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Autore: diamantrouge    23/05/2011    4 recensioni
[Matt/Franziska ?]
Osservandola meglio, Matt si rese conto di quanto in realtà avesse ben poco degli anni che dimostrava: la postura rigida e professionale, lo sguardo pieno di disprezzo, il movimento appena percettibile delle labbra in segno di disgusto, tutto faceva pensare ad una donna matura, e non ad una giovinetta appena uscita dalle scuole superiori.
«Saltiamo i convenevoli e le smancerie, se possibile», disse Franziska, marcando con particolare enfasi le ultime due parole. Il tono di superiorità che la caratterizzava aveva già fatto andare Matt interiormente in escandescenze, ma non poteva permettersi il lusso di mostrarle l’irritazione che provava. «…e, prima che inizi col suo sciocco tono da femminuccia indifesa, ci terrei a dirle che mi è bastata un’occhiata per capire una cosa: lei non mi ingannerà mai, e non capisco come abbia fatto a fare le scarpe a tanti sciocchi»
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Franziska von Karma, Matt Engarde
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Through the glass




Lei può vederti, dannazione.
Lei ti ha già visto.
L’aria del centro di detenzione non era mai stata pesante come quel giorno. Non aveva avuto problemi a sostare lì; per lui la permanenza in quel luogo era poco più che una sosta, era praticamente certo che ne sarebbe uscito, con l’aiuto di Wright, si intende.
Tutto ciò che doveva fare per ottenere l’assoluzione era starsene buono per un po’ e fare il suo mestiere: fingere.
Ma, quel giorno, l’aria che si respirava nella sala visite era quanto di peggio avesse mai percepito in ventun anni di vita. Si aspettava di incontrare il suo piccolo amico, ma ben più sgradevole fu la sorpresa. Non era preparato a trovarsi davanti una ragazzina sui diciotto anni avvolta in un cappotto nero, con un’aria troppo seria per la sua età e i capelli troppo chiari per essere americana. Aveva un brutto presentimento riguardo a lei, tuttavia si fece forza e sfoderò il suo sorriso migliore, attendendo che la giovane si degnasse di rivolgergli la parola – quando avrebbe smesso di fissarlo con aria sospettosa.
«Guten Morgen», disse con tono neutro, tirando fuori dalla borsetta un taccuino e una penna stilografica. “Sofisticata, lei”, pensò, senza distogliere lo sguardo. Aveva belle movenze, si era detto, per poi scacciare l’immagine dalla sua mente con rabbia; non doveva abbassare la guardia. “Spero sia una di quelle ochette che vuole il mio autografo. Ma c’è qualcosa di troppo familiare in lei, e non mi piace”.
«V-vuoi il mio autografo?», le chiese con gentilezza, continuando a sorridere. Pregò in cuor suo che rispondesse di sì. Ma come poteva una qualsiasi ragazza entrare in un centro di detenzione solo per incontrarlo? Era matematicamente impossibile. Aveva incominciato a sudare freddo.
«Vedo che, oltre alle apparenze da perfetto sciocco, lei è anche ben disinformato, Herr Engarde. Non segue molti processi, vero? Eppure tra poco dovrà farci l’onore di presenziare in aula…», disse la ragazza, ghignando.
I modi, la voce, e quelle parole tedesche inserite qui e lì avrebbero dovuto insospettirlo anche più di quanto non avessero già fatto.
«…procuratore von Karma», la salutò, sforzandosi di mantenere un sorriso che gli stava già praticamente morendo sulle labbra. Aveva sentito parlare di lei, e tutte le varie “leggende” che giravano sul suo conto. Ma si aspettava di trovarsela direttamente in tribunale, non nella sua tana.
Osservandola meglio, Matt si rese conto di quanto in realtà avesse ben poco degli anni che dimostrava: la postura rigida e professionale, lo sguardo pieno di disprezzo, il movimento appena percettibile delle labbra in segno di disgusto, tutto faceva pensare ad una donna matura, e non ad una giovinetta appena uscita dalle scuole superiori.
«Saltiamo i convenevoli e le smancerie, se possibile», disse Franziska, marcando con particolare enfasi le ultime due parole. Il tono di superiorità che la caratterizzava aveva già fatto andare Matt interiormente in escandescenze, ma non poteva permettersi il lusso di mostrarle l’irritazione che provava. «…e, prima che inizi col suo  sciocco tono da femminuccia indifesa, ci terrei a dirle che mi è bastata un’occhiata per capire una cosa: lei non mi ingannerà mai, e non capisco come abbia fatto a fare le scarpe a tanti sciocchi», disse poi, guardandolo dritto negli occhi.
