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Autore: The DogAndWolf    22/05/2011    2 recensioni
La dottoressa Jackleen Simmons viene chiamata da New York per un consulto al Princeton-Plainsboro.
Il suo arrivo sconvolgerà la vita di un membro della squadra di House in particolare: Tredici.
Arrabbiata con il mondo, conquistatrice incallita, geniale giovane chirurgo... riuscirà Jackleen, tra ex irascibili, capi cinici e colleghi diffidenti, a trovare un po' di pace grazie a Remy alla fine di questa long-fic?
Magari proprio a Seattle, dove abita e lavora la sua migliore amica?
Crossover tra House e Grey's Anatomy (fine quinta stagione in poi).
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Remy Hadley/Tredici, Un po' tutti | Coppie: Greg House/Lisa Cuddy
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Sesta stagione
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Jackleen fissò l’uomo, spiazzata, e rispose automaticamente: «Sì… sto bene!».
Wilson inclinò leggermente la testa, perplesso, e sorrise gentilmente.
La bionda sospirò e confessò, guardandosi le scarpe: «No, non è vero… non sto per niente bene, era una balla! La balla più colossale che esista e anche la più frequente, se ci fai caso…». Alzò lo sguardo viola scuro in quello castano dell’uomo e sorrise amaramente.
Wilson si accorse dei bellissimi occhi della sconosciuta e spiegò, sempre con il suo sorriso altruista: «Perché è la bugia più semplice…».
Jackleen fu stupita da quella risposta. Era vero, era la più usata perché era la più semplice, era la prima cosa che ti veniva alle labbra in una situazione come quella. Allontanare tutti, una sorta di: ce la faccio da sola, non ho bisogno di voi.
La peggiore balla che si potesse rifilare a qualcuno. Era falso, schifosamente falso. Nessuno poteva superare certe cose completamente da solo. Tutti avevano bisogno di qualcuno.
Proprio in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono al pianoterra. Wilson le sorrise di nuovo, disponibile come sempre, e le disse: «Se hai bisogno di qualcosa…».
Jackleen scosse bruscamente la testa, come se si fosse improvvisamente svegliata da un incubo, e gli rispose: «No, grazie. Non è colpa tua, non sei la persona giusta, non sei la mia persona!».
Uscì dall’ascensore senza dare all’uomo il tempo di pensare ad una risposta appropriata.
Camminò velocemente per tutta la hall, non sapeva dove stesse andando e non aveva la minima importanza. Doveva camminare. Doveva parlare. Aveva bisogno della sua persona.
Il suo qualcuno, la sua persona era Arizona Robbins.
I suoi capelli biondi riflessero la luce del sole che splendeva su Princeton, ma non riuscì ancora a respirare bene, nonostante fosse all’aria aperta. Aveva ancora quell’enorme groppo in gola, che le bruciava dalla voglia di piangere. Le sue gambe la portarono dove la mente non era in grado di decidersi e presto si ritrovò lontana dall’ospedale, davanti ad un parco verde di alberi, erba e foglie.
Senza pensare, pensare in quel momento faceva troppo male, entrò nel parco, all’ombra degli alti alberi intorno a lei. Si ritrovò seduta su una panchina verde (immancabilmente verde) a fissare dei bambini che si passavano un pallone (l’immancabile gruppo di bambini che gioca a calcio), una coppia che faceva un picnic (l’immancabile coppia che fa un picnic sull’immancabile tovaglia a quadrati rossi e bianchi) e una famigliola felice che giocava con il cucciolo appena preso (l’immancabile famigliola felice con l’immancabile passeggino pieghevole).
Li guardò finché non le venne la nausea per tutta quell’ipocrisia tradizionalista che spacciavano per felicità, tutti quegli stereotipi che ti mostravano come vivere una vita lunga e perfetta.
Una vita lunga e felice. Sicuramente era una vita lunga e felice.
Il problema era che Jackleen non si sarebbe mai accontentava di una vita felice come tutta quella gente che stava osservando. Lei voleva la sua vita felice.
Tutte quelle bugie che spacciavano come vita perfetta, in realtà non erano altro che utopie e luoghi comuni che ormai sapevano di marcio. Come si poteva ricercare la propria felicità se eri costretto a conformarti e a volere la felicità in scatola che propinavano a tutti gli esseri umani nel mondo?
