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Autore: fflover89    23/05/2011    1 recensioni
«La famosa pietra Gulgu… non mi è mai capitato di operare con una gemma simile. La applicherò sulla lama in modo che possa essere degna di essere adoperata da te. Ma a cosa ti servirebbe?» chiese.
«Voglio vedere se riuscirò a raccogliere le mie scintille di memoria.» rispose lui.
 
“Dieci anni sono passati dallo scontro contro Trivia, otto dall’abbraccio di Gidan e Daga, e Gaya è cambiata: un abisso di cristalli alti quanto alberi nel luogo dov’era l’albero di Lifa, una nuova città tecnologica di jenoma e maghi neri, nuove razze che risorgono dalla terra. Una diciassettenne Eiko Carol Fabool che sente ancor di più la mancanza del suo amato Vivi. Un personaggio misterioso che fa ritornare alla memoria frammenti perduti di ricordi. Che cosa succederà?”
 
(Non è il seguito di “The Ultimate Weapon” ma chi già l’ha letto troverà più semplici da capire certi dettagli)  
 
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amarant Coral, Eiko Carol, Freya Crescent, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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       «Hai sentito di quello che è successo a Lindblum?» chiese la regina.
       «Mmmrhm?» fece il re come risposta da sopra il cuscino.
       «Hai sentito di quello che è successo a Lindblum?» richiese.
        «La tipa dell’osteria è andata a letto con Cid? Eh, prima o poi doveva capitare. Vecchio marpione…»
       «Ma che c’entra la cameriera! Io intendevo…»
        «Certo, mi chiedo con che coraggio una sventola del genere possa andare a letto con uno che invece di dirti frasi eccitanti fa “buri” e “kerò”…»
       «Hai intenzione di ascoltarmi, o cosa?» chiese lei.
       «Lo faccio mai?» ridomandò con un sorriso sghembo Gidan, che ricette una cuscinata in testa. Gli piaceva da matti fare innervosire la sua Garnet. Però per alcuni minuti, la moglie non parlò più. Tanto che Gidan, ormai svegliatosi del tutto, toltosi il lenzuolo di dosso fece per scendere dal letto, e incominciò a mettersi le scarpe. Mentre si metteva la seconda disse:
       «Dai, sì che so cosa è accaduto: pare che ci sia stata un’esplosione nel borgo commerciale. Cid ha diffuso la notizia che la causa è stata una fuga di gas o roba simile, ma nella lettera che mi ha inviato ieri parla di un piccolo meteorite. Eiko sospetta addirittura che qualcuno l’abbia preso per farne qualcosa.»
       «Certo che ne ha di fantasia… però è un risvolto da non escludere. Ce ne sono tanti di meteoriti che hanno un grande potere magico al loro interno. E con così tanti scienziati che ci sono in giro, magari qualcuno può farsi venire l’idea di farne qualcosa di losco.»
       «Beh, io conoscevo una regina bruttona e un tizio strano effeminato che hanno fatto una guerra per quattro di questi sassi…» disse Gidan che aveva ancora voglia di fare lo spiritoso. Però stavolta Daga aveva la risposta pronta:
       «Ed io so che la figlia della regina bruttona e il fratello del tizio effeminato, ora sono circondati da un sacco di persone ricche e belle… e se il fratello del tipo effeminato non la smette di fare lo scemo, rischierà di avere la figlia della bruttona che gli mette le corna con una di quelle…» disse con voce sibilante da serpente. E Gidan facendo un verso d’ira, gettò lo stivale lontano in un gesto di stizza.
       «E che diamine, non si può più scherzare? Mi fai incazzare quando fai così!» urlò.
Per tutta risposta ricevette la risatina di Garnet, che anche lei adorava fare “incazzare” il marito: gli si avvicinò e tiratolo per le spalle lo fece ristendere sul letto, gli si mise cavalcioni, e si chinò con il petto nudo all’altezza del viso del jenoma.
       «Io non lo so proprio perché ti sopporto ancora…»
La vista del re ragazzo, si oscurò di colpo occupata dalla vista di due collinette rosa pesco.
       «Lvami qefte due cofe rotnde dalla faffa.» mugugnò.
       «Come?» chiese Daga alzando il petto.
        «Levami queste due cose rotonde dalla faccia.» disse con la sua solita faccia da schiaffi, prima di baciarla appassionatamente.
        «E dimmi Daga, queste persone ricche e belle, sanno che ultimamente il tuo sedere sta leggermente ingrassando?» chiese accarezzandoglielo, facendola sobbalzare leggermente «Fidati, lo conosco bene, da quando mi è arrivato in faccia…»
        «E tutte quelle persone, sanno che con la barba piaci solo a me?» chiese accarezzandogli il volto ricoperto da una leggera ma presente peluria biondiccia «Hai intenzione di rispondere alla lettera del granduca?»
       «Dopo, dopo…»
Un quarto d’ora, un bacio, una carezza e altre cose dopo, Gidan scese dal letto, si vestì e si diresse in armeria.
 
