15°: Pensieri indecisi e una quasi verità
I primi raggi di sole entrarono e si dissiparono per tutta la stanza, provocando di quando in quando dei piccoli effetti luminosi bluastri, rubando il colore dalla tenda che era stata posta davanti alla finestra.
Questi raggi galeotti mi illuminarono il viso dandomi il definitivo segnale che un nuovo giorno stava per iniziare. Mi voltai, impaurita da ciò che avrei potuto vedere lì di fianco a me…
Girandomi, infatti, vidi lo statuario corpo di Josh profondamente addormentato accanto al mio. Solo un timido lenzuolo, di un bianco candido, quasi simile alla neve, lo copriva di tanto in tanto, formando dei giochi di ombra e luce sui suoi muscoli, mostrandoli e a volte nascondendoli…i capelli, scompigliati, come se anche loro fossero addormentati, erano riversi sulla fronte, coprendoli le palpebre, sollevati leggermente, dalle lunghe ciglia.
Con molta calma, quasi irreale, raccolsi il lenzuolo e mi alzai dal letto avvolgendomi dentro di esso. Con passo felpato mi avvicinai alla porta finestra e la spalancai, per poi, una volta uscita, richiuderla alle mie spalle.
Chiusi gli occhi e lasciai che la spumeggiante brezza mattutina mi scompigliasse i capelli e giocasse con il lenzuolo in cui ero avvolta; i miei capelli turbinavano all’indietro, ondeggiando elegantemente, mentre la rugiada, portata dal vento, si depositava sul mio viso e scendendo pian piano lo accarezzava con estrema dolcezza…
In fondo non chiedevo
nulla di più alla vita, solo un po’ di amore…solo un
po’ di incondizionata dolcezza nei miei confronti.
Il mio animo era stato
troppe volte calpestato e maltrattato, il mio cuore mai veramente amato, io mai
veramente compresa e apprezzata…prima ero Strawberry la svampita, quella che
prendeva tutto sotto gamba, che viveva per divertirsi, senza alcuna preoccupazione
oltre quella di lamentarsi della troppa fatica e delle
rare volte che aveva la possibilità di uscire con il suo ragazzo…poi sono
diventata Strawberry la troia, quella che si è prostituita, quella che viveva
giorno per giorno, senza domandarsi cosa avrebbe fatto in futuro…in effetti,
per me non c’è mai stato un futuro…forse non l’ho neanche mai voluto, o forse ho
paura di averlo, perché probabilmente sono consapevole del fatto che
costruirsene uno, lavorare giorno dopo giorno per mettertelo su è più dura…mi
ritorna in mente la favola della formica e della cicala che mia madre mi
raccontava quando ero piccola per farmi addormentare. Io impersono
un personaggio diverso, che, diciamo, è in mezzo tra quello della cicala
e della formica. Anche se, lo riconosco, per tutta la mia vita
sono stata una cicala: mai preoccupata o lontanamente turbata da nulla, a meno
che questo non turbasse in modo blasfemo il mio piccolo mondo di cristallo che
avevo costruito: la mia vita era perfetta, sono sempre stata viziata, coccolata,
giocata, sgridata…non mi è mancato mai nulla…o almeno così credevo…non
possedevo la cosa più importante di tutte:qualcuno che mi amasse…i miei
genitori hanno per un po’ svolto questo compito, ma sia loro, per primi, e poi
io, sapevamo che non era questo che mi mancava. Non avevo bisogno di sentirmi
amata dai miei genitori, sapevo già da me che loro mi amavano, anche se non me
lo dicevano tutte le sante volte…avevo bisogno di un altro tipo d’affetto, più
profondo non depositato del sangue, ma per cui faticare,
tutto ancora da costruire e rinnovare, poi, giorno dopo giorno, avevo e ho
tuttora bisogno di una persona che mi ami, ma che soprattutto io ami, che mi
faccia sentire speciale, ogni giorno…una persona con cui condividere tutto:
gioie e dolori, con cui trascorrere avventure, ma anche disavventure, al fianco
della quale, poter crescere e apprendere sempre di più su quel meraviglioso e
perpetuo punto interrogativo che è la vita…
Ieri
, mi ero illusa che Josh, avrebbe saputo darmi tutto quello di cui ho
bisogno, in fondo è un bravo ragazzo...nei suoi occhi, quando mi ha raccontato
la storia della sua triste infanzia, ho letto tanto di quel amore, bello e
pronto per essere donato a qualcuno…subito ho pensato che non c’era nulla di
male a provare a lasciarsi un po’ andare a volte, almeno per una volta fuori
dall’orario di lavoro.
