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Autore: _Ayame_    15/05/2011    2 recensioni
Allora, questa fanfic è arrivata quinta all' "[Hetalia] Through History Contest!".
L'evento scelto è l'annessione ufficiale dell'isola di Creta alla Grecia.
Vi lascio l'introduzione generale ed una frase:
I sentimenti che Creta ha provato il giorno dell’annessione al Paese di suo fratello, Heracles, non li ha mai mostrati a nessuno, da brava orgogliosa qual è, ma se per caso arrivasse tra le sue mani la sua vecchia ‘agenda di battaglie’ che le facesse rivivere quel giorno? Quella in cui ha scritto tutto, compreso ciò che pensava, ciò che provava, ciò che detestava…
Ed ecco la citazione:
«”Il tempo frantuma le cose, ogni cosa invecchia sotto la potenza del tempo e viene dimenticata con il passare del tempo”, ricordatelo» [...] .
[Personaggi: Grecia/Heracles Karpusi, OC!Creta/Kalliopi Kanakis, Turchia/Sadiq Adand - anche se è perlopiù nominato. E anche tanti altri nominati.]
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Grecia/Heracles Karpusi, Nuovo personaggio, Turchia/Sadiq Adnan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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wtf

 

Finalmente sono riuscita a sistemare l'HTML ... l'ho vinta sul PC!

Questa fanfiction ha partecipato ed è arrivato quinto al " [Hetalia] Through History Contest! " indetto da Lalani.

Ringrazio onee-chan per avermi detto del concorso: senza di te, ci sarebbe più pace, sì, lo sai vero? <3 Ora impazzirò tra tutti quei file!

Ho anche troppo da dire su questa fic, ma spero vi basteranno le note, altrimenti non la finirei più.
Inoltre, questo è stato il mio primo esperimento di ff storica con Hetalia, quindi ... siete stati avvertiti!
Speravo di riuscire a fare un disegno decente da mettere, ma vista la mancanza di tempo, penso l'aggiornerò più tardi!
Se, nel tentativo di vincere sull'HTML ho impasticciato qualcosa, ditemelo pure!
Buona lettura!

Autore: _Ayame_
Titolo della fic: L’agenda dei ricordi – 14 dicembre 1913
Tipologia della fic: One-shot
Evento Scelto: 14 dicembre 1913, Creta
viene annessa ufficialmente dalla Grecia
Personaggi principali: Grecia/Heracles Karpusi, Nuovo personaggio (OC!Creta/Kalliopi Kanakis), Turchia/Sadiq Adnan
Genere: Storico, introspettivo, fluff (solo nell'ultima parte)

Avvertimenti: //
Raiting: Giallo

Conteggio parole: 2608 – note e titolo esclusi
Introduzione: I sentimenti che Creta ha provato il giorno dell’annessione al Paese di suo fratello, Heracles, non li ha mai mostrati a nessuno, da brava orgogliosa qual è, ma se per caso arrivasse tra le sue mani la sua vecchia ‘agenda di battaglie’ che le facesse rivivere quel giorno? Quella in cui ha scritto tutto, compreso ciò che pensava, ciò che provava, ciò che detestava…

 

L'agenda dei ricordi – 14 dicembre 1913

 

Passo le dita sulla carta fragile, ancora più di una volta, e sorrido: quanti ricordi, quanti ricordi stupidi e dolci. Mi chiedo come abbia fatto quest’agendina consunta ad arrivare fino a qui. Ormai sono passati giorni, mesi, anni, decenni e ancora di più, eppure mi emoziona ancora quella data, così significativa.
 
