Mi
concedo quasi incredulo
un sospiro di sollievo, sembra impossibile ogni volta, ma anche questa
giornata
è giunta al suo termine. Non appena vengono chiuse le porte
della sala
riunioni, affretto il passo per dirigermi finalmente alle mie stanze
incurante
di ciò che mormorano i colleghi alle mie spalle, ormai sanno che vivo ogni giorno
per svolgere i
miei doveri ed arrivare a quel punto della giornata in cui posso dirmi
fiero
del mio lavoro e restare finalmente solo. Hanno
capito che, al di fuori degli obblighi
lavorativi che mi uniscono a loro, preferisco la solitudine e si sono
arresi
dal provare a farmi amico coinvolgendomi in quel rapporto che si era
creato tra
loro.
l'odore della guerra è ormai pressante per la
città, così qualche settimana fa
i Vongola quasi all'unanime hanno deciso di raggrupparsi a vivere il
più
possibile insieme nel maniero principale, guardiani in primis,
d'altronde è
innanzitutto loro il compito di essere sempre pronti a difendere il
Boss in
qualunque circostanza, cosa che ci si aspetta da parte di tutti
particolarmente
da me.
Tuttavia
io spero che non
accada mai niente di sera, non per la sua incolumità,
egoisticamente penso soltanto
a me dato che, dall'istante in cui smetto di lavorare, vivo
essenzialmente solo
per quel momento.
Non
vedo l'ora di aprire
la porta della mia camera da letto e godermelo come ogni notte, il
motivo per
cui amo restare solo piuttosto che andare a bere con gli altri.
Infatti
apro la porta ed
eccola lì, pronta ad aspettarmi come ogni sera, la
consolazione a tutti i miei
affanni.
Sta
seduto sul divano
posto subito di fronte alla porta e mi sorride pazientemente mentre
attende che
lo raggiunga per sedermi al suo fianco, come sono ormai abituato a fare
appena
metto piede nella mia stanza e ritrovo il suo sorriso.
Sorride Giotto, ma non è
raggiante il suo sorriso.
Mi
ci avvicino e lo guardo
a lungo, scrutandolo attentamente, come se dubitassi ogni volta che lui
fosse
davvero lì con me. Mi do sempre dello stupido quando mi
accorgo di star
perdendo del tempo nel pormi quel dubbio, come se potesse non essere
lì.
Lui è lì
perché lo voglio io.
Come
mi siedo sul divano,
sento tutta la stanchezza accumulata travolgermi in un colpo solo e mi
lascio
andare, sapendo che solo con lui posso permettermelo, per stendermi
sulle sue
gambe e permettere che mi conforti.
Subito
mi accoglie
aspettandosi perfettamente che lo avrei fatto, prontamente porta la
mani alla
mia testa per accarezzarmi i capelli, iniziando a fare ciò
che deve.
Non
parla, non lo fa mai,
si limita a sorridermi per tutto il tempo mentre culla i miei sensi con
quelle
lievi carezze. Nemmeno i suoi sorrisi in realtà sono
più gli stessi, ma non può
fare altro.
Non può parlare Giotto,
non glielo permetto più da
tempo.
Di
solito mi stendo sempre
rivolto verso le sue ginocchia, dandogli le spalle, ed in tal modo
avevo fatto
anche stavolta ma ecco che lui come sempre mi spinge per una spalla,
facendomi
voltare verso di lui e stendermi sulla schiena, così che
possa essere libero di
accarezzarmi il volto.
È
lì che sento la
differenza, in maniera ancora più forte di quanto la
sentissi già solo stando a
contatto col suo corpo seppur attraverso i vestiti.
Sentendo
la sua pelle a
contatto con la mia rabbrividisco sempre
come se fosse la prima volta, sorpreso dalla mancanza di quel calore
che
contraddistingueva Giotto.
Non
emana quel suo calore
rassicurante cui ero abituato, quello che con una sola sua carezza ti
travolgeva istantaneamente avvolgendoti con la positività
che era propria di
ogni dettaglio della sua persona.
Mi accarezza con le sue mani
Giotto, ma sono mani
fredde.
Non
lo sopporto più, sono
sempre arrivato ad un punto in cui non voglio più che mi
tocchi ma ultimamente
accade sempre più presto.
Sarà
che non mi accontento
più, che passa il tempo e mi rendo conto di quanto quello
sia tutto fuorché
l'uomo che desidererei al mio fianco, ma ormai so che non
posso più
farne a meno.
Non
è il mio Giotto quello
che si sforza di provare a darmi sollievo, lo so benissimo.
Una
mera invenzione della
mia mente non può sorridere come lui, è
inimitabile il suo sorriso che radiava
la luce salvatrice che attirava ed accoglieva tutti per il semplice
fatto che
lo rendeva felice farlo, come se potesse continuare a sorridere per
sempre per
il solo pensiero di essere riuscito a far del bene per delle persone.
Era
unico quel sorriso
gentile che ti alleggeriva il cuore trasmettendoti la sua allegria ed
il suo
amore per la vita anche nei momenti peggiori, un sorriso che aveva
salvato
davvero in molti.