I quei
occhi c’era affetto, dolcezza, tenerezza e bontà, eppure, quando ci sono andata
a letto, non ho avvertito nulla di tutto questo…non per colpa sua, lui è stato
davvero molto dolce con me, ma da parte mia, non c’è stato quel coinvolgimento,
oltre che fisico, anche emotivo, che avrei sperato…è stato come andare a letto
con uno dei miei clienti…non è stato amore, è stato solo sesso: semplicemente
un effimero piacere carnale, senza sentimenti, oltre la passione…
Credevo
di aver trovato la via; credevo di aver scorto uno spiraglio tra le tenebre;
credevo di aver finalmente trovato la serenità…eppure è stato solo un abbaglio,
solo un’illusione, un incidente di percorso. Adesso però mi domando: cosa farò? Dove
andrò?
Forse dovrei
continuare la via che avevo scelto in precedenza, cioè
quella di ritornarmene a casa con Ryan…
Tuttavia non posso
dimenticare lo sguardo di Josh quando parlava di Ryan:
i suoi occhi sembravano illuminati da una luce iridescente, quasi nostalgica.
Esaminando entrambi devo ammettere che forse Josh, ha
un carattere più espansivo e solare di quello di Ryan; forse lui ha saputo
contare su di lui, proprio perché glielo ha chiesto apertamente. Magari Ryan,
conoscendolo, ha usufruito di meno da questa amicizia.
Sicuramente, da orgoglioso qual è, si è limitato a dare aiuto a Josh, senza mai
farsi aiutare…
Avevo sempre pensato
che questo aspetto del suo carattere sia una
conseguenza della morte dei genitori, invece c’era già prima, magari in
quantità minore, forse meno espansa, ma comunque presente. Da quando lo
conosco, l’unica volta
in cui ho avvertito una sorta di SOS dalle sue parole è stato quando mi ha
raccontato della morte dei suoi genitori…quel giorno lui mi ha chiesto in
silenzio aiuto, ma io sono stata troppo sorda e cieca da leggere tra le righe
del suo discorso, sempre troppo occupata a lamentarmi di quello che facevo e ad
uscire con quello smidollato di Mark.