Matt stava per cedere. Era troppo da sopportare, tutto in una volta. Scoperto senza neppure aver parlato? Non sia mai detto. Doveva tentare il tutto per tutto, così sfoderò la sua migliore espressione perplessa. Si preannunciava una guerra senza esclusione di colpi.
La mano sinistra di Franziska teneva saldamente la stilografica e scarabocchiava cose per lui apparentemente prive di significato su uno dei fogli bianchi del taccuino. Non sapeva cosa stesse scrivendo, ma il solo fatto che lo facesse senza guardare lo metteva a disagio.
«Io non capisco, procuratore. C-che cosa vuole da me…?», domandò Matt, fingendo sorpresa. Fare il coglione era una delle cose che gli riusciva meglio, nelle situazioni disperate. «Non faccia finta di non saperlo. Le ho già detto che non mi inganna. Basta guardarla negli occhi per capire che lei ha qualcosa da nascondere», disse la ragazza, sorridendo e picchiettando il retro della penna sul foglio. «Crede di riuscire a sopportare un piccolo interrogatorio fuori dalle regole oppure preferisce continuare a frignare, Herr Engarde?», domandò poi, socchiudendo gli occhi.
Matt fu scosso da un brivido. Una parte di esso non era di chiara provenienza, ma l’altra parte era rabbia. Una rabbia che l’avrebbe spinto ad infrangere il vetro che li separava e ad agguantarle il collo delicato per stringerlo fino a strangolarla, se non fosse stato così lucido da trattenersi. Il procuratore lo stava palesemente sfidando, ma non avrebbe potuto scoprire le proprie carte in un luogo visibile e controllato come quello. Doveva tenerle testa ad ogni costo.
«Procuratore, lei non può permettersi di interrogarmi in queste circostanze! Chiamerò il mio avvocato!», esclamò Matt, posando la mano sulla tastiera del cellulare che era installato nel polsino, pronto a farsi soccorrere. Anche se avrebbe preferito che fosse lei a doversi far soccorrere.
Accadde però qualcosa. Fu varcato un limite che il giovane non si aspettava che quella donna fosse capace di superare.
Il procuratore gli afferrò il polso sinistro, coprendo la tastiera, attraverso l’apertura del vetro. Il contatto con la mano avvolta nei guanti neri lo fece sussultare impercettibilmente.
“Avanti, bello, perché cazzo stai tremando davanti ad una lurida troietta nazista? Cos’ha in più di tutte le altre?”, si chiedeva, mentre lo sguardo di lei gli spiava la mente – ed era fermamente convinto di questo.
Sapeva perché temeva quella donna, almeno.
La conosceva da poco, senz’altro, ma era il suo sguardo la cosa che più lo terrorizzava.
Lei poteva vedere.
Franziska von Karma era riuscita in pochi minuti a vedere al di là della maschera del bravo ragazzo, dell’emerito ebete, dello sciocco. Doveva aver carpito i suoi segreti, la sua personalità, la sua essenza, probabilmente.
Franziska lo aveva violato.
Ma lui non demordeva, aveva il dovere morale di proteggere ciò che rimaneva della sua maschera. Doveva negare l’evidenza, come aveva sempre fatto.
«E’ capace di essere uomo, per una volta? E’ capace di non comportarsi da perfetto sciocco e di non fingere, una volta nella vita?», domandò Franziska, impassibile, ritirando la mano. Se non fosse stato in una posizione così svantaggiosa, Matt l’avrebbe trascinata verso di sé e le avrebbe torto il polso fino a vederla piangere – cosa non facile, visto il soggetto.
Gli sarebbe piaciuto ripagarla con la stessa moneta:  penetrare tutte le sue difese e ridurla in pezzi, come lei stava tentando di fare (anche con un certo successo, dovette ammettere). Gliel’avrebbe fatta pagare per il solo fatto di averlo infastidito a tal punto. Avrebbe fatto la stessa fine di Adrian.
Lui l’avrebbe rovinata. Legale o no che fosse, la sua vera natura era qualcosa che soltanto lui e pochi altri potevano conoscere. E una perfetta sconosciuta non poteva neppure pensare di azzardarsi a guardargli dentro con tanta naturalezza e, soprattutto, senza il suo esplicito permesso.
Franziska, in quelle circostanze, rappresentava la legge. Ma a lui fregava ben poco della legge.
“Aspetta e vedrai, Hitler. Aspetta e vedrai…”, pensò; la palpebra gli tremava un poco.
