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Autore: nini superga    31/05/2011    6 recensioni
" Era da quasi un anno che me n'ero andata da Minas Tirith. Gandalf mi aveva letteralmente scaricata a Gran Burrone per poi andarsene a zonzo nei territori dell'Ovest senza dirmi niente, come se fosse alla febbrile ricerca di qualcosa. Di Isengard, la mia vecchia casa, non sentivo affatto la mancanza, anzi: l'esperienza a Gondor mi aveva lasciato una fame di scoprire il mondo che ancora non era stata saziata e, se non fosse stato per ordine di Gandalf, con ogni probabilità non sarei rimasta a Imladris a insegnare a rollare a Arwen, principessa degli elfi, ma sarei sicuramente scappata, dato che spiegare come si crea una sigaretta era il fatto più eccitante delle mie giornate. "
bentornati alle storie di Anna!!! questa volta la storia si fa interessante, dato che mi ricollego alla grande Avventura scritta dal Maestro e rappresentata da quel geniaccio di Jackson! mi scuso già in anticipo per gli errori su nomi, luoghi e personaggi vari: non vogliatemi male!!al massimo fatemelo notere e lo correggerò :) ultimo invito: R E C E N S I T E. e numerosi, anche. buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Gioielli di Anna.'
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Tempo presente.

Mi guardo le dita macchiate d’inchiostro e scrollo un attimo la mano. La sera sta scendendo su Mina Thirit, e i miei occhi sono focalizzati sugli incendiati campi del Pelennor, vividi come rubini, scintillanti come fiamme. Angelica è nella cesta, la balia Tilly la fa giocare e la allatta quando ha fame. Avrei voluto darle io il cibo, ma i Valar mi hanno concesso poco latte, non sufficiente per sfamare il nostro cucciolo. Boromir è seduto al tavolo con me, sta studiando alcuni documenti di cui so poco e nulla: lavoro d’ufficio, lo chiamo io. Il mestiere della Sovrintendenza, lo chiama lui. Si accorge che lo sto guardando, alza lo sguardo grigio e mi sorride, quieto. << Mal di mano? >> Mi chiede. Annuisco, scrocchiando le dita.

<< Dove sei arrivata? >>

Senza volerlo, la risposta esce asciutta << A Rauros. >>

Il suo sorriso scompare, un’ombra di tristezza vela il suo sguardo e distoglie gli occhi dai miei, per fissarli sulle rosse pianure attorno alla sua città. Ricordi dolorosi gli affiorano nella mente- non ricordi, per l’esattezza: lui non sa quello che ha fatto. Lo sa solo perché gliel’ho detto io.  Non serba memoria di quei pochi attimi, eppure continua a soffrire per essi. E io non posso farci niente.

In silenzio, quasi di soppiatto, ricomincio a scrivere.

 

 

La riva era piana e di terra chiara, ma dopo pochi metri si alzava e cominciava una vegetazione di cespugli bassi, alternati a striminziti arbusti, che diventava sempre più fitta verso l’interno, costituito da un pendio scosceso. Dove ci trovassimo, non lo sapevo. Presi a destra e mi mantenni nella parte bassa del pendio, sentendo la voce di Aragorn parecchio sopra di me chiamare Frodo. Pregai i Valar che avessero già trovato Boromir, che non avesse combinato niente, che non si fosse allontanato per far del male a Frodo ma solo per fare pipi. Li supplicai di tenerlo lontano dai guai, di farlo ragionare, di tenerlo sulla retta via. I Valar mi ascoltarono? La loro risposta si perse nel vento.

 

Camminai per un po’, le voci degli altri che si perdevano in lontananza. Il bosco era insolitamente silenzioso, e neanche un merlo trillava, non uno scoiattolo squittì al mio passaggio: cos’era tutto quel silenzio? Anche la Città delle Stelle era così silenziosa prima dell’attacco… col peso di quella affermazione mi fermai di colpo, sentendo le vertigini assalirmi: la visione della Dama parlava di un attacco, Orchi che combattevano un pugno di uomini in mezzo a un bosco, di giorno - e noi eravamo in un bosco, di giorno, e quel silenzio non lasciava presagire nulla di buono.

