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Autore: Mirokia    19/05/2011    2 recensioni
-Ma non lo vedi tu stessa? Si sta per sposare! Con una donna!- fece Kurt a voce talmente alta, che le vecchie dietro di lui gli intimarono di tenere la bocca chiusa con uno “shhh” sommesso. -Sta delirando.-
-Quello che sta delirando qua dentro sei tu, razza di Hummel.- ribattè Santana, tranquillissima.
-Sarà l’errore più grande della sua vita.-
-Probabile. Mi divertirò parecchio.- ridacchiò la ragazza.

[ Kurtofsky/Possibili spoiler delle ultime puntate ]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Finn Hudson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DELIRIOUS

 

 

 

 

2. -Innocence.-

 

 

 

 

 

 

Quinn Fabray fece tintinnare il ghiaccio nei bicchieri di vetro arancione quando posò il vassoio argentato sul tavolo rotondo. Si accomodò spostandosi delicatamente i capelli dietro la schiena e passò la ciotola di biscotti al cioccolato al ragazzo che aveva di fronte.

-Puoi ripetermi il motivo per il quale sei qui?- fece la Fabray osservando contrariata l’espressione disgustata di Kurt che rifiutava i biscotti.

-Non ne hai integrali?- chiese quello di rimando.

-Posso guardare. Ma intanto dimmi perché sei qui.- insistette la bionda per poi rialzarsi pazientemente e aprire la dispensa.

-Così. Per noia.-

-Ah, grazie tante.- fece Quinn ironica.

-Prego.- ribattè Kurt a bocca piena. Si era deciso ad assaggiare un biscotto, alla fine. Quinn sospirò e tornò a sedersi. Non le era mai andato così a genio l’atteggiamento altezzoso del ragazzo.

-Non ti caccio di casa solo perché sono gentile. E perché piaci a mia madre.- disse a braccia conserte.

-Ehilà, Kurtie!-

Neanche a farlo apposta, la madre di Quinn si affacciò in cucina e salutò allegramente. Kurt abbozzò un sorriso e alzò la mano muovendo appena le dita.

-Dove l’hai lasciato Finnie?- continuò cogli occhetti azzurri che brillavano.

-Credo sia a casa con…Rachel.- e sottolineò quel nome per poi rivolgere un’occhiata pesante a Quinn.

-Oh, con Rachel? E’ un peccato che Finnie non abbia scelto la mia Quinny per…-

-Mamma, per favore.- la interruppe la ragazza, che davvero non sopportava quando la madre si intrometteva nei suoi discorsi.

-Scusa tesoro. Me ne vado subito.- sembrò voler lasciare i ragazzi in pace, ma sbirciò ancora una volta.

-Non volevate i biscotti integrali?-

-Va benissimo così, signora. Grazie.- disse subito Kurt, anticipando una brutta risposta da parte di Quinn.

Finalmente, la donna se ne andò salutando molto carinamente, e Quinn si rivolse di nuovo al ragazzo.

-Ma Blaine?-

-Blaine cosa?-

-Non dovresti essere con lui da qualche parte a coronare il vostro amore, piuttosto che stare qui?-

-Non mi vuoi proprio, eh?- fece Kurt prendendo un sorso di spremuta d’arancia.

-Ti rendi conto che è venuta più volte Rachel a casa mia che tu?-

Non aveva risposto alla domanda. O meglio, aveva risposto con un’altra domanda. Si vede che, in effetti, non lo voleva tra i piedi.

-Questo mi porta a pensare che tra voi due ci sia stato qualcosa…- azzardò Kurt, e sapeva che Quinn avrebbe sbuffato, e magari si sarebbe alzata scocciata. E infatti lo fece, e Hummel si complimentò con se stesso per aver indovinato.

-Ascolta, non potresti andare a fare le tue supposizioni altrove? Va’ da Blaine.-

E sì, adesso lo stava decisamente cacciando.