14 Dicembre 1913, Creta è ufficialmente annessa alla Grecia, dopo lunghe battaglie per riuscirci.
 
   Stavo passeggiando per le spiagge della mia capitale, ora capoluogo greco di Creta, il vento che mi scompigliava i capelli mossi e bruni.
Quel pensare al fatto che Iraklio fosse capoluogo greco, mi fece ricordare cosa avevo dovuto passare durante il periodo precedente.
Ero stata per un certo periodo sotto il controllo di sei Nazioni: Austria, Germania, Inghilterra, Francia, Italia e Russia.
Presto Austria e Germania decisero di ritirarsi, e iniziarono a stringere rapporti con Sadiq.
Cosa non a mio vantaggio, aggiungendo il fatto che Austria voleva estendersi su tutto il territorio dei Balcani, considerandolo “una naturale espansione dell’Impero Asburgico” e anche Russia che voleva uno sbocco sicuro sul Mediterraneo. La cosa non mi faceva sentire al sicuro, visto che i due si mettevano anche d’accordo sulla spartizione dei Balcani.
Le quattro Nazioni rimaste mi affidarono – pur mantenendo sempre la loro giurisdizione su di me – a Heracles e al suo capo, Giorgio di Grecia.
Ero con mio fratello, eppure no… Il mare ci divideva ancora. Pareva insormontabile: per quanto ci spingessimo sulla costa, l’uno di fronte all’altra, non potevamo far nulla, non ci potevamo scorgere. E anche vero che molto raramente mi capitava di vederlo. E in quelle occasioni dormiva oppure mi costringeva a passare il tempo dando da mangiare ai suoi amati gatti, o ancora mi mostrava i suoi meravigliosi siti archeologici: l’acropoli di Argo, ora una statua di Atena, come se io non avessi nulla!
Quando il capo di mio fratello abdicò, Francis, Veneziano, Lovino, Ivan e Arthur gli chiesero di scegliere un sostituto, ognuno con la sua solita “raffinatezza”, nella quale Sud Italia eccelleva: «Sbrigati a trovare un altro, bastardo di un greco gattofilo!», fu questa la richiesta “formale” scritta del meridionale.
La scelta ricadde su un greco, tale Zaimas, che governò sull’isola fino al 1908; allora io e i miei ‘concittadini’ decidemmo di proclamare l’annessione di Creta alla Grecia. Già dal 1832 circa cercavamo in tutti i modi di ricongiungerci con Grecia, ovvero da quando mio fratello era riuscito a liberarsi dal giogo dell’Impero Ottomano.
Quella che io volevo, comunque, era un’unione di convenienza: avevo scelto il male minore, la Nazione che mi avrebbe dato più sicurezza ed autonomia, a cui in un certo senso ero legata.
Cosa che non volevano accettare, neanche a parlarne.
Purtroppo la mia isola aveva la fama – brutta, bruttissima, per me e il mio popolo – di essere territorio turco, causa l’antica dominazione turca che durò per circa 230 anni, e così Sadiq si sentì in dovere di protestare presso le Potenze.
A pensarci, in quel momento, anche se tutto era finito e passato, sentivo ancora la rabbia in me: era stato un pessimo, pessimo tutore. Aveva lasciato la mia gente nell’inerzia, nella trascuratezza, la mia economia, un tempo così florida e ricca, che mi aveva portato al potere 1 era caduta in basso e alle nostre ribellioni aveva risposto con l’uccisione dei ‘ribelli’; a volte uccidevano persone a caso, scommettendo su come sarebbero caduti. Maledetti giannizzeri! E io non potevo nulla. Ci avevano imposto parole che ci sminuissero: come l’aggiunta del suffisso ‘aki’ o ‘akis’ ai cognomi. Significa ‘piccolo’, ed io non sono stata esentata da questa umiliazione. Aveva cercato – con abbastanza successo – di cambiare la nostra religione: ai palazzi che il dominio di Venezia mi aveva lasciato si erano aggiunte le Moschee; altra cosa, mi allontanava da mio fratello, più di quanto non lo fossi già.
Si divertiva a deridermi: «Karpusaki!», era sempre lì a gridare, a darmi della “piccola Karpusi”, a me, che ero uno Stato a sé, che avevo una mia identità. Mia e basta.