 
 
Eiko aprì gli occhi di scatto, e vide un soffitto chiaro ammuffito dall’umidità. Alzò di scatto la schiena, sentendo una fitta muscolare al fianco.
       «Piano signorina, ha ricevuto una brutta ferita.» sentì la voce atona di un jenoma in una veste da infermiere. Dopo essersi sistemata il cuscino per rimanere con mezzo busto alzato si guardò intorno: era nella sua stanza di albergo, non ricordava come e quando fosse giunta lì. Dentro c’erano diversi jenoma, sicuramente dottori e medici, e collegata al suo braccio sinistro vi era una fastidiosa flebo. La cosa che calamitò la sua attenzione erano i frammenti di sedia sparsi davanti al tavolo che pareva avesse ricevuto un pesantissimo colpo, tanto era incrinato. Sull’orlo della porta vi era appoggiato Amarant che guardava altrove.
       «Che cosa mi è successo?» chiese con la sua solita voce, per niente indebolita.
       «La sua guardia del corpo l’ha rinvenuta dodici ore fa priva di conoscenza con una brutta ferita al costato, fra la milza e il fegato. L’ha portata qui e stavamo per operarla, quando abbiamo visto che i suoi organi interni inspiegabilmente non avevano subito lesioni, ma la ferita continuava a sanguinare, così l’abbiamo ricucita.»
Nonostante fosse stato interpellato indirettamente, Amarant continuava a tenere lo sguardo lontano dal letto di Eiko.
       «Le abbiamo fatto una flebo per sicurezza, ma il suo organismo sembra essersi totalmente ristabilito: sicuramente la sua abilità di rigenerazione magica ha diminuito il tempo di degenza.»
       «Devo rimanere ancora a letto?» chiese apprensiva la granduchessina.
       «Almeno per mezza giornata.»
       «Scordatevelo. Mi sento già meglio.» e fece per togliersi la coperta.
Fermò istantaneamente il movimento quando si sentì addosso lo sguardo di sottecchi di Amarant.
       «Lasciateci per cortesia.» disse.
Dopo essere tutti usciti, Eiko noto che l’uomo salamandra aveva ripreso la sua attenta analisi delle venature dello stipite della porta.
       «È venuto anche qui, per caso?» chiese Eiko indicando il tavolo rotto.
Non ricevette risposta.
       «Mi sono lasciata prendere dall’agitazione, non succederà più.» continuò.
       «Sono stato io.» disse per la prima volta Amarant, sempre senza guardarla.
       «…ho capito. Mi dispiace, scusami…»
       «Scusami un cazzo!» sbottò fulminandola con lo sguardo.
L’uomo salamandra si avvicinò al letto martoriandosi il viso con la mano destra, nel tentativo di calmarsi.
       «Avevamo fatto un patto… non devi pensare a tutto tu. Sei stata fortunata a non essere stata colpita mortalmente. Meno male che ho visto dove stavi andando.»
       «Non è un mago nero per quanto possa somigliargli: è un jenoma.» cercò di cambiare discorso Eiko.
       «Peggio mi sento. Se era un mago nero almeno magari non gli sarebbero venuti istinti, diciamo pericolosi…»
       «Mi hai visto?» chiese quasi imbarazzata, come se avesse fatto effettivamente qualcosa di cui vergognarsi.
       «No! Perché che è successo?» chiese Amarant, che evidentemente parlava per assurdo.
       «Nulla, mi pare di ricordare che mi ha tenuto ferma contro quella roccia, fatto un paio di apprezzamenti, mi ha accarezzato la coscia mi sembra, e poi mi ha mollata di scatto, forse si era accorto che ero ferita.»
       «Ci mancava solo che ti violentasse! Diavolo, Eiko! Quando ti deciderai a crescere!»
       «Avrei potuto cavarmela anche da sola!» ribatté alzandosi sulle braccia.
       «Da svenuta? Ringrazia che sono arrivato in tempo da tirargli un Rising Sun, sennò avremmo trovato altri liquidi oltre al sangue!» sbraitò l’uomo salamandra, facendo arrossire di nuovo la giovane sciamana. 
       «Comunque, sappi che ho inviato una lettera a Freija prima della festa. Verrà anche lei ad aiutarci.» disse Amarant girandogli le spalle.
       «Cosa? Perché non mi hai avvertita?»
       «Perché volevo evitare altre tue alzate di ingegno. E poi questo tizio mi sembra piuttosto potente, quando gli tirato il Rising Sun è riuscito a fermare l’incantesimo che stava facendo e fuggire via su una sorta di piccola piattaforma volante a forma di disco.»
       «Incantesimo?»
       «Già, non ho visto di che tipo però. Adesso tu pensa a riposarti. Continuerò a raccogliere informazioni. Questo tizio era conosciuto dai maghi, senza dubbio.»
Ma le previsioni di Amarant si rivelarono troppo rosee: dopo aver visto cosa era successo al fabbro, nessuno aveva più voglia di parlare di questo tizio mascherato, e ciò ovviamente riconfermava che c’era qualche legame segreto fra il popolo dei maghi e l’assalitore di Eiko. Quest’ultima, molto prima del tempo di degenza determinato dai medici, era già scesa dal letto e si era vestita con il suo classico completo a metà tra il suo vecchio abito e quello di un operaio: la sua femminilità poco accentuata ma presente e attraente, in quelle vesti era veramente ridotta, al contrario di quando era vestita da sensuale danzatrice. Scese al pian di sotto e pagò il locandiere, dopo aver mangiato qualcosa al volo. Non fece in tempo a uscire, che vide arrivare di corsa l’uomo salamandra.