La magra consolazione di Jackleen era che tutte quelle persone, in realtà, erano troppo codarde per pretendere dalla vita quello che volevano, troppo intimorite dall’opinione altrui e quindi fingevano di volere, di desiderare con tutte loro stesse, quella felicità stereotipata che impregnava le loro vite. Con il tempo i più bravi di loro riuscivano persino a convincersi di voler davvero quella vita. Di voler davvero vivere incarcerati in quella bugia.
Se si guardava bene, quei bambini erano stufi marci di passarsi quel dannatissimo pallone.
Se si osservava con attenzione, si poteva vedere lo sguardo disgustato di quella ragazza mentre il suo ragazzo si sbrodolava con la salsa del panino che aveva appena addentato.
Se si faceva caso ad ogni occhiata ed espressione che si lanciavano, quella famigliola felice non era per niente una famigliola felice. Quel maritino amorevole si sbatteva la sua segretaria ventenne ogni sabato sera invece di andare al bowling con gli amici. L’immancabile segretaria ventenne.
Jackleen si prese la testa tra le mani, sopraffatta da tutti quei pensieri schifosi.
Lei non era mai stata una codarda.
Lei non si era mai conformata alla massa di pecore imbecilli e bugiarde.
Lei non si era mai accontentata.
L’unica cosa che le era rimasta da fare era reagire. Aveva reagito ed era stata etichettata come diversa a vita. Etichettata da chi, poi? Dalla massa di pecore imbecilli e bugiarde? No, non da loro, da quelli che continuavano a vomitare sopra al mondo intero ricette e stereotipi per raggiungere la felicità assoluta, dalla prima pecora imbecille e bugiarda che si era auto convinta che la sua vita fosse perfetta. Che non si poteva essere felici se non desiderando un ragazzo premuroso, una larga famiglia e un fottutissimo pallone da calcio in cuoio.
«Cazzo!» esclamò a voce alta, smorzata dal tono bagnato di lacrime che aveva. Nessuno si preoccupò per quella donna bionda maleducata e chiunque, non senza averle lanciato un’occhiata di rimprovero, continuò la propria vita immersa nelle bugie.
Jackleen decise che quello era troppo. Troppo per lei.
Nella sua mente c’era un sovraffollamento di pensieri, emozioni, sentimenti e parole. Quindi prese di colpo il cellulare e compose automaticamente un numero che conosceva a memoria. Quello che digitava più spesso. Aspettò che le rispondesse, continuando a sussurrare tra sé e sé: «Cazzo… cazzo, cazzo… cazzo!». Aveva frenato le lacrime, ma sapeva che Arizona avrebbe subito capito tutto dal suo tono.
La voce gioiosa della sua migliore amica proruppe dal telefonino di Jackleen: «JACK! Stiamo andando ad un matrimonio fantastico, ci saranno fiori ovunque, vestiti fantastici e romanticismo smielato!» esclamò una voce femminile estasiata, parlando alla velocità della luce.
La donna non faticò ad immaginarsi il sorriso entusiasta e solare tipico di Arizona. Stranamente questo flash non le sollevò il morale, anzi, la portò ad uno stato ancora più profondo di confusione e tristezza. Le si chiuse totalmente lo stomaco, il groppo in gola sempre più pesante.
Riuscì unicamente a sussurrare un debole: «‘Zona…».
L’aveva detto a voce così bassa che la sua migliore amica non la sentì e continuò a parlare, abbassando il tono, come se le dovesse rivelare un segreto: «E quando dico noi intendo me e Calliope! E mi sa proprio che…».
Jackleen non riuscì più a trattenersi e, sentendo delle risate femminili dall’altro capo del telefono in sottofondo, chiamò nuovamente, con la voce rotta dal pianto, più forte di prima: «Arizona!».
La voce della sua migliore amica si interruppe subito e cambiò radicalmente tono quando le chiese, estremamente preoccupata: «Jack! Cosa è successo?». Anche le risate cessarono. Jackleen si disse distrattamente che quella doveva essere Calliope Torres.
«R-Remy… ho fatto un casino. Io non… non so che fare!» mormorò confusamente la bionda senza poter più frenare le lacrime.
Arizona la incoraggiò, sempre con tono preoccupato, ma ora molto comprensivo: «Che cosa è successo con Remy, Jack?». C’era anche una punta d’inaspettata sorpresa nella domanda.
«Lei… lei sta con un dottore del team di House. ‘Zona, sta con un suo collega, cazzo!» finalmente riuscì a liberarsi e il groppo in gola si allentò un po’. Puntò lo sguardo al cielo, appoggiando la nuca alla panchina, lasciandosi scivolare un po’ più in basso con il fondoschiena.
