2.
Alla
Dalton l’ora
di ginnastica era molto diversa da quella del McKinley. Nessuna testa
nel
water, nessuna presa in giro, un’ora piuttosto tranquilla che
a Kurt non dispiaceva.
Ma quella
era pur
sempre una scuola maschile. Non era raro che alcuni ragazzi entrassero
in
competizione fra loro per le cose più stupide come chi
correva più veloce, chi
faceva gli scatti migliori o chi riusciva ad afferrare più
palle al balzo. Stupidi
comportamenti che facevano sembrare la Dalton una scuola meno anormale,
e i
ragazzi non erano più quei damerini che battevano il
martelletto dietro a una
suntuosa scrivania in ciliegio, ma dei ragazzi normali.
Kurt,
come aveva
sempre fatto, si limitava a lavorare normalmente, evitando quelle
stupide
esibizioni mosse dal testosterone che montava. Erano stupide, per
l’appunto.
Quello
che
spiccava di più per le sue doti atletiche era
senz’altro David, ma lui mostrava
un atteggiamento diverso dagli altri e non ne faceva un vanto. Doveva
però
accogliere tutte le sfide degli altri studenti che insistevano e lo
pregavano
di potersi misurare con lui. Tutti ambivano a batterlo.
“David
preparati
a prenderle”
Quel giorno era stato Logan ad aver lanciato la sfida per primo.
“Lo
vedremo” fece
David acettando pacificamente la sfida e appostandosi dietro un solco
nella
sabbia che fungeva da linea di partenza.
La sfida
non durò
più di un giro di campo. Logan arrancò gli ultimi
passi esausto e palpitante, i
capelli dorati e la maglia appiccicati alla pelle dal sudore.
Riuscì a
raggiungere David che si era fermato al traguardo di sabbia pochi
secondi
prima.
Logan annaspò un poco prima di riuscire a dire qualcosa.
“Voglio la rivincita.”
“Scordatelo, sono esausto.”
“Ti ho detto che voglio la rivincita.”
La scena
andò
avanti così per qualche minuto. Accanto a Kurt, Blaine stava
seduto nella
panchina, apoggiato sulla rete di sicurezza che separava il prato dal
campo con
lo sguardo fisso sui suoi compagni.
“Perché
non riesci
ad accettare che sono più bravo di te nella
corsa?” David non si rese conto che
quella domanda invece che voler essere sportiva e pacifica, avrebbe
provocato
ancora di più il suo compagno.
Logan
tornò fra
gli altri sconfitto, cercando un posto per sedersi.
“Levati dai piedi tappeto” disse spavaldo rivolto a
Blaine.
“Scusami?”
“Fammi sedere”
“Senti non so quale sia il tuo problema ma fare il prepotente
con me non farà
passare in secondo piano il fatto che David ti ha battuto per la
milionesima
volta” disse con una leggero sorriso.
“Taci
Anderson!
Non riusciresti a fare il mio tempo neanche fra un milione di anni con
quelle
gambette da checca che ti ritrovi! E adesso spostati!”
sbottò Logan.
In Blaine sembrò accendersi qualcosa, senza però
esplodere. Si alzò lentamente
e mosse qualche passo verso il ragazzo biondo, che ora stava a pochi
centimetri
di distanza da lui e per un attimo Kurt temette il peggio.
“Ci
sto” fece a
denti stretti.
A Kurt
era parso
di capire che Blaine non fosse il tipo da zuffe. Di solito era sempre
calmo e
pacato e cercava di evitare i conflitti.
Quel Blaine che Kurt pareva di conoscere così bene si
dileguò in un attimo,
quando lo vide tracciare di nuovo la linea nel campo facendo strisciare
il
tallone contro la sabbia e guardando Logan con una ferocia negli occhi
e una
tal rabbia che chiunque avrebbe
pensato che una parola di troppo detta dal biondo avrebbe fatto finire
la cosa
a cazzotti.
E poi
partirono.
Al via dato da un ragazzo di nome Fred scattarono entrambi, tirando su
un gran
cumulo di polvere.
