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Autore: Rota    27/05/2011    2 recensioni
-Matt! Ehi, Matt! Svegliati! Matt, svegliati!-
Fu la voce di Alfred a rubarlo, con forza e prepotenza, al mondo dei sogni. Dovette stroppicciarsi più volte gli occhi, colpa anche del notevole male al cranio che gli intontiva completamente i sensi e la posizione innaturale che aveva assunto e mai più cambiato nel cadere come un masso sul proprio letto.
Il fratello lo aiutò nel processo, cominciando a scuoterlo come uno straccio sporco. Matt non ebbe neanche la forza di insultarlo o pregarlo, semplicemente, di smetterla.
Alfred aveva la pessima abitudine di trattarlo come gli pareva, senza avere molta cura di qualcosa che fosse al di là della sua persona. Matt aveva sempre pensato a lui come un bambino troppo cresciuto – e per questo impossibile da colpevolizzare – ma c’erano certe volte che avrebbe tanto voluto prendere la propria mazza da hockey e spaccargliela in testa, conservando sempre tutta la ragione possibile.
Quello era uno di quei momenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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compagnia da gay bar 5
Cap. 5







Say your prayers little one
Don`t forget my son
To include everyone(3)



È immobile, rigido come un palo, seduto in maniera esageratamente composta sulla propria sedia.
Lui non è abituato a far trasparire le emozioni attraverso le parole – in realtà, neanche attraverso gesti tanto eclatanti quanto rumorosi. Tutto quello che la gente sa o vuole sapere sul suo conto la intuisce dagli occhi e dall’espressione del viso.
A detta di Feliciano, gli occhi meravigliosi di Ludwig hanno la capacità incredibile di raccontare il mondo.
Non che il tedesco pensi davvero alla fondatezza di simili scempiaggini, trova solamente quella definizione poetica abbastanza azzeccata, sicuramente più azzeccata della colorita e decisamente più volgare definizione che gli è stata affibbiata da suo fratello Gilbert.
In questo momento, gli occhi azzurri di Ludwig sono fermi e immobili, come tutto il resto del suo corpo. È teso come non si ricorda di poter essere, è angosciato come non crede di poter essere. Lui, che ha fatto della razionalità la sua ancora di salvezza, di fronte a quel turbine sconquassato della compagnia che gli è toccata più o meno a forza, non trova in quella tanto amata razionalità una buona ragione per rimanere seduto e aspettare.
Avrebbe dovuto fermare la mano di Ivan. Avrebbe dovuto fermarlo e impedirgli di fare quello che aveva fatto. Lui ne aveva la forza – e probabilmente, se non fosse stato così sorpreso per la rabbia che traspariva dal gesto, anche l’intenzione. Ma di fronte a quell’ira così palesemente mostrata, ha potuto solo sperare che la punizione inferta dal russo e dal suo bastone a quel povero ragazzo fosse efficace.
Poi, la coscienza è tornata a galla, gettandolo in un abisso di colpa e angoscia.
Lui l’ha visto, Bruce, mentre veniva portato via dall’ambulanza in fretta e furia. Ha visto il suo viso sporco di sangue rosso, le sue braccia contorte e delle chiazze scure sulla pelle chiara.
E lui ha memorizzato ogni singolo gesto che ha compiuto il russo per procurarglieli – colpa della sua mente e della sua memoria fotografica, pericolosa per la coscienza che si è vista, per la prima volta, traballare di fronte alla pura e semplice realtà dei fatti.
Intimamente, ed è questa la cosa che più di tutte gli fa male, Ludwig dà ragione a Ivan e torto a quel poveretto che ora sta lottando per la propria vita.
Intimamente, ed è questa la cosa che più di tutte gli fa male, Ludwig ha desiderato poter picchiare quel poveretto con la medesima ferocia di Braginski. Ma la violenza del russo e il suo sguardo di fuoco lo hanno inibito in ogni azione, quasi anche quella del semplice respiro.
Sente in lontananza una melodia conosciuta, chiude gli occhi e respira lento stringendo il pugno sulla propria coscia.
Vorrebbe davvero tanto far l’amore col suo Feliciano, dimenticandosi di quello schifo che lo circonda.




(3) Enter sandman, Metallica
   
 
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