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Autore: loonaty    23/05/2011    2 recensioni
Com'è fuggire da ciò che più si ama?
Com'è avere tutto e subito dopo ritrovarsi con nulla fra le dita?
Un chakra dalla potenza sconfinata, inferiore solo a quello della volpe.
Un carattere combattivo e ribelle.
Un'indole autodistruttiva.
Un membro in più nel clan Uchiha.
Cosa si prova ad essere un mostro?
Non ci si aspetta che qualcuno capisca.
Non ci si aspetta che qualcuno compatisca.
Perché niente di ciò è davvero rilevante.
Kioko è Kioko, e questo, che voi lo vogliate o no, non cambierà.
"Queste rose.
Sono come me. Lentamente sfioriscono, i loro bei petali hanno ingannato per tutta l’estate gli ingenui che nel coglierle si erano feriti con le spine. Quando però avranno perso ogni petalo le persone temeranno quei rovi spinosi, si terranno alla larga. Così era successo con lei." (capitolo 12 "Queste rose")
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Obito Uchiha, Rin, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
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Scusate tanto tanto tanto il ritardo ç_ç sappiate che la trama si infittirà un tantino e ci saranno diversi sbalzi temporali perchè se no si trasformerebbe in un'Odissea e non voglio stressarvi ancora molto XD Spero che vi piaccia questo capitolo come è piaciuto a me scriverlo ,
un saluto dalla poco socievole qui presente loonaty che si scorda sempre di aggiungere note personali ai capitoli
(non che poi freghi qualcosa a qualcuno, scommetto che la metà di voi nemmeno legge XP)



31- NUOVA ALBA DEI CUORI PULSANTI

 
La stanza circolare era buia.
Eppure si vedeva perfettamente. Era quel buio fioco che ti permette di avere chiare le immagini nonostante tu abbia solo degli inservibili occhi umani. Lei aveva occhi da falco.
Oscurità zero, Kioko uno.
Beccati questo cecità post-sharingan ipnotico! Ah-Ah-Ah!

Appena entrata la luce alle sue spalle aveva disegnato un rettangolo perfetto attorno alla sua ombra tirandone i contorni neri come la cappa che indossava. Il cappuccio tirato sugli occhi, le maniche che le inglobavano le mani, il bordo che frusciava contro il pavimento. Si sentiva molto un dio della morte, le mancava solo la falce. Sorrise inconsciamente. Sì, le sarebbe davvero piaciuta una falce …
La porta si richiuse, Orochimaru le strinse una spalla. Un insolito gesto di incoraggiamento che la fece rabbrividire di disgusto e di soddisfazione. Sollevò il capo verso di lui. Gli occhi ambrati ed affilati che indugiavano sul suo volto su cui le ombre sostavano come pennellate di vernice scura. L’uomo alzò lo sguardo dedicando a qualcun altro la sua attenzione. Lei fece lo stesso rendendosi conto della presenza di altre forme di vita a parte lei ed il suo maestro.
Erano disposti in riga, quattro persone. Tre maschi, probabilmente una donna.
-Quindi questo è il famoso falco d’argento?- Domandò una voce severa che però la sorprese. Doveva appartenere ad un ragazzo non molto più grande di lei.
Le dita del viscidone alle sue spalle le affondarono nella pelle. Kioko sospirò e spalancò le ali stracciando il retro della cappa. Perché doveva fare tutta quella scena? Non poteva semplicemente stringere la mano a quei tipi e tornare ad allenarsi?
Vide l’uomo che aveva parlato fare un passo avanti. Gli occhi della ragazza si tinsero di giallo rendendo tutto immensamente più facile. Era alto poco più di lei, i capelli di una tinta color carota talmente fuori luogo che dovette soffocare una risata. Diversi piercing sul volto, aveva degli occhi strani, inquietanti addirittura. Sapeva chi era, glielo aveva descritto Orochimaru prima di venire. Pain, il capo supremo dell’organizzazione alba.
-Ho sentito molto parlare di te- commentò avvicinandosi ancora.
-Se dicessi lo stesso mentirei- rispose melliflua. Il ragazzo si bloccò sul posto.
- E’ una ragazzina- Assolutamente atono.
-no sono un pesce spada- Lo scappellottò del suo maestro le fece buttare il capo in avanti.
-Ahi!-
Abbassò il cappuccio per sfregarsi la nuca. –Hai le mani pesanti!- Borbottò irritata.
Pain alzò lo sguardo sull’uomo dalla chioma nera. –Sapevo che era giovane, ma non che fosse così piccola-
L’essere con i piercing  si avvicinò fino a sollevarle il mento con una mano. – Orochimaru, non è da te intercedere per una mocciosa- Lei scostò il mento sdegnata. –Ho sedici anni e sono un Uchiha, direi che potreste anche smetterla di considerarmi una mocciosa-
 
Mocciosa … mmm … non ricordo, chi è che ti chiamava così?
Cosa vorresti insinuare?
Un certo ANBU,  con dei certi capelli bianchi ed una certa passione per le cause perse …
Non so a chi ti riferisci.
Certo, certo …
E comunque …
Sì?
I capelli sono argentati, non bianchi.
 
