto davanti a te la manager ufficiale della festa a tema, mio Capitano!
Nacchan mi ha affidato questo arduo compito e abbiamo
deciso insieme che il tema sarà anni '70-'80! Non sei contento?».
L'occhiataccia dell'amico rispose per lui.
«Suvvia, senpai, almeno
non sei solo», tentò di incoraggiarlo Kimi Shimura, facendo girare le bacchette
della batteria tra le dita. «Queste due hanno incastrato anche me».
Le due in questione
sorrisero candidamente, tanto che Ryota fu colpito dal terribile istinto di
spaccare il basso in testa almeno alla Sakuragi - prima o poi quella
soddisfazione se la sarebbe dovuta togliere. Ma doveva farlo per la sua
Ayakuccia, solo per lei. Doveva stringere i denti e sperare di essere accettato
per il ruolo, altrimenti la sua donna l'avrebbe fatto a fette, ne era più che
sicuro. Non poteva deluderla, non lo avrebbe mai fatto, cascasse il mondo e
Rukawa si mettesse a ballare la cucaracha sorridendo come quel demente di
Hanamichi!
E a proposito di
Hanamichi, questo era giusto immerso in un racconto demenziale che vedeva il
povero Ryota alle prese con un basso più alto di lui - per la gioia e l'ilarità
di tutto il resto della combriccola, letteralmente spalmata dalle risate sulle
poltroncine del teatro - che neanche si accorse di una figura minacciosa che si
ergeva alle sue spalle, con chiari intenti bellici nei suoi confronti. Ma
quella volta non si trattò del nuovo Capitano, né dell'ex, che se ne stava ad
ascoltare con una manona sulle labbra, pur di nascondere un sorriso e non dargli
la soddisfazione; dietro Hanamichi stava niente meno che Masaki Tsukiyama, la
zia di Sana, che con un malloppo di spartiti in mano non prometteva niente di
buono. Quando il numero dieci dello Shohoku si rese conto che i suoi amici non
lo stavano più ascoltando ma erano più interessati a qualcosa alle sue spalle,
decise di voltarsi e ciò che vide non gli piacque. Non gli piacque per niente.
«Tu devi essere Hanamichi
Sakuragi, il fratello di Hime. Giusto?», gli chiese la donna, assottigliando
gli occhi a due fessure. Quello annuì, corrugando la fronte, preoccupato. «E
sei anche quello che gironzola sempre durante le ore di lezione perché è troppo
intelligente per stare secco e fermo come gli altri studenti. Vero?».
Per sua sfortuna
Hanamichi non colse quella sottile ironia che si nascondeva in quell'ultima
frase e iniziò a dare di matto. «Ahaha! Certo che
sono io, quel genio intelligentissimo, signora! Io non so chi sia, ma vedo che
lei mi conosce bene!».
Le narici di Masaki si
dilatarono spaventosamente, come un toro prima dell'affondo contro il matador, e
il malloppo di spartiti che teneva in mano finì bel bello contro la capa rossa
del ragazzo, che si fece piccolo piccolo sulla sua poltroncina.
«Esigo il massimo silenzio, d'ora in poi. Niente schiamazzi, niente risate,
niente di niente. Se potete evitate anche di respirare», sibilò la donna. Poi,
come se niente fosse, vedendo che tutti l'osservavano attoniti, sorrise come
una bambina. «Bene, vedo che ci capiamo. Buon ascolto, ragazzi!». E con un
ghigno che non prometteva niente di buono, la donna se ne andò sul palco. Lì
Hime, seduta a gambe incrociate, li osservava con un sorrisino che era tutto un
programma: stava per scoppiare a ridere, ma per pena o forse per timore di
subire ripercussioni riuscì a evitare il peggio.
Masaki batté le mani,
per richiamare su di sé le attenzioni di tutti. Sana era già sul suo sgabello,
al centro del palco, la chitarra sulle gambe e le mani pronte a strimpellare;
poco dietro di lei uno scazzatissimo Ryota lanciava a intermittenza prima
occhiatacce ai suoi compagni di squadra, poi sguardi pieni d'amore alla sua
Ayakuccia preferita; alla batteria Kimi si sgranchiva le dita e i polsi, e i
ragazzi si stupirono parecchio nel vedere l'aria trasognante di alcune
ragazzine presenti a vedere le prove - del resto si sa, il batterista è quello
che più fa conquiste.
