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Autore: toujourscannelle    31/05/2011    3 recensioni
"La biondina,persa in quei pensieri,si toccò istintivamente il polso,era fasciato da un braccialetto d'oro che recitava il suo nome,qualcuno lo aveva lasciato davanti alla porta di casa il giorno del suo quinto compleanno,ma Shelby non aveva mai voluto dirle chi fosse stato,la donna negava ma lei era sicura che sapesse chi si era preoccupato tanto di farle ricevere quel dono. Aveva immediatamente pensato ai due teenager che per sbaglio l'avevano generata e lo aveva conservato con cura per tutti quegl'anni."
Sono passati più di vent'anni da quando le New Directions camminavano per i corridoi del Mickinley.Ora sono tutti adulti,sposati e hanno figli.Ora loro popolano la scuola,tutti infettati dai difetti e dai pregi dei genitori.In cerca di verità che sono state negate da sempre o di nuove canzoni che li trascinino lontano da tutto.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5.Haunting

I still can’t dance,
Neither can you,
I’m dressed up nice,
You’re a dream come true!

I’m just another kiss that you’ll forget,
I know you’re not the one!

 

 

Quinn&Cheerios

Georgie si sedette sulla panchetta che teneva davanti all'enorme specchio in camera sua, quello che usava la mattina per truccarsi, mettendosi accanto a Lettie, che era intenta a sistemare i suoi invidiabili riccioli bruni.
“Penso che sia l'ennesima cavolata della Allen. Insomma noi siamo le titolari e visibilmente le migliori in squadra, perchè alla gara dobbiamo portarci dietro anche quelle tre oche che a momenti non riescono a reggersi in piedi?” Si lamentò Olive mentre rimaneva sdraiata sul letto del capitano. Aveva ancora il piede e la caviglia fasciati a causa dell'infortunio di poco tempo prima, infatti aveva passato gli ultimi allenamenti seduta in panchina ad incitare la sua migliore amica a dare il meglio. “Forse perchè due settimane fa una di quelle oche ti ha scaraventato a terra rompendoti quasi il piede?” Si inserì Selene anche lei buttata sul letto di Georgie, esattamente accanto all'infortunata.
“Sono quasi sicura che lo abbia fatto apposta.” Continuò Olive. La ragazza era mediamente carina, aveva un viso ovale e dall'aspetto dolce, ancora parecchio fanciullesco decorato da una spruzzata di lentiggini e due grandi occhioni azzurri. Quello che la rendeva così attraente verso la popolazione maschile del Mckinley era il fisico quasi perfetto e il fatto che non si facesse tanti problemi a lasciarsi andare con i ragazzi.
“Qualunque sia la formazione decisa dalla Allen, abbiamo il campionato in tasca.” La voce di Violet coprì i bisbigli delle altre tre. La ragazza aveva smesso di guardare il suo riflesso e si era girata verso le altre cheerios. Violet Hoult, figlia della rinomata signora Jones voce solista della parrocchia da più di ventisei anni e sorella del kicker della squadra di football, era una ragazza alta con una cascata di riccioli scuri e labbra carnose, una delle cheerios migliori al Mckinley e una fantastica ballerina, sin da piccola aveva coltivato la sua passione per l'hip hop.
“Questo è sicuro.” Acconsentì Georgie. La ragazza non aveva dubbi sulla sua bravura come capitano ed era certa che sarebbe riuscita a portare la squadra al top per il secondo anno di fila. Le ragazze sussultarono sentendo la porta sbattere al piano di sotto.
“E' tua madre vero?” C'era una sfumatura di panico nella voce di Olive mentre si rivolgeva a Georgie.
“Certo che è sua madre! Olive devi smettere di guardare Scream.” Si intromise Selene con il suo solito tono scocciato, che era solita usare per rivolgersi alla migliore amica di Georgie.
“Mamma?” Chiamò il capitano tendendo il collo in direzione del corridoio.
“Ciao tesoro!” La voce di Quinn tranquillizzò le ragazze. Violet scoppiò a ridere per la stupidità delle amiche e tornò a rimirarsi nello specchio.
“Tutto a posto?” La madre di Georgie si sporse nella stanza sorridendo.
“Tutto ok.” Risposero Olive e Violet in coro.
“Tu piuttosto? Sei strana.” Georgie studiava la madre sospettosa. Quinn aveva le guance rosse e i capelli scompigliati, cosa per niente normale visto che pretendeva di essere perfetta in ogni occasione.
“Si, si. Sto benone, divertitevi.” La signora Forbes salutò le ragazze con la mano e chiuse la porta di legno dipinta di bianco della stanza di Georgie. Quinn attraversò velocemente il corridoio per arrivare nella camera che condivideva con il marito da parecchi anni ormai e si chiuse dentro, girando la chiave. La donna appoggiò la schiena contro la parete e si lasciò scivolare verso il basso. Non poteva essere. Era decisamente impossibile. Aveva passato una vita a cercare di cancellare quel ricordo, a tirare un linea sopra a quei nove mesi da incubo e ora in pochi secondi, decidendo di entrare in quella stanza, aveva reso tutti quelli sforzi vani. Beth. Beth. Beth. I pochi ricordi che aveva della neonata le ballarono davanti, subito seguiti dalla visione di una Beth cresciuta, ormai donna. Chiramente la ragazza non aveva idea di chi fosse, lo aveva capito subito dal suo atteggiamento nei suoi confronti, grazie al cielo Shelby aveva tenuto la bocca cucita per quanto riguardava l'indentità dei veri genitori di Beth. Ora era al Mckinley e insegnava a uno dei suoi due figli. Non poteva essere vero, era tutto uno stupido scherzo. L'ex capitano delle cheerios, quella donna che si era sempre definita forte e tutta d'un pezzo, si avvicinò le ginocchia al petto e iniziò a singhiozzare. Perchè doveva succedere a lei? Come durante una giornata di parecchi anni prima aveva detto a una amica, perchè le capitava tutto questo? Sarebbe dovuta essere la ragazza popolare, quella con tutto a portata di mano, ma non era mai stato davvero così. Quinn chiuse gli occhi. Erano decenni che non si sentiva così, tutto il dolore che aveva provato durante il suo sedicesimo anno d'età le era franato addosso un'altra volta e faceva più male di prima. Aveva giocato alla brava mogliettina per tanti anni buttandosi tutte le cose negative alle spalle, Kevin, suo marito, non aveva mai saputo niente di Beth o del perchè avesse troncato ogni rapporto con suo padre. Lei non aveva mai trovato la forza di aprirsi completamente, fingere le era risultato decisamente più facile e ora quella ragazzina spuntava all'improvviso distruggendo tutto quello che aveva creato con tanto amore e fatica. Lei aveva due figli, non tre, due! Due soltanto. La bionda si prese la testa fra le mani. Però doveva ammettere che una minuscola parte di lei si era sentita fiera di Beth. Guardandola lì nell'auditorium mentre sfiorava i tasti bianchi, non aveva potuto fare a meno di pensare a quanto fosse diventata bella.