Improvvisamente, come
se dentro il mio cervello si fosse accesa una luce pronta ad illuminare e
ordinare le mie idee: rivivo tutti gli episodi vissuti in tua compagnia,
Ryan…quel giorno in cui mi hai salvato dalle grinfie del primo chimero che
avessi mai visto, rivelandomi, con fare distaccato e quasi noncurante che ti
contraddistingueva, che sarei stata una paladina della giustizia, che avrei difeso la terra…ricordo quella volta in cui per la
prima volta il mio cuore ebbe un sussulto così grande: durante la festa che
avevi organizzato e durante la quale, ballando, mi avevi stretto a te…quella
volta che mi avevi invitato al mare, che stupida fui a pensare che avessi
invitato solo me…eppure, quando scoprii che erano state invitate anche le altre
mew, una strana sensazione di ira mi aveva
avvolta…potrei ricordare mille e mille di episodi in cui direttamente o
indirettamente sei coinvolto…senza però trovare una conclusione diversa: tutta
la mia vita si sia incentrata, al di fuori della mia famiglia e delle mie
amiche, su te e su Mark. Mark era il mio ragazzo, il primo per il quale provavo
qualcosa di mai provato, mi sembrava l’unico in grado
di comprendermi; tu invece eri…eri tu, il mio migliore amico. La persona su cui
potevo sempre contare; potevo chiedere il tuo aiuto a
qualsiasi ora del giorno e della notte, sicurissima che tu ci saresti stato…ci
sei sempre stato per me, con il sole e con la pioggia, con il bello e cattivo
tempo. Anche se pensandoci, i miei problemi,
rapportati ai tuoi, erano insignificanti, tu lo stesso ti sedevi e mi
ascoltavi, senza mai interrompermi o commentare ciò che dicevo. Facendomi
sfogare, facevi sì che io trovassi la soluzione da me,
e per questo ti ringrazio…e forse non lo farò mai abbastanza…
È strano come
qualsiasi persona rapportata a te risulti, ai miei occhi, completamente diversa
e, se dobbiamo dire la verità, più debole e
insignificante. Sei sempre stato un modello di comportamento per me e anche se
tutti gli altri di denigravano per questo, io, da lontano, in silenzio, ti ho
sempre ammirato, nutrendo per te grande rispetto e
stima… sei stato tu, anche se inconsapevolmente, a darmi la forza di andare
avanti per questi tre lunghi anni…che ho vissuto come uno stato passeggero, di
sosta, prima di ripartire per un lungo viaggio.
Gli ho vissuti con l’aspettativa che un giorno o l’altro la vita mi avrebbe condotto alla via giusta per raggiungere l’amore. Eppure, sono cambiata tante volte. Tante, forse troppe, ho mutato il mio aspetto, il mio carattere, il mio modo d’essere, adattandomi, come un camaleonte, ai vari momenti della mia vita. E questo a cosa mi ha portato? Assolutamente a nulla. Anzi, tra le mani non ho nulla se non la consapevolezza di aver gettato via la mia vita al vento, senza avere neanche la soddisfazione di conoscere almeno me stessa, di sapere come sono fatta, cosa odio e cosa mi piace…questo è l’amaro risultato di una vita passata a cambiare sempre pelle per piacere agli altri, per essere apprezzata dal terribile mondo esterno che è sempre lì pronto a indicarti e a giudicarti, addirittura a deriderti se non segui le regole da lui stesso imposte…sono stufa di sforzarmi ad essere una, cento diverse, Strawberry, per piacere giorno dopo giorno agli altri…per cui questo è solo un gioco
Chiudo leggermente gli occhi e respiro per l’ultima volta l’aria mattutina lasciandola, questa volta, penetrare in ogni fibra del mio essere, illudendomi di purificarmi un po’…poi, come se fossi ritornata da un lungo viaggio sulle nuvole, gli riapro e stampo sul mio volto un ghigno di finto divertimento intriso di amara rassegnazione….
Eppure sono troppo
codarda per mettere la parola fine a questo gioco….
Me ne ritorno a letto e mi raggomitolo infreddolita tra le coperte e prendo a fissare passivamente il soffitto, liberando la mia mente e sprofondando nel nulla….che bella sensazione…
Dopo qualche minuto, timidamente quasi fosse un bambino che chiede il permesso di svegliarsi, Josh apre i suoi occhi e si sposta, con fare ancora assonnato, le ciocche di capelli riversi sul suo volto, per poi prendere a fissarmi con fare dolce e ironico…io gli sorrido…mi sono arresa ormai.
Il risveglio non fu terribile come pensavo. Mi ero già preparata a mentire ad ogni domanda, invece il tutto sprofondò nel silenzio: Josh non mi chiese nulla, dopo essersi fatto velocemente una doccia e aver addentato distrattamente e di corsa un cornetto, si vestì. Io invece rimasi a letto a guardare nostalgica il soffitto come se stessi seduta al cinema a gustarmi il film della mia vita, senza ricoprire alcun ruolo, così era molto più semplice….