«Mi sa che nel tempo
libero mi do alla batteria anche io», disse convinto Hanamichi, suscitando
subito le risposte sarcastiche degli altri. Ovviamente il più pungente fu il
solo e unico Kaede Rukawa, che se ne uscì con un "Con il cranio vuoto che hai sai che grancassa ne esce".
Gli ultimi due
componenti del gruppo erano un ragazzo del secondo anno alla chitarra, Genjo, già
conosciuto dai ragazzi perché suonava con Sana al bar, e un tastierista, Tadao,
dai grandi occhiali da vista con montatura grossa e nera. Sana l'aveva
recuperato in un angolo della biblioteca a far finta di studiare - in realtà
stava leggendo un pesante libro sui Genesis. Era stato un regalo di Buddha, ne
era sicura!
«Devo chiedergli dove ha
preso quegli occhiali», commentò Araki, credendo di essere un simpaticone.
Quando si vide i due
nemici per la pelle dire in contemporanea "Non ti daranno un'aria più intelligente, Puffo!" e "Rassegnati" - chi disse cosa è
facilmente intuibile - Araki diede di matto. Fu sedato con una tirata di
orecchie dalla terrorista della situazione, la signora Masaki, che lo sbatté
fuori dal teatro senza troppe cerimonie, mentre tutti ridevano fino alle
lacrime. Quando la donna si voltò a fulminarli con lo sguardo tutti
ammutolirono e da quel momento non si sentì neanche una mosca.
«Quella donna è
inquietante», commentò come un ventriloquo Mitsui.
«È pazza, guardala», gli
diede corda Kiyo, con una mano davanti alle labbra, osservando la zia della sua
amica tornare sorridente come se niente fosse.
«Com'è che si chiama
quello lì? Dottor Jack e Mister Clive?», domandò Hanamichi, battendosi un dito
sul mento, pensieroso.
Akagi si passò una mano
sul viso, rassegnato, mentre l'Armata, Eichiro e Mitsui sprofondarono sui loro
sedili scoppiando per le risate, tentando di nascondersi dagli occhi indagatori
di Masaki-san. Gli unici che non aprirono bocca furono Kaede e Kiyo, che si
scambiarono un'occhiata arrendevole.
«Ehi, perché diavolo
state ridendo?!», strillò il rossino con troppa enfasi, interrompendo le prove.
Sul palco Ryota, con un pericolosissimo tic all'occhio, stava seriamente
pensando di andare dai suoi compagni e spaccare il suo strumento musicale in
testa a ognuno di loro, mentre la zia di Sana era già partita a spalancare le
fauci per mettere in chiaro le cose.
Hime, nel guardare
quella scena, scoppiò a ridere. Guardò il suo ex-Capitano e mimò un cuore con
le dita, indicando prima lui e poi la donna. Akagi, in risposta, ghignò,
capendo l'antifona. Una versione femminile del King Kong non poteva certo stare
che con il King Kong in persona, se solo non fosse stata così grande!
Intanto un uomo, seduto
per conto suo lontano da quel caos, osservava divertito quelle scenette
comiche, per soffermarsi poi con più interesse sulla chitarrista del gruppo. Più
Kiichi Rukawa osservava sua figlia cantare e suonare, più si malediceva per
essersi perso la sua vita. S'immaginò come sarebbe stato poterla vedere mentre
diceva le sue prime parole, emozionarsi nel sentirsi chiamare papà, oppure
darle il suo supporto per farle muovere i primi passi. E poi il primo giorno di
scuola, le sue prime lezioni di chitarra e i suoi saggi... che razza di padre
non era stato?
Sanako guardò nella sua
direzione, mentre cantava Hot in the City,
di Billy Idol, e gli sorrise. Kiichi Rukawa, in quel momento, si sentì l'uomo
più felice sulla terra e tutti i rimpianti svanirono in quel sorriso, solo per
lui.