 

 

Piuttosto tu sei...”
“Ah si! Mi scusi. Sono Beth, Beth Corcoran.” Quinn sgranò gli occhi sentendo pronunciare quel nome, il suo cuore sembrava voler uscire a farsi un giro.
“Signora?” La voce della ragazza la riportò a terra e cercando di ridere nel modo più naturale possibile si rivolse a lei.
“Tanto piacere, davvero.” La più grande strinse la mano che l'altra le stava porgendo.
“Liam è entusiasta del Glee, sono sicura che stiate facendo un ottimo lavoro.”
“Lo spero tanto.” Beth sorrise amichevole. La sognora Forbes fece un respiro profondo cercando di fingere che fosse tutto normale.
“Bè io devo proprio andare, ci vedremo in giro.”
“Certamente.” Beth la salutò con un cenno del capo e dopo aver risposto la donna si avviò lentamente verso l'uscita. Appena sentì la porta anti panico dell'auditorium sbattere dietro le sue spalle Quinn iniziò a correre diretta verso il parcheggio. Mentre tentava di aprire la portiera le chiavi le caddero dalle mani tremolanti un paio di volte ma continuò a sorridere verso qualunque passante incontrasse il suo sguarso. Salì in auto, infilò le chiavi nella toppa e accese lo stereo che sparava fuori musica a un volume talmente alto da non darle possibilità di formare un pensiero. Quasi non si rese conto di come fosse riuscita ad arrivare a casa. Spense il motore e rimase qualche secondo in auto fissando un punto nel vuoto. Non può essere davvero lei. Non può. Non può. Non può. Continuava a ripeterselo come un mantra sperando di riuscire a convincersi. Shelby non poteva averla mandata a lavorare proprio al Mckinley, non ci poteva credere. La sua Beth, l'aveva trovata, anche se non sapeva ancora di averlo fatto e sicuramente non lo avrebbe scoperto facilmente. Non aveva certo bisogno di un'altra figlia o di vecchi ricordi da riportare a galla al momento. La donna sospirò e si decise finalmente a scendere dall'auto. Sospirò trattenendo le lacrime e si avviò verso casa.