Venni interrotta dal rumore dei passi di Josh che si avvicinavano…era lì sull’uscio con un vassoio in mano e un fiore nell’altro che mi sorrideva. Anche io gli sorrisi e presi al volo il vassoio che stava per cadere…ci guardammo per poi scoppiare a ridere come due bambini.
Poi presi il fiore in mano e lo esaminai…
- vaso verde del salotto?- domandai con fare investigativo
- vaso verde del salotto- mi rispose lui facendo spallucce con aria di chi ha appena confessato un crimine…
Dopo aver consumato la mia colazione e avermi salutato con un bacio a fior di labbra, Josh uscì e facendomi l’occhiolino mi disse che ci saremmo visti alle 23 a casa sua.
Passarono ore in cui
pensai se fosse giusto o meno stare con lui, perché
evidentemente ormai era così. Avevo ormai appurato che non lo amavo, che non
era la persona giusta per me. Certo per il momento poteva rappresentare una
sottospecie di ancora a cui aggrapparmi e resistere…ma per quanto? Quanto avevo intenzione di mandare avanti questa messinscena? Non
lo sapevo, ma per adesso volevo solo starmene da sola, il destino avrebbe deciso cosa sarebbe stato di me, come sempre…
Riaprii gli occhi e istintivamente guardai l’orologio sul comodino. Le grandi cifre rosse segnavano le 12: dovevo essermi addormentata. Mi alzo e decido di uscire un po’ a prendere una boccata d’aria. Passeggiai per le strade di Londra, dando fondo al mio portafoglio, illudendomi che un po’ di shopping mi avrebbe fatto dimenticare tutto.
Ero seduta a sorseggiare un the al limone quando il cellulare comincia a suonare. Senza neanche vedere il display, rispondo.
- Strawberry? Sono Ryan!
- ….ciao…
- Scusa se ti disturbo, e solo che volevo sapere cosa avevi deciso riguardo a ciò che ti ho detto…ma non c’è fretta, incontriamoci stasera alle 19…ti passo a prend…volevo dire, ci vediamo alle 19 a Bukangam Palace…ok?
Non ci pensai nemmeno un secondo che subito risposi di si. Il fatto di dover prendere una decisione era l’ultimo dei miei pensieri al momento. In realtà ero felice, ma allo stesso tempo spaventata di vedere Ryan. Cosa gli avrei detto? Cosa voglio davvero fare?
Finii il mio the e ripresi a camminare…e a sprofondare tra le mie preoccupazioni, domandandomi di tanto in tanto il perché fossi sempre così indecisa…
Lo sono sempre stata.
Sempre perennemente a chiedersi se fare o meno
qualcosa. Indecisa eternamente tra due direzioni, tra due strade, ferma lì,
passivamente a chiedermi quale imboccare, ferma lì davanti a crogiolarmi tra i
miei dubbi e le mie insicurezze…senza mai prendere una decisione, forse perché,
consapevole che la mia scelta provocherà sicuramente delle conseguenze, sono
troppo immatura per sopportarle…
Il tempo sembra
volare, e mi rendo conto che non posso passarlo tutto a chiedermi cosa fare e
cosa no, è evidente che non arriverò da nessuna parte standomene qui a passeggiare
e a spappolarmi il fegato, quindi decido di tornarmene a casa e prepararmi.
Tanto quello che dovrà succedere, succederà anche se
starò qui a pensarci tutta la vita, devo solo fare ciò che meglio mi viene di
fare: farmi travolgere inerte dagli eventi…per adesso seguirò questa sorta di
corsia d’emergenza, prima di prendere coraggio e ritornare in carreggiata…
Lo devo ammettere, con questi
ultimi due capitoli sto battendo davvero me stessa…non
c’è che dire…sarà che in questo periodo sono particolarmente ispirata, ma come
avrete intuito, solo per cose abbastanza dark e malinconiche, ma voglio tanto
quanto voi che questa storia finisca bene, quindi…ciao a tutti…lasciate un
commentino…sempre!!!!!