E tra musica anni '80,
una Hime che dietro le quinte ballava come un'invasata con Ayako, e il
gruppetto di fanciulle spasimanti di Kimi che era aumentato a vista d'occhio,
le prove terminarono dopo un'ora e mezzo. Per la cronaca Hanamichi e l'Armata
riuscirono a farsi sbattere fuori anche lì - e certo, Masaki non poteva più
sopportare quegli sghignazzi e quel demente del rossino che faceva finta di
suonare prima la batteria e poi la chitarra, convinto di andare a tempo,
distraendo tutti.
«Buon pomeriggio a
tutti! Mi sono perso qualcosa?». Il ridente Sendoh comparve poco dopo,
irradiando l'intero teatro con il suo sorriso da pubblicità.
Kaede non si fece,
ovviamente, perdere l'occasione di mostrare al mondo tutto il suo affetto per
l'ex numero sette del Ryonan. «Il tuo cervello, come sempre».
Akira ridacchiò,
scuotendo il capo, mentre il suo migliore amico gli si avvicinava con le
braccia incrociate. «Ma non avevi allenamento, tu?».
«Mi sono addormentato
dopo pranzo e non ho sentito la sveglia», rispose con un candore unico, tanto
che nessuno ebbe il cuore di rimproverarlo.
«Taoka non arriverà ai
sessanta standoti appresso», commentò Hisashi, battendogli una mano sulla
spalla e andandosene, seguito da Kiyo a qualche metro di distanza. Come se non
fosse palese che si stessero allontanando insieme, quei due.
«Ehi, Porcospino, dillo
che lo Shohoku ti piace più di quel liceo di poveri! Passi più tempo qui che
lì!», esclamò Hanamichi, ficcandosi una mano nella tasca dei pantaloni, mentre
l'altra reggeva la giacca della divisa sulla spalla.
«Ah, la colpa è della
tua bellissima sorella, Hanamichi!», rispose quello, proprio quando giungeva
Sanako, che sorrise un po' imbarazzata e a disagio. Akira, però, non se ne
accorse. «Mi ha fatto una proposta indecente».
«Hicchan!», sbraitò
spaventato il fratello.
Hime, d'altro canto,
tirò un calcione al metro e novanta di perfezione dai capelli anti-gravità.
«Nei tuoi sogni, forse, tesoro!»,
cinguettò, facendolo ridere come un demente. «Gli ho solo chiesto di aiutarmi
con la pubblicità. Avrà il faticoso compito di far sapere a tutti i licei di
Kanagawa della festa dell'anno, così avremo un po' di ospiti e facce nuove!».
«Ehi, Hicchan! Perché
non lo hai chiesto a me?!», chiese col labbrone all'infuori il Tensai, distrutto dal dolore.
«Perché per il fratello
migliore del mondo ho in mente qualcos'altro!», rispose quella, con una
strizzata d'occhi.
«Hmpf,
Buddha ci salvi, allora».
«Ede! Se vuoi coinvolgo
anche te! Ho giusto il compito perfetto!».
Rukawa se la ritrovò tra
i piedi, saltellante e pimpante. Del discorso che avevano affrontato lunedì
notte non ne avevano fatto menzione - come ovvio che fosse - ma era intimamente
felice di rivedere la solita instancabile Hime. Gli era mancata. «Tanto non ci
vengo a questa roba».
«Oh, non ci scommetterei»,
gli disse, mentre quello usciva. Lo bloccò in mezzo al corridoio, con le mani
sul petto. «Perché continuerò a stressarti finché non cambierai idea, sappilo.
E tu conosci bene il mio potenziale!».
«Purtroppo sì».
«Ede!».
«Hn.
Noiosa».
Hime incrociò le
braccia, ostinata. «Verrai perché mi farebbe un immenso piacere. Verrai per
me?».
Se me lo chiedi così. «Scordatelo».
«Daaai!
Per favore!», esclamò la ragazza, mettendosi in ginocchio e infischiandosene
altamente delle occhiatacce dei pochi passanti. Ormai era risaputo che la
sorella di Sakuragi non avesse tutte le rotelle al posto giusto.
«Alzati!», la
rimproverò, afferrandola per un braccio e sbuffando. Lei sorrise, sapendo che stesse
per cedere.
«Allora, me lo prometti?
Verrai?».
Kaede la sorpassò,
dandole un buffetto tra i capelli. «Vediamo».
«L'hai detto, eh! Vale
la prima!».