-Ma lui sta lavorando! Lavora sempre.- fece Kurt malinconico per poi appoggiare il mento sul tavolo e guardare da quella prospettiva il bicchiere arancione. –Sono quattro notti di fila che non ci addormentiamo insieme.- aggiunse.

-Questo dipende dall’ora in cui vai a dormire.- gli fece notare la bionda mentre portava via il vassoio.

-…Alle 22 sono sotto le coperte. Il sonno è un toccasana per la pelle.-

Quinn rotolò gli occhi all’indietro.

-E allora come pretendi di poterti addormentare con lui? Sicuramente, tornerà tardi ogni sera, se mi hai detto che fa…Cos’è che fa?-

-Lavora per una rivista locale. Scrive articoli sulle nuove mode nel campo musicale.-

-Ha, me lo immagino proprio mentre scrive un bell’articolo sulla band punk del momento.- commentò subito la Fabray storcendo il naso perfetto. Kurt finse di non averla sentita e proseguì.

 -E lavora anche a teatro. Sta sempre in giro.-

-E ti lamenti? Porterà non pochi soldi a casa.-

-Ma l’amore e l’affetto non si comprano con i soldi.- fece Kurt coi lacrimoni. Sembrava quasi un cartone animato.

-…Dillo che sei geloso del suo successo a teatro.- gli disse Quinn accennando un sorriso di scherno.

-Se.- borbottò, poi provò a ricomporsi per parlare meglio. –Sì, diciamo di sì. Ero io quello destinato al mondo di Broadway.-

-E invece sei finito a lavorare in profumeria.- lo anticipò la ragazza.

-Ma presto aprirò una boutique tutta mia. Quel mondo pieno di odori e polverine colorate non fa per me.-

-Davvero?-

Kurt la ignorò di nuovo. Anche se sul momento, gli era come comparsa davanti agli occhi l’immagine di Karofsky che, qualche anno prima, diceva a lui e a Blaine una frase del tipo: “Ho saputo che stavate spargendo la vostra polvere fatata dappertutto”. Scacciò quel flashback temporaneo –ultimamente ne aveva parecchi- e riprese a parlare.

-E poi, il mio stile è originale e innovativo. Sarà un successo.-

-Sì, continua a sognare, tesoro.- disse l’altra mentre posava la ciotola ormai vuota nel lavandino. –Torna a lavorare, piuttosto.-

-In effetti dovrei iniziare tra circa…- si guardò l’orologio appeso al collo (perché sì, aveva un orologio come collana. Insieme alle chiavi come girocollo e le forbici come spilla) -…mezz’ora.-

-Bravo, allora inizia ad incamminarti.- concluse Quinn arrivando persino a togliergli la sedia da sotto il sedere. –E cammina a passo svelto, così smaltisci i biscotti.-

-La prossima volta integrali, promettimelo.-

-Non c’è nessuna prossima volta, Kurt. Dai, cammina.-

Il ragazzo si ricompose lisciandosi i capelli. Poi diede un’occhiata altezzosa a Quinn e aprì la porta per uscire.

-Arrivederci, signora Fabray.- disse salutando la madre di Quinn.

-Ciao Kurtie! Saluta tuo fratello!- urlò la donna dal soggiorno, poi Quinn gli chiuse la porta in faccia.

 

*

 

Kurt arrivò al lavoro perfettamente puntuale, forse un po’ stanco perché aveva dovuto prendere i mezzi pubblici. Presto avrebbe costretto Blaine a comprarsi una macchina per sé. Molto presto. Magari gliene avrebbe parlato quella notte stessa –tanto era quasi sicuro che sarebbe arrivato prima lui di suo marito a casa-.

Diede il cambio a una ragazza dai capelli rossi, sua collega da qualche mese, e le augurò cordialmente di passare una bella serata.