 

Quinn alzò la testa, aveva la bocca impastata e le guancie coperte di mascara e dai solchi che le avevano lasciato le lacrime. Probabilmente si era addormentata, ma non aveva idea di quanto tempo fosse passato. Si alzò traballando e si avvicinò alla specchio. Si trovava davvero comica con tutta quella roba nera sulla faccia. Eliminò ogni residuo di trucco spazzandoselo via con il dorso della mano e si decise ad aprire la porta della camera. Doveva andare a trovare qualcuno. Quella che una volta era la signorina Fabray, una delle donne più ambite di Lima, scese le scale e un profumo di arrosto le riempì le narici. In cucina la tavola era stata apparecchiata alla perfezione e suo marito stava armeggiando con le pentole.
“Kev.” Mormorò comparendo alle spalle dell'uomo.
“Amore.” Aveva un'espressione preoccupata dipinta sul volto.
“Ho visto che ti eri chiusa in camera e ho pensato che non stessi bene. In effetti sei pallida.” Constatò Kevin Forbes abbracciando la sua perfetta mogliettina.
“No, no sto bene. Grazie per aver preparato la cena, so che è stata dura.” Lo prese in giro lei.
“Dai, non me la sono cavata male.”
“Lo chiederò ai ragazzi quando avranno assaggiato le tue prelibatezze.” Quinn ridacchiò, concedendosi una boccata d'aria fresca, qual'era la sua favolosa famiglia, dall'ansia causata dalla montagna di ricordi che le stava dando la caccia.
“Stai uscendo Quinnie?” Chiese l'uomo accorgendosi che indossava il giubbotto.
“Devo fare una cosa. Ma tornerò presto, tranquillo.” “Sei sicura di sentirti bene?”
“Sto alla grande.” Quinn si sporse verso l'uomo stampando le labbra contro le sue.
“A dopo tesoro.” Quinn uscì velocemente nel giardino che circondava casa loro, si sentiva una psicopatica da qualche ora, doveva essere dolce e gentile con la sua famiglia e solo quando era sola poteva realmente sfogarsi. Imboccò un vialetto parallelo a quello in cui abitava lei e allungando il passo arrivò alla fine, da lì girò a destra finchè non scorse una casetta rosso mattone. La bionda sorpassò il cancello, che era rimasto aperto, probabilmente a causa di una dimenticanza di qualcuno e salì i pochi gradini che portavano alla porta d'ingresso. Suonò e attese che la voce metallica uscisse dal citofono.
“Chi è?” Chiese la voce femminile.
“Ciao Andrea. Sono Quinn.” Dopo che ebbe risposto la porta si aprì con uno scatto e la donna entrò togliendosi la giacchetta.
“Buonasera.” Andrea la aspettava sulla soglia, avvolta in un largo cardigan color carta da zucchero che aveva l'aria parecchio confortevole.
“Ciao. Mi dispiace esserti piombata in casa all'improvviso, ma avrei bisogno di vederlo.” Quinn indicò una porta alla fine del lungo corridoio della casa.
“Certo non c'è problema, ma posso salutarti per bene prima?” La donna con i capelli scuri che l'aveva fatta entrare si avvicinò schioccandole due rumorosi baci sulle guance.
“Lo trovi al solito posto.” Aggiunse poi dopo essersi allontanata da Quinn.
“Grazie.” Mormorò quest'ultima prima di dare la spalle all'altra donna. L'ex cheerio aprì lentamente la porta che le era stata indicata e notò una figura che le dava le spalle.