       «Dobbiamo uscire dal villaggio: un testimone ha visto quel tizio dirigersi a est verso la reggia del deserto; e contemporaneamente un osservatore ha notato delle strane creature che stanno per entrare nel bosco. Qualcosa mi dice che vogliono fermarci.»
      «Che ci provino! Gli romperemo i loro culi canditi a forza di schiaffi!»
Sorvolando sulle strani frasi della granduchessina, l’uomo salamandra gli fece strada. Attraversarono il bosco -ormai abitato veramente solo da civette e non da Zacmal e Zemzelet vari- di gran carriera prima di uscire al sole pomeridiano del continente esterno. Fecero per dirigersi verso la spiaggia poco distante, luogo dove li avrebbe dovuti aspettare Mene per avvertirlo del pericolo, ma videro fuoriuscire dal mare una creatura mostruosa come mai ne avevano viste nel corso della loro avventura: era un’enorme gambero che al posto delle chele, aveva delle zampe di ragno fatte di uno strano metallo scuro, ramificate in due. Aveva più occhi sulla faccia proprio come un aracnide, e la coda piatta era riversata in avanti in maniera del tutto analoga a uno scorpione; ai suoi fianchi, vi erano due palle avvolte in placche di metallo triangolari, che avevano due fori a imitare due occhi a mezzaluna, da cui fuoriusciva una luce cangiante, la stessa che usciva da quelli della chimera.
       «Certo che sono davvero brutti…» commentò a mezza bocca Eiko.
       «Beh, almeno Kuja aveva più gusto…» rispose Amarant.
Poi accortesi delle immense stupidaggini dette, si guardarono e scoppiarono a ridere entrambi. Smisero subito quando con un grande scatto, la creatura metà meccanica e metà organica li assalì facendo uscire dal capo tre spuntoni anch’essi del metallo misterioso. I due saltarono di lato lanciando in contemporanea Amarant un Rising Sun, ed Eiko un sancta più piccolo del solito, ma più veloce da evocare. Entrambi gli attacchi esplosero sul dorso del nemico che rimase immobile, mentre le due sfere metalliche si gettarono una contro la sciamana e l’altra contro l’uomo salamandra. Curiosamente la prima lanciava fiotti di acido magico velenoso e l’altra si manteneva costantemente in volo colpendo di rado Amarant. Eiko però stufatasi della sfida, aspettò un momento di stanca dell’avversario e levitò lontano, preparando un nuovo incantesimo:
       «Lamù, signore delle tempeste, comanda agli elementi che la folgore cada!»
L’invocazione sembrava anticipare l’arrivo di Lamù, lo spirito del tuono tanto caro a Garnet: nubi nere e cariche di elettricità si addensarono nel cielo sopra la sciamana, che issò il braccio destro. Le nuvole si aprirono con un rombo di tuono e comparve il barbuto spirito con la sua inconfondibile asta; ma anziché lanciarla verso il malcapitato nemico, la diresse verso la mano aperta di Eiko che venne circondata da un globo di lampi turbinanti contenuti da una barriera trasparente azzurra. Poi la giovane distese il braccio e lanciò l’incantesimo: un’insieme di almeno dieci fulmini concentrati in un solo raggio colpirono la sfera metallica che venne distrutta dalla tempesta di lampi che l’esplosione generò. I suoi allenamenti le avevano dato una tale simbiosi con gli spiriti dell’evocazione che spesso gli imprestavano i loro poteri. In verità ciò era proibito per gli sciamani, che a differenza dei maghi neri non dovevano trarre energia per le magie dal piano degli elementi, ma ad Eiko non importava e l’ebbrezza di quel potere la ubriacava sempre.
Amarant nel frattempo non se la cavava male: presto aveva capito che aspettare di riuscire a colpire l’elusiva sfera metallica non l’avrebbe portato a nulla. Allora si ricordò dei tanti allenamenti che aveva fatto con Steiner, le cui tecniche erano così diverse dalle sue: il cavaliere gli aveva insegnato che per combattere ad armi pari contro un avversario, bisogna individuare i suoi punti deboli, e approfittarne. Dopo aver girato intorno al nemico, notò che per continuare ad attaccare, la sfera doveva necessariamente girare di cent’ottanta gradi. Aspettò un attacco e parandolo con una mano, schizzò sotto il nemico che non vedendolo, cominciò a girarsi ma troppo lentamente: gli artigli di Amarant perforarono le placche come fosse burro. La sfera cadde a terra, e la luce che fuoriusciva dagli occhi si spense.
       «Direi che abbiamo fini…»