“ Giulia, credo che la visione stia per avverarsi. “ Le comunicai.

“ C’è troppo silenzio, vero? “

“ Già. “

“ Hai trovato qualcosa? “

“ No. Tu? “

“ Io sto con Merry e Pipino. Mi hanno detto che Sam è rimasto nella zona vicino alle barche, ad attendere il ritorno di Frodo. Legolas e gli altri due non so che fine abbiano fatto… ma c’è sicuramente qualcosa che non va. “

“ Concordo pienamente. “

“ Anche Legolas l’ha sentito. “

“ Tieni d’occhio gli Hobbit, sorellina. Fa attenzione. “

“ Roger, comandante. Passo e chiudo. “

Come faceva mia sorella ad essere così serena, solo i Valar ne erano a conoscenza. Avrei tanto voluto essere come lei, calma come acqua stagnante ma pronta a scattare come un felino, invece ero terribilmente in ansia, sentivo il mio cuore rombare nel bosco e i miei passi farsi sempre più pesanti tra le foglie del pendio. Sapevo quanto mi aspettava, ma non avevo il coraggio di ammetterlo. Sapevo quanto avrei dovuto fare, ma non sapevo se avrei trovato il coraggio di farlo. Continuavo a camminare, silenziosa, angosciata e attenta.

Fino a quando li trovai.

 

Vidi Frodo per primo, camminare rapido e a passo spedito, come se cercasse di distanziare qualcuno. Stava cercando di mettere più passi possibili fra se e la Compagnia, ma a che pro’? Perché si stava allontanando? Stavo per fermarlo, correre verso di lui, posargli una mano sulle spalle e scrollarlo per chiedergli spiegazioni, quando un secco spezzarsi di rami  mi pietrificò all’istante.

<< Non è sicuro andarsene in giro da soli, Frodo. >> Dolce come il miele giunse la voce di Boromir, più in basso rispetto allo Hobbit. Nascosta dietro un tronco, lo spiai: si stava avvicinando, sbucato chissà da dove, con un fascio di legna fra le braccia. Un pretesto per andarsene in giro a caccia di Frodo, evidentemente, e un ottimo alibi. La nota positiva era che mi dava le spalle: in caso di attacco, avrei avuto dalla mia l’elemento sorpresa << Specialmente tu, poi. >> Concluse, facendo un passo verso il Portatore.

Frodo ebbe il coraggio di restare fermo però non disse niente. Lo fissò e basta.

Boromir raccolse un ramo e lo esaminò con cura << Frodo, cosa agita il tuo cuore? >> Chiese, la voce melliflua e preoccupata. Aspettò, prima di parlare di nuovo. << E’ quell’oggetto, vero? Il suo peso deve essere…tremendo, da sopportare. >> Parlava in tono amichevole, la voce così dolce da suonare tremendamente finta. Mi fece accapponare la pelle e rizzare i capelli sulla nuca: chi era colui che parlava? Lo conoscevo? Era davvero l’uomo che si era preso la mia vita, il mio corpo, la mia verginità, il mio cuore? Era lui? No, che non lo era. Mi costrinsi a posare la mano sull’elsa della spada. Feci un respiro profondo e la stritolai nella presa: l’avrei sfoderata solo se necessario.

<< Lo è. >> Rispose l’Hobbit, un leggero tremito nella voce << Ma è un peso solo mio. >>

Anche da lontano, vidi le spalle del mio Capitano irrigidirsi << Significa che non mi ascolterai, vero? >> Disse, la voce improvvisamente metallica. Eccola li, la vera natura della sua conversazione. Tacque un attimo, per poi scagliare a terra i pezzi di legno << Chiedo solo la forza per difendere il mio popolo! >> Protestò con rabbia, muovendosi piano verso Frodo << Se solo tu mi prestassi l’Anello… >>

Stavolta, Frodo indietreggiò. La maschera di coraggio si era incrinata, la paura al di sotto era ben visibile. << Stammi lontano. >> Gli ordinò, continuando a indietreggiare, una punta di spavento nella voce.