Il Volpino corrugò la
fronte. Lui non aveva detto proprio niente! La osservò sparire verso il piccolo
teatro e scosse il capo nel sentire Akagi lamentarsi per essersela ritrovata
sulle spalle.
«E staccati!», brontolò
l'ex Capitano, non riuscendo proprio a trovare un motivo valido per cui la vita
avesse potuto punirlo e affibbiargli i fratelli Sakuragi. «Tuo fratello sarà
anche una scimmia ma tu sei peggio di un koala!».
Gli occhi della ragazza
divennero grandi e luccicanti. «Stai dicendo che sono tenera?».
Quello roteò gli occhi.
«Sto dicendo che stai sempre attaccata alle spalle di qualcuno, soprattutto
alle mie, demente».
Hime sorrise
innocentemente. «Ma certo! Sei il mio tronco di eucalipto!».
Per poco non scese un
coccolone a tutti. Le avevano sentite tutte: Gorilla, King Kong, Scimmione,
Negriero, Schiavista... ma tronco di eucalipto ancora no, quello mancava ancora
in elenco. E chi poteva aggiungerlo se non uno dei due Sakuragi?
«Hicchan, ricorda una
cosa», disse con fare saggio il fratello, mentre Akagi aveva già bello che
pronto un pugno nel qual caso l'idiota avesse detto qualcosa di sconsiderato -
e sicuramente l'avrebbe detta. «Ricorda che nessuno può darti della Scimmia, neanche
il Gorillone».
Tutti gli istinti
bellici dell'ex numero 4 svanirono in un soffio.
Hime si grattò il naso,
imbarazzata. «Hana, luce dei miei occhi, non vorrei capovolgere il tuo mondo
fatto solo di scimmiette saltellanti, ma tecnicamente il koala è un marsupiale».
«Ecco, tecnicamente! Ma praticamente non lo è!».
Vedendo i volti perplessi e scoraggiati degli altri Hanamichi tentò di deviare
il colpo, temendo di aver detto l'ennesima cazzata. «Perché sembra una
scimmia... no?».
Ryota gli batté una mano
sulla spalla. «Mi fai pena, amico mio. Questo modo di vedere tuoi simili
ovunque è veramente triste».
Due secondi più tardi il
playmaker più veloce della prefettura dovette dare libero sfogo alle sue gambe
pur di non dover capitare nel raggio di curvatura del cranio di Hanamichi.
L'ultima cosa che voleva era una sua testata.
*
Kiyo chiuse gli occhi e
respirò appieno il profumo salmastro del mare, che si tingeva di rosso con il
riflesso del cielo. Il tramonto era il momento della giornata che più
preferiva, perché lasciava posto alla notte e lei, nella notte, adorava
perdersi.
«Ti piace proprio
l'acqua», commentò Hisashi, affiancandola e osservandola con la coda
dell'occhio.
«Esattamente come a te
piace tanto quella palla arancione».
Il cestista piegò il
labbro in un sorriso. «Allora guarda davanti a te e dimmi cosa vedi», le
sussurro, alle sue spalle.
Kiyo non poté far niente
per evitare di rabbrividire nel sentire quelle mani grandi sui fianchi. Corrugò
la fronte nel sentire quella frase, ma non obiettò. Osservò il sole, che
lentamente scendeva verso l'orizzonte. Una palla infuocata, arancione, che
andava lentamente a sfiorare l'acqua. «Come siamo romantici, Mitsui».
Quello rise di gusto. «No,
non credo che la parola romanticismo possa essere affiancata al mio nome, ma
era una bella similitudine, la mia, ammettilo».
«E darti la
soddisfazione di far crescere il tuo già spropositatamente grande egocentrismo?
Scordatelo», fu la replica dell'altra, sgusciando via dalla sua salda presa e regalandogli
una smorfia. Hisashi la seguì, con un delizioso sorriso sulle labbra. Quella
ragazza era incredibilmente sfuggevole; ma più tentava di allontanarlo più
sentiva il bisogno di averla accanto. Mai aveva provato il tremendo piacere di
stuzzicare una persona come faceva con lei - tranne con Akira, ma quello era un
provocatore nato, non poteva non rispondergli a tono. Ah, se l'avesse visto e
sentito in quel momento! Doveva ancora sbollire la lode che l'amico gli aveva
fatto dopo aver sentito il racconto dello zio, qualche giorno prima.