All’inizio
Logan
era in netto vantaggio, malgrado fosse già esausto dalla
sfida contro David.
A un tratto, circa a un terzo del percorso la situazione di
rivoltò.
Blaine
prese come
una gran carica e come se da quella gara dipendesse tutta la sua vita
cominciò
a correre più veloce, molto più veloce, come se
avesse trovato un’energia
dentro di sé che non sapeva di poter tirare fuori. La sabbia
sotto ai suoi
piedi si sollevava in grandi ondate, andando a finire negli occhi di
Logan, che
era stato appena superato. Ma la cosa più impressionante era
l’espressione che
Blaine teneva in viso. Le soppracciglia erano aggrottate in
un’espressione
torva, gli occhi sgranati che mandavano fiamme di rabbia dalle pupille,
i
capelli zuppi di sudore e completamente in disordine. Era spaventoso.
Logan
tentava di
recuperare ma a ogni accelerata che tentava di fare Blaine correva
più veloce
ancora, evitando così di farsi superare.
Per il resto della competizione Blaine fu sempre in testa, e per primo
tagliò
il traguardo.
Kurt era
sbalordito. Quello che ora aveva davanti con i capelli spettinati e il
fiatone
non poteva essere il suo amico che lo portava a vedere musical e poi da
Starbucks, non era lui, non aveva la minima idea di chi fosse quel
tipo.
Lo vide ancora: lo sguardo di Blaine. Quegli occhi, così
pieni di rabbia, rivolti a Logan.
“Te l’ho fatta vedere” disse annaspando
“Sono molto più veloce di
te…” prese
fiato “… e te l’ho dimostrato”.
Poteva mai essere possibile che Blaine potesse essersi scaldato tanto
solamente
per una così banale sfida? Con Logan poi! Era un Warbler
anche lui e, era vero,
lanciava qualche frecciatina ma Blaine non l’aveva mai
assecondato e si era
mostrato superiore. Ma ora, cosa era successo?
Poteva darsi che a Blaine avesse dato fastidio l’uso della
parola ‘checca’, ma
Kurt non ci contava molto. Lui, che era da sempre stato folgorato dalla
perfezione e dal carisma di Blaine (quel Blaine che ora pareva lontano
mille
anni da quello che vedeva in quel momento), non potè fare a
meno di pensare che
forse la causa di quello strano comportamento poteva essere proprio
lui. Ma
cosa mai poteva aver fatto? Non ricordava di aver mai detto o fatto
nulla che
avrebbe potuto anche lontanamente offenderlo o ferirlo, no, niente. In
effetti
era un’ipotesi assurda, ma lo terrorizzava a tal punto da non
voler abbandonare
in nessun modo la sua mente.
Non
l’abbandonò
nemmeno quando un mormorio di preoccupazione si levò nel
campo.
“Blaine
stai
bene?” fece uno dei ragazzi.
“Certo, non vi preoccupate. E’ solo un
po’ di capogiro.”
Kurt
alzò appena
lo sguardo, vide che Blaine gli si stava avvicinando, aveva reindossato
il suo
solito sorriso di sempre, anche se faticava a camminare.
“Kurt…” disse afferrandogli
l’avambraccio “… andiamo in
cla…”
Kurt
sentì la
presa sul braccio stringersi appena, per poi allentarsi e perdersi
completamente. Vide gli occhi dell’amico ruotare
all’indietro a chiudersi e il
peso del suo corpo accasciarsi e abbandonarsi alle sue braccia.
Fu in realtà tutto molto veloce.
Fra le preoccupazioni dei compagni e degli ordini del coatch di stare
indietro
per ‘lasciare aria’ in meno di un minuto Kurt aveva
già portato di peso Blaine
fino all’infermeria col cuore che gli batteva in gola.
Ora Blaine stava sdraiato sul lettino con l’amico di fianco
che aspettava che
si riprendesse.
