DELIRIOUS
1.
–Farce-
Kurt Hummel aveva preteso quell’enorme
specchio più di qualunque altra decorazione in casa. Non poteva mancare una
lucidissima superficie riflettente nella sua camera da letto. Era
particolarmente vanitoso, lo sapevano tutti, e non esisteva oggetto più adatto
dello specchio per un inguaribile Narciso come lui.
Amava specchiarsi. Stava a volte ore a sistemarsi, a guardarsi, ad
accarezzarsi il viso, a lisciarsi il collo, a spostarsi le ciocche di capelli
dietro le orecchie, a spalmarsi cremine ovunque.
Quello specchio posto proprio di fronte al letto gli piaceva anche
perché riusciva a intravedere gli attimi di intimità tra lui e suo marito.
Vedere quella schiena sexy che si muoveva su di lui era una delizia per gli
occhi. O forse, s’eccitava di più a guardare se stesso che ondeggiava sotto al
corpo del suo compagno. Sì, probabilmente era così. Talmente vanitoso, che
persino in quei momenti desiderava vedere la propria immagine riflessa.
Ma in quel momento la sua espressione non era compiaciuta come al
solito. Si stava specchiando, sì, ma quello nel riflesso sembrava un’altra
persona.
-Sei pronto?-
Blaine lo
raggiunse e lo guardò nello specchio, facendogli poi i complimenti per il fatto
che s’era preparato più in fretta del solito.
-Cosa c’è che non va?- gli chiese ancora tenendolo dalle spalle e
spolverandogli il colletto della camicia bianca. –Non ti piaci oggi?-
-Non è quello.- ammise Kurt fissandosi nelle iridi azzurrissime. Poi
il suo sguardo cadde inconsapevolmente sulla busta che era stata buttata lì a
caso un paio di settimane prima.
Era da appunto due settimane che rileggeva il contenuto di quella
busta, ogni santo giorno. Sapeva che si sarebbe sentito male ogni volta che
leggeva quel nome in fondo al foglio, ma lo faceva lo stesso, lo leggeva di
continuo, e poi si sentiva in colpa, richiudeva la busta e la gettava sulla
specchiera, sforzandosi di non pensarci più.
-E cos’è, allora? Dai, Kurt, lo sai che puoi dirmi tutto. E’ da un
po’ che ti vedo strano.- lo spronò Blaine dolcemente,
e intanto gli carezzava i capelli sulla nuca.
Kurt distolse lo sguardo dalla sua immagine, che adesso gli sembrava
del tutto deformata, e scosse la testa distrattamente.
-E’…questo matrimonio. Non credo sia il
caso di andarci.- rispose finalmente il ragazzo, gli occhi puntati sulle mani
di Blaine che adesso gli cingevano i fianchi.
-Ma ne abbiamo già parlato. E’ stato carino ad invitarci, non
possiamo rifiutare.- disse quello poggiando il mento sulla spalla di Kurt.
-Non è stato carino. L’ha fatto apposta.-
-Perché avrebbe dovuto?-
Kurt guardò il ragazzo nel riflesso dello specchio, e si chiese se
davvero fosse così ottuso da non capire il disagio che aleggiava nel suo
cervello.
-Vuole farmela pagare, in qualche modo.-
disse, più a se stesso che al marito. Infatti, quello fece uno sguardo confuso,
senza capire. Poi ci rinunciò e slegò le braccia dal bacino di Kurt.
-Non siamo più al liceo, Kurt. Non credo proprio che ce l’abbia ancora
con te. Ha solo voluto fare un gesto carino.- gli passò la lacca che
troneggiava sulla specchiera. –E ormai abbiamo dato la conferma. Dai, finisci
di sistemarti i capelli, io ti aspetto sotto. Ricordati che dobbiamo passare a
prendere Finn.- fece uno dei suoi ampi e fin troppo
familiari sorrisi, poi lo lasciò solo. Non appena la porta si chiuse, Kurt ne
approfittò per prendere per l’ennesima volta la busta in mano e lesse la
scritta sul dorso:
A Kurt Hummel e Blaine Anderson
Quella scrittura non era sua, assolutamente. Non ricordava scrivesse
così elegantemente, a meno che non avesse preso lezioni di calligrafia in
quegli anni. Poco probabile, non era da lui.