Boromir si bloccò << Perché indietreggi, non sono un ladro! >> Disse, la voce che iniziava ad alterarsi.

<< Non sei te stesso, Boromir! >> Scandì Frodo con precisione glaciale: ah, quanta verità in quelle parole… LHobbit rimase a fissarlo per pochi, intensi minuti, voltandosi subito e ricominciando a camminare, deciso a mettere quanti più passi fra lui e il mio uomo. Deviò verso l’alto, cominciando ad arrancare sul pendio, nel punto esatto in cui cominciavano a sbucare, dall’humus di foglie e terriccio, malandati gradini di pietra.

Per un attimo pensai che fosse tutto finito, che Boromir si fosse arreso e avesse capito che l’unica forza da cercare era in se stessi e non nell’Anello. Per un attimo lo credetti davvero. Pensai a come sarebbe stato facile seguirlo di nascosto, sbucare alle sue spalle e dirgli che da tempo lo cercavo, che Frodo era sparito e che lo stavamo cercando. Quanto sarebbe stato dolce fingere che nulla fosse accaduto, che ogni singola parola di quella conversazione fosse morta! Avrei parlato io a Frodo, mi sarei scusata io per il comportamento di Bubu e l’avrei implorato di perdonarlo. Tutto sarebbe tornato al suo posto, il veleno dell’Anello avrebbe perso il suo effetto e Boromir sarebbe tornato il Boromir di sempre, il mio Capitano, quello vero…

Ma così non fu. Dove erano i Valar in quel momento, quando lo sentii ringhiare di rabbia e percepii la forza emanare dal suo corpo, dove erano? Girati dall’altra parte, intenti nei loro giochi. Non con gli occhi puntati su Arda, sicuramente.

<< IDIOTA! >> Proruppe Boromir, una parola che gli scaturì dal profondo del cuore, detta con tutto se stesso. Nel sentirlo, Frodo si bloccò e lo guardò, impietrito. << E’ TUO SOLO PER UN MALAUGURATO CASO! >> Continuò, strepitando, e correndo verso di lui << Poteva essere mio, doveva essere mio! >> Continuò a gridare, cercando di afferrare il Portatore, tanto agile quanto terrorizzato, che cercava di sfuggirgli, incespicando nel terreno. Alla fine, l’afferrò per il mantello e lo strinse a se, cercando di afferrarlo per il collo, ma Frodo non stava fermo, si divincolava come una biscia e usava persino i denti, per difendersi. << Dammelo! DAMMELO!! >> Continuava a gridare Boromir.

 

Non potei più restare neutrale. Saltai fuori dal mio nascondiglio e corsi verso i due, gridando forte nell’andare a cozzare contro Boromir. Gli fui addosso con tutto il corpo, sbattendo contro di lui, sbilanciandolo e facendolo cadere con un sonoro rumore di rami spezzati. Lo vidi rotolare poco più in basso, ed ebbi il tempo di rivolgere la mia attenzione a Frodo: era caduto con me ed era ancora steso a terra, immobile, terrorizzato. Mai mi arrabbiai come in quel momento.

<< SCAPPA! >> Gli gridai con rabbia, rimettendolo in piedi, mentre sentivo Boromir rialzarsi a fatica alle mie spalle. << Devi andartene o ti ucciderà! >>

Gli occhi del Portatore si cristallizzarono su qualcosa più in alto di me << LA SPADA ANNA! >> Gridò. Lo lanciai lontano da me e mi scansai, giusto in tempo per sentire l’acciaio di Boromir sibilare accanto a me e finire nelle foglie. A distanza di sicurezza, lo guardai per pochi attimi: il capitano reggeva la spada lunga con la mano guantata, la posizione di guardia inesistente, pronto a scattare come un serpente sulla sua preda. Mi guardava con quell’espressione spietata e bellissima che assumeva sempre in battaglia, gli occhi della belva nascosta in lui. Mi resi conto che avrebbe combattuto per uccidermi, sventrarmi come faceva con gli orchetti di Mordor, staccarmi la testa come con quelli di Moria. Valar, chi era colui che avevo innanzi? Senza preavviso, Boromir scattò in direzione di Frodo, la spada alta sulla testa. Mossa avventata: aveva lasciato tutto il fianco scoperto. Avrei potuto entrargli fra le costole, ferirlo agli organi interni con estrema facilità. Avrei, ma non lo feci. Intercettai la sua spada con un fendente ascendente, bloccandogliela al suolo.