Non
posso sforzarmi di
provare a farlo parlare, pur ricorrendo alla migliore delle mie arti
illusorie,
il risultato suonerebbe ugualmente raccapricciante alle mie orecchie,
ne sono
certo.
Non posso neanche provare ad
immaginare quali
parole avrebbe detto lui in simili momenti, qualsiasi cosa dicesse
Giotto era
unica ed irripetibile, le sue parole venivano dal cuore e valevano in
modo
sentito soltanto per la persona cui si rivolgeva ritenendola speciale.
Non
posso profanare anche
la sua voce, non voglio neanche sentire quel suono melodioso venir
storpiato da
insulse parole vuote che gli farei dire di mia volontà. Non
voglio che parli
questo mio "Giotto", non merito di esser più consolato dalla
sua voce
amorevolmente preoccupata.
Non
posso nemmeno
lontanamente immaginare di ricreare poi quel suo calore che emanava da
ogni
gesto, un sorriso come un abbraccio.
Era
una caratteristica
che, più di ogni altra cosa, apparteneva soltanto a lui e le
illusioni non
possono ingannare tanto i sensi fino a trasmettere quella sensazione di
conforto e benessere che dava una sola carezza concessa da una persona
così
unica.
So
bene tutto questo,
eppure gli abbraccio la vita cingendola con entrambe le braccia ed
affondo il
volto nel suo grembo, sforzandomi a trovarci almeno un po' di quel
antico
calore che ero abituato a ricevere.
lascio
che affondi di
nuovo le mani trai miei capelli conciliandomi il sonno in quello che
è ormai
l'unico modo con cui riesco a dormire almeno le poche ore per notte che
mi sono
dovuto abituare a far bastare.
Mi
addormento solo dopo
parecchio tempo tra le braccia di quella mia illusione, consapevole che
facendola restare lì tutta la notte mi sarei svegliato
più stanco di prima, ma
non importa, avrei sopportato di tutto pur di non restare sveglio.
Gli
incubi che
accompagnano puntualmente il mio sonno sono più sopportabili
dei pensieri che
mi assalgono quando mi ritrovo senza alcuna occupazione che mi tenga
distratta
la mente.
Quel
flusso di pensieri è
inevitabile, incontrollabile ed insopportabile, torna a ripetersi ogni
volta
anche mentre tengo stretta proprio quella mera illusione di tutto
ciò che più
mi tormenta, come in un ciclo infinito.
Proprio
come questa volta,
prima di poter trovare la pace nei miei incubi, ecco la solita
razionalità che
viene fuori a stuzzicarmi.
Perché
una simile
illusione era lì? Perché continuavo a pormelo
davanti agli occhi ogni sera?
Anche
quando il vero
Giotto era lì con me, perché avevo tanto bisogno
di uno come lui?
Una
persona debole per il
posto che ricopriva, tanto idealista da risultare insulso di fronte
alla realtà
che lo circondava, un eterno ingenuo che si credeva tanto maturo da
riuscire a
comprendere chiunque, un uomo che aveva passato la sua intera vita a
proteggere
indiscriminatamente tutto e tutti senza preoccuparsi della grandezza
che andava
negando alla sua stessa famiglia, un uomo che andava contro tutto
ciò in cui ho
sempre creduto e per cui ho sempre lottato.
E
allora perché? Perché
sembrava che proprio io dovessi dipendere così tanto da una
persona simile
tanto da sentirmi perso?
Era
un qualcosa di
elementare, ma mai ci avevo fatto caso prima di perdere tutto.
Prima
credevo in lui, in
ciò che stavamo creando, in ciò che avrei potuto
accrescere stando al suo
servizio. Ho smesso di sorridere per davvero quando mi sono accorto di
non
riconoscere più Giotto come la guida, mi sono sentito a
pezzi quando ho capito
di essere stato deluso dall'uomo cui avevo dedicato tutto me stesso, ma
ho
deciso di mettere da parte perfino lui e tutto ciò che mi
aveva dato, per
continuare a seguire i miei ideali.
Solo
quando sono rimasto
solo dopo tutti i complotti e le guerre, quando finalmente si
è instaurata la
famiglia Vongola perfetta così come l'avevo sempre voluta,
mi sono accorto che
mi mancava qualcosa, che dentro di me c'era stato un cambiamento
radicale.
Ero,
sono ancora oggi,
infelice. Questo vuol dire che prima ero felice e mi sono negato tutto
da solo.
Una
cosa talmente stupida
per quanto fosse ovvia, che solo io potevo non rendermene conto,
ostinato come
sempre a non voler vedere ciò che consideravo scomodo.
Ed
ora che mi ritrovo solo
ogni notte a cercare conforto in un'illusione, mi chiedo quanto senso
abbia
avuto non accettare le cose semplicemente come stavano, non accettare
Giotto
per quello che era ed era in grado di darmi.
Ma
ormai è fatta, è
elementare anche questo, non posso tornare indietro, non riesco ad
accettarlo
ma devo andare avanti.
Il
sonno finalmente
arriva, mi terrà distratto per le prossime quattro, forse
cinque ore, ed
accoglierò volentieri le immagini delle persone che mi hanno
reso felice venire
ad uccidermi in sogno.
In
fondo basta che dorma,
domani devo tornare a combattere.