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Autore: MagieSinisterForum    22/05/2011    1 recensioni
Severus in apparenza non è uomo romantico e sentimentale.
Appare gelido ed impassibile, eppure Severus è anche l'uomo dell'Always, l'uomo che dopo sedici anni piange silenziosamente sulla foto della donna amata!
In una parola, dietro la maschera della freddezza e del disinteresse, Severus è l'uomo dell'Amore Eterno!
Come trascorre il giorno di San Valentino un uomo come Severus?
Ecco la sfida lanciata su Magie Sinister Forum!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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E’ troppo tardi di Ale85LeoSign
Autore/data: ale85leosign–  Febbraio 2011
Beta - reader: -
Tipologia: One Shot
Genere: Romantico; malinconico.
Rating: Per tutti
Personaggi: Severus, Lily.
Pairing: Severus/Lily
Epoca: Post Malandrini
Avvertimenti: Nessuno.
Riassunto: “Se ti cercassi ancora, sacrificherei la tua felicità sull’altare del mio egoismo. In nessun modo posso salvarmi dal mio senso di colpa, e, amandoti, dividerei con te questo fardello. E ciò non accadrà. Non accadrà mai.”
Nota dell’autore: Scritta per la Sfida N. 10 FF: “Severus a San Valentino” del forum “Libertà di Sognare” .
 
 

E’ troppo tardi.

 
 
 
 
Forse, se tu gustassi una sol volta
la millesima parte delle gioie
che gusta un cor amato riamando,
diresti, ripentita, sospirando:
<
che in amar non si spende>>.
(Tasso.)
 
There's a Hole In My Soul
That's been killing me forever
It's a place where a garden never grows

(Aerosmith)
 
 
E’ buffo come un giorno possa determinare l’inizio della notte e come la notte possa culminare in luce. In ardenti bagliori di solenne speranza, che si rinnovano puntualmente al termine di questa fastidiosa ricorrenza.
San Valentino.
Anche ora ricordo il suono che ha maledetto la mia vita, manifestandosi in ogni parola che ho pronunciato: il rumore assordante della mia rabbia mentre mi difendevo anche da colei che aveva cercati di aiutarmi
 
… “Schifosa Mezzosangue”...
 
Eppure quella porta non si è chiusa del tutto.
Non per il ragazzo che ero un tempo.
 
***
 
Quella notte sedeva in cucina, in preda a una strana insonnia. Aveva messo l’acqua del tè a bollire sul fuoco mentre Harry dormiva tranquillo nella sua stanza. James non era ancora tornato a casa.
Mentre sedeva alla luce del fuoco che ardeva nel caminetto, lo sguardo rivolto alla finestra e alla notte limpida, ma senza vedere nulla se non i ricordi della propria immaginazione, udì un lieve rumore contro il vetro, un leggero ticchettio.
Una lieve curiosità si fece strada dentro di lei, ma anche sforzando la vista, non vide nulla; fino a quando non vide una grossa sagoma scura fluttuare contro il vetro.
Si alzò, spaventata, con una mano sul cuore, ma si avvicinò alla finestra per dimostrare a se stessa che quella visione era un inganno, semplice frutto dell’immaginazione e della stanchezza. Un gioco di luci e ombre con le sembianze di un uomo.
Ma più si avvicinava più quella visione diventava chiara e nitida.
I suoi lineamenti sembravano più regolari, ma il tempo non aveva sfocato neanche un dettaglio: le fiere sopracciglia scure sopra il naso aquilino, i grandi occhi neri, simili a ombre di diamanti lucenti, più perfetti e belli di quanto ricordasse. I capelli neri come inchiostro fluente, sembravano brillare di scintille color indaco e il candore della pelle era tale da esaltare ancora di più ogni singolo dettaglio.
E i suoi occhi… erano gli occhi di quell’amico che aveva perduto e, incontrando le sue iridi verdi, si riempirono dello stesso dolore e desiderio che le stava stringendo il cuore. 
Si spostò dalla finestra e con un nodo alla gola, si diresse verso la porta. Bloccò la mano sulla maniglia per qualche istante, ricordando che la persona che stava dall’altra parte, non era più la stessa e un ricordo di rabbia si fece vivo nella sua mente.
… “Schifosa Mezzosangue”...
Abbassò la maniglia, sapendo di spalancare una porta sul passato e, in un istante, Severus fu veramente lì, davanti alla sua porta di casa, non più vestito con la divisa scolastica, ma vestito completamente di nero e avvolto da un mantello che pareva essere uno stendardo della notte, tanto era scuro.
Non era più il ragazzo. Ora sembrava avere più le fattezze di un uomo, dallo sguardo forte, attraente e gloriosamente bello.
Nel vederla, le labbra sottili si curvarono un poco verso l’alto.
La giovane donna fece un passo indietro, chiedendosi, per un istante se si fosse dovuta rifugiare in casa.
Ma lui socchiuse le labbra ed emise un lungo sospiro sul quale aleggiò dolcemente una sola parola: “Lily”.
 