"E bravo, Hisa! Zio mi ha
raccontato tutto nei minimi dettagli... quanto avrei voluto esserci! Comunque, guarda
che ci sono motel a basso costo per fare porcherie con la tua ragazza, non c'è
bisogno di nascondersi nel bar!".
Se non fosse stato per
la elevata presenza di persone intorno a loro gli avrebbe spaccato il muso, ne
era più che sicuro.
«Tra poco devi andare a
lavoro», gli ricordò Kiyo, destandolo dai pensieri.
«Non vedi proprio l'ora
che levi le tende, eh?».
La ragazza roteò gli
occhi, spintonandolo. «Non ti dirò che non voglio che vada per stare con me,
Mitsui. Ricordi la storia del tuo egocentrismo?».
Hisashi l'afferrò per
una mano e con uno strattone delicato la fece avvicinare spaventosamente alle
sue labbra. «Ma io lo so che vorresti che rimanessi».
«Sei un pallone gonfiato,
lo sai? Un altro po' e scoppi», brontolò lei, allungando una mano sul suo collo
e alzandosi sulle punte dei piedi, per baciarlo.
Il rombo di un motore li
separò poco dopo, dato che era tremendamente vicino a loro. E Kiyo si paralizzò
sul posto nel riconoscere quella macchina tirata a lucido. Il guidatore abbassò
il finestrino, poggiando il braccio sulla carrozzeria nera, e si abbassò gli
occhiali da sole. «Ma guarda, la mia bella ragazza in compagnia del facchino.
Non hai trovato di meglio?».
«Non sono più la tua
ragazza da parecchio. Vedi di lasciarmi in pace», sibilò Kiyo, stringendo forte
la mano di Hisashi.
Toshiro piegò il capo,
ridacchiando nel notare quel gesto di insicurezza. «Ma guardati. Fai ancora
finta di essere una ragazza dura, Kiyo. Quando imparerai che sei debole come
tutti gli altri?».
«Ehi, vedi di cambiare
aria», s'intromise Mitsui. Lo sguardo che aveva non prometteva niente di buono.
Per un attimo Kiyo rivide quello stesso ragazzo che solo qualche mese prima
girava per Kanagawa con i capelli lunghi e la fronte corrugata in
un'espressione di terribile ira.
«È la seconda volta che
mi dai ordini, facchino. Non mettere a prova la mia pazienza, Mitsui».
La Guardia dello Shohoku
socchiuse le labbra, sorpreso. Lo conosceva? Si gelò quando quello continuò,
con un sorriso che mal celava le sue intenzioni belliche.
«So molto su di te,
Mitsui. Anche che il tuo ginocchio sinistro non è stato in buone condizioni. E
se te lo rompessi un'altra volta?». Finì appena di parlare che due brutti ceffi
in moto raggiunsero l'auto dell'amico. E Hisashi capì che le cose si stavano
mettendo veramente male.
«Toshiro, per favore,
vattene», disse con una nota d'isteria Kiyo, strattonando la mano del ragazzo
al suo fianco per intimargli di non fare idiozie.
«No, non credo che me ne
andrò», rispose lui, aprendo la portiera della macchina e sgranchendosi le
gambe. «Perché non ci facciamo una chiacchierata tutti insieme, che ne dite?
Una cosa amichevole».
Hisashi strinse gli
occhi. «Sparisci».
Il sospiro seccato
dell'altro fece tremare Kiyo. Stava velocemente perdendo le staffe e lei sapeva
che quando Toshiro s'incavolava erano guai seri. Cosa avrebbe potuto fare? Non
poteva rischiare che quei due facessero a botte, soprattutto non dopo la
minaccia non tanto velata che Toshiro aveva fatto sul ginocchio di Mitsui.
«Kiyoko,
uno più socievole potevi trovartelo, però», disse il bullo scuotendo il capo;
si avvicinò alla ragazza e allungò una mano per accarezzarle il viso. Hisashi
gli bloccò il polso immediatamente e la nuotatrice, vedendo quello sguardo
divertito negli occhi del suo ex-ragazzo, capì che il suo era stato un gesto
calcolato. Un modo come un altro per attaccar briga.