Noah.” L'uomo si girò di scatto sentendosi chiamare. Era ancora in forma, quasi come lo era stato al liceo e portava i capelli cortissimi, aveva un taglio che ricordava molto quello dei Marines, ma già da tempo aveva abbandonato la sua amata crestina.
“Quinn, non che non mi faccia piacere vederti, ma come mai qui?” Puckerman si avvicinò alla donna abbracciandola. La bionda si aggrappò a quell'abbraccio con tutte le sue forze, affondando la testa nel petto dell'ormai adulto Puck.
“Ehi, ehi. Che succede?” Noah se la staccò di dosso, in modo da poter guardare il viso della donna, che si stava riempendo di lacrime.
“Sono contento che tu sia felice di vedermi, ma non c'è bisogno che tu faccia così.” Ironizzò lui per poi farsi serio accorgendosi che neanche la sua battuta l'aveva fatta smettere.
“Fabray che succede?” Stavolta era serio e la osservava con le sopracciglia agrottate. Erano cresciuti parecchio e si erano tenuti in contatto anche grazie all'amicizia che era nata tra Selene e Georgie, Quinn e Andrea, sua moglie, erano in buoni rapporti e lui lo era con Kevin, del quale Quinnie sembrava perdutamente innamorata. Parlavano parecchio tra di loro e se la bionda aveva un problema la porta di casa sua era sempre aperta.
“Fabray?” Ripetè.
“Puck lei è qui.” Finalmente la voce flebile di Quinn emerse nel buio. L'uomo ebbe un fremito a sentirsi chiamare in quel modo, nessuno la faceva da secoli.
“Chi è qui?”
“Lei. Beth.” Rispose la donna per poi tornare a singhiozzare.
“La nostra Beth?” Noah lasciò andare la bionda e si sedette su una delle poltroncine che arredavano la stanza. La testa aveva iniziato a girargli pericolosamente e non sembrava aver intenzione di smettere. Quella bambina era stata la sua ossesione più grande dopo il liceo, come tutti si aspettavano non era mai andato all'università e aveva passato parecchio tempo a seguire Beth e Shelby per poter vedere la sua creaturina. Ma la talentuosa donna non gli aveva mai permesso di incontrarla, così dopo svariati anni aveva lasciato perdere, decidendo di lasciare in pace le famiglie degl'altri e darsi da fare per crearne una sua.
“E' al Mckinley e insegna al Glee. Non so come tu abbia fatto a non accorgertene!” Ora Quinn parlò con più rabbia nella voce e piantò il suo sguardo in quello dell'amico. “Non vado mai alle riunioni degl'insegnanti.” Rispose annoiato Noah, sottolineando quando poco gliene fregasse con un gesto della mano.
“Dovresti iniziare a farlo allora. Tua figlia, la tua prima figlia lavora nel tuo stesso edificio e tu non ti sei accorto di nulla?” La bionda alzò la voce continuando ad inveire contro Puckerman.
“Zitta! Abbassa la voce.” L'uomo si alzò per controllare che non ci fosse nessuno vicino alla porta e poi si rivolse di nuovo verso Quinn.
“Calmati ora...”
“Non sa niente vero? Andrea intendo...non le hai raccontato di Beth.”
“Figurati! Non era il massimo per attaccare bottone dire ehi ciao, mi chiamo Noah e ho avuto una figlia a diciassette anni. In seguito mi è passato di mente.” L'uomo iniziò a percorrere la stanza avanti e indietro passando numerose volte davanti a Quinn che era sempre più sconvolta, secondo dopo secondo.
“Sai la cosa brutta è..è...che è bellissima. La devi vedere. Mi sono sentita uno schifo quando mi ha detto il suo nome. Mi sento una persona tremenda se penso che ventisei anni fa ho trovato la forza di abbandonare quella creaturina.” Quinn scoppiò di nuovo a piangere. La reazione della donna fece fermare Noah che le mise un braccio attorno alle spalle.
“Supereremo anche questa Q.”
“Non ce la faccio. Non ce la faccio.” Puck sentì la bionda tremare tra le sue braccia.
“Aiutami Puck.”