E lei sorrideva. Sorrideva come poteva sorridere un sadico davanti alla vittima torturata. Sorrideva come una bambina che non è stata sorpresa a fare dispetti al gatto. Sorrideva, dannazione, sorrideva.
E lui aveva iniziato a detestare quel sorriso.
La curva delle sue labbra gli procurava acidità di stomaco. Il suo viso a stento gli permetteva di trattenere i conati. In quel momento avrebbe preferito CHIUNQUE a lei. Persino Corrida.
Eppure, era interessante come una ragazzina, poco più che diciottenne, fosse riuscita ad accorgersi che la sua era tutta una farsa. Poteva una donna essere intelligente fino a quel punto?
«…come vuole. Si sbrighi, però, non vorrei che perdessimo troppo tempo», disse Matt, ormai il suo sorriso smagliante era ridotto a poco più che un accenno forzato. Quello di Franziska, invece, rimaneva intatto e lo mandava in bestia.
«…Perfetto. E non si disturbi. Ho tutto il tempo di questo mondo», rispose lei, accavallando le gambe (Matt non potè vederla, ma sentì il rumore delle calze che sfregavano – anche il rumore riuscì ad irritarlo).
«Incominciamo?», domandò poi, aprendo nuovamente il taccuino.
“Oh, sì. E questo è soltanto l’inizio, stronza. Soltanto l’inizio dell’inferno che ti farò passare non appena sarò fuori da qui. Perché tu non mi avrai mai, ragazzina. Mai.”
L’interrogatorio sembrò durare molte più ore delle due ore che effettivamente durò. Quelle domande gli parvero fin  troppo stupide, ma ormai era palese che Franziska si fosse recata da lui al solo scopo di farlo cedere, di stuzzicarlo e mandarlo in bestia, cosa nella quale riusciva egregiamente. Ogni movimento del corpo di lei gli faceva perdere minimo cinque o sei anni di viva, e si radicava sempre più forte la convinzione di essere ripreso da qualche telecamera nascosta oltre che dalla telecamera di sorveglianza.
I modi eleganti di Franziska gli davano il voltastomaco. Lei gli dava il voltastomaco.
Era un’inaudita perdita di tempo alla quale non poteva sottrarsi. E realizzò quanto fosse ingiusto che i rompicoglioni fossero sempre dalla parte della legge.
Fu travolto da un’ondata di gioia che avrebbe voluto sfogare Dio solo sa come quando, finalmente, dopo quella che gli parve un’eternità, il procuratore trasse un lungo respiro per poi annunciare la fine di quella messa in scena. Franziska ripose penna e taccuino, e si alzò senza neppure degnarsi di guardarlo un’ultima volta.
«Per oggi è tutto», si limitò a dire. «Auf wiedersehen».
«Procuratore?», la chiamò lui. «Credo di doverle dire una cosa, prima che se ne vada».
La donna non si scompose. Altre ragazze avrebbero avuto un attacco di cuore, al suo posto, ma lei rimase impassibile, e girò leggermente il viso, senza neppure voltarsi del tutto. Lo guardò con la coda dell’occhio, come se fosse un qualunque miserabile.
«…lei non mi avrà mai, procuratore. Mai», sibilò Matt, sogghignando e scoprendosi la parte del viso nascosta dal ciuffo, rivelando le tre cicatrici che gli sfregiavano l’occhio destro. Franziska mantenne l’aria impassibile, ma Matt poté percepire un senso di vaga sorpresa in lei, che ricambiò il suo sorriso come se niente fosse.
«Questo lo vedremo, Herr Sfregiato. Lo vedremo in tribunale. Ha fatto una mossa falsa a cedere, proprio quando mi ero convinta che lei non avesse niente che non va. Così mi riconferma soltanto di essere uno stupido sciocco. Ciò detto, beh, Auf wiedersehen. Ci si vede in aula».
Il rumore dei tacchi alti di Franziska rimbombò nella mente di lui mentre la guardava allontanarsi con incedere altero.
Non aveva la minima idea di ciò che le sarebbe capitato.
«…Quello che vedrai sarà ben altro, stronza», mormorò, il ghigno ancora stampato sul viso, mentre il ciuffo scendeva di nuovo a coprire l’occhio mutilato. Incominciò a comporre un numero sulla tastiera, quella stessa tastiera che quella puttanella gli aveva coperto poco prima, per poi invitarlo ad “essere uomo”. Voleva vedere di cosa era capace? Benissimo.
Avrebbe avuto pane per i suoi denti.
«Pronto?», rispose la voce dall’altro capo
«Mr. De Killer, purtroppo credo ci sia dell’altro lavoro per lei. C’è un moscerino fastidioso che va eliminato quanto prima».
  
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