Kurt aprì la busta con le sopracciglia aggrottate e ne tirò fuori il
biglietto d’invito di un disgustoso lilla chiaro. Lesse un’altra volta anche
quello, come se sperava gli fosse sfuggita qualche parola.
Questo
è un invito ufficiale al matrimonio di David Karofsky
e Nancy Damato.
Il
matrimonio sarà celebrato il 4 maggio 2016 alle ore 11.00 a.m.
Confidiamo
nella vostra presenza.
Basta. Né una parola di più, né una di meno. Kurt si rigirò il
foglietto tra le mani, sperando di trovare un qualche, anche piccolo e ben
nascosto, insulto indirizzato a lui. Qualcosa come “femminuccia” o “finocchio”
in un angolo dell’invito, ma niente di niente. Era un normalissimo, noiosissimo
invito ad un matrimonio. Ma altro che matrimonio! Una bugia bella e buona, ecco
cos’era!
-Amore, sei pronto?- gridò Blaine dal
piano di sotto. Kurt rivolse di nuovo lo sguardo allo specchio e si accorse di
avere l’espressione accigliata e le orecchie bollenti dalla rabbia. Non sapeva
nemmeno dire perché provasse una tale ira, ma si sentiva quasi preso in giro.
Sì, forse era per quel motivo, perché Dave Karofsky lo stava prendendo per i fondelli.
-Scendo, tesoro.- l’ultima parola gli morì in bocca. Diede ancora
un’occhiata all’invito, poi lo stropicciò per bene e lo gettò sul tappeto. Era
una persona molto ordinata, lui. Non sopportava chi gettava la roba per terra.
E in quel momento, quindi, non riusciva a sopportare se stesso, il suo
atteggiamento incoerente, il suo essere così stranamente irrazionale, quando
sembrava avere tutto sotto controllo.
Il cellulare gli squillò nella tasca dei pantaloni eleganti.
-Pronto.-
-Oh, allora sei pronto. Rachel, è pronto!- disse la voce all’altro
capo, strillando poi qualcosa alla ragazza che si trovava nella stanza accanto.
-Che vuoi, Finn?-
-Ehi. Ti sei alzato con la luna al contrario?-
-Si dice “luna storta”, Finn.- Kurt
sospirò rumorosamente, le labbra quasi viola dal nervoso.
-Fa lo stesso. Sono le undici meno un quarto.- fece quello, che
ormai era abituato alle correzioni del fratellastro.
-Ma dai? Sono pieno d’orologi in casa, so benissimo che ore sono.-
Niente da fare, non riusciva a non essere acido, neanche col suo
adorato fratello acquisito.
-Ma perché mi tratti così male oggi?- il tono di Finn
sembrava davvero abbattuto, così Kurt tentò di sistemare le cose.
-Scusami, Finn. Sono stato poco bene
stanotte e ho dormito solo un paio d’ore. Quindi sono leggermente nervoso.- era
vero che era stato male, probabilmente era stata la pizza al prosciutto della
sera prima a farlo rimettere più di una volta. –Tra dieci minuti siamo lì.
Rachel è pronta?-
-Lei è pronta da un pezzo.-
-Spero non abbia messo quel discutibile abito verde mela lungo fino
ai piedi.-
-No, ha messo il vestito verde mela, quello lungo fino ai piedi.-
Kurt stette in silenzio, adottando uno sguardo di disappunto.
-Scherzavo, non ti
scandalizzare! Ha messo quello rosa e bianco.- si affrettò a dire Finn, visto che s’era accorto che l’altro non aveva
intenzione di replicare.
-Ma così sembrerà un confetto.- commentò Kurt, con sempre più
disappunto.