Dopo tutto questo, pretendeva ancora che fossi un suo territorio; ma io volevo stare con mio fratello; fratello che non si decideva ad annunciare nulla, per paura che ciò potesse offendere le potenze; loro ci ‘avvertirono’ – tenendo delle navi da guerra nelle mie acque – che dovevo mantenere il mio governo autonomo e che mio fratello doveva lasciarmi stare.
«Fratello, vuoi deciderti?!», gli chiedevo, agli incontri tra Nazioni quando le potenze mi portavano con loro
«Mh… Kalliopi, lo sai che è meglio non scatenare proprio ora la loro ira! Lo sai, no? È impossibile che una cosa sia o divenga senza una causa o un principio, diceva Aristotele. Dammi tempo», diceva allora, propinandomi la sua filosofia, giusto per il piacere di farlo.
«”Il tempo frantuma le cose, ogni cosa invecchia sotto la potenza del tempo e viene dimenticata con il passare del tempo”, ricordatelo», gli rispondevo con un’altra frase del filosofo che tanto amava e prima che dicesse altro me ne andavo.  “ La causa c’è, il principio c’è, cosa vuoi? Tu hai dimenticato l’importanza della nostra causa... ” Spesso lo pensavo e mi rattristivo. Eppure poteva immaginare cosa passavo.
Mi ribellai, inutile cercare di farmi ragionare, ma prima calarono la mia bandiera da Candia 2 ,
poi inviarono altre quattro navi da guerra per ‘proteggermi’ – a loro detta.
Era come essere chiusi in una gabbia: in un certo senso, il fatto di dovermi ‘tutelare’ li univa in uno scopo comune e colonialista e li distraeva dalle loro lotte continue.
All’ennesima domanda mia e del mio popolo, mi risposero: «Prima fai un Governo stabile, poi si vedrà!», questo perché Inghilterra era stranamente di buon umore – forse ancora non aveva assaggiato i suoi scones.
Facile a dirsi: quando i miei ufficiali chiesero al Governo di giurare fedeltà a Grecia, nel 1910, i Musulmani si rifiutarono, minacciando invasione.
Il mio Governo però non resse a lungo: perse completamente il controllo nel 1911, ma quelle potenze che ormai avevano deciso di torturarmi, continuavano a dire che non era il momento; ma un anno dopo i Cretesi elessero dei delegati all’Assemblea Greca.
Purtroppo le potenze decisero di intervenire, mandando quel borioso di un teinomane: costretta a essere relegata nel mio stesso Paese. Sempre colpa di Sadiq!
I miei delegati riuscirono finalmente ad entrare nell’assemblea di Heracles sono allo scoppio della Prima Guerra Balcanica.
La guerra si prolungò dall’8 ottobre 1912 fino al 3 dicembre dello stesso anno, quando fu firmato un armistizio: lo stesso giorno, mio fratello, attaccò Sadiq, che portò ad un altro scontro due giorni dopo; si vedeva che Heracles aveva dormito più del solito, e non aveva recepito bene tutti i fatti. O li aveva bellamente ignorati.
Sospirai, seduta per terra: possibile avere un fratello così sbadato? Pensando al mio, sì; pensando a Veneziano, non posso che riconfermare il fatto, che sì, è possibile.
Guardai il foglio che avevo tra le mani, già vecchio degli anni passati, rovinato e sprimacciato; avevo scritto qualche appunto su quella storia, perché né io né il mio popolo dovevamo dimenticare: 30 maggio 1913, Trattato di Londra, Creta è ceduta agli Alleati dei Balcani da parte dell’Impero Ottomano e riconoscimento dell’indipendenza cretese.
Questo trattato non poté nulla in senso assoluto per me, né i successivi, quello di Atene alla fine della Seconda Guerra Balcanica, né il trattato di Atene, che mio fratello firmò con Turchia il 14 novembre 1913; continuarono a litigare velatamente, ma erano sempre lì pronti a prendersi a maschere e gatti volanti.
L’unica cosa positiva per me era che quei trattati riconoscevano che io fossi sotto tutela e dominio di mio fratello. Metaforicamente.
Neanche un mese dopo il trattato di Atene le potenze che prima ci avevano ostacolato riconobbero l’unione mia e di mio fratello.
Scrissi l’ultima nota quel giorno stesso e poggiai per terra il foglio rinchiuso nell’agenda su cui era scritta quella data; chiusi gli occhi e sorrisi: sentivo l’intera isola in fermento. Quanto avevamo aspettato quel momento?