 

Nate

Vado di sopra Ma'”
Il ragazzo salì le scale coperte di moquette . Si sentiva il tonfo dei suoi passi sui gradini. Arrivò in cima alla scala e lanciò un' occhiata verso il basso, da lì riusciva a vedere la cucina e la figura di suo padre, che vista l'altezza, nascondeva sua madre alla vista del ragazzo. Si stavano abbracciando. Fin da bambino Nathan aveva sempre desiderato trovare qualcuno con il quale costruire un rapporto come quello dei suoi genitori, che nonostante i difetti di entrambi si guardavano sempre come se avessero avuto ancora sedici anni e tutto il tempo del mondo davanti. Era cresciuto credendo nel vero amore, in quel sentimento che dura per sempre e ogni volta che posava gli occhi su i genitori più strani che si potessero avere gli scappava un sorriso e la speranza di passare la vita così cresceva in lui. Fece un paio di passi e passò davanti alla porta aperta della camera di Joan. La ragazza era davanti allo specchio e si osservava con un sopracciglio alzato, non aveva l'aria molto convinta. Il castano entrò nella stanza e si avvicinò alla sorella, ancora di spalle.
“Controlli se magari sei diventata carina?” Nate ridacchiò davanti all'occhiata cattiva della maggiore.
“Sparati spilungone.” Joan cominciò ad ignorarlo tornando a studiare il suo riflesso. Nathan aveva preso tutta l'altezza del padre, compreso nel prezzo gli avevano regalato anche il suo modo terrificante di ballare e da sempre Joan li trovava due buoni spunti per prenderlo in giro.
“No sul serio, che stai facendo?” Il ragazzo si sedette sul letto, posto poco lontano da dove si trovava la sorella.
“Non ti ricordi?” Joan fece girare la sedia a rotelle sulla quale si trovava in modo da trovarsi davanti all'altissimo fratellino. Lo fissò con un'espressione spazientita. “Ehm...no..ma ti prego non mi picchiare.” Nate chiuse gli occhi aspettando di sentirsi volare addosso qualcosa di pesante.
“Ho il provino domani!” Joan sospirò esasperata.
“Oh cazzo! E' vero! Scusa scusa scusa.” Erano due mesi che si preparava per quel provino. La compagnia teatrale locale aveva deciso di mettere in scena A Chorus Line e Joan appena lo aveva scoperto non aveva saputo trattenersi. Erano settimane che quando rientrava a casa la sentiva provare “What i did for love” con mamma. Ormai la conosceva a memoria perfino lui.
“E' che sono presissimo dalle partite, mi dispiace. A che ora è?” In quel momento Nathan si sentiva davvero uno schifo, Joan ci teneva tantissimo a prendere parte a quel musical e lui lo aveva dimenticato.
“Alle quattro.” Rispose fredda. Si era irritata visibilmente a causa della sua dimenticanza.
“Ho gli allenamenti...ma ci sarò. Promesso.” La sorella si era rigirata dandogli le spalle.
“Ti prego Joey.” Il ragazzo si era alzato e aveva abbracciato Joan. Ora erano entrambi riflessi nello specchio e l'espressione della ragazza non presagiva niente di buono. “Ti preeeeego.” Provò ancora.
“Ti giuro che se non vieni per rimanere a sparare cavolate nello spogliatoio con il tuo caro Evans, non ti rivolgo la parola per una settimana.” Finalmente Joan aveva emesso un fiato e ora osservava il riflesso del fratello minore con le braccia conserte.
“Giuro che non mancherò Joey-Joey.” Schioccò un bacio sulla guancia della sorella.
“Piantala di chiamarmi così!” Lo rimproverò quella ridendo.
“Cosa c'è Joey-Joey non ti piace?”
“Mmmm...a te invece Natie suona bene?” Rimbeccò lei facendogli la lunguaccia.
“Suonerebbe meglio se tu dovessi parlare della tua super femminile sorellina minore.” Rispose lui imitando la vocina della sorella.
“Ma tu sei la mia piccola Natie.” Joan continuò a prenderlo in giro pizzicandogli le guance.
“Ok questa conversazione sta degenerando.” Il ragazzo sorrise verso la maggiore, che aveva già dimenticato tutto il rancore che aveva prima verso di lui.
“Vado di là adesso e ti lascio provare la canzone...di nuovo.” Sospirò quello.
“Devo essere perfetta Nate.”
“Ma senza esagerare.” Aggiunse il fratello. Nathan le rivolse un'ultima occhiata prima di uscire dalla stanza e entrare nella sua. Era una camera non troppo grande con le pareti tappezzate di poster variopinti, una scrivania con un nuovissimo pc sopra e qualche scaffale colmo di libri. Nathan si sedette sulla sedia, a rotelle anche la sua, avrebbe dovuto allenarsi al meglio il giorno successivo, infatti mancavano pochi giorni alla prima partita e dovevano assolutamente vincere. Robert ci teneva troppo e li aveva costretti a dare il cento per cento durante le prima settimane di scuola, il rinomato quaterback del Mckinley voleva a tutti costi stracciare i loro avversari. Il problema ora era come riuscire ad andare al provino di Joan, da sempre erano molto attaccati e lei lo aveva sempre sostenuto in tutte le situazione, quando aveva deciso di entrare nella squadra di football lei era negli spalti a incrociare le dita per lui. Ogni domenica la maggiore dei due Hudson si presentava alle sue partite, anche se non aveva mai amato il football e quando Nathan aveva iniziato a stringere amicizia con Robert Evans la ragazza non aveva protestato, nonostante non le andasse per niente a genio il biondino era rimasta in silenzio e anche in quell'occasione gli aveva mostrato tutto il suo appoggio. Lo aveva anche minacciato di non rivolgergli più la parola se non fosse andato a vederla e sapeva che Joan era capacissima di farlo. Nate sospirò, doveva scapicollarsi fino al teatro infischiandosene delle proteste di Rob, non aveva scelta. Si prese la testa fra le mani e dopo qualche secondo la rialzò con un sorriso. Tirò fuori uno dei suoi libri preferiti “L'ombra del vento” e lo aprì, c'era una piccola fotografia con i bordi rovinati. IL ragazzo la usava come portafortuna da parecchio tempo ormai. Ritraeva una ragazza bionda in uniforme da Cheerleader che sorrideva all'obbiettivo, aveva i capelli sciolti sulle spalle e gli occhi azzurri che brillavano. Quella la aveva scattata proprio lui durante il suo secondo giorno al Mckinley. Georgie gli sorrideva dalla carta da foto, era riuscito a catturare uno dei suoi sorrisi speciali, era parecchio che non la vedeva ridere così. Il ragazzo deglutì , ormai la vedeva solo quando durante gli allenamenti si presentava in campo e si appiccicava come una ventosa al suo migliore amico, niente meno che Rob Evans. Nate sospirò pensando che nessuno gli era mai mancato così tanto.

