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Autore: LaNana    16/05/2011    1 recensioni
-Mi chiamo June Barnes e sto per morire.
-Non stai per morire Jay.
-Ah no Curt?...Allora mi chiamo June Barnes e NON sto per morire. Sono un agente dell'FBI e lavoro con Curt per sconfiggere i cattivi, siamo infiltrati, corriamo in macchina e non ci fermiamo davanti a niente. Tranne quando si tratta di noi.
Dal capitolo I
- Guarda che siamo stati a Quantico da Ottobre a Febbraio, inverno guarda caso. E dormivamo in delle cazzo di brandine foderate che ci impiegavano dei millenni ad asciugarsi. In pratica mi hai fatto passare per quella che pisciava a letto tutte le notti.- ride un po’ più forte – Pensa che perfino Mac Ruth mi ha chiesto se avessi problemi d’incontinenza.- e ora ride sguaiatamente – Non devi ridere Carter, non c’è niente da ridere.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When Speed Is not Enough.

Capitolo Secondo.

 

17 aprile 2010.

E uno che poi ci spera che da aprile le giornate inizino a migliorare…invece no! Pioveva a dirotto, acqua a catinelle proprio, dalla macchina all’ingresso del J. Edgar Hoover Building presi talmente poca acqua da decidere di chiudere l’ombrello che tanto non sarebbe servito a molto.
Voglio dire, capisco che Washington non si trova proprio ai tropici, che non sia nemmeno lontanamente paragonabile alla Houston dove sono nata, ma non è neanche possibile che piova un giorno sì e l’altro pure. Poco male, riesco ad apprezzare meglio i periodi di vacanza nel mio buon vecchio Texas, o i periodi che ci mandano ad infiltrarci altrove, è un po’ come staccare la spina, se non fosse che rischiamo ogni volta la pelle.
Corsi su per le scale dell’ingresso, spintonando la porta e fiondandomi dentro l’atrio, accolta dallo sguardo impietosito del portiere che richiuse delicatamente la porta, per evitare che sbattesse.
Mi appartai in un angolo dell’ingresso scrollandomi come un San Bernardo la pioggia di dosso e sedendomi sulla poltrona di pelle beige per cambiarmi le scarpe, passando da delle comodissime Nike da corsa a delle sanguinarie décolleté tacco dieci, sulle quali sarei dovuta destreggiarmi per tutto il giorno nella speranza di mantenere con eleganza il mio già scarso equilibrio.
Tolto l’impermeabile e infilato senza molta cortesia in una busta di plastica assieme al suo amico ombrellino-da-borsa-che-si-rompe-alla-prima-folatina-di-vento mi diressi all’ascensore, raccogliendo i capelli in uno chignon fermato da delle forcine sperando che non si vedesse quanto fossero effettivamente infradiciati.
Entrai nell’ascensore controllandomi allo specchio. Tutto sotto controllo, meno male.
Mentre si chiudevano, una mano fermò le porte riaprendole.
- Agente Barnes, buongiorno.- scattai sull’attenti offrendo un perfetto saluto militare.
- Colonnello Mac Ruth buongiorno.
- Riposo, agente.- rilasso la muscolatura, odio il saluto militare di prima mattina – L’agente Johnson?- ah-ha bella domanda Colonnello.
- Ah…ehm…credo, credo stia arrivando.- orologio, orologio, orologio vieni a me. Le otto e cinquantadue.
- Ho capito è in ritardo anche oggi.- Carter è un abitudinario, ancora dopo anni non capisce che non può permettersi di alzarsi alle otto e trenta se alle nove deve iniziare a lavorare in ufficio, quando succede che è in orario è perché ha passato la notte a casa di qualche donna che, grazie a qualche divinità a me estranea, abita vicino all’Hoover Building.
Il silenzio calò nell’ascensore mentre saliva i piani dell’edificio, senza mai fermarsi. La presenza del Colonnello mi ha sempre innervosito, tutto per colpa dell’addestramento a Quantico, Virginia. Diciamo che il caro vecchio Carter e il suo compagno Dylan Dwaynie, attualmente Tenente Capo della sezione Omicidi di Los Angeles, mi presero come loro preferito bersagli per scherzi e battutacce. In parte devo ringraziarli perché alleggerirono molto la tensione di quei lunghi mesi, ma dall’altra parte li strozzerei con le mie stesse mani, infilando le unghie nelle loro carotidi e giugulari finché il sangue zampillante dalle ferite non m’imbratta tutti i vestiti e loro, agonizzanti ed imploranti, estraggono le pistole dalle fondine e si fanno fuori. Cazzo ogni notte entravano nel dormitorio femminile ed armati di secchi d’acqua fredda inondavano per prima la sottoscritta, poi se rimaneva qualche goccia passavano ad un’altra povera malcapitata.
E la mattina, puntuale, fuori a stendere le lenzuola e ad areare il materasso, ammesso e non concesso che non piovesse dato che Quantico non è molto distante da Washington.
- A cosa pensa Agente Barnes?- ok, dovevo trovare una risposta rapida, che celasse il mio imbarazzo e che non facesse capire il mio reale pensiero omicida.
- A…Quantico, Signore.-
Brava, brava June la retina sotto il cervello ha proprio smesso di funzionare eh?! Non dreniamo più i pensieri dal lobo frontale alla bocca?
- A proposito Agente, ha ancora problemi d’incontinenza notturna? O è riuscita a trovare una soluzione?- ecco per l’appunto.