***
 
La guardò, mentre i suoi occhi tremolavano, divisi tra scintille verdi di un vecchio rancore e la luce di una malinconia che lui stesso era tornato ad alimentare.
Inspirò a fondo l’odore amaro della notte mentre nella mente di entrambi riecheggiava il ricordo di parole ferite che andavano a loro volta a ferire.
… “Schifosa Mezzosangue”...
Eppure anche quella rabbia sapeva essere meravigliosa.
Il desiderio che l’aveva colto non appena la sagoma di lei era appena emersa dalla porta, lo faceva stare male, evocando la stessa sensazione di debolezza e calore che aveva provato la prima volta che l’aveva vista distesa in quel prato, quando le aveva detto quanta magia esistesse dentro di lei.
Notò tutto questo in un tempo curiosamente dilatato, persino prima che lei pronunciasse la prima parola.
“Cosa ci fai qui, Sev?”gli chiese con la stessa voce che Severus aveva conosciuto un tempo e che, ancora, amava profondamente.
Sev…
Da quanto tempo non si sentiva chiamare così… e lo stava guardando con quegli splendidi occhi verdi, e in essi Severus vide il gentile e affettuoso sguardo della sua Lily.
E quella vista arrivò dritta fino al suo cuore.
Severus riuscì a malapena a controllare l’impazienza. Ma per quanto fosse tentato di dirle quanto gli mancava, qualche forza intangibile lo trattenne.Com’era sempre stato.
“E’ passato tanto tempo, Evans.” Rispose, invece, con una voce che non gli parve nemmeno sua, profonda e melodiosa, ma allo stesso tempo fredda.
Doveva tenerla a distanza. Non voleva farle altro male.
“Evans?” le sopracciglia chiare si sollevarono verso l’alto in un moto di sorpresa “Adesso sono diventata un’estranea?”
Il mago serrò le labbra, senza smettere di fissarla. Alla fioca luce che proveniva da dietro la porta, il rosso dei capelli era come spento e a malapena se ne distingueva il colore, ma per Severus era come se stesse in un raggio di luce diurna.
“No… mai.” bisbigliò piano, senza riuscire a dire altro.
Nei fuggevoli istanti in cui Severus rimase in silenzio, una folata di vento investì entrambi e Lily, avvolta in una semplice vestaglia con un golfino gettato sulle spalle, si strinse le braccia al petto.
Severus rimase immobile, troppo concentrato su di lei per poter avvertire altre sensazioni.
“Fa freschetto qui.” Mormorò, ritraendosi un poco.
Se ne andava. Di nuovo.
Come poteva esserci un finale diverso?
E poi lo guardò e disse:“Vieni dentro?”
Lo aveva detto veramente?
Il dubbio si trasformò in una visione, così disperatamente dolorosa che riusciva appena a sopportarla, appena a resisterle.
“E’ un sogno.” Pensò “Il sogno di un uomo morente intrappolato nelle sue colpe.”
La guardò, rivolgendole un’espressione circospetta.
Lily incrociò le braccia accennando un lieve sorriso: “James non è dietro la porta con una mazza chiodata.”
Il mago arcuò un sopracciglio: “Gli basta molto meno per farsi male.”
Sul volto di Lily passò un’ombra di incertezza, e la scia di un lieve e semplice dolore, ma mantenne fede alla propria decisione.
Severus fece un passo e si fermò: il sentimento personale che provò nell’entrare in quel luogo particolare fu tradito dai suoi pallidi pugni serrati e dalle braccia tenute strette lungo i fianchi, come se combattesse contro la tentazione di ritrarsi.
Infine entrò e una volta che Lily ebbe chiuso la porta, lo precedette nel corridoio ombroso, facendogli cenno verso una luce che proveniva da un’altra stanza sulla destra.
“Non fare rumore. Il piccolo dorme di là.”
Il mago annuì e la seguì silenziosamente in cucina.
 