Ma prima che Eiko potesse terminare la frase, fu colpita violentemente da qualcosa che la scagliò lontano. Nel tentativo di rialzarsi, capì che avrebbe fatto meglio a non sottovalutare la ferita che aveva ricevuto nell’incontro con l’uomo con la maschera di Antoleon, poiché ricadde a terra con una dolorosa fitta la fianco. Vide da lontano Amarant che teneva fermo con entrambe la mani con tutte le sue forze due delle zampe di ragno dell’enorme chimera, che evidentemente non aveva subito grandi danni dall’attacco combinato precedente. I piedi dell’uomo salamandra non trovavano appiglio sulla rena della spiaggia, e le mani fumavano tanto il metallo delle appendici era permeato di magia velenosa; il gambero presto ebbe ragione della presa indebolita dell’uomo salamandra che giaceva in ginocchio tenendo ancora le due zampe che si liberano e colpirono violentemente dall’alto in basso la testa scarlatta di Amarant. Eiko intanto cercava con tutte le forze di rialzarsi, ma riusciva solamente a strisciare verso l’amico che sembrava ancora cosciente: ne ebbe conferma quando il gambero conficcò nella schiena una delle due zampe riunendo la ramificazione in un grosso cuneo, facendolo mugolare di dolore.
        «No…noo!! Amarant!!» urlò la giovane sciamana, che con l’aiuto di un “levita” riuscì a rialzarsi. Il bel viso si era corrugato in una maschera iraconda solcata da lacrime, e lentamente il suo fisico cominciò a trasformarsi. Dalla schiena, iniziarono a spuntare delle ali d’uccello composte solamente di luce, il vestito da combattimento cominciò a diventare una veste da mago di colore bianca con ghirigori dorati, il corno venne permeato da una luce splendente; i capelli di Eiko cominciarono a crescere e a divenire ricchi di boccoli e a permearsi anch’essi di una luce dorata. Prima che riuscisse a terminare la trance, il viso della chimera improvvisamente esplose, e si ritrasse dal corpo di Amarant che teneva la mano insanguinata issata.
       «Mi dai… già per morto?» disse.
La creatura sembrava stesse per crollare, ma improvvisamente da dentro le corazze sferiche uscirono due fiotti magici di un colore che cambiava, dal giallo, al verde, al rosso, al viola, al blu, lo stesso che usciva in precedenza dalle aperture a forma di occhio. Congiungendosi sul corpo della chimera, divenne un pallone con diverse fasce colorate che stava caricando un incantesimo. Eiko era sul punto di calmarsi, ma all’improvviso venne colta da un istinto che non l’aveva mai colta: voleva uccidere quell’essere. Non fermarlo, non batterlo, voleva vederlo morire davanti ai suoi occhi con il sangue  –se ne aveva– uscire dal suo corpo mostruoso. Dal punto del fianco dove aveva ricevuto la ferita, comparve un misterioso simbolo nero che emanò una luce rossa scura che permeò tutta la trance, cambiando ulteriormente il corpo di Eiko: i capelli divennero castano scuro, gli occhi cambiarono in un rosso sanguigno, il corno sembrò incurvarsi e scurirsi, le ali che sembravano bianche divennero nere come quelle di un corvo, il vestito diventò grigio scuro, e le decorazioni rosse. Sopra le dita dei guanti di pelle si formarono artigli metallici. La pelle di Eiko invece che illuminarsi, ritornò alla tonalità normale, e dalla bocca uscì un acuto urlo che smosse la terra e fece tremare le querce secolari. La sciamana, anche se difficilmente poteva essere definita così, si scagliò contro la chimera e ficcò gli artigli dentro i pochi occhi che ancora aveva nel volto, e con una forza incredibile la sollevò schiantandola al suolo di schiena. Amarant, vedendola rimase stupefatto: dove era finita la piccola e sprezzante sciamana, mingherlina e debole, incapace persino di tirare uno schiaffo? Dinanzi a lui si stagliava una specie di strega, che riluceva di un’aura scarlatta e nera, che sprizzava cattiveria da ogni poro. Ebbe una sensazione simile quando si trovò di fronte a Trivia, il terribile dio della morte. Eiko poi strappò a mani nude le zampe della bestia che strillò un verso gorgheggiante simile a quello di un tacchino, ma smise quando la granduchessina le infilzò nel suo ventre molle. La sfera multicolore stava per darsi alla fuga, ma dalle mani di Eiko uscì un raggio nero a forma di arco, con strane protuberanze amebiche intorno che disintegrarono il pallone, generando una stranissima luce. Eiko si girò intorno, come per vedere se rimanesse ancora qualcosa da sterminare e vide Amarant, che per la prima volta da molto tempo ebbe paura. Invece, misteriosamente, il viso corrugato si distese lentamente e iniziò a camminare verso di lui con gli occhi sbarrati. Mentre camminava, la luce rossa cominciò a ridursi e gli abiti e l’aspetto di Eiko tornarono normali.
       «Uhm?» fece «Merda, Amarant!» e si precipitò a lanciargli una magia di recupero.
Dopo che Amarant si fu ripreso le chiese:
       «Cos’era quello?»
       «“Quello” cosa?»
       «Ti sei trasformata.»
       «Non mi hai mai visto entrare in “trance”?»
       «Non così perdonami. Anche questo è merito degli allenamenti?»
       «Riconosco che stavolta ero un attimo più violenta del solito…» disse.
       «Poco?! Gli hai cavato gli occhi, strappato le gambe e infilzatolo con quelle, e mi dici “poco più violenta del solito”?»
Eiko per tutta risposta fece spallucce. Amarant invece non era per nulla convinto.
       «Quando arriveremo a Madain Sairi, termineremo il discorso.»
 
