Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: jillien    18/05/2011    2 recensioni
“Non lo faresti mai”.
“Sì, hai ragione.”
“Incredibile”.
“Il fatto che tu abbia ragione?”
“Il fatto che tu ammetta che io l’abbia”.
“Incredibile, andare a fare la spesa lasciando il suo amico in queste condizioni! Non sta bene!”

Ambientato poco dopo "The Great Game"
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Un piatto che va servito freddo.
Rating: Giallo
Pairing: Sherlock/John, ovvio.

Un piatto che va servito freddo

 
 
[Dolce è l'ira in aspettar vendetta.
T. Tasso. La Gerusalemme liberata]
 
“Fuori sta piovendo, caro”.

La signora Hudson si alzò dalla sua sedia vicino al letto e andò a chiudere la finestra della camera. John osservò, annoiato come non mai, il cuscino con la bandiera inglese che riprendeva a poco a poco la sua forma dopo aver sopportato per tanto tempo il peso della donna.
“Già”.
Era ovvio che stesse piovendo; l’umidità era salita negli ultimi giorni e, anche se non avesse avuto una spalla che pulsava a tempo con i cambiamenti metereologici, stava evidentemente cadendo acqua dal cielo e –Oddio. Stava iniziando a pensare come Sherlock.
“Non è obbligata a stare qui, signora Hudson.” John sapeva che la cara signora non l’avrebbe abbandonato, almeno finché Sherlock non fosse tornato, ma se non altro impiegava il suo tempo in un modo migliore che contando le macchie sul soffitto.

Mi annoio!

Ora sapeva cosa provava il suo coinquilino ogni volta che non aveva un caso tra le mani. Poteva addirittura comprendere il suo atto da hooligan contro il muro.

“Oh, non ti preoccupare caro. Ti farò compagnia finché Sherlock non sarà di ritorno dal supermercato”.

Ah già, perché il mio caro coinquilino ha deciso di sperimentare il far la spesa proprio mentre sono immobilizzato qui.

John tentò di cambiare posizione, ma la sua gamba protestò vivacemente, costringendolo ad un sonoro gemito di dolore che allarmò la signora vicino a lui.
“Incredibile, andare a fare la spesa lasciando il suo amico in queste condizioni! Non sta bene!” Esclamò facendo per alzarsi – per quanto velocemente la sua anca glielo permettesse – ma John la fermò prima che si catapultasse sul letto a manipolare quei poveri cuscini per l’ennesima volta.

“Signora Hudson, non si preoccupi. Sto bene”. 

A parte il fatto che non riuscirò più a camminare normalmente e che devo ritrovare il mio bastone nel caos di Sherlock.

La porta dell’appartamento sbatté e sentirono dei passi frettolosi che salivano le scale, che si fermavano fuori dalla porta e Sherlock fece la sua comparsa in camera da letto.

“John ti ho preso-” si immobilizzò alla vista della signora che lo guardava con un cipiglio arrabbiato.

“Eccoti qui! Lasciare il tuo amico in queste condizioni per andare a fare la spesa, non sta bene!”

“Che importa se non sta bene, dobbiamo pur mangiare .” Rispose in tono leggero avvicinandosi al letto. John lo guardò con un sopracciglio alzato. “Signora Hudson potrebbe preparare qualcosa di caldo, per favore?” Le chiese con un lieve sorriso.


“Oh, certo John caro. Ma solo per questa volta, non sono la vostra cameriera”.


“Certo che no, la ringrazio”.


Quando si fu chiusa la porta alle sue spalle, Sherlock si levò il capotto lungo, lo gettò da qualche parte in modo che bagnasse anche il suo povero sostegno - non sia mai che metta in ordine! - e si sedette subito sul letto al suo fianco, facendo attenzione a non far muovere troppo la gamba fasciata.


“Questo letto è scomodo, ecco perché preferisci il mio” osservò molleggiando leggermente il materasso.


“Sherlock.” Lo chiamò.


“Cosa?” chiese innocentemente.


“Non sei andato a fare la spesa, vero?”


“Ovvio che non ci sono andato. Non l’ho mai fatta in vita mia, motivo per cui mi serve un coinquilino.”