Questa volta molta più gente la guardò male. Ma lei non la notò nemmeno e continuò a piangere in silenzio, ascoltando la voce di Arizona che le domandava: «Jack… hai prove certe di questa cosa?». Sapeva già la risposta: Jackleen non era una che accusava prima di avere la certezza assoluta.
Si prese un momento per ragionare e poi le rispose: «Ha reazioni stranissime quando siamo nella stessa stanza con lui, sembra come terrorizzata dal fatto che possa scoprirci. E… non ha detto nulla quando l’ho accusata… nemmeno una parola!».
Arizona si stupì: quelle prove non sarebbero mai bastate a Jackleen Simmons. C’era un’unica e sorprendente conclusione possibile. Jackleen poté immaginarsi il sorriso intenerito e allibito della sua migliore amica quando la sentì esclamare: «Questa è gelosia, gelosia allo stato puro, Jack… e sai questo che cosa significa? Significa che questa Remy ti piace parecchio! A dir la verità non pensavo che una donna ti potesse far impazzire così tanto di gelosia in così poco tempo! Stai perdendo colpi, Casanova!». Detto questo scoppiò a ridere. La sua risata pura, innocente e sincera fece ritornare Jackleen in sé, cancellando completamente l’ormai insostenibile groppo in gola.
La donna capì pienamente cosa volesse dire Arizona e, dopo poco, anche lei rise sinceramente con il chirurgo pediatrico. Una risata cristallina, molto vicina a quella della sua migliore amica. Non le capitava di ridere in quel modo da tanto, troppo tempo.
Quando le risate si affievolirono, Jackleen chiese: «Allora cosa mi suggerisci di fare, mio coscienzioso Grillo Parlante?».
Arizona ridacchiò all’epiteto che le aveva rivolto, ma non commentò e le rispose: «Metti bene in chiaro le cose con lei e non aver paura come tuo solito di essere felice. Vai e conquista, Jack!». Di nuovo la frase finì in una risata delle sue solite, seguita da quella di Jackleen.
Quando terminò, dopo aver passato un po’ di tempo ad ascoltare il respiro dell’amica al telefono, la chiamò di nuovo: «Arizona?».
Il chirurgo pediatrico rispose subito con un: «Sì, sono ancora qui…».
«Grazie. Ti voglio bene, lo sai…» sussurrò, con un ghigno e una luce particolare che le accendeva lo sguardo viola ogni volta che parlava con la sua migliore amica.
Arizona sorrise e le rispose subito: «Lo so, Jack… anch’io!».
E, con la voce della sua ‘Zona ancora nelle orecchie, Jackleen terminò la chiamata, il volto illuminato da un sorriso determinato.
Ripose il suo cellulare nella tasca interna della giacca e si alzò dalla panchina verde, nella mano destra la borsa del computer portatile.
Mentre attraversava il parco per ritornare all’ospedale, i bambini che stavano giocando a calcio lì vicino fecero un passaggio troppo lungo e la palla finì ai piedi di Jackleen. La dottoressa rimase stupita per un secondo, poi, senza esitare, la raccolse, porgendola con un sorriso ad un ragazzino che era andato a recuperarla. Puntò gli occhi in quelli del ragazzino per poi guardare la palla.
Quindi lo vide allontanarsi e pensò che il fottutissimo pallone in cuoio gli era proprio necessario.
Sorrise tra sé e sé. Sì, Arizona Robbins la rendeva davvero una persona migliore.

 
*****
Perdonatemi per non aver tenuto fede alla promessa fatta, ma è stata una settimana davvero impegnativa tra verifiche, gite e interrogazioni e non ho proprio trovato il tempo di pubblicare prima il capitolo... >__<
Passando al suo contenuto... è più che altro un'analisi della psicologia di Jackleen e forse è proprio per questo che, personalmente, mi piace molto! Con questo chiarisco anche sempre di più il rapporto di amicizia tra Arizona e Jack, anche se c'è ancora altro che deve venir fuori da queste due! Ma non dovrete aspettare ancora molto per scoprire tutto.
Ah, una curiosità: il matrimonio di cui parla Arizona è quello di Alex e Izzie! ^^
E con ciò vi saluto! A giovedì (perché questa volta ce la dovrei fare... ù.ù xD)! =D

Hope you'll liked it! ^^
Dog
   
 
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