***
 
Finì di versare il tè.
Alla luce del camino posto di fianco a loro, il mago appariva quasi una presenza irreale, con toni di luci e ombre contrastanti a metterne in risalto i capelli color della notte che cospiravano coi suoi lineamenti aguzzi e lo sguardo cupo e assorto.
Allontanò di poco la tazzina, muovendo con lentezza le mani pallide e sottili.
Lily lo osservò per qualche istante, come per studiarlo. Era evidente che non si capacitava di quella visita inaspettata.
“Non mi hai ancora detto cosa ci fai qui.” Gli chiese piano.
Gli occhi del giovane mago era turbati, tormentati e inquieti, e rilucevano della sensibilità e dell’ombrosità del suo animo diviso in due. Perché una parte del suo cuore era ormai nelle mani di Voldemort. Ma l’altra… l’altra era rimasta da lei, ancorata a un sentimento mai ricambiato.
Il dolore e l’infelicità lo logoravano. Le poche attrattive concessegli dai libri erano sfiorite e la desolazione del suo volto rifletteva la sofferenza dell’animo.
“Sono venuto per parlarti...”
Ma Lily non lo lasciò finire: “Lo sai perché me ne sono andata, quella sera. Lo sai benissimo.” quelle parole comprarono del fresco dolore nei suoi occhi.
La guardò con vero desiderio e una profonda tristezza, un raffinato supplizio fisico ed emotivo. Non desiderava il suo corpo o un momento di piacere, ma la sua essenza, quella stessa vita che aveva donato a un altro. E più la guardava, più si rendeva conto di amarla, di adorarla e di volerla proteggere con ogni singola particella del suo essere.
Questo forte desiderio permeò il suo intero essere, costringendolo, per controllarsi, a fare un movimento, per distrarsi, gli occhi che brillavano oscuramente.
Spostò il braccio per prendere la tazza di tè e, nel farlo, la manica si aprì su un taglio, “ricompensa” fresca per un lavoro svolto per l’Oscuro Signore.
E il marchio si mostrò a lei, in quella fioca luce, ma Severus la vide spalancare gli occhi come se quel segno maledetto fosse brillato di luce propria.
 