Pain inclinò piano la testa di lato. –Sedici anni eh? Hai lo sharingan ipnotico?-
Lei sorride.
Il ragazzo annuisce e torna ad affiancare la donna. Ora la vede. Ha i capelli blu scuro raccolti con accanto una rosa di carta. Ci sono anche Sasori, il compagno di Orochimaru e Kakusu, quello che da oggi in poi sarà l’uomo con il quale dovrà affrontare le rare … Missioni? Che le verranno assegnate. Così dice Pain.
Orochimaru però non è convinto e continua a spostarsi i capelli dal viso con un tic nervoso. Gli ferma la mano bloccandogliela contro il fianco.
Allora si decide a parlare.
-Lei è mia-
Ci mancò poco che la ragazza non capitombolasse a terra. Nella sala scese un silenzio di tomba mentre il suo –Eh?- incredulo risuonava contro le pareti curve.
Orochimaru strinse i denti e le afferrò un polso tirandola bruscamente a sé. Con un braccio le cinse la vita con l’altra mano le bloccava le mani.
-E’ il mio esperimento- Sembrava un serpente che soffiava.
-Come prego?- ripetè lei più calma. Un colpo di tosse che probabilmente stava ad indicare una risata camuffata provenne da Sasori della sabbia rossa. Pain sospirò.
-Presumo che te la dovrò lasciare-
Il viscidone non rispose stringendola più forte. I suoi capelli le si appiccicavano sulla faccia. Sentiva il suo cuore pulsare velocemente contro la sua schiena sudata, il suo corpo caldo la circondava. La mani affusolate e forti la stringevano senza farle male. Improvvisamente si sentì al sicuro, cosa non saggia da fare tra le braccia di chi dice di reputarti un esperimento.
-Potete andare- Disse poi il “capo”. La porta alle loro spalle si spalancò inondando la sala di luce. Kioko era paralizzata. Orochimaru allentò la presa e le afferrò un gomito trascinandola alla luce.
 
-Mi spiegheresti l’uscita di poco fa?- Domandò tranquilla lei mentre si smaltava le unghie dei piedi spaparanzata sul divano. Anko era appoggiata al suo ginocchio destro che penzolava malamente giù sul pavimento, e lucidava i kunai che avrebbe usato per l’allenamento. Orochimaru stava a braccia conserte appoggiato alla parete in una posa plastica da uomo tenebroso che le fece gonfiare le guance. –Dovresti saperlo che non ti appartengo-
-Tu sssssei mia – Quando era nervoso sibilava. Una parte divertente del suo carattere.
-No non ssssssssono tua- Gli fece il verso lei. Una scintilla di malvagità percorse il volto di lui.  Una ventina di serpenti sbucarono dal nulla stritolandola in un abbraccio che rischiava di spezzarle più di un osso.
-Lombrico- Gorgogliò. –Soffoco!-
Lui sorrise.
-Non devi mai dimenticarti con chi stai parlando.- Fece una carezza sulla testa ad Anko e poi uscì dalla stanza lasciandola da sola a lottare contro quelle bestie che tentavano di ucciderla.
-Lombrico … -Ringhiò lei.
 
