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Autore: luceterea    22/05/2011    4 recensioni
Ciao a tutti..questa è la mia prima ff. Ho molto da imparare e spero che sappiate aiutarmi a migliorare :)
La storia è ambientata nel convento di Saverne, dove hanno trovato rifugio Jeanne Valois e suo marito; Oscar ha il compito di catturare Jeanne ma le cose non vanno come aveva previsto...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui! Oggi faccio una prefazione, invece del mio solito commentino alla fine.
Avete, qua di seguito, il tredicesimo capitolo di questa fan fiction che, credo, sia il penultimo. In questo capitolo si vengono a scoprire alcune cose riguardanti la madre Badessa. Chiedo scusa per alcune cose:

  1. Per il ritardo nell’aggiornare.
  2. Per la lunghezza del racconto della nostra suora (spero che lo leggiate comunque tutto per capire bene gli avvenimenti xD)
  3. Per eventuali errori di battitura/ortografia: soprattutto nel pezzo del “flash back”, dato che è scritto molto compattato, non vorrei che, anche dopo la mia consueta rilettura, mi sia sfuggito qualcosa..
Come sempre ringrazio quelli che mi seguono e che mi hanno seguito fin qui, e coloro che non mancano mai di lasciarmi un commentino.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio
albazzurra

 
 
Andrè era stato allontanato a forza da Oscar da un ometto piccolo, con un paio di baffoni rossicci e dei buffi occhialetti rotondi ben inforcati sul grosso naso.
Era il dottor Guillaime De Jaunet, medico del convento, seguito a ruota da un ragazzetto sui dodici anni, con il volto coperto di lentiggini, i capelli castani e gli occhi verdi.
 
Il medico si inginocchiò di fianco al corpo della ragazza e le prese il polso tra due dita.
“Il battito è debole, ma c’è!” dichiarò infine.
 
“Dottore…vi prego. Ditemi che si può curare…la mia Oscar vivrà? Vi scongiuro voglio la verità..” Andrè era sull’orlo delle lacrime e la sua voce tremante.
 
Monsieur de Jaunet, evidentemente un uomo che non si lasciava turbare da nulla, lo ignorò e diede ordine ad alcuni inservienti che aveva portato con lui di sollevare con cautela Oscar e di trasferirla sul letto a baldacchino del cardinale di Rohan e, dopo, di occuparsi del cadavere del cardinale.
Poi si voltò verso il ragazzino e gli fece cenno di portargli la sua grossa borsa, dalla quale estrasse bisturi e uno strano arnese d’argento, dall’aria sinistra.
 
Andrè afferrò il braccio del dottore e lo scosse violentemente.
“Rispondetemi dannazione!”
Il medico lo guardò con occhi lampeggianti.
“Ragazzo. Capisco che siate preoccupato. Ma prima di fare qualunque diagnosi devo visitare la paziente.  E soprattutto toglierle quel proiettile dalla spalla. Ha già perduto parecchio sangue e se non mi lasciate immediatamente morirà!”
 
Andrè mollò immediatamente la presa come se fosse stato scottato e il dottore lo accompagnò, un po’ bruscamente, alla porta. Prima di chiuderla, però, disse:
“In ogni caso, spero che il proiettile non abbia compromesso l’aorta. In quel caso non ci sarebbe molto da fare”.
 
L’uscio si chiuse con un colpo secco.
 
 
“Andiamo Monsieur, venite con me”
Andrè si sentì afferrare per un polso e guidare attraverso i bui corridoi del monastero.
Le giovani monache erano riunite in piccoli gruppi sparsi un po’ ovunque.
 
Alla vista della madre Badessa e di Andrè, una ragazzina si fece avanti, con gli occhi sgranati.
“Ma-madame…abbiamo tutte udito un forte colpo. Che cosa è accaduto? Siamo in pericolo? Io ho p-paura”
La donna lasciò la mano del giovane e guardò la ragazza con un misto di compassione e disgusto.
“ Non dire assurdità, Sophie. Non c’è nessun motivo di preoccuparsi. Se sei spaventata va’ in cucina e fatti preparare dalla cuoca una tisana. E anche voi – disse rivolta a tutte le ragazze, che intanto avevano cominciato a parlottare sommessamente, lanciando sguardi interrogativi ad Andrè e facendo battutine allusive – tornate nelle vostre camere! E pregate il Signore che io non vi trovi ancora a gingillarvi in questo modo, in futuro!”
 
A queste parole, le monache si ritirarono, in un fuggi fuggi generale, nelle loro celle.
Quando si udì chiudersi anche l’ultima porta, la Madre Badessa riprese a camminare verso la sua camera, con Andrè al seguito.
 