***
 
 
Lo riconobbe all’istante  e lanciò un grido sommesso.
“Sei uno di loro!” Disse alzandosi all’improvviso, indietreggiando “Ha… quel simbolo… il marchio!”
Il mago ritrasse il braccio, mentre sul suo volto comparve uno stupore affranto.
Il comprendere ciò che era stato di lui la fece barcollare all’indietro e cadere nella sedia dietro di sé. Severus, si alzò a sua volta e la seguì con movimenti così silenziosi che i suoi passi non produssero alcun suono.
“Perdonami.” Disse guardandola con tristezza negli occhi, il fuoco dietro di lui a dipingere un lato del suo volto di un chiarore arancione “Non sarei dovuto venire. Né ora, né mai. Ma non volevo turbarti mentre tuo…” esitò alla parola e abbassò gli occhi, in modo che non potesse trasparire alcun sentimento di odio o di gelosia “marito era qui”.
Lo guardò, e lui sostenne il suo sguardo con occhi dolci, disperati, occhi neri screziati dei bagliori del fuoco, occhi che pensava di non rivedere mai più, così belli e tormentati che lottò per non piangere.
Si coprì il volto con le mani, sconvolta, incapace di pensare, in grado soltanto di restare seduta, rabbrividendo alla sensazione di male invadente che stava provando. Aveva compreso che il suo gesto di rabbia, la chiusura di quella porta, ne aveva spalancata un’altra per lui, infinitamente pericolosa, malvagia, che l’aveva condotto nell’abbraccio di Voldemort. E ora portava il suo segno… quel marchio bruciante per il quale era stata comprata la sua vita.
Si sentiva traboccare di amore e tristezza, così lo toccò per consolarlo.
Lo sentì irrigidirsi, e per un istante credette che arretrasse, ma alla fine rimase immobile, quasi senza respirare, mentre lei, dolcemente, lo stringeva, per la prima volta da quando si erano conosciuti.
Non riusciva a temerlo. Era troppo rattristata  per lui, per preoccuparsi della propria sicurezza. E qualunque cosa lui fosse diventato, aveva sempre il volto del ragazzo che aveva conosciuto, e solo grazie a lui era diventata ciò che era. Aveva scoperto la magia e creduto in essa, facendola diventare la base solida della sua vita.
Per quanto tempo restarono in quella posizione, non seppe dirlo e quando sentì le labbra sottili  sfiorarle appena la fronte, avvertì una sensazione strana dentro di sé, come se la persona che stava stringendo stesse acquistando una sfumatura diversa dall’ombra di quell’amico perduto che aveva ritrovato.
In quel momento un rumore infranse il silenzio, un lieve gridolino. Il piccolo si era svegliato.
A quel suono innocente, Severus s’irrigidì, come se il suo corpo fosse stato attraversato da una fitta di dolore, e la lasciò andare, arretrando di un passo.
“Devo andare.” mormorò con voce calma e bassa “E’ stato un errore venire qui.” Ma dicendolo, nei suoi occhi passò un lampo di sofferenza così forte che lei non poté non percepirlo. A un secondo gridolino del bambino, il suo istinto di madre la fece voltare verso la porta, e quando tornò a cercarlo per rispondergli, si ritrovò sola.
Camminando verso la cameretta di Harry pensò che quell’incontro era stato irreale.
Il loro dialogo quasi assente.
Ma il dispiacere che provava per lui era reale. E fin troppo forte.
 