Ray

Il moro alzò una pila di giornali per poi gettarli di nuovo nel punto in cui li aveva trovati. Tornò in salotto e sollevò un paio di cuscini ma senza successo.
“Mamma qui non c'è niente.” Gridò verso l'ingresso dove una donna con i capelli neri camminava avanti e indietro.
“Dobbiamo deciderci a rimettere in ordine.” La donna si fermò guardando il figlio con le mani sui fianchi.
“Non guardarmi così, io sono il più ordinato tra noi” Ray alzò le mani come per provare la sua innocenza.
“Ne discutiamo più tardi, ora è meglio che se ci muoviamo a trovare quelle dannatissime chiavi.” Santana si legò i capelli e fece segno al figlio di sbrigarsi.
“Muoviti Raymo...”
“Non usare il mio nome intero!” Il ragazzo la interruppe con un'occhiataccia.
“E' un nome importante.”
“No, è molto gay e sono ancora convinta che tu fossi ubriaca quando hai deciso di chiamarmi così.” Ray continuò a frugare in ogni angolino della casa al quale riusciva a pensare visto che erano già piuttosto in ritardo.
“Veramente stavo partorendo.”
“Trovate!” Il ragazzo sventolò il mazzo di chiavi, che teneva nel pugno, completamente sommerso dai cuscini.
“Per fortuna! Muoviti ti accompagno a scuola in macchina.” Santana strappò le chiavi di mano al figlio e corse ad aprire la pesante porta d'ingresso.
“Cavolo se sei lento!”
“Eccomi, eccomi!” Ray spuntò dalla sua stanza con lo zaino sulle spalle e lo skate in mano e fu praticamente trascinato giù per le scale dalla madre, che lo osservava spazientita. La donna sembrò calmarsi una volta entrata in auto, fece partire un CD e iniziò a canticchiare.
“A che ti serve lo skate?” Domando Santana dopo aver studiato il figlio per un po'.
“A cosa vuoi che mi serva?”
“Mettiamola così, se ricevo un'altra piacevolissima telefonata dal tuo caro preside a causa di quel aggeggio sei finito.” Santana inchiodò, era troppo presa a fare la ramanzina al figlio per accorgersi che il semaforo era diventato vermiglio. Ray era la cosa più importante per lei, lo amava alla follia, ma doveva ammettere che non era un ragazzo per niente facile da gestire come dal tronde era lei alla sua età. Forse lei passava un po' troppo tempo a ripetergli cosa doveva o non doveva fare ma visti i trascorsi del ragazzo ne aveva tutto il diritto.
“Ricevuto.” Ray si rivolse alla madre con il saluto militare. Santana ridacchiò vedendo la reazione del ragazzo e alzò il volume dello stereo tornando a canticchiare allegra.

