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Autore: Mellorine    26/05/2011    2 recensioni
Apro la porta ed eccola lì, pronta ad aspettarmi come ogni sera, la consolazione a tutti i miei affanni.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daemon Spade, Giotto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi concedo quasi incredulo un sospiro di sollievo, sembra impossibile ogni volta, ma anche questa giornata è giunta al suo termine. Non appena vengono chiuse le porte della sala riunioni, affretto il passo per dirigermi finalmente alle mie stanze incurante di ciò che mormorano i colleghi alle mie spalle, ormai  sanno che vivo ogni giorno per svolgere i miei doveri ed arrivare a quel punto della giornata in cui posso dirmi fiero del mio lavoro e restare finalmente solo.  Hanno capito che, al di fuori degli obblighi lavorativi che mi uniscono a loro, preferisco la solitudine e si sono arresi dal provare a farmi amico coinvolgendomi in quel rapporto che si era creato tra loro.
l'odore della guerra è ormai pressante per la città, così qualche settimana fa i Vongola quasi all'unanime hanno deciso di raggrupparsi a vivere il più possibile insieme nel maniero principale, guardiani in primis, d'altronde è innanzitutto loro il compito di essere sempre pronti a difendere il Boss in qualunque circostanza, cosa che ci si aspetta da parte di tutti particolarmente da me.

Tuttavia io spero che non accada mai niente di sera, non per la sua incolumità, egoisticamente penso soltanto a me dato che, dall'istante in cui smetto di lavorare, vivo essenzialmente solo per quel momento.

Non vedo l'ora di aprire la porta della mia camera da letto e godermelo come ogni notte, il motivo per cui amo restare solo piuttosto che andare a bere con gli altri.

Infatti apro la porta ed eccola lì, pronta ad aspettarmi come ogni sera, la consolazione a tutti i miei affanni.

Sta seduto sul divano posto subito di fronte alla porta e mi sorride pazientemente mentre attende che lo raggiunga per sedermi al suo fianco, come sono ormai abituato a fare appena metto piede nella mia stanza e ritrovo il suo sorriso.

Sorride Giotto, ma non è raggiante il suo sorriso.

Mi ci avvicino e lo guardo a lungo, scrutandolo attentamente, come se dubitassi ogni volta che lui fosse davvero lì con me. Mi do sempre dello stupido quando mi accorgo di star perdendo del tempo nel pormi quel dubbio, come se potesse non essere lì.

Lui è lì perché lo voglio io.

Come mi siedo sul divano, sento tutta la stanchezza accumulata travolgermi in un colpo solo e mi lascio andare, sapendo che solo con lui posso permettermelo, per stendermi sulle sue gambe e permettere che mi conforti.

Subito mi accoglie aspettandosi perfettamente che lo avrei fatto, prontamente porta la mani alla mia testa per accarezzarmi i capelli, iniziando a fare ciò che deve.

Non parla, non lo fa mai, si limita a sorridermi per tutto il tempo mentre culla i miei sensi con quelle lievi carezze. Nemmeno i suoi sorrisi in realtà sono più gli stessi, ma non può fare altro.

Non può parlare Giotto, non glielo permetto più da tempo.

Di solito mi stendo sempre rivolto verso le sue ginocchia, dandogli le spalle, ed in tal modo avevo fatto anche stavolta ma ecco che lui come sempre mi spinge per una spalla, facendomi voltare verso di lui e stendermi sulla schiena, così che possa essere libero di accarezzarmi il volto.

È lì che sento la differenza, in maniera ancora più forte di quanto la sentissi già solo stando a contatto col suo corpo seppur attraverso i vestiti.

Sentendo la sua pelle  a contatto con la mia rabbrividisco sempre come se fosse la prima volta, sorpreso dalla mancanza di quel calore che contraddistingueva Giotto.

Non emana quel suo calore rassicurante cui ero abituato, quello che con una sola sua carezza ti travolgeva istantaneamente avvolgendoti con la positività che era propria di ogni dettaglio della sua persona.

Mi accarezza con le sue mani Giotto, ma sono mani fredde.

Non lo sopporto più, sono sempre arrivato ad un punto in cui non voglio più che mi tocchi ma ultimamente accade sempre più presto.

Sarà che non mi accontento più, che passa il tempo e mi rendo conto di quanto quello sia tutto  fuorché  l'uomo che desidererei al mio fianco, ma ormai so che non posso più farne a meno.

Non è il mio Giotto quello che si sforza di provare a darmi sollievo, lo so benissimo.

Una mera invenzione della mia mente non può sorridere come lui, è inimitabile il suo sorriso che radiava la luce salvatrice che attirava ed accoglieva tutti per il semplice fatto che lo rendeva felice farlo, come se potesse continuare a sorridere per sempre per il solo pensiero di essere riuscito a far del bene per delle persone.

Era unico quel sorriso gentile che ti alleggeriva il cuore trasmettendoti la sua allegria ed il suo amore per la vita anche nei momenti peggiori, un sorriso che aveva salvato davvero in molti.