<< VATTENE FRODO! >> Gridai a pieni polmoni, fissando Boromir negli occhi mentre faticavo a mantenere la sua spada a terra. Il grido risuonò nella mia mente e nella foresta, e sperai che qualcuno lo udisse, almeno Giulia, ma ero troppo impegnata per fare conversazione con lei. Poteva comunque sentirmi. Complice un momento di distrazione, Boromir liberò la spada con rabbia e arretrò. Stavolta si mise in posizione di carica, l’elsa della lunga spada all’altezza della spalla destra, le possenti braccia a scudo del torace. Non sapevo se Frodo alle mie spalle se ne fosse andato. Non ne ero certa, ma dovevo coprirlo: sarebbe stata dura, eppure avrei fatto il mio dovere.

Passò un eternità senza che uno di noi distogliesse lo sguardo dall’altro. Respiravamo piano, e il silenzio era di nuovo tornato nel bosco.

<< Perché ti sei messa in mezzo. >> Disse solo Boromir, senza abbassare la lama, e non era una domanda. << Non avresti dovuto. >>

<< Si che ho dovuto. >> Ribadii, senza muovermi dalla posizione di guardia << Abbassa la lama, Boromir, e parliamon- >>

Scattò ancora prima che potessi concludere, partendo con una falciata ascendente che mi sorprese, ma che riuscii a scansare. Nonostante la sua mole, Boromir era velocissimo. Cercai un affondo, ma lui parò con facilità. Ero così vicina che mi diede una spallata, facendomi barcollare. Rischiai di cadere sul fondo sdrucciolevole e allora lo sentii ridere, crudele << Sei sempre stata una pessima schermitrice, ma oggi dai il peggio di te. >> Ringhiò << Meglio così, non dovrò nemmeno sudare per avere la tua testa. >>

Valar, non si ricordava delle lezioni che aveva impartito? Delle mattine passate ad allenarci? Si ricordava almeno chi ero? No. Ero solo un nemico, anzi: IL nemico, quello che si frapponeva fra lui e la sua preda, l’Anello. Ero il bastardo che gli sbarrava la strada, il sassolino che andava schiacciato. Fu li, e solo li, che vidi scintillare nei suoi occhi un’aria malvagia che mai più avrei rivisto, un non so che di metallico e freddo, che mi fece capire che ero finita. Anche adesso, mi sento tremare al sol pensiero di quello sguardo.

Avevo onorato due delle promesse fatte a Gandalf:  avevo protetto Frodo e avevo aiutato anche Aragorn, anche se in misura minore rispetto al Portatore, ma Boromir…l’avevo perso per sempre. Non sarebbe più tornato da me. Che senso aveva la vita, se lui desiderava uccidermi? Perché continuare a combattere? Un dolore sempre più struggente si faceva largo nel mio cuore, lacerandomi l’anima, inondandomi di sensi di colpa perché non ero stata abbastanza brava a proteggerlo, a salvarlo dalla sua dannazione.

Voleva la mia vita? Che se la prendesse. L’avrei amato per come era, e sarei morta ricordando chi era prima dell’incontro con l’Anello. Ma prima, dovevo dare più tempo a Frodo.