Una volta giunti nella stanza, la suora fece sedere Andrè su una piccola sedia di legno, la stessa su cui era stata seduta lei fino a poco tempo prima, e a cui piedi giaceva il rosario, abbandonato.
 
Passarono alcuni minuti.
Il silenzio regnava sovrano, in quella piccola camera.
Andrè aveva gli occhi, bagnati di lacrime, puntati a terra, mentre la madre Badessa teneva i suoi fissi sul volto del ragazzo, come se aspettasse qualcosa.
 
Finalmente Andrè alzò il capo.
 
“Voi…chi siete veramente voi? Mi avete salvato la vita senza sapere chi sono...Avete ucciso senza alcuno scrupolo quell’uomo, Rohan, cardinale primate di Francia…senza pensare alle conseguenze del vostro gesto.”
 
La donna sorrise, forse per la prima volta dopo lungo tempo, spostando lo sguardo sui suoi piedi.
 
“Voi amate molto Madamigella Oscar, non è così? Voi amate quella donna nobile..eppure siete un uomo di umili origini. Come vedete, Monsieur, non sono l’unica ad agire senza riflettere”
 
Andrè strinse i pugni, fortemente irritato da quelle parole lievemente sarcastiche.
 
La Badessa non ci fece caso e continuò a parlare, guardando fuori dalla finestra.
 
“Volete conoscere la mia storia, Monsieur? Ebbene.. Un tempo, tempo fa, anche io ero una donna che apparteneva alla nobiltà, anzi, ero di più. Ero duchessa. Prima di essere quello che sono ora, mi chiamavo Adèle Christine de Lambert, figlia del duca Roland-Auguste de Lambert, cugino di sua Maestà il Re.* Naturalmente abitavo a Versailles, in uno degli appartamenti più belli e spaziosi, grandi quasi come quelli della stessa Regina. Avevo molte cameriere al mio seguito, molti servitori, molte carrozze e molti cavalli. Avevo anche un marito, sì. Mi sposai alla tenera età di quattordici anni con un uomo che ne aveva quarantotto. Anch’egli un duca, un uomo influente e molto vicino alla corona.
Anche se non provavo amore per quell’uomo, io ero felice. Possedevo bei vestiti, gioielli preziosi, potevo partecipare ai balli di corte, ero popolare.
Tutti mi ammiravano, lodavano la mia abilità nella danza durante le feste, la mia cultura nei salotti, la mia bellezza ovunque andassi. Io amavo quella vita, la vita di corte, la vita mondana. Mio marito era quasi sempre assente, impegnato in missioni diplomatiche o in battute di caccia…e io avevo la piena libertà delle mie azioni. Conobbi molti uomini, ebbi molti amanti, pur essendo molto giovane. Il duca mio marito non lo scoprì mai, poiché ogni volta che tornava a casa mi trovava sempre dolcemente disponibile e amorevole nell’accoglierlo. Ero una brava attrice.
Una sera, avevo diciannove anni, mi venne recapitato un invito ad una festa da parte di un uomo molto famoso e molto chiacchierato. Egli era uno dei massimi esponenti del clero, prima ambasciatore a Vienna: il cardinale Louis de Rohan.
Ero a conoscenza della sua cattiva fama di donnaiolo, di uomo senza valori, che la maggior parte delle volte ragionava con il basso ventre, piuttosto che con la testa…eppure accettai l’invito, forse perché ero annoiata, forse perché mi piaceva l’avventura. Andai a quella festa.
Mi recai al suo palazzo, quella sera di gennaio, il volto celato da una maschera d’oro. Entrai nella stanza adibita al banchetto. Era una camera decorata con vernici rosso scuro, la mobilia era di ebano, sul pavimento poggiavano numerosi triclini, come se ci si trovasse nell’antica Roma. Su uno di essi era sdraiato il cardinale, completamente svestito, coperto appena da un drappo rosso all’altezza dei fianchi. Tra gli invitati riconobbi diversi nobili, incontrati innumerevoli volte nei corridoi di Versailles, tutti quanti seminudi, impegnati con una o più donne, ragazze giovani e non, forse prostitute pagate per una sera, forse mogli annoiate, come lo ero io.
Non mi preoccupai dell’ambente. Mi adeguai subito allo spirito della festa.
Bevvi molto, mangiai quel che bastava. Danzai a lungo. Grazie a tutto quel volteggiare, che si addiceva davvero poco alla duchessa che ero, venni notata dal cardinale. Non c’è bisogno che racconti come in che modo proseguimmo la serata…sta di fatto che divenni la sua favorita. Ogni qual volta egli veniva a sapere dell’assenza di mio marito, mi chiamava, mi veniva a cercare, adducendo qualsiasi scusa. Avevo diciannove anni, ero giovane ed ingenua…cercavo la bella vita, ed i piaceri che da essa derivavano.
Andò avanti a lungo. Avevo ventuno anni quando accadde la cosa che cambiò per sempre la mia vita: l’unica che non avevo programmato…che mi ero dimenticata di prendere in considerazione, persa com’ero nella mia vita ribelle…”
 
La madre Badessa distolse lo sguardo dalla finestra, e guardò il ragazzo, che l’ascoltava rapito.
 
