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Autore: HeartBreath    23/05/2011    5 recensioni
Quel travestimento, nonostante la mia natura abbastanza femminile, era dovuto al desiderio più grande che avessi mai sentito: conoscere da vicino Kurt Hummel.
Mi aveva aiutata in una situazione critica ieri, nel mio primo giorno al liceo Mckinley. Qualcuno aveva partorito la simpatica idea di ricoprire la mia faccia con una granita presa al distributore della scuola, senza un preciso motivo. Kurt si trovava nei paraggi e mi aveva aiutata a ripulirmi e a ritrovare il buon umore col sorriso più dolce che avessi mai visto.
Qualche ora dopo scoprii un piccolo ostacolo per il mio nuovo amore, tuttavia. Kurt era gay. Il ragazzo più carino che potessi conoscere in quella gabbia di leoni, non era interessato alle donne. Il mio cuore non aveva mai palpitato così forte, non mi ero mai innamorata prima. Eppure, vedendo Kurt, qualcosa era scattato. Quei capelli perfettamente modellati, quel viso da bimbo, le fossette, gli occhi chiari… Mi fece impazzire subito.
Dovevo avvicinarmi a Kurt, in qualche modo. E la migliore strada da prendere era essere tutto ciò che lui potesse volere. Un uomo con la sensibilità di una donna, esattamente come era lui.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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“Kurt? Siete qui sotto?” dopo un paio d’ore, sentimmo la voce del signor Hummel in cima alle scale. Potevo solo dedurre che la sua scelta di non scendere a controllare di persona fosse la paura di trovarci in una situazione intima. Kurt sicuramente non riceveva molte visite maschili…
“Sì papà, cosa c’è?”
“Niente, volevo solo controllare se andava tutto bene. Vi ho sentiti in cucina prima…”
“Stavamo preparando i biscotti al burro, se ne vuoi qualcuno sono sul tavolo” gli disse Kurt.
“Biscotti? No grazie figliolo, mi hanno chiamato dall’officina per un lavoro urgente. Esco, ci vediamo stasera” poi urlò più forte: “E’ stato un piacere Jo!”
“Anche per me, signore”
Kurt fece un risolino. Chissà cosa pensava… “A dopo papà”
Restò stranamente immobile per qualche secondo. Cercai di chiedergli cosa gli prendesse, ma lui mi zittì. Involontariamente restai immobile anche io, come se il mio corpo avesse paura di un qualche pericolo che solo Kurt sembrava avvertire.
Avevo interpretato decisamente male: solo quando si sentì dal piano superiore il rumore della porta d’ingresso chiusa, Kurt sorrise di sbieco.
“E finalmente… siamo soli” disse, in un sussurro.
Senza perdere tempo, appena si era avvertito l’uscita di casa del padre, aveva forzato l’atmosfera perché cambiasse. Mi guardava con occhi strani, seducenti, totalmente nuovi per me. Quelle iridi chiare ora mi violavano, sembravano volermi urlare “Ti voglio”. Provò a passarmi una mano sul braccio, ma gliela presi subito.
Ero alle strette, senza più vere risorse. Non avevo più scuse.
“K-Kurt… Io…” era il momento giusto, prima che succedesse qualcosa di irreversibile. “Io devo dirti una cosa…”
Mi posò un dito sulle labbra, persino con eccessiva teatralità. “Non è il momento di parlare… è il momento di vivere…” bisbigliò, avvicinando il viso al mio.
“Kurt…” lo chiamai con voce così debole che ero sicura non mi avesse sentita.
Lui si avvicinava a me, pretendeva le mie labbra, sembrava non poter aspettare nemmeno un attimo di più, sembrava volerlo da tutta la vita.
Si stava stendendo prepotentemente su di me, o almeno ci provava.
Ero capace di sentire il suo respiro sul mio viso, il suo profumo fondersi già col mio…
“No, non posso!!” lo spinsi via. Con una tale foga che sbatté la schiena contro l’altro bracciolo del divano. Temetti persino di avergli fatto male.
Non so per quale preciso motivo – forse perché mi sentivo in colpa, avevo paura di come avrebbe reagito alla verità, o mi odiavo per aver negato a me stessa una possibilità irripetibile -, ma non riuscii a trattenermi dal piangere. Gli occhi iniziarono a bruciarmi. Con la mano sulla bocca, singhiozzai incapace di guardare Kurt negli occhi.
Dopo un secondo o due lo sentii… sorridere? “Sono fiero di te, Joey”
Spalancai istintivamente gli occhi tanto da essere sicura che le palpebre avessero formato due angoli piatti. “Co-come mi hai chiamato?”
Senza dire nulla, prese dal comodino una scatola di fazzoletti e me la porse.
“Allora tu sapevi…”
“Che sei una donna? Dalla prima volta che ti ho vista, tesoro. So riconoscere la linea che passa tra un ragazzo effeminato e una ragazza maschia, e inoltre ti ho detto di aver provato anche io ad essere più… virile, tempo fa” mi spiegò, calmo. “Ammetto di esserci cascato per mezzo secondo, quando mi hai salutato sull’autobus. Poi hai parlato, hai commentato la mia rivista… Pensavo solo che fossi una ragazza molto mascolina, invece ti ho sentito parlare al maschile… e ho pensato volessi essere diversa da com’eri per la libertà d’espressione”
Mi soffiai il naso e mi asciugai le lacrime ascoltandolo parlare, stupefatta. Avevo la sensazione di essere su Candit Camera.
“E quando ho capito che fingevi di essere un maschio per me… beh, mi sono sentito lusingato. Mi ricordo di te, ti ho aiutata a toglierti la granita di dosso lunedì scorso. Ti sei vestita da ragazzo, tagliata i capelli, giocata la fondamentale prima impressione davanti a tutta la scuola… per fare colpo su di me” miagolò, intenerito. “Sono troppo presuntuoso? C’è dell’altro?”
“No” mugolai. “No, hai spiegato tutto benissimo. Mi dispiace, Kurt… Volevo solo essere tua… in qualsiasi modo…” scesero altre lacrime incontrollate.
Kurt mi cinse le spalle col braccio. Nessun altro l’avrebbe fatto. “Ehi… Non ce l’ho con te, Joey. Volevo provare a conoscerti in qualunque modo tu desiderassi, così ti ho assecondata in questa messa in scena. Devi tenere veramente a me, se ti sei fermata in una situazione simile solo per non mentirmi oltre e non farmi soffrire. Per questo sono fiero di te” mi guardò con quegli occhi celesti pieni di comprensione. Era incredibile quanto sembrasse sempre sul punto di piangere, i suoi occhi limpidi trasudavano sensibilità.
“Non sei… arrabbiato?” qualunque reazione mi sarei aspettata, ma non quella.
Scosse la testa. “Mi lusinga davvero piacerti a tal punto…”
Piansi ancora pensando che nulla, in quello che diceva, corrispondeva al lieto fine. Cosa speravo, de resto? Che mi confessasse un amore segreto?
Sono patetica, mi rimproverai.
“Ascolta” sembrava volermi consolare a tutti i costi. “se ho imparato una cosa, è che essere onesti alla lunga conviene…”
“E io non lo sono stata, mi dispiace..”
“Fammi finire. Tu non sei stata onesta cercando di essere chi non sei… ma al momento decisivo, mi hai detto la verità. E l’hai fatto rinunciando a qualcosa che desideravi ardentemente, immagino”
Annuii sconsolata.
“Mi hai mentito per amore, e per amore hai smesso di farlo… E come ho detto, essere onesti alla fine conviene. Prima o poi la gratificazione arriva, perché tutti ricevono quello che meritano alla resa dei conti”
Lo guardai ancora, interrogativa.
“Te lo meriti, Joey…” tra l’indice e il pollice dal tocco delicato prese il mio mento e percorse quei pochi centimetri mai violati, per arrivare al mio viso, unendo le nostre labbra in un contatto timido, impacciato, come se non avesse mai dato un bacio in vita sua.
Il momento più bello di tutta la mia vita. Fu semplicemente magia quello che convinse il mio cuore - spezzato, stressato, mortificato e nervoso – a battere. La mia mente si svuotò di  ogni più piccolo pensiero, solo le labbra di Kurt restarono con me. Riuscii persino a dimenticare di essere l’unica a volere quel bacio. Non me ne importava nulla.
 