Kurt
bagnò lo
straccio di acqua fredda per la terza volta e lo premette sulla fronte
e le
gote di Blaine, si voltò un attimo verso un catino pieno
d’acqua per strizzare
lo straccio quando sentì una voce.
“Che
bello vederti.”
Blaine
aveva
aperto gli occhi in uno sguardo che non poteva davvero essere
più dolce. Le
labbra erano distese in un sorriso mentre guardava verso
l’amico.
“Sei
svenuto”
disse Kurt. La condizione di salute di Blaine gli pareva più
importanrte di
qualunque adorabile espressione rintontita dovuta a uno svenimento.
“Come stai?” disse di nuovo.
“Sto bene.”
“Hai faticato troppo mentre correvi” rispose serio.
“Si” fece l’altro sogghignando
“…ma ho battuto Logan!”
“Blaine sono serio, non devi sforzarti così se sai
che ti fa quest’effetto.
Davvero.” E gli bagnò ancora la fronte con lo
straccio umido.
Blaine
guardò
Kurt con un’espressione fra l’addolcito e il
sorpreso. Non sapeva che Kurt
avesse questo lato così protettivo. Kurt, vedendo la sua
espressione, credette
di averlo offeso o
esser stato troppo
duro e volle allentare l’atmosfera.
“A me succede a volte.” Disse con più
calma “Diciamo che non ho un corpo molto
resistente, se non mangio qualcosa al mattino può capitare
che cada a terra
all’improvviso privo di sensi.”
Blaine
accennò un
altro sorriso.
“Anche tu sei così?” disse poi.
Blaine fece no con la testa. “Però non tocco cibo
da ieri mattina”
Kurt sgranò gli occhi. “Co-come?”
“Sennò avrei senz’altro fatto un tempo
migliore…” disse sogghignando.
Kurt s’alzò di scatto. Fece due giri
dell’infermeria, portò le mani
all’altezza
del viso e aprì la bocca come per dire qualcosa, poi la
richiuse e si fermo
davanti al lettino, incrociando le braccia.
“Pe-perché
sei a
digiuno?? Lo sai quanto ci hai fatto spaventare?”
“Kurt…” il ghigno gli sparì
dal volto “Kurt, io…” tentò
di dire qualcosa, senza
sapere esattamente che cosa.
“No!” sbottò Kurt interrompendolo
“Io proprio non riesco a capirti!”
Perse la pazienza. Era vero. Aveva detto la verità, come
fanno le persone quando
si arrabbiano: dicono quello che pensano. Blaine era sempre al suo
fianco, era
suo amico. Lottava ogni giorno con il suo cuore per cercare di farlo
battere
più lentamente ogni momento che si trovavano insieme.
Cercava di convincersi
che erano solo amici e questa oltre che essere una condanna era anche
la sua
unica consolazione, era suo amico.
Nell’ambito di amicizia Blaine poteva essere suo.
Era quella parola che lo consolava e alle volte davvero non
poteva chiedere di meglio. Ma vedere Blaine fare così lo
stupido e rovinarsi
con il digiuno per chissà quale motivo, no, non poteva
proprio sopportarlo.
Blaine
stava lì,
sdraiato sul lettino, senza sapere cosa dire o come giustificarsi. Si
limitava
a seguire il movimento degli occhi di Kurt, che prima guardavano verso
di lui e
poi in basso, pensierosi.
“E’ meglio se andiamo in classe” e si
girò verso la porta dell’infermeria per
uscire.
“Kurt aspet…”
Giusto il tempo di alzarsi in piedi, che Blaine svenne di nuovo. Quando
arrivò
l’infermiera disse che non avrebbe dovuto fare movimenti
bruschi, e disse a
Kurt di lasciare fare a lei, che avrebbe chiamato la madre per venirlo
a
prendere e che tutto si sarebbe risolto.
Kurt non potè fare a meno di chiedersi se avesse fatto bene
a rimproverarlo
così. Rimase con quel quesito nella testa per tutta la
giornata, senza riuscire
a darsi pace né a prestare attenzione alle lezioni. Era
tutto un chiedersi e
tormentarsi.