Nel tentare un affondo, Boromir mi afferrò la mano e me la torse finchè non lasciai cadere la spada con un grido. Con ogni probabilità, fu li che mi incrinò il polso che tutt’ora mi duole, ogni volta che cambia il tempo. Mi lasciò la mano e mi schiaffeggiò così forte da farmi vedere nero per un attimo. Sentii il sapore del sangue in bocca. Il colpo fu così pesante da mandarmi a sbattere contro un albero, su cui mi accasciai, intontita. Sentii le sue mani stringersi attorno al mio collo, sempre più strette, e la mia bocca che faceva un rumore orribile mentre cercava di dirgli che ero io, che ero Anna, che avevo bisogno d’aria, che doveva sposarmi, che ero io…le parole si rincorrevano, senza senso, senza che uscissero dalla mia bocca. Annaspavo alla ricerca di aria, ma riuscivo a respirare sempre meno, la sua stretta che andava facendosi sempre più forte. La vista andava offuscandosi, vedevo solo il cielo azzurro del tardo pomeriggio sulla mia testa, ma gli altri sensi si facevano più acuti: potevo sentire anche il suo, di respiro, il fiato grosso di chi stava compiendo un grande sforzo, anche contro la sua volontà, ma lo stava compiendo; il suo cuore rombare; la sua voce chiamava il mio nome, quasi con dolcezza, quasi mi stesse accarezzando mentre facevamo l’amore. Mi sembrò quasi che piangesse, ma a quel punto mi sentivo sull’orlo del baratro: dunque, era così morire…

 

Poi, tutto finì. Le mani mi lasciarono improvvisamente andare. Boromir gridò qualcosa, ma una voce più acuta sovrastò la sua, ma non capii di chi fosse.  Mi afflosciai a terra priva di forze, il viso affogato nelle foglie morte, sentendo l’aria maleodorante e umida della terra riempirmi i polmoni con lentezza e dolore. Il collo era un inferno di fiamme, la bocca era impastata di sangue e terriccio, il viso andava facendosi sempre più gonfio e teso e la testa mi pulsava in maniera atroce. Le avevo prese, e anche di santa ragione, ma in quel momento non potei realizzare alcun pensiero, se non il dolore lancinante del corpo. Se mi fossi svegliata, sapevo che sarebbe giunto anche il dolore dell’anima, per quello che avevo subito, per chi me l’aveva inferto, ma quello fu un pensiero fugace, l’ultimo, perché svenni con la convinzione di morire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA: bhe, niente da dire. Non posso chiedervi se abbiate apprezzato il chappi o meno perché non è particolarmente carino dire: oh! Meraviglioso, si sono pestati! No, non lo è.

Tra l’altro, la storia prenderà una via piuttosto inaspettata, credo: buona parte sarà sempre sui nostri due..ehm..come li chiamo, ora che si sono pestati…ehm…vabbe, su loro due, sul cammino verso la riconciliazione. Infatti, penso che sarà proprio questo il titolo:

 

 

I GIOIELLI: RICONCILIAZIONE. ( o resurrezione, non so bene. )

( volevo usare GUERRA E PACE, ma sembra un po’ banalotto, non trovate? )

 

Vabbe, cari lettori, si avvia alla conclusione anche questa storia: siamo cresciuti di un altro anno, e andremo avanti ancora, fino alla fine della trilogia. Da li in poi…mah, chi lo sa! In ogni caso, ci sono ancora un paio di libri da riscrivere, farcendoli delle simpatiche avventure della Carovana e di Anna, sempre alle prese con il suo Bubu. Detta così, sembra una stronzata ma, ve l’assicuro, non lo è.

 

Oddio, questo pare un addio, ma non lo è!!! Credo che ci sarà ancora un chappi… come la mettiamo adesso con la Compagnia? Che succederà? Non so se ricordate l’ultima parte del libro/ film…una vera tragedia- ma anche la mia scherza no, eh?

 

Dai dai che raggiungiamo il centinaio di recensioni!!!lettori anonimi e amici di vecchia data, siete tutti pregati di lasciare un commento, anche breve, a questo chappi: devo capire se sono stata abbastanza realistica nella lotta…mi farebbe piacerissimo sapere che ne pensate, e vorrei sia pareri “ vecchi” che “ nuovi”!

Non deludetemi dunque, che io ho sempre dato il massimo. Una rimbambita e fuori fase Nini.

  
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