 

Well I guess it would be nice
if I could touch your body
I know not everybody
has got a body like you

but I've got to think twice
before I give my heart away
and I know all the games you play
because I play them too

 

 

La macchina si fermò davanti al marciapiede dietro al liceo con un rumore stridulo.
“Prima o poi imparerai a fermare la macchina in modo decente Mamy?” La provocò il ragazzo tenendosi le mani sulle orecchie.
“Ho generato un figlio proprio simpatico.” Santana sorrise ironica.
“Devi esserne molto fiera.” Continuò Ray scherzando mentre tirava giù la maniglia della portiera.
“Muoviti a scendere prima che ti arrivi un calcio ragazzo.” Lo minacciò la madre. Ray ridacchiò aprendo la portiera, appoggiò un piede sull'asfalto e mentre tentava di fare lo stesso con il secondo fu ritirato dentro dalle braccia bisognose di affetto di sua madre.
“Ti voglio bene.” Santana lo strinse al petto e Ray affondò il viso tra i capelli della madre impregnati di quell'odore che conosceva così bene. Gli tornò in mente quando da bambino sua madre stava fuori fino a tardi la sera, nel periodo in cui si divideva tra tre o quattro lavori per mantenerlo al meglio, lui aveva circa tre anni e quando era costretto ad addormentarsi senza di lei e tenendo la mano a una delle tante baby sitter piangeva come un pazzo. Santana per evitare questo dormiva tutte le notti con un orsacchiotto di peluche e quando sapeva che non sarebbe riuscita a rientrare a casa lo metteva nel lettino di Ray e il bambino sentendo il suo odore così familiare riusciva ad addormentarsi senza problemi.
“Ti voglio bene anche io....anche se non sai guidare.” Mormorò il ragazzo da sotto la valanga di ciocche scure della donna, Santana tirò un pizzicotto al figlio dopo aver sentito l'ultimo commento.
“Ci vediamo dopo.”
“Ciao Ray, non fare casini.” La chiusura della portiera fu accompagnata dalle ultime parole di Santana che poi si allontanò con l'auto. Ray rimase a fissare la macchina rossa della madre che si perdeva nel traffico di Lima. Quando la madre scomparve alla sua vista si girò diretto verso il Mckinley. Il moro scorse una ragazza avvolta in un vestitino color crema e con i capelli lunghi che svolazzavano sospinti dal vento poco lontano da lui e allungò il passo per raggiungerla.
“Buongiorno.”
“Giorno.” Roxanne sorrise in direzione del ragazzo.
“Come mai così allegra?”
“Diciamo che ho fatto un incontro interessante....un vecchio amico di mio padre.” Spiegò osservando il ragazzo, con quel suo strano sguardo che però sembrava attrarre tutti come una calamita.
“Ma sono anche preoccupata, non ho aperto un libro ieri.” Roxanne si passò una mano tra i capelli.
“Oh bè, niente di nuovo per me e sappi che oltre al rischio di ricevere l'ennesimo voto negativo la mia voglia di entrare in classe è morta e sepolta.” Rispose Ray tentando di tirarla su di morale. Non si era mai preoccpato tanto per la scuola, anzi, aveva la sufficienza in quasi tutte le materie, ma niente di più era più che abbastanza per lui. Sua madre non era mai riuscito a tenerlo sui libri per più di un'ora e dire che ci provava dai tempi delle elementari. Il ragazzo si bloccò all'improvviso e fece lo stesso con la ragazza afferrandole il polso.
“Vieni.” Ray iniziò a correre con lo zaino che sbatteva sulla schiena, sentiva i passi di Roxy dietro di lui. I passanti li guardavano poco convinti, visto che la maggior parte dei ragazzi della loro età a quell' ora andava verso la direzione opposta. Quando superarono l'incrocio dal quale bisognava passare per arrivare al Mckinley finalmente si fermò con il fiatone. Roxanne gli si piazzò davanti con un'espressione interrogativa dipinta sul viso. Il ragazzo stette a fissare il vestitino della castana svolazzarle intorno alle gambe come una bandiera per qualche secondo mentre prendeva fiato e poi si decise a porre fine ai suoi dubbi.
“Dai andiamo al parco!” La pregò. “Non ho nessuna voglia di passare la mattinata a fingere di essere minimamente interessato alle equazioni di secondo grado e cazzate varie. Vieni con me.” Il ragazzo le porse la mano con un sorriso parecchio convincente. La ragazza lanciò un'occhiata titubante in direzione della scuola.
“Fanculo. Andiamo a fare un giro.”