-Fa niente. A me piace.-
-L’importante è quello.- Non era vero, l’importante era che piacesse
a Kurt Hummel! –Passiamo a prenderti tra dieci
minuti.-
-Grazie, salutami Blaine!-
-Lo vedrai tra poco, stordito.- sorrise Kurt, poi salutò il fratello
e mise giù, sospirando ancora. Aveva sospirato fin troppo quella mattina. Si
guardò un’ultima volta allo specchio, gonfiò leggermente i pettorali che non
aveva e si preparò anche spiritualmente.
-Amore, sei pronto?- Blaine ripetè la domanda di pochi minuti prima, e Kurt rotolò gli
occhi all’indietro.
-Sì, prontissimo!-
No, non era pronto. Per nulla.
*
Non entrava in chiesa dai tempi del liceo, da quando aveva
oltrepassato quella soglia tanto per fare un piacere a Mercedes. Era in una
sorta di trance da quando era uscito di casa, e neanche si era accorto di
essersi separato da Blaine: Mercedes, infatti,
l’aveva tirato accanto a sé e gli aveva intimato di restare lì immobile, mentre
Santana gli aveva chiuso ogni via d’uscita a destra e si era accomodata con le
mani in grembo e il sorrisetto demoniaco.
-La zia Tana non sbaglia mai. E’ un’ottima profeta.- disse quel
diavolo che ad ogni buona occasione si infilava uno dei suoi perfetti e
costosissimi vestiti rossi che le calzavano fin troppo a pennello.
-…Cosa?-
fece Kurt, decisamente distratto. No, distratto non è il termine adatto. Era
più che altro concentrato su qualcos’altro, qualcun altro magari, qualcuno che
gli dava le spalle in quel momento, e che già si trovava davanti all’altare.
-Niente. E’ solo che avevo predetto questo matrimonio. E tutte le
sue conseguenze.- mormorò Santana, che adesso fissava insieme a Kurt l’enorme
schiena di Karofsky fasciata da una giacca nera,
anche se non troppo elegante.
-Che intendi dire?-
-Niente, Kurt, niente ho detto. A volte penso che avere Finn come fratello non giovi per nulla alla tua salute.- e
incrociò le braccia, stufa che la gente avesse smesso di darle retta. E quando
Kurt non le rispose, le venne un diavolo per capello. Come se non fosse normale
per lei, avere un diavolo per capello.
-Si può sapere perché stai fissando Dave?-
Kurt le diede improvvisamente attenzione, quasi fosse stato colto
sul fatto.
-Sembra che tu lo voglia incenerire con lo sguardo.-
-Non hai tutti i torti.- ammise Kurt, i pugni stretti sulle gambe.
Santana alzò gli occhi al cielo ed imprecò sottovoce anche se,
forse, non avrebbe dovuto farlo, visto che era in chiesa.
-Che ti ha fatto, questa volta?- chiese pazientemente.
-Che ha fatto a me? Che ha
fatto a se stesso, vorrai dire!- esclamò Kurt, che indurì apposta lo sguardo
quando Karofsky si voltò verso di lui.
-E va bene, cos’ha fatto a se stesso?- ripetè
quella sbuffando leggermente.
Le loro chiacchiere si interruppero per qualche minuto, poiché la
sposa era già arrivata. Persino in anticipo. Percorse il tappeto rosso a
braccetto col padre, e sorrideva amabilmente. Non sapeva perché, ma Kurt
sentiva di volerle spaccare la faccia. Non erano un bene questi suoi istinti
omicidi, ma a quanto pare avrebbe imparato a conviverci.
Conosceva Nancy Damato da un po’, praticamente da quando s’era
fidanzata con Dave Karofsky.
Era di origini italiane, aveva la pelle color caramello e due occhi verdi che
spiccavano in mezzo a tutto quel ben di Dio di capelli folti, ricci e neri. Per
quell’occasione, aveva pensato bene si passarsi la piastra sui capelli. Ma no,
aveva pensato male, si sarebbe solo bruciata le punte, e così addio capelli
ricci e selvaggi.
