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Autore: frankensshtein    23/05/2011    0 recensioni
I soldati erano schierati in modo ordinato. Ognuno di essi, era in balia dei suoi pensieri. Non c'era una battaglia, dove qualcuno non cadesse. Tutti ne erano coscienti. Chi sussurrava comuni preghiere, chi chiudeva gli occhi per un istante assaporando l'aria fresca, quando ancora l'odore del sangue non poteva esserci.
Il capitano Faronir strinse l'elsa della sua spada fino a far diventare le nocche bianche; in un certo senso, gli dava sicurezza. D'un tratto il silenzio fu interrotto da un urlo, l'urlo di un soldato tra le prime linee. Quella volta fu lui ad essere stato il primo. Così, ricordi e pensieri ti abbandonano. Il tuo corpo perde la ragione, e la vittoria, diventa la pretesa di ogni soldato.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I passi veloci ma insicuri rimbombavano per tutto il palazzo.
Il giovanetto teneva stretto in mano una pergamena mal ridotta; percorsero un corridoio che sembrava infinito, illuminato soltanto da qualche torcia sistemata  lungo il muro di pietre.
Arrivati alla fine del corridoio la guarda che lo accompagnava bussò alla maestosa porta.
Subito dopo senza ricevere segno di vita dall’interno fece uno sforzo per aprirla. Il giovanetto  deglutì. All’interno, un ‘immensa sala circolare non molto illuminata; varie librerie stracolme di libri ricoprivano gran parte delle mura, al centro della stanza una scrivania indubbiamente disordinata; varie pile di libri, fogli qua e la, la cera della candela colante sul bordo della scrivania.
Quasi non si vedeva che al tavolo vi era qualcuno chinato a scrivere.
“Maestà..” disse quasi sussurrando la guardia chinando il capo.
Non ricevette risposta.
“Maestà.. un messaggio per voi..” insistette titubante.
Finalmente riuscì a ottenere l’attenzione dovuta. Alzando lo sguardo lo puntò al giovane che si sentì immediatamente in imbarazzo. Lo gnomo sbuffando poggiò la penna alzandosi in piedi.
Lentamente si posizionò davanti al giovane appoggiandosi alla scrivania a braccia incrociate.
 “Quindi?” chiese lo gnomo poco interessato.
Il giovane provò, maldestro, ad aprire la pergamena; schiarendosi la voce la lesse.
                      
 
Il Consiglio Generale della terra di Ghalsard richiede la presenza dei Signori risiedenti in ognuna delle quattro terre,
in seguito accompagnati dai comandanti degli stessi eserciti principali, gli strateghi, e in fine un mago che sarà scelto dallo stesso Re in base alle sue capacità.
Per quest’ultima convocazione richiedo la massima discrezione.

               
                     
                                                                                                                                                                                                                      Themer, Signore di Holth e Ghalsard.

 
Lo gnomo sbuffò rumorosamente.
“Voi uomini e i vostri continui problemi!” disse tornando a sedersi.
Il giovane messaggero si rigirò la pergamena tra le mani imbarazzato. Probabilmente era la prima volta che ne vedeva uno, ed effettivamente erano qualcosa di curioso, ma come tutti li descrivevano.
Gloda si chiamava, Signore della terra di Yeghard. Gli arrivava a malapena al mento, e lui era solo poco più di un bambino. Portava una lunga barba rossiccia con qualche treccia qua e là.
Gloda rimase a guardare il giovane. Notava il suo imbarazzo.
“Come ti chiami figliolo?” Domandò gentile.
“V..vusar mio signore..” balbettò arrossendo.
“Bene Vusar, gradisci del thè?” continuò lo gnomo.
Il giovane lo  guardò sorpreso.
“Io.. io non dovrei trattenermi a lungo, Ghalsard dista settimane e..”
“Incredibile come abbiano potuto mandare una sorta di bambino da Ghalsard fino a qui giù per uno stupido invito.” Lo interruppe lo gnomo riferendosi alla guardia.
“Con cosa sei venuto?” chiese.
“Un’ala gialla..” disse piano il giovane.
“Un’ala gialla!? Un drago dalle ali marce vorrai dire! Ghalsard è un regno così ricco e non possono procurare nemmeno un drago decente; i tipici avidi uomini.” Concluse Gloda con un gesto di stizza.
Poi si avvicinò alla guardia. “Procurategli un mezzo decente.”
Sorridendo al giovane velocemente, Gloda tornò al suo lavoro, e lo lasciò andare con un viso decisamente più tranquillo.

  
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