Dietro la cassa, accanto a lui, c’era un altro dei commessi, sulla trentina, coi capelli brizzolati e lo sguardo che faceva paura, sicuramente non l’ideale per un gentilissimo commesso pronto ad aiutarti a scegliere il profumo o il trucco adatto alla tua persona. Kurt si era chiesto parecchie volte cosa ci facesse uno come lui in un posto come quello. Lo vedeva molto meglio in un posto come un cimitero, a fare il becchino, o la guardia di notte. Gli vennero i brividi al pensiero.

Aveva da poco iniziato il turno, quando in profumeria entrò una persona a lui dannatamente familiare. Pensò che l’avesse fatto apposta ad entrare proprio in quel momento, proprio quando Kurt aveva dato il cambio alla ragazza coi capelli rossi.

Kurt fece finta di non vederlo tentando di intavolare una conversazione col tizio che stava fermo come uno stoccafisso alla sua sinistra.

-Ehm…Allora…-

Quello si voltò lentamente, il volto pallido e segni neri di occhiaie. Kurt deglutì.

-Come ti è andata la settimana?- provò a chiedere, badando bene a mantenere le distanze.

-Pessimamente.- sillabò l’altro giocherellando distrattamente coi pulsanti sulla cassa.

-Anche questa volta?-

-Già.-

-Tua sorella non s’è ancora ripresa?-

-Morirà di qui a poco.-

-Oh.-

Kurt era sinceramente dispiaciuto per quello stangone così abbattuto e triste, che se ne stava talmente piegato sul bancone, da formare una quasi perfetta U rovesciata con la schiena. Gli sarebbe venuta la gobba molto presto, Kurt ne era sicuro.

-Ehi. Non stare così piegato, tirati un po’ su…- e nel dire quelle parole, Kurt si azzardò a poggiare una mano sul molle braccio del collega. A quel gesto, l’unico cliente nel negozio si schiarì energicamente la voce, quasi a voler attirare l’attenzione di uno dei due. Hummel rivolse uno sguardo solidale al collega brizzolato, poi andò a vedere cos’è che volesse quel cliente così poco rispettoso.

-Cosa desideri?-

-Da quando dai del tu ai clienti?- fece quello, che s’era voltato piuttosto velocemente.

-E tu da quando dai del tu ai commessi?- quella frase contorta sembrò quasi confondere Karofsky. –Cosa desideri?- ripetè Kurt, tutto altezzoso.

-Un profumo per mia moglie.-

A quella richiesta, il più piccolo soffocò una risata. Non era una risata sincera, solo di scherno, e anche piuttosto cattiva.

-Non farmi ridere.- disse, per poi tornare serio tutto d’un colpo.

-Non mi sembrava una barzelletta.- ribattè Dave, anche lui piuttosto serio, fingendo di scandagliare tra gli scaffali per cercare un profumo dalla boccetta carina.

-Com’è andata la luna di miele?- chiese poi Kurt, non realmente interessato all’argomento.

-Bene, molto dolce.-

-Era una battuta? Devo ridere?-

-Per me puoi anche piangere.- rispose Dave secco, per poi tornare a dare attenzione alle boccette.

-Perché ti serve un profumo per tua moglie?- chiese ancora Kurt guardando curioso i suoi movimenti nervosi.

-Ci dev’essere un motivo?-

-Te lo dico io: perché puzza.-

La risposta non era per niente consona, ma Kurt la trovò divertente.

-…Tu stai delirando.- ne dedusse Dave abbandonando la ricerca del profumo. Poi tentò di trovare una via d’uscita per potersene andare colle mani in tasca, ma Kurt lo bloccò quasi sul posto.

-No, sei tu che deliri, mio caro. Avrei capito perfettamente se tu ti fossi tenuto una donna, per altro molto graziosa, niente  da dire al riguardo, come copertura, ma addirittura sposarla?- il suo sguardo era contrariato. Era lo sguardo che adottava ogni qualvolta si ritrovava a parlare –parlare? Macchè, discutere!- con Karofsky.