 
Kurt mi diede forza. Kurt mi fece credere in me stessa e nella giustizia universale. Mi aveva suggerito di dire la verità anche al resto del Glee Club, assicurandomi che non mi avrebbero giudicata se confessavo di mia volontà. D’altronde, non avevo fatto nulla di troppo negativo. Di sicuro non avevo ferito nessuno, al contrario di quello che credeva Finn. A parte me stessa… Sì, riguardo a questo Finn aveva ragione. Non si conosce la pesantezza delle conseguenze finché non le senti nel petto a bruciare.
Non avevo speranze con Kurt. Mi disse che non era lui ciò di cui avevo realmente bisogno, ma che mai aveva voluto bene così tanto ad una ragazza prima d’ora. Questo mi fece male, ma mi diede sollievo da una parte. Dopo l’ultima chiacchierata con l’amico Finn, quando cominciai a pensare seriamente alle conseguenze delle mie azioni, immaginavo sarebbe finita molto peggio. Invece Kurt mi accettò per quella che ero. Non poteva amarmi, ma non mi odiava nemmeno. Mi voleva bene.
Ero pronta a dire la verità. Era stato Kurt a dirmi “Puoi farcela”, come ogni volta che avevo bisogno dei suoi occhi pieni di fiducia. Quando avevo bisogno, lui era lì per me. Penso si considerasse una specie di mio angelo custode, ormai. Di sicuro era ciò che ci si avvicinava di più.
Era lì, seduto a gambe accavallate e le mani sulle ginocchia. Ogni segno di omosessualità in lui avrebbe dovuto farmi ancora più male, invece lo trovavo sempre adorabile, mi affascinava ancora di più l’essenza del suo aspetto, nonostante le carte scoperte.
Mi guardò esattamente in quel modo, con un mezzo sorriso e le iridi limpide, quando chiesi al professor Schuester il permesso di parlare, durante una prova del Glee. Schuester mi offrì il suo posto in piedi, di fronte alle sedie dove erano comodi i miei compagni. Deglutii: non pensavo avrei parlato in piedi.
Sì, posso farcela… Nessuna vergogna, solo la verità, mi dissi, e mi alzai.
La mano di Kurt mi carezzò la schiena quando mi allontanai dal posto accanto al suo.
Il panico si impossessò di me nel momento in cui mi trovai davanti tutti i membri del Glee.
“Io…”
Non riuscivo a far passare le parole dalla mia bocca.
“Allora, Jo?” mi invitò Schuester.
“Io…” deglutii ancora e presi coraggio. “ho una confessione da fare” dissi soltanto, e finalmente abbassai la cerniera lampo della felpa, fino ad aprirla. Scoprii così il mio misero ma evidente seno e i fianchi rotondeggianti. “Sono una donna”
Mi guardarono allora una decina di coppie di occhi strabuzzati. I miei compagni si guardarono a vicenda, imbarazzati e stupefatti. Rachel sembrava sul punto di svenire. Solo Kurt e Finn sorridevano, contenti che fossi stata onesta con tutti.
“Sono stata io a voler sembrare un maschio, non siete voi ad aver capito male. L’ho fatto perché volevo essere chi non sono, ma ora ho capito che non posso cambiare me stessa e non devo fingere di essere qualcun altro. E soprattutto… ho capito che mentire non è mai la strada giusta. Mi dispiace molto per quello che ho fatto, ma mi hanno assicurato che in questo Glee Club, se sei davvero pentito, gli sbagli vengono perdonati… mi hanno detto che siete una famiglia e vorrei farne parte… per quella che sono. Vorrei ricominciare insomma, se per voi va bene… Quindi mi presento, sono Joey Muller. E non vedo l’ora di conoscervi tutti”
Silenzio.
Silenzio totale.
Silenzio teso.
Silenzio imbarazzante? Sì, forse.
Aspettavo una qualsiasi reazione, da chiunque.
In ansia, posai gli occhi su Kurt per sentirmi di nuovo al sicuro. Lui l’aveva previsto, mi guardava già quando incrociai la sua figura. Alzò il pollice. “Perfetta” mimò con le labbra.
“Beh, Jo… Anzi, Joey…” attaccò il professore. “Non si può negare che questa sia una sorpresa…” guardò i suoi studenti per incoraggiarli a parlare, o forse per avere una conferma di quel che diceva: “Ma hai ragione, noi siamo una famiglia e perdoniamo gli sbagli. Perché d’altronde, tutti commettiamo degli sbagli. Inoltre, molti di noi hanno trovato sé stessi grazie a questo Glee Club. Quindi, se vorrai, saremo felici di conoscerti per come sei” sorrise.
“Professor Schuester, vorrei proporre un assolo” alzò la mano Kurt.
“E’ inaspettato, ma sarò felice di accontentarti. Cosa vuoi che canti, Kurt?” intervenne Rachel, facendo scena sistemandosi i capelli.
“Non tu, Miss. Berry. Penso sarebbe interessante se Joey facesse sentire la sua vera voce”
Il professor Schu la trovò “un’ottima idea”.
Non mi tirai indietro. Mi chiesi solo: cosa posso cantare? Penso che tutti si aspettassero una canzone sull’importanza di essere sé stessi. Ma io avevo qualcosa di più importante che mi pulsava nel petto.