Si ritrovò a fare quei pensieri sui capelli di Nancy quando ormai
lei era arrivata davanti all’altare e s’era fatta scoprire il volto dal
fidanzato e quasi marito, e tutti s’erano già seduti, mentre lui era rimasto in
piedi come uno stoccafisso.
Santana lo tirò giù dalla manica, e quello si indignò perchè gli aveva stropicciato uno dei suoi migliori capi.
-Allora?!- chiese la ragazza per riallacciarsi al discorso che
stavano facendo poco prima.
-Ma non lo vedi tu stessa? Si sta per sposare! Con una donna!- fece Kurt a voce talmente alta, che le vecchie
dietro di lui gli intimarono di tenere la bocca chiusa con uno “shhh” sommesso.
-Hai occhio, eh? Gli sta solo bene, aveva solo da darmi retta anni fa.- borbottò Santana, badando a tenere la voce bassa.
-Di cosa diavolo parli, Satana?-
-Quel soprannome non è più divertente, e mi sembra ancora più
inadeguato usarlo in chiesa.-
-Ti sembra che mi possa importare il fatto che siamo in chiesa?-
Kurt si puntò il dito in faccia e gli fece fare tre giri completi,
provocando il nervoso anche alle signore sedute davanti a lui.
-Piantala di fare l’idiota e segui il matrimonio.- lo riprese
Santana tentando di non guardarlo.
-Matrimonio?! Buffonata, vorrai dire!-
-Stiamo celebrando un matrimonio, la prego di fare silenzio.-
A questo punto era intervenuto persino il sacerdote, che aveva
parlato senza nemmeno distogliere lo sguardo dall’enorme libro che reggeva tra
le mani. Anche Dave si voltò di tre quarti e rivolse
a Kurt uno sguardo severo e di rimprovero.
-C-h-e v-u-o-i?!- gli
sillabò Kurt riducendo gli occhi a fessura. –V-o-l-t-a-t-i.-
aggiunse, e Dave, sorridendo tra sé, scosse la testa
e tornò a guardare il sacerdote.
Perché aveva sorriso, adesso? Ma non si rendeva conto della gravità
della sua azione?
Forse stava impazzendo, per fare una cosa del genere. Sposarsi con
una donna? Come poteva?
Kurt era già abbastanza sconvolto, ma Dave,
al contrario, sembrava ben conscio di quello che stava facendo.
-Sta delirando.- disse Kurt, che pensava ad alta voce.
-Quello che sta delirando qua dentro sei tu, razza di Hummel.- ribattè Santana,
tranquillissima.
-Sarà l’errore più grande della sua vita.-
-Probabile. Mi divertirò parecchio.- ridacchiò la ragazza. Kurt
scattò in piedi senza accorgersene.
-Come fai a divertirti? C’è da piangere, qui!-
-E’ pregato di lasciare la casa del Signore.- intervenne il
sacerdote, con tono di voce improvvisamente più alto. Ma Kurt sembrava non
volergli dare attenzione.
-Kurt, sta parlando con te!-
gli fece notare Mercedes con una gomitata. Quello si riscosse: sembrava non
esserci proprio con la testa quella mattina.
-Può accomodarsi fuori.- lo invitò l’uomo, una volta che ebbe la sua
attenzione. Kurt si guardò intorno: aveva gli occhi di tutti puntati addosso,
compresi quelli di Blaine, che lo guardavano
straniti, e quelli di Karofsky, che sembravano solo
infastiditi.
Si sentiva infastidito dalla sua presenza? Bene, allora se ne
sarebbe andato volentieri.
Si diede un’altra occhiata intorno con aria di superiorità, alzò il
mento e abbandonò la panca camminando dal lato di Mercedes –perché sapeva
benissimo che Santana gli avrebbe dato nuovamente dell’idiota e l’avrebbe costretto
a rimanere-.