«Non toccarmi, Mitsui.
Mi irrita terribilmente».
«E tu non osare
sfiorarla, così siamo pari».
«Tre ordini, amico mio.
Mi hai stancato». Il pugno che gli diede lo fece barcollare per qualche istante
e Kiyo spalancò gli occhi per l'orrore.
«Smettila, Toshiro, ti
prego!», esclamò, tentando di bloccarlo.
Quello se la scrollò di
dosso facilmente. «Tenetela ferma, mentre io mi diverto un po'». I due tizi
giunti in moto non se lo fecero ripetere due volte, ma furono costretti a
lavorare entrambi per sedare quella furia di ragazza che si dimenava per
liberarsi.
Hisashi, con il naso
sanguinante, osservò l'altro con odio. Doveva avere almeno vent'anni ed era ben
piazzato; era solo un po' più basso di lui, ma quanto a forza ci sapeva fare.
Non sarebbe stato semplice tenergli testa senza uscirne illeso.
Spero che questo vi abbia fatto passare la voglia di
accapigliarvi tra di voi.
Strinse i pugni nel
ripensare a quel brutto momento della sua vita che aveva messo da parte con
dignità, insieme all'orgoglio. Era stato un ragazzo orribile in quei mesi e si era
prefissato di non tornare più sui suoi passi, neanche per sbaglio. E poi c'era quella
promessa, quella promessa che pesava più di un macigno.
Assolutamente no. Non farò mai più a botte, con nessuno.
Quando scansò il secondo
pugno e glielo restituì all'addome il suo cuore si spezzò al pensiero
dell'allenatore Anzai quando avrebbe scoperto che la sua promessa era venuta
meno.
*
Kiichi Rukawa e la
figlia erano seduti su una panchina, vicino al campetto dove i gemelli Sakuragi
e Shimura, con Miyagi, Sendoh e Akagi stavano giocando. Sì, proprio così,
Takenori Akagi non aveva retto un secondo di più quando Hime lo aveva invitato
a divertirsi un po' con loro, per ricordare i bei tempi. Era sicuro che quella
disgraziata, prima o poi, sarebbe riuscita a farlo capitolare e a costringerlo
a tornare in squadra. D'altronde ogni occasione per i ragazzi, anche quando non
c'erano gli allenamenti, era buona per il basket, soprattutto in vista del
prossimo Campionato. A completare il quadro l'immancabile Armata, che non perdeva
occasione di rompere le palle al suo bersaglio preferito, mentre Ayako si
tratteneva a stento dal sedare tutto con una bella sventagliata a ciascuno.
«E così sono questi i
ragazzi di cui mi parlavi», disse Kiichi, osservando quegli scalmanati che sembravano
divertirsi un mondo con quella palla tra le mani. «Sembrano delle brave persone».
«Oh, sì, lo sono. È una
fortuna averli incontrati», rispose Sana, sorridendo nel guardarli. «Peccato
che non ci sia Kaede, altrimenti te lo avrei presentato».
L'uomo fece spallucce.
«Stavo pensando di andare a trovare mio fratello, un giorno di questi. Vorrei
riallacciare i rapporti anche con lui. Verresti a farmi compagnia?». Quando la
figlia gli sorrise con gioia Kiichi non poté trattenersi e l'abbracciò. «Come
ho fatto tutta questa vita senza te?».
Sanako non rispose,
ricacciando indietro le lacrime. Basta piangere per quella storia, si era
detta. Aveva sofferto come una dannata e continuava a soffrire se solo ci
pensava; ma ora suo padre era tornato, ed era lì con lei. E l'abbracciava. Non
poteva chiedere di meglio.
Si separarono quando
sentirono il rossino sbraitare qualcosa contro un nuovo arrivato.
«E lui chi è? Un altro
tuo amico?», chiese Kiichi, osservando quel ragazzo con una vistosa fascia
viola sulla fronte, accompagnato da una ragazzetta che gli somigliava molto e
che si reggeva a stento sulle sue gambe.