 
 
Gidan entrò in armeria imprecando da solo.
       «Possibile che Monsciù quando non c’è non tiene in ordine il materiale per scrivere?»
Nel cercare, passò davanti due armadi ricolmi di elmi, guanti e divise Plutò. In mezzo a questi un uomo osservava il giovane re di Alexandria che gli dava le spalle, ed estrasse una strana scimitarra bianca con diversi tagli e spunzoni.
       «Certo che voi sicari non conoscete più il significato della parola “circospezione”, vero? Conosco gente che non si sarebbe mai fatta notare in quel modo.» disse Gidan sprezzante. L’uomo, che indossava una mostruosa maschera rossa scura, sferrò un colpo che tranciò in due il tavolaccio dove poco prima c’era l’ex-Tantarus.
       «Chi ti manda? Il comitato di conservazione della specie degli Antoleon?» chiese Gidan che quella mattina si era davvero svegliato spiritoso «Effettivamente ne abbiamo fatti fuori diversi al povero Kuja.»
       «Carina.» ammise l’uomo mascherato «Non ho mandanti. Sono qui per scoprire chi sei…realmente.»
Capendo che quell’uomo non voleva semplicemente ucciderlo, e intuendo che forse poteva centrare qualcosa col meteorite scomparso di cui Cid parlava nella lettera, prese una delle daghe con cui aveva viaggiato in passato che riponeva in armeria per sicurezza e si mise in guardia.
       «Il prossimo che mi dice che non devo mettere l’Ultima Weapon in armeria, che è il suo posto, lo strangolo…»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Come avete notato, se ci siete ancora miei affezionati lettori, non ho introdotto la mia solita introduzione, poiché volevo proprio lasciarvi interdetti con la scena tra Garnet e Gidan. Stavolta sono riuscito a pubblicare con più velocità, proprio per non lasciarvi ulteriormente con l’amaro in bocca. Non so fra quanto tempo pubblicherò il prossimo capitolo, ma giuro che farò il possibile affinché non sia troppo. Nel frattempo risponderò alle vostre recensioni, che aspetto numerose!
 
 
Arrivedooorci!!!

 

   
 
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