“Quindi sarei l’addetto alla spesa? ” tentò di fare forza sulle braccia per tirarsi su, ma la gamba diede un’altra scossa di dolore che lo costrinse a trattenere il
fiato. Sherlock si limitò a fissarlo, senza muovere un muscolo.


“Lo sai perché è bello averti intorno mentre sto così? Ma certo che lo sai, tu sai sempre tutto”. Rinunciò a mettersi a sedere e aspettò che il suo amico intuisse che aveva bisogno di una mano. Ci volle meno di un secondo perché Sherlock lo tirasse per permettergli di appoggiarsi alla testiera, rubandogli poi un bacio veloce che fece sorride John. “Allora che hai fatto se non sei andato al supermercato?”


“Ti ho comprato un bastone” rispose soddisfatto. Dalla faccia sembrava che avesse avuto un’intuizione geniale - più del solito – o che fosse arrivato prima il Natale.


“Un bastone.” Ripeté sconcertato.


“Sì, uno di quegli strumenti che servono ad aiutare le persone a camminare. Sai, nel caso volessi mai alzarti da questo scomodo letto.” Sherlock gli prese il
volto tra le mani e lo fissò negli occhi “John, sul serio, se lasciarti nelle mani della signora Hudson ti fa questo effetto non uscirò più di casa”.


“Non lo faresti mai”. Disse liberandosi il viso e appoggiandosi con un sospiro alla montagna di cuscini.


“Sì, hai ragione.”


“Incredibile”.


“Il fatto che tu abbia ragione?”


“Il fatto che tu ammetta che io l’abbia”. Sherlock gli fece uno dei suoi rari sorrisi, né una smorfia maliziosa, né ironica, né uno di quei sorrisi che tirava fuori solo quando voleva ottenere qualcosa. Solo un sorriso e solo per lui.


“Le tue capacità deduttive stanno lentamente migliorando, insieme alla tua dialettica”.

John sbuffò, grattandosi con attenzione la coscia da sopra le coperte.

“Ringraziamo Moriarty per avermi costretto a letto, allora.” Non appena finì la frase si pentì di averla iniziata. “Sherlock non-”


“Non ti preoccupare John, va bene. Non appena lo troverò - perché ci puoi giurare che lo troverò – lo potrai ringraziare. Dopo di che gli pianterò un proiettile nel cuore.” Osservò con leggerezza. Dopo che l’esplosione in piscina aveva reso zoppia di John meno psicosomatica e decisamente più reale - e più permanente-, ogni volta che si parlava di Moriarty Sherlock si irrigidiva e poi faceva un’osservazione del genere come se stesse parlando del tempo. Lestrade aveva preso la sua prima minaccia di omicidio come una delle tante stranezze del detective, ma John sapeva che lo avrebbe fatto. E se, da una parte, prima si sentiva lusingato che la sua incolumità potesse smuovere il razionalissimo Sherlock, fino a fargli pensare una cosa del genere, ora ne aveva paura.

Lui era quello che aveva quasi preso una pillola che sarebbe potuta essere avvelenata, solo perché un serial killer aveva sfidato la sua intelligenza; non poteva - voleva - immaginarsi cosa avrebbe fatto a colui che lo aveva quasi privato del suo blogger.

Il dottore scosse la testa, tentando di cambiare argomento “avanti, fammi vedere questa meraviglia che mi permetterà di starti alle costole”.


Sherlock fece una smorfia e tirò fuori da una busta - era entrato con una busta? - un elegante bastone in legno. John sgranò gli occhi.

“Io dovrei andare in giro con un bastone di legno?!”

“Di legno serpente, per essere precisi.”


“E’ da vecchi!”


“E’ elegante. E si abbina con i tutti i tuoi maglioni”


“Che ne vuoi sapere tu di abbinamenti?” Chiese diffidente; gli prese il bastone dalle mani, guardandolo scettico. Ora John si spiegava l’entusiasmo iniziale del suo compagno, decisamente poco adatta a qualcuno che era andato a fare la spesa. Non se aveva dovuto aver a che fare con quelle diaboliche macchinette, almeno.


Sherlock sembrava deluso dalla sua reazione “se non lo vuoi lo riporto indietro.”


“Io…no. Mi ha solo sorpreso. Dove l’hai trovato?” Lo soppesò con una mano, era piuttosto pesante ma non più di quello che usava prima di conoscere il suo coinquilino; probabilmente sarebbe stata solo una questione di abitudine.