- Veramente no, Colonnello, in realtà erano l’Agente Johnson e la Recluta Scelta Dwaynie, Signore. Il mio apparato urinario non ha mai avuto nessun tipo di problemi, eccezion fatta per delle cistiti saltuarie…- apparve un ghigno sotto i baffi scuri dell’uomo, cosa che fece precipitare esponenzialmente il mio umore da sotto le scarpe, dritto fino al centro della terra.
- Lo so bene, ma suvvia non sia così permalosa e scontrosa, si trattò di goliardia giovanile…- il trillo mi fece deconcentrare dai miei istinti omicidi nei confronti del mio partner per posare l’attenzione sulla porta che si apriva, piano sesto gli uffici del direttore generale, e l’obiettivo di tutta la mia ira entrare in ascensore.
- Crosticina prepara le valigie, ce ne andiamo al caldo secco finalmente!- saltò dentro e sollevandomi di peso facendomi fare un giro attorno a lui – Forza, muovi quel tuo bel culetto tondo e scappa a casina a fare le valigie!- toccato terra coi trampoli mi sentii arrivare pure una pacca diretto per diretto sulla chiappa sinistra.
- Aho!- scansai di lato avvicinandomi alle borse abbandonate vicino alla pulsantiera guardando risentita gli occhi nocciola di Carter.
- Cosa ti lamenti a fare? Alle altre donne piacciono gli schiaffi sul cu…
- Agente Johnson la prego di adeguare i termini al luogo dove ci troviamo.- tuonò il Colonnello dopo una sonora schiarita di voce – Agente Barnes la prego di non allontanarsi dal suo ufficio, vi voglio tutti e due nel mio ufficio tra non più di quindici minuti. Abbiamo molto di cui parlare e poco tempo per farlo.- ottavo piano porte aperte, il Colonnello girò verso sinistra noi, io e il mio strazio personale, voltammo a destra verso le nostre porte in acero e vetro satinato con piccole targhe in ottone.
- Alle altre donne piacciono gli schiaffi sul culo, perché tutta quella scena?- alzai un sopracciglio spingendo la maniglia verso il basso, abbandonando le borse dietro la scrivania dove campeggiava la targa “J. BARNES”. La raddrizzai e Curt decise invece di ribaltarla sedendosi sul bordo della scrivania, levandosi la giacca di dosso e abbandonandola su una delle sedie di fronte a quella dove mi sedetti.
- Perché prima di tutto non sono una delle “altre donne”, secondo perché non sono una maniaca perversa come te, e terzo perché col Colonnello a farmi da ombra non mi pare il caso di fare la puttanella con il mio partner.- feci partire la segreteria telefonica mentre riordinavo la scrivania.
-Detta così non sembra neanche sbagliato, voglio dire se sono il tuo partner perché non fare gli sporcaccioni, eh Crosticina?- Crosticina. Da dove se l’era cagata questa?
- Senti decerebrato con la cintura dei pantaloni troppo stretta perché faccia scorrere il sangue dall’uccello al cervello, ascoltami bene: Crosticina ci chiami una di quelle vacchette che ti scopi la notte, non la sottoscritta.- e fu dopo questo sproloquio che Agente Fascino Ribelle tolse il suo regale culo dalla mia scrivania.
- Ti hanno ucciso Brioche?- reagii più o meno urlando inorridita.
- No testa di cazzo, il mio cane sta benissimo. È la pioggia.- e, riascoltati e puntualmente cancellati i quattro messaggi in segreteria, prendo carta e penna per dirigermi all’ufficio del Colonnello Mac Ruth.
- O il ciclo?- rettifico: prendo la Glock d’ordinanza e gli conficco una pallottola nel lobo frontale.
- Fottiti Johnson.-
Ridente e per nulla turbato dalle mie poco velate minacce, mi seguì fino alle comode sedie di pelle nera di Mac Ruth dove si sedette sprofondando con molta poca grazia.
- Eduardo Ramirez Fonda e suo fratello Mathias sono i gestori di una banda organizzata di New Orleans.- foto di due uomini dalla pelle un po’ scura, probabilmente messicani o portoricani, con i cartelli numerati di riconoscimento in mano, foto scattate in chissà quale comando di polizia – Sono dei fottuti figli di puttana. Hanno ucciso un sacco di persone, fanno gare illegali con auto truccate e hanno in mano il traffico di stupefacenti più grande della storia.
- Cento chili di cocaina pura, non ancora tagliata possono veramente essere battuti, Colonnello?- mi guardò negli occhi spazientito.
- Carter parliamo di cocaina, eroina, anfetamine varie e le droghe che noi ora chiamiamo “intelligenti”, quelle sostanze chimiche ancora non riconosciute come droghe ma che ci ammazzano i ragazzi nelle discoteche, hai presente il popper?
- Vada avanti Colonnello, ignori questo pezzo d’idiota.- gli allungai le foto.
- E’ gente senza un minimo di scrupolo, al primo problema tirano fuori coltelli e pistole ed eliminano alla radice il loro problema. Dovete stare più che attenti.- finii di prendere  appunti terminando la frase con un punto che assomigliava più ad un trattino.
- Chi saremo stavolta?- domandai disegnando due rettangoli.
- Curt Jursey e Jule Blackhurt. Curt e Jay.- annotai rapidamente i nomi nei rettangoli, sorridendo. Ogni volta era un nome diverso, ma sempre collegabile ai nostri soprannomi così da poterci chiamare liberamente Curt e Jay. E non da meno avere a portata di mano i nostri oggetti con le serigrafie delle iniziali, vedi le camicie del signor Johnson. Allunga la mano sulla scrivania – Eccovi i documenti. Andate a fare le valigie e fatevi trovare nel parcheggio interrato tra due ore, vi darò la macchina.- alzai al volo sedere e tacchi dirigendomi a passo svelto a recuperare borsa, ombrello, scarpe e tutto l’occorrente dall’ufficio.