Non so quanto rimasi lì, con gli occhi chiusi, ma fu per molto tempo: sentivo il Sole cambiare d’intensità e posizione, però erano le mie ultime ore sulla mia isola.
Ogni volta che sentivo lo sciabordio delle onde contro la prua di una nave sentivo il cuore aumentare i battiti e gli occhi volersi aprire.
Ma non arrivava mai. Quel dannato! Dormiva sempre! E sicuramente stava facendo ritardo perché sapeva che io avrei sempre detto di essere Creta e non una delle sue regioni 3 . E che non avrei mai ammesso di voler essere sotto la sua tutela, per qualsiasi motivo. Più semplicemente e sicuramente dormiva, ne ero certa; in fondo – ma forse molto in fondo – ci teneva a me.
Ormai avevo smesso di tentare di capire quando sarebbe arrivato: quando arrivava, arrivava, e non potevo certo innervosirmi e perdere la calma. No, io non avrei perso la testa per quello lì, no. Non l’avevo fatto.
Cercavo di convincermene.
Iniziai a giocare con la sabbia e i piccoli sassi su cui ero seduta, quasi carezzando la terra.
Una nuvola all’improvviso oscurò il mio Sole: i miei occhi, abituati a quella luminosità intensa, passarono al buio più totale, mentre il vento soffiava ancora e scompigliava i miei capelli peggio di quanto non fossero già, vanificando il lavoro della mia cameriera – no, non Toris: Ivan non me l’ha mai voluto prestare – che si sarebbe arrabbiata.
«Miao!», un miagolio mi costrinse ad aprire gli occhi, e mi trovai davanti Grecia, che oscurava il Sole del Tramonto, un gattino in testa che si stiracchiava dal sonno, sentii i miei occhi farsi grandi: era venuto, e mi tendeva una mano.
«Kriti 4 disse con la sua strana pronuncia «Heracles» dissi solo, ancora mezza tramortita dalla sorpresa.
«Kalliopi», chiamò, «Ti ho raggiunto».
Razza di fratello idiota! Lo vedevo!
«Ci hai impiegato troppo!», mi lamentai afferrando la sua mano con un sorriso. Dissimulavo l’ansia e la gioia, ma presto non ci sarei più riuscita.
L’agenda con il foglio la lasciai lì, nella speranza di tornare a fare visita.
«Non è colpa mia! Ho trovato traffico! E poi il Caporale Gatto si era sentito male!»,disse mentre camminavamo sul bagnasciuga.
laquo;Bugiardo! Hai comunque fatto tardi! E questo non è Caporale Gatto!»
«Hai ragione, questo è Aristotele: Caporale Gatto l’ho lasciato a casa; aveva sonno, poi mi ero messo ad aspettarlo e…», cercava di scusarsi, ma la mancanza di sonno lo mandava in palla.
«Hai chiamato un gatto come il tuo amato filosofo?!»
«Certo, che c’è di male. Antica Grecia mi ha lasciato tanti scritti su di lui ed io volevo onorarlo»
«Dedicare un monumento, no, eh? E poi eri tu ad avere sonno! Lascia in pace quei poveri gatti!», dissi dandogli un pizzico con la mano libera.
«Ahia!» si lamentò lui, stringendo la presa sulla mia mano, per riflesso, e controllandosi poi il braccio. «Esagerato!», esclamai, gli occhi color ambra al cielo.
«M-ma quell’agenda?», mi chiese apprensivo, voltandosi verso dov’ero prima. Teneva agli scritti storici.
Mi voltai appena, sperando che il vento non portasse via quei fogli; poi tornai a guardare davanti a me, incurante: «Non mi serve», esclamai, lo sguardo sicuro avanti a me.
«Sicura?», chiese ancora mezzo voltato.
«Sì!», dissi esasperata
«Davvero?»
«Ho detto sì!», urlai buttando in mezzo all’acqua.
«K-Kalliopi!», si lamentò.
«Troppo lento, troppo!» gridai mentre iniziavo a correre perché altrimenti mi avrebbe trascinata nell’acqua.
«Kriti! Aspettami!!» disse uscendo dall’acqua zuppo, mezzo scivolando.
«Grecia!» mi preoccupai, raggiungendolo per aiutarlo, ma quel pazzo di un greco mi schizzò l’acqua addosso. Iniziammo a ridere, mentre, fradici entrambi, andavamo dal bagnasciuga alla sabbia, a piedi nudi.
«E ora dove mi porti?» chiesi. Era il mio “addio” a quel bel litorale, lo sapevo.
«A casa, alla tua nuova, seconda casa»
«Va bene», acconsentii, felice della sua precisazione.
Mano nella mano, come quando eravamo piccoli, ci dirigemmo verso la sua nave, da dove provenivano miagolii allegri, affamati ed assonnati.