***
Era troppo stordito per provare dolore. Sarebbe arrivato più tardi, talmente aspro da risvegliare ogni senso come una crudele, ripetuta Cruciatus.
Si lasciò alle spalle la casa, più solo di quanto fosse mai stato in vita sua, ferito oltre i limiti del dolore fisico.
Era troppo tardi.
Le loro strade si erano definitivamente divise. Per un momento si era lasciato sopraffare dai sentimenti che ancora provava per lei, perdendosi negli istanti di quel primo abbraccio nella piacevole irrealtà onirica di cui aveva fatto esperienza; un abbraccio tormentato dal dispiacere e da quel calore improvviso e sconosciuto. Per un momento si era aggrappato ad esso.
Ma era bastata la voce di un bambino a ricordargli il suo errore. A spezzare l’incanto. A ricordargli che Lily era diventata irraggiungibile, per quanto si fosse ostinato a inseguirla.
“Il mio cuore non sarà mai libero. Ma mi separerò da te con dolore, Lily, non con disperazione, perché continuerò a vegliare su di te, nell’oscurità. Se ti cercassi ancora, sacrificherei la tua felicità sull’altare del mio egoismo. In nessun modo posso salvarmi dal mio senso di colpa, e, amandoti, dividerei con te questo fardello. E ciò non accadrà. Non accadrà mai.”
Sospirò profondamente.
“Ti darò prova dei mie sentimenti per te, sottomettendomi a un amore che ha superato il mio e che si è materializzato nelle fattezze di un bambino.”
Chiuse gli occhi, cercando inutilmente di bandirla dai suoi pensieri.
Un’improvvisa folata di vento gli arrivò addosso, muovendo il mantello scuro, come se quella stessa casa lo stesse respingendo.
L’oceano dei suoi pensieri divenne tranquillo, immobile, e poi non vi fu altro che l’oscurità e in quell’oscurità senza luna, non riusciva a vedere niente, nient’altro che la luce fioca della stanza che lo aveva ospitato e la silenziosa ombra della casa, resa luccicante da una leggera pioggia che aveva cominciato a scendere.
La notte si stava permettendo di fare ciò che lui non si concedeva: piangere.
E in quel momento sentì di aver perso talmente tanto che sperò solo di perdere anche se stesso in quel nulla infinito.
Si voltò e si addentrò nel buio, procedendo nel cuore di quella tenebra immensa che tutto inghiottiva, inesorabile.
 
***
 
Da quando l’abbraccio della Morte l’aveva portata via, Severus si sentiva piegato, spezzato, infranto nel doloroso ricordo di lacrime che la terra andava assorbendo piano, piano, come se da quel dolore, un giorno, sarebbe potuto germogliare qualcosa di buono.
Ma dal terreno arido del suo desiderio perduto, Severus non poteva avere più occhi per piangerla, perché sapeva che le lacrime non sarebbero mai bastate per comprare la vita della donna che amava, così come il suo sacrificio di oltre un anno non era riuscito a comprare la sua salvezza. E aveva pianto, oh, se aveva pianto. Si era consumato gli occhi desiderando che potesse servire a qualcosa, che l’incubo cessasse, che il tempo si fermasse e retrocedesse, inchinandosi di fronte alla disperazione di un uomo, di un ragazzo che non sapeva più che fare della sua vita.
E poi si era arreso. Non al destino, per il quale aveva deciso di combattere strenuamente fino alla fine, ma al senso di colpa. Da quando Albus gli aveva chiesto di occuparsi del ragazzo, Severus l’aveva fatto, sopportando il peso terribile che rappresentava il colore di quegli occhi.
Eppure, a distanza di anni, ancora sognava il momento in cui si erano abbracciati.
Nel sonno, Lily sembrava uscire dai suoi sogni e prendere vita: di nuovo lo abbracciava teneramente, e i suoi sensi turbati non riuscivano a sopportare tanta felicità.
Ho trascorso la mia vita immerso in un mondo frenetico e predatorio, con la sola speranza della vendetta e della redenzione… i ricordi sbiaditi di una sincera amicizia a tenere viva la mia umanità. La mia vita di assassino mi ha reso insensibile. Ma ricordare e sentire ancora una volta l’amore per Lily e la sua bontà, ha saputo scalfire gli strati di insensibilità, raggiungendo un cuore sepolto dall’argento di una maschera di morte. Il suo ricordo non è stato rovinato dal sangue di cui le mie mani sono macchiate. No. Ricordare Lily mi ha redento un poco ed elevato.
Sono ancora pronto ad affrontare qualunque destino mi attenda.
Lily, amore mio, non posso salvare il tuo unico figlio, prendere il suo posto contro l’oscuro.
Ma posso aiutarlo… in qualche modo.
Manterrò la promessa fatta ad Albus… e a te.
Dopo tutto questo tempo… sempre.
  
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