«Non proprio, cioè lo
conosco solo perché è il fidanzato di Hime, quella con i capelli rossi», gli
spiegò la figlia. «Però per quel poco che ho potuto capire è un ragazzo
simpatico anche lui. Adora attaccar briga con Hanamichi e con Kaede!».
L'uomo osservava la
scena davanti ai suoi occhi piuttosto perplesso. «Vedo».
«Ohi, che palle!
Hicchan, l'hai invitato tu?», domandò Hanamichi col labbrone all'infuori per la
delusione. Ma quella era già andata zampettante verso il suo ragazzo che,
doveva ammetterlo, aveva trascurato un po' in quell'ultimo periodo. Tutta colpa
di quella strega di Ayako, dell'altro maledetto Yoehi e soprattutto del suo
migliore amico. Sì, era colpa loro, non sua.
Nobu le sorrise, dandole
un veloce bacio sulle labbra, per poi rivolgersi al suo "cognato",
con la solita aria da strafottente che tanto gli piaceva sfoggiare. «No, mi ha
invitato Sendoh, demente! Certo che mi ha invitato lei!».
Akira non si fece
sfuggire la battuta. «Beh, dato che Hisashi mi ha tradito con la bella
nuotatrice devo pur rifarmi con qualcuno, no?».
«Sendoh, sei allucinante»,
commentò Akagi, mentre quello scoppiava nella sua consueta e cristallina
risata.
«Uhm... e quel Rukawa
che fine ha fatto?», domandò con neanche mal celato fastidio la Scimmietta
Saltante del Kainan.
«Se n'è andato alla
Volpaia a dormire, cos'altro potrebbe fare quello lì?», rispose con ovvietà
Hanamichi, scrollando le spalle.
«Ma è strano che non si
sia unito a giocare, conoscendolo», commentò Yoehi, guardando Hime che per un
attimo si perse in qualche suo pensiero.
«Comunque meglio che non
ci sia, mi irrita anche solo sentirne parlare», disse Nobunaga, stringendo
possessivamente la sua donzella. Aveva capito che ci fosse qualcosa di strano,
in quell'ultimo periodo, e aveva il tremendo sentore che il pericolo arrivasse
proprio dalla Volpe dello Shohoku. Gli aveva soffiato il titolo di miglior
matricola dell'anno, non gli avrebbe soffiato anche la ragazza! Perché lui era
Nobunaga Kiyota, il grande amante di Kanagawa!
«Ehi, Ari-chan, perché tuo fratello ha quella faccia da esaltato?»,
chiese Hanamichi, agitandogli una mano davanti agli occhi sognanti, mentre
quella ridacchiava.
«Bah, si sarà perso nelle
sue solite elucubrazioni di superiorità, non mi preoccuperei», commentò Ryota.
«Riprendiamo a giocare o cosa?».
«Nobu, ti unisci a noi?»,
cinguettò Hime, appendendosi al suo braccio.
Quello tornò a sorridere
come un ebete, sistemandosi la fascia con uno sguardo determinato. «Ma certo!
Mancavo solo io! Ahaha!».
«Ora inizieranno a
litigare su chi dovrà stare in squadra con Hime, ci scommetto tutto quello che
vuoi», commentò Yoehi, piegando le braccia dietro la nuca.
«Oh, lo credo anche io»,
rispose Ayako. «Tre, due, uno...».
«Non ci pensare nemmeno,
maledetta Scimmia Pulciosa! Con Hicchan sto io!».
«Che cavolo vuoi?! Tu la
vedi ventiquattro ore su ventiquattro, lasciamela almeno in queste occasioni!».
«Tra i due litiganti il
terzo gode, dice il saggio! Hime, mia adorata, io e te faremo schemi da
scintille».
«Tu non osare guardarla,
maledetto Porcospino!».
E mentre Hime
ridacchiava imbarazzata, conscia che tutto quel casino era in parte anche
merito suo, Akagi vide bene di sistemare le cose una volta per tutte.
E Kiichi Rukawa spalancò
la bocca nel vedere quel cimitero di teste fumanti. «Effettivamente quello non mi sembra un tipo
raccomandabile».