Anche HeraHera sbadigliò, forse per simbiosi con i suoi animali preferiti.
«Signorina Kanakis», disse, indicandomi il ponte della nave per invitarmi a salire.
«Signore», dissi mentre salivo lentamente ma a passo sicuro; sulla nave si udiva un russare sommesso di gatti e umani.
“Ma bene!” pensai tra me e me, con sarcasmo.
Una volta saliti entrambi, salpammo verso la mia nuova casa, con Grecia che accarezzava e accudiva i suoi amati gatti, costringendo anche me a farlo.
Mentre dava l’ennesima porzione di cibo a un plotone di gatti, io ne accarezzavo uno piccolo e indifeso; non potei far a meno di notare quanto fosse luminoso quel ragazzo.
«Kalliopi», disse, forse per la millesima volta nella giornata
«Sì?», chiesi sorridente: forse avrei anche potuto perdonargli di avermi abbandonato, e di aver tentennato così tanto per riprendermi con sé, in fondo non è poi un’unione così campata per aria. Forse.
«Prometti che rimarrai sempre qui?», chiese.
Capii cosa intendeva, ma volevo lo dicesse chiaramente: «Su una nave?», domandai infatti, facendo la tonta, cosa, che, a suo dire, mi riesce molto bene.
«N-no!» esclamò, il gatto sulla testa si svegliò di soprassalto per il suo quasi-grido.
Alcuni momenti di silenzio, momenti e secondi che divennero minuti. Distolsi lo sguardo, del rimprovero e della sconsolatezza negli occhi: non ci riusciva proprio a dirmi quello che voleva, quel greco.
«Prometti di rimanere sempre al mio fianco?», chiese esplicitamente, sta volta, prendendomi di sorpresa.
Non me l’aspettavo più ormai, perciò rimasi un po’, mh, sotto shock.
«Ah … ehm …» dissi mentre il gattino continuava a strusciarsi dolcemente contro la mia mano destra.
«Allora?» disse con fare sonnolento ma attento. Davvero strano. Davvero da Heracles.
«Sì, lo prometto», risposi
«Bene, lo prometti, rimani, finalmente», rispose a sua volta lui, imbarazzato e sollevato.
«Bene, l’ho promesso», conclusi.
Sembrava felice e anche io lo ero: il mio cuore scatenato lo confermava.
Potevamo levare il forse: quell’unione non era così a caso, lo sentivo, sarebbe durata.
L’avrei perdonato, lo sapevo; sbuffai: riusciva a farmi strani effetti, Heracles.
Stava per dire qualcos’altro, ma lo zittii: «E non provare a farmi uno dei tuoi doppi sensi!», ero rossa – per dirla all’Antonio – come un pomodoro. Non gli conveniva rovinare quel momento!
Lui rise: «No no, te lo giuro, Kalliopi!».
Perché queste figure così … così turche le facevo solo io?
Ancora tra le risate mi si avvicinò e mi abbracciò: «Questa non me l’aspettavo da te!» «Nessuno ti ha detto che potevi ridere!»
«Come vuoi, Kriti» disse lui, continuando ad abbracciarmi, «Ti porterò a vedere tutti i siti archeologici più belli della mia Terra! Contenta?», mi stuzzicò, sapendo che avrai replicato e sbuffato.
Il resto del viaggio passò in silenzio, a goderci la brezza del mare tra i miagolii, a recuperare il tempo perso parlando, riempiendo vuoti di troppi decenni e secoli, abbracciati a guardare la riva cretese sparire per lasciar posto a quella greca.



NOTE:
Il personaggio di Creta è stato basato sugli stereotipi che si trovano in giro sulla rete sui cretesi e in generale sulla loro storia e in minima parte anche all’arte antica – soprattutto – e moderna.
 
[Sono testardi, orgogliosi, tengono alla loro libertà, sono ‘facilmente infiammabili’, non sopportano per nulla i turchi, prima si definiscono cretesi e poi greci, essendo gelosi delle proprie tradizioni.]
Kalliopi non è un nome cretese, al contrario del cognome.

[1]si riferisce al periodo più o meno del II millennio a.C;
[2]Candia è l’antico nome di Iraklio;
[3] anche se l’isola di Creta premeva per unirsi alla Grecia, come ho scritto, era perché aveva scelto il male minore tra quelli possibili, anche perché i cretesi difficilmente diranno di essere di nazionalità greca, tenendo molto alla loro identità culturale;
[4]pronuncia greca di ‘Creta’


Grazie per aver letto!
Alla prossima,
_Ayame_


 
   
 
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