I always knew this day would come
We'd be standing one by one
With our future in our hands
So many dreams so many plans…
Always knew after all these years
There'd be laughter there'd be tears
But never thought that I'd walk away
With so much joy but so much pain
And it's so hard to say goodbye..

I’ll always remember you, Miley Cyrus.
La banda mi seguiva con la musica, io non riuscivo a muovere un passo avanti, indietro, ovunque, non potevo muovermi. Tutti gli occhi erano su di me. Anche i suoi. E questa canzone parlava di lui.
Non sapevo cosa sarebbe successo domani, con quali occhi mi avrebbe visto il mondo e con quali io avrei visto me stessa. E con quali occhi mi avrebbe guardata Kurt?
L’incertezza era paura, e la paura era un freno. Ma non mi sarei lasciata frenare da niente.
La vita era nelle mie mani, e avrei vissuto per me.
Finalmente.






Forse il finale è un po' improvvisato (intendo le ultime parole) ma una conclusione del genere la volevo fare sin dall'inzio, se devo essere sincera. Non farei mai del male a Kurt ;) Grazie a tutti per avermi seguito in questa storia, la mia prima con più capitoli che spero siano piaciuti. Avrei voluto prolungare la trama di più, ma non sono molto brava nelle lunghe descrizioni (lo avrete sicuramente notato).
Un grazie speciale a Hurricane, che ha commentato accuratamente ogni mio capitolo e mi ha fatto vedere sotto una luce positiva anche quelle caratteristiche nello scrivere che credevo difetti...
Spero mi vengano in mente altre idee per Fan Fiction, magari un seguito per questa storia, perché scriverla è stato davvero divertente!
Un bacio.
V.

  
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