Non posso sforzarmi di provare a farlo parlare, pur ricorrendo alla migliore delle mie arti illusorie, il risultato suonerebbe ugualmente raccapricciante alle mie orecchie, ne sono certo.

 Non posso neanche provare ad immaginare quali parole avrebbe detto lui in simili momenti, qualsiasi cosa dicesse Giotto era unica ed irripetibile, le sue parole venivano dal cuore e valevano in modo sentito soltanto per la persona cui si rivolgeva ritenendola speciale.

Non posso profanare anche la sua voce, non voglio neanche sentire quel suono melodioso venir storpiato da insulse parole vuote che gli farei dire di mia volontà. Non voglio che parli questo mio "Giotto", non merito di esser più consolato dalla sua voce amorevolmente preoccupata.

Non posso nemmeno lontanamente immaginare di ricreare poi quel suo calore che emanava da ogni gesto, un sorriso come un abbraccio.

Era una caratteristica che, più di ogni altra cosa, apparteneva soltanto a lui e le illusioni non possono ingannare tanto i sensi fino a trasmettere quella sensazione di conforto e benessere che dava una sola carezza concessa da una persona così unica.

So bene tutto questo, eppure gli abbraccio la vita cingendola con entrambe le braccia ed affondo il volto nel suo grembo, sforzandomi a trovarci almeno un po' di quel antico calore che ero abituato a ricevere.

lascio che affondi di nuovo le mani trai miei capelli conciliandomi il sonno in quello che è ormai l'unico modo con cui riesco a dormire almeno le poche ore per notte che mi sono dovuto abituare a far bastare.

Mi addormento solo dopo parecchio tempo tra le braccia di quella mia illusione, consapevole che facendola restare lì tutta la notte mi sarei svegliato più stanco di prima, ma non importa, avrei sopportato di tutto pur di non restare sveglio.

Gli incubi che accompagnano puntualmente il mio sonno sono più sopportabili dei pensieri che mi assalgono quando mi ritrovo senza alcuna occupazione che mi tenga distratta la mente.

Quel flusso di pensieri è inevitabile, incontrollabile ed insopportabile, torna a ripetersi ogni volta anche mentre tengo stretta proprio quella mera illusione di tutto ciò che più mi tormenta, come in un ciclo infinito.

Proprio come questa volta, prima di poter trovare la pace nei miei incubi, ecco la solita razionalità che viene fuori a stuzzicarmi.

Perché una simile illusione era lì? Perché continuavo a pormelo davanti agli occhi ogni sera?

Anche quando il vero Giotto era lì con me, perché avevo tanto bisogno di uno come lui?

Una persona debole per il posto che ricopriva, tanto idealista da risultare insulso di fronte alla realtà che lo circondava, un eterno ingenuo che si credeva tanto maturo da riuscire a comprendere chiunque, un uomo che aveva passato la sua intera vita a proteggere indiscriminatamente tutto e tutti senza preoccuparsi della grandezza che andava negando alla sua stessa famiglia, un uomo che andava contro tutto ciò in cui ho sempre creduto e per cui ho sempre lottato.

E allora perché? Perché sembrava che proprio io dovessi dipendere così tanto da una persona simile tanto da sentirmi perso?

Era un qualcosa di elementare, ma mai ci avevo fatto caso prima di perdere tutto.

Prima credevo in lui, in ciò che stavamo creando, in ciò che avrei potuto accrescere stando al suo servizio. Ho smesso di sorridere per davvero quando mi sono accorto di non riconoscere più Giotto come la guida, mi sono sentito a pezzi quando ho capito di essere stato deluso dall'uomo cui avevo dedicato tutto me stesso, ma ho deciso di mettere da parte perfino lui e tutto ciò che mi aveva dato, per continuare a seguire i miei ideali.

Solo quando sono rimasto solo dopo tutti i complotti e le guerre, quando finalmente si è instaurata la famiglia Vongola perfetta così come l'avevo sempre voluta, mi sono accorto che mi mancava qualcosa, che dentro di me c'era stato un cambiamento radicale.

Ero, sono ancora oggi, infelice. Questo vuol dire che prima ero felice e mi sono negato tutto da solo.

Una cosa talmente stupida per quanto fosse ovvia, che solo io potevo non rendermene conto, ostinato come sempre a non voler vedere ciò che consideravo scomodo.

Ed ora che mi ritrovo solo ogni notte a cercare conforto in un'illusione, mi chiedo quanto senso abbia avuto non accettare le cose semplicemente come stavano, non accettare Giotto per quello che era ed era in grado di darmi.

Ma ormai è fatta, è elementare anche questo, non posso tornare indietro, non riesco ad accettarlo ma devo andare avanti.

Il sonno finalmente arriva, mi terrà distratto per le prossime quattro, forse cinque ore, ed accoglierò volentieri le immagini delle persone che mi hanno reso felice venire ad uccidermi in sogno.

In fondo basta che dorma, domani devo tornare a combattere.

  
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