 


*NOTE

Mega capitolo direi, almeno all'inizio, ma andiamo con ordine. Alloooora mega dramma in atto a casa Forbes, Quinn è distrutta dal suo incontro con Beth e decide di andare a trovare Puck per metterlo al corrente dell'arrivo di Beth al Mckinley. Ho trovato parecchio difficile creare la scena tra i due, ma spero vi sia piaciuta, fatemi sapere! Finalmente mi sono decisa a presentarmi il fratellino di Joan, che si era solo intravisto all'inizio di un cap, non so a voi, ma a me piace troppo e il ragazzo ha una mega cotta per la ragazza del suo migliore amico cioè Georgie. La storia sta diventando intricata ;D Ray, cazzone com'è, decide di fare fuga e si trascina dietro la piccola Roxy, vedremo che succederà. Ho adorato scrivere la scenetta tra Santana e Ray, sono una famigliola fantastica, li adoro troppo insieme e mi sono scervellata un sacco per creare il rapporto giusto e alla fine ho scelto questo rapporto di amicizia ma anche abbastanza autoritario, miss Lopez sa come farsi ascoltare dal ragazzo U.U
Nel prossimo cap spunterà il personaggio del quale mi avete chiesto tanto. Ebbene si Dave Karofsky farà la sua comparsa...vedrete vedrete. Inoltre assisterete alla bellissima lezione di matematica di Blaine che svelerà una parte di quello che è successo tra lui e Kurt un pò di anni fa.
Ora qualche notizia per voi.
1. Intanto così è come mi immagino Violet (che se non lo avete capito è figlia di Mercedes ;D) http://29.media.tumblr.com/tumblr_li0hnlwc9f1qcpno5o1_500.jpg

mentre questo è suo fratello Simon (è già stato nominato, ma è un pg di contorno quindi non si vedrà molto.) http://www1.pictures.zimbio.com/gi/Nathan+Stewart+Jarrett+One+New+Change+Rooftop+M-GpXYgPDKcl.jpg si lo so, lei è di carnagione più chiara rispetto alla madre e al fratello, ma il marito di Mercedes lo immagino bianco quindi...insomma mi piaceva così U.U xD
2. Qua trovate la canzone che Santana canticchia in macchina http://www.youtube.com/watch?v=lu3VTngm1F0
3. Invece questo figone qui http://i179.photobucket.com/albums/w301/liss_x/aaron_johnson_1214470564.jpg è Nate ;D spero vi piaccia
Direi di avere detto tutto, spero che il cap vi piaccia, continuate a leggere, a mettere tra i preferiti e soprattutto a commentare, non sapete quanto mi fate contenta!
Un bacio alla prossima.
Feds

  
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