- Non posso crederci che hai portato veramente un hard disk esterno pieno di musica per il viaggio!- caricai la valigia sui sedili dietro della Mustang del 67 parcheggiata tra la Pontiac Firebird di Curt e la mia piccola Honda Civic.
- Guarda che io e la tecnologia non ci prendiamo a cazzotti, Curt.- con la manica del cappotto cancellai i segni delle dita dal bordo della carrozzeria nera, ancora lucida di Car wash.
- Agenti Johnson e Barnes – il Colonnello lanciò le chiavi in mano a Carter – buon viaggio.- si girò e sparì dietro le porte dell’ascensore. Alzai un sopracciglio nella direzione del mio partner.
- Andiamo?- sorrisi.
- Non aspetto altro da due ore e mezza Curt.- saltammo in macchina senza nemmeno aprire le portiere ed esaltati, mettemmo in moto quel motore da otto cilindri e due bombole di Nos nel bagagliaio, facendolo rombare per tutto il parcheggio, rombo che ci fece urlare di piacere, finalmente s’iniziava.

Angolo di LaNana

Siamo all'inizio della storia un po' prologo, un po' "come tutto ebbe inizio" siamo infatti indietro nel tempo e il tempo della narrazione è passato al passato remoto (chiedo umilmente venia per il gioco di parole).
Carter lo raffiguro come un donnaiolo, simpatico e difficile da controllare, June un po' più integerrima nel lavoro ma poi vi farò scoprire il suo lato frivolo e ossessivo.
Le macchine che guidano sono un tassello importante, ci metto molto del mio: abbiamo infatti una Pontiac Firebird, per chi non lo sapesse sarebbe il modello di Kitt, e una Honda Civic (specifico ora type R). Diciamo un po' quelle che sono le mia auto ideali nel passato e nel presente. Non che una FANTASTICA Mustan Cabrio del 67, LA MACCHINA (o come dicono alla Volkswagen DAS AUTO).

Mille grazie a chi ha recensito, inserita nelle seguite o nelle preferite.

TENGO A PRECISARE CHE:
1) nonostante le ricerche non ho scoperto molto sull'FBI quindi ci saranno sicuramente inesattezze ed errori, vi chiedo scusa in anticipo e se qualcuno li riconosce è pregato di avvisarmi così da poter correggere;
2) non ho la benchè minima idea se effettivamente New Orleans sia stata costruita sulla "vecchia città" e se le fogne si snodino tra le vecchie carceri, ma l'idea mi è piaciuta!
3) CERCO QUALCUNO CHE MI AIUTI CON UN BANNER, aiutoooo :(

GRAZIE A CHIBI BISQUIT PER ESSERE UNA BETA FANTASTICA!!

A presto col prossimo capitolo.

LaNana

   
 
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