Camminò sollevando con cura le scarpe ed uscì fuori alla luce del
giorno, col solo rimpianto che non avrebbe potuto far sentire la propria voce
quando il sacerdote avrebbe pronunciato le famose parole: “Se c'è qualcuno che si oppone
a questo matrimonio, parli ora o taccia per sempre.”
-Che ti prende, Kurt?-
Una voce familiare lo distrasse e gli fece voltare il capo. Kurt
notò con piacere che qualcuno si era degnato di seguirlo.
-Ho fatto una figuraccia, lo so.- rispose
quello per poi tornare a guardare la strada con le auto che gli sfrecciavano
davanti.
-Non sono venuto per rimproverarti.- disse Blaine
magnanimo, per poi posargli le mani sulle spalle, come soleva fare. –Però
rimane il fatto che mi sembri nervoso. Parecchio. Vuoi dirmi qual è il
problema?-
Kurt si allontanò leggermente dalla sua stretta e incrociò le
braccia.
-Lascia perdere, non capiresti.- si lasciò sfuggire.
-Per quale motivo non capirei?- chiese Blaine,
che s’era un attimo sentito ferire nell’orgoglio.
-No, tesoro, non mi fraintendere. E’ che non mi capisco nemmeno da
solo.- Kurt cercò di recuperare in extremis, e fortunatamente funzionò.
-Ma perché? C’entra qualcosa Karofsky?-
-Non è proprio lui in sé il problema. Mi dà fastidio questa bufala
che sta tirando su. Non mi piace chi nega se stesso.- ammise con sguardo duro.
-Ma non hai pensato al fatto che Karofsky
sia effettivamente etero? Ci sono un sacco di persone che nel periodo
adolescenziale hanno i loro dubbi a livello sessuale, e poi si rendono conto
che i loro erano davvero solo dubbi e non certezze.-
Il discorso di Blaine lo fece riflettere,
ma non ebbe il potere di fargli cambiare del tutto idea.
Dave Karofsky
non era etero. Non voleva crederci. Tutti quegli sguardi che gli lanciava
quando andava a trovare Finn non erano affatto
sguardi da etero. Occhiate troppo insistenti per essere quelle di una persona
non interessata al corpo maschile. Non gli erano sfuggite le volte in cui
buttava l’occhio sul suo fondoschiena, o quando gli fissava palesemente le
labbra mentre parlava.
Un atteggiamento decisamente fastidioso e poco discreto, ma
sicuramente non da etero.
-…E se invece non fosse
etero? Finirebbe per stare male per tutto il resto della sua vita!- esclamò
Kurt, dopo quella digressione mentale sulle occhiate di Karofsky.
-Okey, ma perché dovrebbe
importarti?- chiese Blaine guardandolo di sottecchi.
-Perché sì, mi importa!- disse quelle parole senza nemmeno
ragionarci su. Si coprì subito la bocca, sicuro di aver detto qualcosa di
insolito, quasi fosse stata una frase non sua. -…No,
hai ragione. Non mi importa di lui.- si corresse subito, con tono più pacato.
Blaine lo
fissò ancora per un po’, poi gli passò il braccio attorno alle spalle
sorridendo.
-Io mi preoccuperei più per la tua salute mentale, che per altro.-
rise e gli diede un pugnetto sulla spalla.
-Dici che sto delirando?-
-Dico di sì, caro il mio Kurt Hummel.- gli
scoccò un bacio sulla guancia, ignorando la gente che passava e lanciava loro
occhiate contrariate. –Ci vuoi andare al ricevimento?-
-…No. Andiamo a casa.- fece Kurt, che aveva tutta l’aria di essere già
stanco.
-Beh, ma allora io ne approfitto per lavorare un po’. Altrimenti, i
soldi li vediamo col binocolo.- disse Blaine, con
quel suo solito, enorme sorriso stampato in volto. E quando gli sorrideva così,
Kurt non ce la faceva proprio a contraddirlo.