“Un bambino?” azzardò Andrè.
 
La donna spostò gli occhi sulle sue mani, che teneva appoggiate mollemente sul grembo.
 
“Già..- proseguì, amaramente- Rimasi incinta. Ero terrorizzata: non sapevo come evitare lo scandalo. Mio marito era assente da tre mesi, e non sarebbe tornato prima che ne fossero trascorsi altri quattro. Avevo paura di dirlo al cardinale..ma egli immancabilmente lo scoprì. Ne fu subito spaventato, ma non temeva tanto per me quanto per la sua reputazione, già abbastanza compromessa presso la Regina, dalla quale sperava di ottenere l’investitura a primo ministro. Mi allontanò da sé, mi chiuse la porta in faccia dopo che per tre anni avevo frequentato più il suo letto che i salotti di Parigi. Cercai di nascondere la cosa: ma ben presto la mia situazione divenne evidente. E le dame di Versailles hanno la lingua lunga e orecchio allenato per il pettegolezzo: la voce giunse alle orecchie di mio marito che, non appena tornò a casa, prima mi picchiò e poi mi ripudiò, e a quelle di mio padre che, come duca, non volendo che la sua nomea e quella della nostra famiglia venisse macchiata dall’onta del mio libertinaggio, rifiutò di riaccogliermi in casa sua ma, per farmi avere comunque un tetto sulla testa, dopo il parto mi recluse in questo monastero, e il bambino lo affidò ad una donna del popolo. Per tutto il tempo in cui sono stata qui, questo è il diciassettesimo anno, mi sono sempre tenuta informata di quello che accadeva a corte: naturalmente venni a conoscenza della storia di Madamigella Oscar, della sua nomina a capitano delle guardie e, in seguito, a comandante. Udii molte voci sul suo conto, sul suo coraggio e sulla sua bellezza, sulla sua fierezza e sulla sua abilità. Fui davvero molto sorpresa di vederla arrivare proprio qui, una settimana fa. La scoprii essere proprio come me l’avevano descritta e, sebbene mi trovi in questo convento da molti anni ormai, la mia indole superba e vanesia, mai sopita del tutto, si risvegliò e mi ritrovai ad odiare quella povera ragazza, che aveva quella sicurezza, quella determinazione, quell’insensibilità per le faccende di corte che io non ero mai stata in grado di possedere.
Quando capii che il cardinale di Rohan aveva messo gli occhi su di lei, la odiai ancora di più, perché stava prendendo il posto che tanto tempo fa era stato mio. Eppure, quando ho sentito quello sparo, stasera…io…decisi che per Louis Renè Edouard de Rohan era giunto il momento di pagare per quello che aveva fatto a lei…e per quello che aveva fatto a me.”
 
La donna tacque e chiuse gli occhi.
Silenziose, cristalline, delle lacrime fecero capolino dalle sue palpebre serrate.
E, finalmente, dopo anni di fiera imperturbabilità, Adèle de Lambert scoppiò in un pianto, troppo a lungo represso.
 
Andrè si alzò e, avvicinatosele, la abbracciò.
Un abbraccio delicato, dolce, leggero…ma che emanava più calore che mille fuochi.
 
La madre Badessa si lasciò andare, piangendo sulla sua spalla.
 
Un improvviso bussare alla porta li fece sobbalzare entrambi.
Entrò il ragazzino lentigginoso, l’assistente del medico.
 
“Scusatemi Signora.- disse, rivolto alla Badessa- Il dottor Jaunet mi manda a dire al signore (indicò Andrè) che lui ha finito con la signorina lassù (indicò il soffitto)”.
 
Andrè si voltò verso la madre Badessa, che nel frattempo si era alzata dalla sedia su cui era seduta.
 
“Andate, Monsieur. Andate a vedere come sta Madamigella. Sono sicura che sarà andato tutto per il meglio. Ditele che non ho mai avuto nulla contro di lei, che le auguro di essere felice. E lo auguro anche a voi..”
 
Andrè annuì e, con il cuore a mille, si precipitò all’ultimo piano, dove lo attendeva il dottore, con la sua diagnosi, ed Oscar, con il suo amore.
 
Continua…
 
*Ovviamente mi sono presa una licenza poetica per quel che riguarda la famiglia Lambert. Non credo sia davvero esistita e, in caso contrario, riferimenti a fatti e persone sono puramente casuali :D
  
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