-Ragazzo, so come l’hai presa però … - Jirayia appoggiò sul tavolo il bicchierino di sakè con un sospiro triste. Quasi non osava alzare lo sguardo sul ragazzo davanti a lui. Il fantasma davanti a lui. Poco dopo che Rin era stata uccisa il demone a nove code aveva distrutto il villaggio portando via con sé anche il loro amato quarto Hokage. Il suo allievo. Il maestro di quel ragazzo con lo sguardo perso nel vuoto, i capelli spettinati, i vestiti stropicciati. Seduto sul pavimento sporco di una squallida sala da gioco. Le gambe raccolte sotto il corpo i palmi poggiati sulle ginocchia. Era ancora più magro di quanto non lo fosse mai stato … Ed ora … Ora non c’era nemmeno più quella Kioko a trapanargli il cervello e mettergli un po’ d sale in zucca. Anzi, si poteva dire che la causa principale di tutto ciò fosse proprio lei. Quella santa ragazza che si era rivelata una cura per la solitudine di quel ragazzo e che allo stesso tempo lo aveva distrutto. Lo aveva fatto a pezzi, dilaniato con i denti. L’eremita sollevò i piccoli occhi acquosi su Kakashi. Sovrappensiero cominciò a far girare il bicchierino tra le dita alzando poi una mano per chiedere un altro giro della bevanda scadente dal retrogusto acido che veniva spacciata per sakè quando tutti in fin dei conti sapevano che era lubrificante per macchinari ed alcool. Una volta che la bottiglia fu poggiata sul tavolo assieme al’altra già vuota l’uomo riprese a parlare.
-Sai che in fondo non è colpa tua …-
Gli parve di vedere il ragazzo rabbrividire e poi diventare immediatamente attento, gli occhi arrossati e le sopracciglia corrucciate, si guardò in torno come se non sapesse capacitarsi del luogo in cui si trovava. La musica raschiante in sottofondo, una bettola  dalla fama poco raccomandabile, ben illuminata, abbastanza per riconoscere gli strati di lerciume su cui la gente appoggiava i propri rispettabili deretani. Poi tornò a rivolgere a Jirayia la sua attenzione. Ora il ninja leggendario era veramente stupefatto. Il ragazzo aveva bisogno di uno scossone, di qualcuno che lo afferrasse per le spalle e gli desse una testata o roba del genere. Ok, suo padre si era suicidato e due dei suoi compagni erano morti. Va bene che ad uccidere uno dei due era stata la terza compagna con cui nessuno aveva capito che rapporti avesse. Sì, da poco era morto anche il suo maestro ed il suo villaggio era finito in macerie così come la sua casa ed ora viveva assieme ad un pervertito dai capelli bianchi ed un marmocchio piangente con il Kyubi nello stomaco, però, c’era proprio bisogno di prendersela così?
Bhè, alla fin fine non aveva tutti i torti.
-Cosa pensi che farai adesso?- Domandò stavolta spingendo il bicchierino verso di lui.
Kakashi abbassò la testa, poi passò una mano tra i capelli sporchi allontanandoli dal volto e sollevando verso la bocca il liquore.
Diede un colpo di tosse poi strinse con forza le labbra. –Cosa dovrei fare?- La sua voce era roca, abbattuta, incrinata dall’eco delle lacrime versate.
Jiraya proprio non sapeva che rispondergli. Cosa doveva fare? Sperava glielo dicesse lui!
Forse poteva aiutarlo … Aveva un aneddoto che qualche tempo prima gli aveva regalato il suo allievo prediletto.
-Comunque il falco d’argento ha capacità premonitive – buttò lì come se nulla fosse. Le mani del ragazzo si strinsero contro il bordo del tavolo, le dita sanguinarono quando le schegge gli trafissero la pelle. –Sapeva che Obito sarebbe morto- Disse scrutandolo di sottecchi. –O meglio, lo sospettava, ma ha ignorato tutto per salvare te.-
-Come prego?- La vibrazione nella sua voce sfumava l’acidità.
-Quando fai così le assomigli proprio tanto, è davvero una risposta da Kioko … Chissà quanto lei ha preso da te … - Il pugno di Kakashi si abbattè sulla superficie del tavolo con talmente tanta foga da far rovesciare la bottiglia.
-Io e QUELLA non abbiamo nulla in comune!- Sibilò sporgendosi verso l’eremita, l’occhio nero in fiamme.
-Quindi non ti interessa sapere che se lei non ci fosse stata saresti morto tu sotto quella frana-
I muscoli sul suo volto ebbero un guizzo. La cosa gli interessava, ma l’odio e la repulsione che il suo cuore provava per quell’argomento erano più forti. Jirayia scrollò le spalle.
-Rin ed Obito correvano verso l’uscita, lei li ha spinti avanti ma è rimasta incastrata, tu sei svenuto, lei si è quasi strappata un’ala, ma non è riuscita a tornare indietro allora ha chiamato Obito che si è voltato, ti ha visto, ti ha salvato.-  ed è morto. Le parole vagarono tra loro senza che nessuno le avesse pronunciate.
-Sapendo questo, cosa credi di fare?-
Kakashi si alzò a fissò l’uomo dall’alto, un briciolo di orgoglio ripreso. Kioko aveva ragione alla fin fine. Per farlo reagire bastava farlo arrabbiare e lei era maestra in quest’arte. Era davvero un peccato che fosse finita così.
-Kioko è cattiva, lo è sempre stata-
Strana quella parola infantile “cattiva” sulle labbra di un ragazzo che si atteggia ad uomo.
-Ciò che ha fatto è stato solo per un proprio tornaconto personale-
A cosa le avrebbe giovato salvati  la vita?
-Kioko va distrutta-
Un uomo che vendica i suoi pari oppure un bambino che rompe il giocattolo che non può avere?
-Ha fatto fin troppo male a questo villaggio-
Ha fatto fin troppo male a te.
Kakashi uscì da quel buco dirigendosi verso il palazzo dell’Hokage, ancora in ricostruzione, per chiedere udienza.
Jirayia sospirò. Questi ragazzi! Doveva scriverci un libro …
Alzò una mano richiamano l’attenzione di una cameriera con la scollatura prorompente ordinando un’altra bottiglia di sakè.
Portandosi il bicchierino alle labbra sorrise.
Ne uscirebbe una storia non poi così casta …
 
   
 
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