“Da un antiquario che mi doveva un favore, ho smascherato il nipote che gli rubava periodicamente qualcosa. Rivendeva tutto a scuola per avere i soldi per le sigarette. Avrebbe potuto accorgersene da solo visto l’odore di cui era impregnato il ragazzo e i segni sulle dita. Oltre al fatto che controllava sempre le liste di arrivo dello zio.”


John sbuffò esasperato.  “Sherlock, ti imploro. Sono stato piò o meno quattro ore ad ascoltare la signora Hudson che mi ripeteva quanto non fosse appropriato il tuo comportamento, come stessi, se la gamba mi facesse male e che fuori piove. Non posso reggere anche la storia delle tue brillanti deduzioni.”


 
“Come desideri” disse troppo arrendevole. “A quanto pare questo bastone apparteneva a un medico militare del diciannovesimo secolo. Mi sembrava adatto.”


“Se ti sei scomodato tanto… sapevi che non te lo avrei fatto riportare indietro?”


“Ovviamente John, o non mi sarei nemmeno proposto di farlo. Tenta di evitare di appoggiarti sulla braccio sinistro.”


“Perché sta piovendo?”


“E’ evidente che stia piovendo, sta cadendo dell’acqua dal cielo. Non farmi dire ovvietà per favore, odio sentirmi come Anderson.” Rispose con una nota di insofferenza. John dovette reprimere una risata; nonostante non potesse che biasimare Sherlock per quella sua pungente ironia che, a volte, sfociava nella maleducazione, non poteva nemmeno negare l’evidente divertimento che ne traeva.


John provò ad alzarsi tre volte - imprecando in modo ben poco garbato - prima che il suo compagno si decidesse ad aiutarlo. Sherlock serrò la mascella, evitando di guardare la gamba innaturalmente rigida di John, e per la prima volta si astenne dal commentare qualcosa.

“Ecco perché mi piace averti intorno in questi casi, non ti allarmi al primo lamento, non ti precipiti ad aiutarmi e non mi chiedi come sto.” Disse appoggiandosi al braccio di Sherlock e provando a sostare il peso sul suo nuovo, elegantissimo, bastone.

“So come ti senti, mi basta guardare come ti muovi, so se i lamenti sono sintomo di una cosa talmente grave da dovermene preoccupare e, in modo assoluto, so quando ti arrendi all’evidenza che ti serve aiuto”


“E come faresti? No, non voglio saperlo” Si appuntò mentalmente di perdere quella brutta abitudine di chiedere sempre quali ragionamenti ci fossero dietro alle più elementari deduzioni di Sherlock. “Piuttosto dimmi che ne hai fatto delle tre ore rimanenti dopo l’acquisto del mio elegantissimo bastone.”


“Non te lo dirò”.


“Sei andato da Mycroft?”


“Non ho intenzione di parlarne, non risponderò alla tua domanda, non voglio dirtelo. Posso continuare, sai?”


Gli aprì la porta in tempo per sentire la signora Hudson, la padrona di casa e non la cameriera, urlare che il pranzo era in tavola. Nonostante John non possedesse l’acume di Sherlock, né le sue capacità deduttive, sapeva che era passato dal fratello per avere informazioni sui recenti spostamenti di James Moriarty. Sentì improvvisamente il bisogno di abbracciarlo e di farsi sostenere mentre uscivano dalla sua - poco utilizzata - camera da letto.

Per debolezza si odia un nemico e si pensa a trarne vendetta; per pigrizia ci si calma e non ci si vendica affatto. E John sapeva bene che Sherlock non era pigro. Per nulla.
 
***
 
NdA:
1_Il legno serpente è un chiaro richiamo al film: scena del ristorante, quando Holmes si prende un bicchiere di vino in faccia e rimane impassibile a mangiarsi la sua bistecca. Per questo e per aver portato via John a Sherlock, aspetto impaziente la morte violenta di Mary Morstan.
2_OOC? Oddio, spero di no D:
3_ Ambientata qualche temo dopo The Great Game… direi non più di un mese.
4_ “Per debolezza si odia un nemico e si pensa a trarne vendetta; per pigrizia ci si calma e non ci si vendica affatto”. Citazione di Jean de La Bruyère, I caratteri, 1688.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: jillien