-Certo. Io ti aspetto a casa.- mormorò il
ragazzo con gli occhi azzurri lasciando che l’altro lo baciasse sulla bocca. -…come sempre.-
Blaine non
udì le ultime due parole che aveva pronunciato il marito, forse perché dette con
un tono di voce troppo basso. Lo avvolse in un tenero abbraccio e gli diede un
bacio sulla fronte.
-Ti accompagno a casa?-
-No no, prendi pure tu la macchina. Mi faccio una passeggiata fino a
casa.- disse Kurt negando con la testa.
-Sicuro?-
Blaine era
davvero troppo premuroso. In futuro avrebbe detto soffocante.
-Certo, tesoro.-
Il più basso dei due sorrise, poi tirò fuori dalla tasca dei
pantaloni eleganti qualcosa che porse a Kurt. Quest’ultimo lo guardò con gli
occhi che brillavano.
-Sei un amore. Sai sempre ciò di cui ho bisogno.- fece Kurt
accettando l’oggetto, che poi era un ipod. Ancora non
aveva mai chiesto a Blaine com’è che si portasse
sempre dietro l’ipod, alla stregua di un monito
portafortuna.
-Ti farà compagnia.- asserì Blaine, poi
inclinò la testa di lato. –E’ già impostato su Candles.-
Ah già. Candles era la loro canzone,
insieme a Dancing Queen, ovviamente. Stavano parlando proprio di Candles ed Hey Monday quando si diedero il loro primo bacio. E il loro
primo ballo l’avevano fatto sulle note della canzone degli Abba.
Sorrise e arrossì a quei ricordi, ma lo stesso decise di impostare l’ipod su “riproduzione casuale” mentre si incamminava da
solo verso casa. La prima canzone che passò andava bene e, mentre faceva una
smorfia a un camionista che gli aveva appena indirizzato un colpo di clacson,
si lasciò guidare dalle note, sinceramente un po’ insolite per uno che amava i
classici come lui.
Lie awake in bed at night
And think about your life
Do you want to be different?
Try to let go of the truth
The battles of your youth
'Cause this is just a game
It's a beautiful lie
It's the perfect denial
Such a beautiful lie to believe in
So beautiful, beautiful it makes me
It's time to forget about the past
To wash away what happened last
Hide behind an empty face
Don't ask too much, just say
'Cause this is just a game
It's a beautiful lie
It's the perfect denial
Such a beautiful lie to believe in
So beautiful, beautiful it makes me
Everyone's looking at me
I'm running around in circles, baby
A quiet desperation's building higher
I've got to remember this is just a game
It's a beautiful lie
It's the perfect denial
Such a beautiful lie to believe in
So beautiful, beautiful it makes me
So beautiful, beautiful...
§
E’ che non riesco a smettere di scrivere. Scusate. Posso sembrare
una sfigata, ma riesco davvero a sfogarmi scrivendo. C’è chi si sfoga col sacco
da boxe, chi prendendo a calci tutto quello che si trova davanti, chi
piangendo, chi urlando, chi ascoltando la musica, chi boh. Io scrivendo :D
Spero non vi dispiaccia del tutto. XD
Questa è destinata a diventare un’altra long. Ditemi solo se è degna
di essere continuata XD.
Angolo delle curiosità: -la canzone è “A beautiful lie” dei 30 Second To Mars, e mi sembrava adatta
alla situazione. Insomma, a Kurt che pensa al matrimonio di Dave
come a una bugia infame LOL.
-Santana-Satana. Mi sembra che Kurt lo dica nella 2x20
ma, stordita come sono, potrebbe anche non essere vero <3
-La profezia di Zia Tana è naturalmente quella della 2x18. La
storiella che racconta a Dave per convincerlo ad
aiutarla, insomma **
-Il titolo del capitolo significa “farsa, buffonata”.
-Il mio Finn non lo abbandono. E’ sempre
lui <3 Ti amo, Finn.
Give me a siiiign. <3
Mirokia