Oh, se solo gli altri lo
avessero sentito, pensò Sana. Già si immaginava i gemelli Sakuragi, insieme ai
senpai Miyagi e Mitsui ridere a crepapelle, spalmati per terra nel tenersi la
pancia, mentre il diretto interessato non avrebbe saputo se piangere per il
fatto che era lui il buono della situazione o se mettere le cose in chiaro
anche con l'uomo. Fortuna che fossero a distanza di sicurezza e fossero troppo
occupati a fare i loro casini per badare a loro. Solo Akira e Yoehi ogni tanto
lanciavano qualche occhiata nella loro direzione, ma Sana ovviamente si accorse
solo del primo. Sorrise senza accorgersene nel pensare a quel ragazzo, ma
vederlo fare il demente con Hime o con qualsiasi altro essere di sesso
femminile la ingelosiva parecchio. Sapeva che la sua era solo scena e che non
stavano insieme per avere delle pretese, ma avrebbe preferito mille volte di
più che evitasse, così... così non si sarebbe ingelosita, ecco.
La ragazza corrugò la
fronte e il padre, notandola, fece altrettanto. «C'è qualcosa che ti
preoccupa?».
«Eh? Cosa? Oh, scusami!
No, niente, non mi preoccupa niente!», esclamò lei di slancio, arrossendo vistosamente.
Accidenti ai suoi viaggi mentali senza ritorno! «Pensavo che... beh, ecco...
pensavo. Sì, pensavo!».
L'uomo sollevò le
sopracciglia. «A cosa?».
Sana si rese conto della
pericolosità di quella domanda, e si affrettò a dire: «Niente, niente!». Si
batté una mano sulla fronte, maledicendo la sua brutta abitudine a non pensare
prima di parlare, mentre il padre l'osservava sempre più perplesso. «Cioè, è
ovvio che pensavo a qualcosa e non al nulla, ti ho detto che pensavo, del
resto... oh Kami, starò sicuramente passando per pazza, vero?».
Kiichi scoppiò a ridere
per la prima volta dopo anni e le cinse le spalle con un braccio, baciandole la
fronte. «La mia pazza figlia», sussurrò, con gli occhi lucidi per la commozione
e per le risate.
La serata trascorse tra
scontri più o meno accesi di basket e parole: Akagi regalò qualche altra decina
di pugni, tanto per non perdere la mano; Hanamichi sciorinò qualche altra
demenzialità per la gioia dell'Armata che si era portata dietro i pop-corn per assistere allo show; Sendoh ci provò
spudoratamente con Hime solo per far ingelosire il fratello e il fidanzato - e
questi due ovviamente non poterono esimersi dal rispondergli a tono a tutte le
provocazioni... insomma, c'era stato il solito caos, quindi tutto nella norma.
Quando si fecero
velocemente le otto di sera pian piano tutti si avviarono verso le loro
confortevoli case. Era stata una giornata un po' più sfiancante delle altre -
non fosse per la quantità di risate che si erano fatti durante le prove
musicali, l'idea che Ryota suonasse il basso era ancora troppo folgorante per
non farli scoppiare a ridere come dei dementi ogni volta che ci pensavano - e
l'unica cosa che tutti volevano fare era mangiare un bel piatto sostanzioso e
buttarsi sul divano davanti alla tv, come i migliori maiali del mondo,
possibilmente con un bicchiere di coca-cola in una mano e il telecomando
nell'altra.
Ma quella sera l'intero
Shohoku non riuscì a dormire.
Quella sera l'intero
Shohoku venne sconvolto da una telefonata. Una notizia che nessuno si
aspettava, una notizia talmente brutta e preoccupante che li lasciò tutti senza
fiato.
Mitsui era finito in
ospedale.
Continua...
* * *
E dopo pochissimo tempo - neanche io mi aspettavo di
aggiornare così presto! - rieccomi qui! Sono stata piacevolmente colpita nel
vedere la positività con cui avete accolto la novità dello scorso capitolo! Ora
son curiosa di vedere come prendete questa. Sarà la volta buona che mi
ucciderete di morte lenta e dolorosa, lo sento. *_*"
A presto, spero!
Marta.
PS: vi ricordo il mio account
di Facebook che utilizzerò per gli aggiornamenti
e le novità di EFP, chiunque voglia aggiungermi è liberissimo di farlo. (: E
ora è arrivato anche il gruppo per ricevere notizie, spoiler e anteprime! Lo
potete trovare qui.
:)