-Ma a te cosa importa?- fece l’altro con tono antipatico.

-Mi importa, perché tu mi hai  invitato al matrimonio per dimostrarmi una volta per tutte che non sei gay.- disse Kurt snocciolando finalmente la sua teoria. L’uomo dietro la cassa li guardava con discrezione, ma sembrava non aver alcun interesse in quello che stavano dicendo.

-Ti ho invitato perché sei il fratello di un mio caro amico.- disse subito l’altro, contraddicendolo.

-Da quando Finn è tuo amico?-

-Da quando ha imparato ad accettare me e le mie scelte. Cosa che tu ancora non fai, a quanto pare.- sbottò alla fine, e cercò di farsi spazio per potersene finalmente andare e lasciare a bocca asciutta quel ragazzo tanto insistente. Ma cosa voleva ancora dalla sua vita? Non solo gli aveva praticamente distrutto l’adolescenza facendolo vivere come un vegetale che si nasconde dietro alla facciata del bullo cattivo, ma continuava a tormentarlo con le sue teorie assurdi e i suoi trip mentali che avrebbero confuso anche il più in gamba dei filosofi.

Lasciò la profumeria con un diavolo per capello, pensando al fatto che no, non era entrato lì dentro per comprare un profumo a sua moglie.

Mentre camminava verso la sua macchina, tirò fuori dalla giacca una di quelle comode boccette di whisky che gli procurava Azimio quando si sentiva depresso. Lo portò alla bocca, ma l’immagine di Santana che gli diceva “Non sono male come veggente, eh?”  gli apparve nel cervello e lo costrinse a rinunciare a bere.

Basta, doveva smetterla di far avverare di proposito le profezie della Lopez.

-Soffrirai come un cane! Te lo dico io!-

La voce di Kurt gli rimbombava in testa, e nemmeno si ricordava quando gli aveva detto quella frase. Forse qualche settimana prima di sposarsi. Sì, era da un bel po’ di tempo che quella fatina tentava di farlo tornare sulla “retta via”, anche se di retta non c’aveva niente. Forse il retto c’entrava qualcosa…Ah, ma cosa andava a pensare? E poi diceva agli altri di delirare quando lui era il primo.

Si massaggiò le tempie e salì in macchina, per poi rispondere al telefono che squillava già da un po’.

-Dov’è che sei andato?-

Era sua moglie. La sua bellissima, stupenda, dolcissima, fantastica moglie.

-Ho preso una boccata d’aria.- la voce gli tremava appena, e Nancy sembrò cogliere qualcosa.

-Sei con Kurt?-

-…Perché dovrei essere con Kurt?-

-Non so, quando dici che vai a prendere una boccata d’aria, alla fine scopro che ti vedi con lui.- ridacchiò leggermente. Era adorabile la sua ingenuità ed innocenza.

-E va bene, lo ammetto, sono andato a trovare Hummel. Ma adesso sono già in macchina.- ammise Dave con un sorriso.

-Bene, meglio. Ti ho fatto l’hamburger stasera!-

-Servizievole! Molto meglio di un fast food!- esclamò quello.

-Vero?- un’altra piccola risata. –A dopo, tesoro.-

-Ciao.-

E chiusero la chiamata.

Gli hamburger di Nancy…uno dei tanti motivi per sposarla.

Un altro, e forse più importante, era la sua ingenuità. Non le avrebbe mai rimproverato e  allo stesso tempo apprezzato la sua ingenuità.

 

 

 

 

§

 

 

 

 

Eccomi col secondo capitolo ^^

Che dite, vi gusta?

Angolo delle curiosità: -Non ho mai provato a gestire il personaggio di Quinn. Spero dia venuto fuori qualcosa di vagamente IC xD

-…Credo di non aver nient’altro da dire, andate in pace XD

 

 

Grazie a chi commenta! Vorrei dare un grosso bacio a LaTum, che mi rende sempre felicissima. <3

 

 

Mirokia

   
 
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