Capitolo
3
Il
giorno seguente, avanzavo
barcollando lungo il bordo della strada che portava al castello di
McCarty. Non
era consigliabile lasciare il ciglio della strada, poiché
l’ampia carreggiata
era ingombra di carri e di cavalli che sollevavano nuvole di polvere.
L’andirivieni
sulla via per
il castello era in gran parte composto da soldati.
L’uomo
accanto a me era
inzaccherato e curvo sotto il peso di un enorme fagotto.
Il
colore dei miei capelli
era indecifrabile, perché erano nascosti dal sudicio
copricapo chiaro, e
sembravo chiaramente agli ultimi mesi di una gravidanza. Ero curva
sotto un
carico che sembrava troppo pesante e mi faceva ondeggiare come una
vecchia.
Quando
giungemmo in vista del
castello, alzai lo sguardo e riuscii a provare solo un senso di
sollievo. Non m’importava
se alla fine di quel viaggio mi stesse aspettando il diavolo in
persona: non
pensavo di riuscire a fare un altro passo.
Se
non fosse stato per il robusto
bastone che Carl aveva tagliato per me, avrei rinunciato a camminare
ore prima.
I
piedi mi dolevano da morire
e le gambe erano insensibili per la stanchezza.
La
schiena rivendicava da ore
di tornare eretta.
Il
nostro travestimento era
stato comunque utile, perché avevamo incontrato lungo la
strada degli uomini di
Royce, che cercavano me.
Quando
avevamo dovuto
sostenere il loro esame, ero stata grata che Carl avesse insistito
perché non
fosse trascurato nessun particolare. Ma il resto del viaggio mi ero
sentita una
derelitta.
I
capelli, sotto la cuffia
lurida, erano stati spalmati di grasso e fango, nel caso che a qualcuno
fosse
venuto in mente di controllare i famosi capelli color oro del tesoro di
Durham.
Le belle scarpe erano
state sostituite con sandali da contadina
legati con strisce di lino grezzo.
I vestiti, dagli
indumenti intimi, erano umilissimi e sporchi.
L’odore che emanavo era insopportabile anche per me, i lacci
che mantenevano il
fardello mi scorticavano la pelle e continuavo a grattarmi per le
punture dei
pidocchi.
Ma più
fastidiosa tra tutte era la protuberanza che Carl aveva
preparato e che avevo fissato sopra la pancia con le bende che usavano
le donne
incinte per trattenere la pancia. L’effetto era di una donna
in stato
interessante, già avanti nella gravidanza ed era impossibile
scoprire
l’inganno, salvo che non fossi stata costretta a spogliarmi.
Era stata mia
l’idea della pancia posticcia, al fine di fuorviare
i miei inseguitori e, al tempo stesso, mi avrebbe protetta da eventuali
violenze, o almeno era quello che speravo.
Inoltre se McCarty si
fosse rivelato più un cacciatore di dote che
un paladino, avrebbe esitato a sposare una donna che portava in grembo
il
figlio di un altro uomo.
Il sacco riempito di
paglia e sabbia non mi era sembrato troppo
pesante, in un primo momento, ma ora trascinava verso il basso il mio
corpo già
curvo. Ero convinta che nemmeno un bambino vero pesasse così
tanto.
Non vedevo
l’ora di rifugiarmi al castello, li avrei potuto
togliermi quegli stracci e ritornare a essere Lady Rosalie, il fiore
dell’Est.
Sebbene mi dolesse il
collo, studiai con molta attenzione il
castello di McCarty. Quel castello sembrava più massiccio
rispetto a quello di
Durham e ispirava un senso di solidità.
Era protetto da un
fossato profondo che correva lungo le quattro
mura di difesa. Di fronte al portale d’ingresso il fossato
era interrotto da un
ponte sopraelevato, su cui vi era una strada capace di far passare un
carro
alla volta.
Quando giungemmo
all’inizio del ponte, ci riposammo un poco. Il
sole stava calando e c’era un viavai di gente alla ricerca di
un posto, dove
mangiare e dormire. Tuttavia, sembrava ci fosse più
attività di quanta me ne
aspettassi.
“Cosa
pensate stia succedendo?” domandai a Carl.
“Chi
può dirlo?” borbottò stancamente
“forse McCarty è appena
arrivato o si prepara a partire”
“Partire?”
ripetei agitata “ma non può
andarsene ora!”
“Non
andrà da nessuna parte” ribatté
Carl “quando sentirà le notizie che portate.
Potete togliere il sacco da sotto
il vestito, milady, ora siamo al sicuro”
“Forse
è meglio se
conserviamo il nostro travestimento, almeno finché non
abbiamo capito che aria
tira nel castello e che tipo di uomo è questo McCarty. Non
dovrebbe essere
difficile capire cose ne pensa di lui la gente” dissi mentre
assumevo
un’occhiata cauta alla strada piena di gente, poi
giù in fondo, al cancello
presidiato di soldati a cavallo.
“Ma
se alla fine deciderete
di non chiedere aiuto a McCarty cosa farete?”
Non
ci pensavo nemmeno a
rimettermi in viaggio e neanche di espormi troppo.
Ricordavo
ciò che diceva
sempre mio padre:
“Segui
il tuo istinto,
tesoro. È il dono più prezioso che hai”
Abbassai
la testa e mi
accorsi che le fasce che legavano il mio piede erano macchiate di
sangue. Mi
sfuggì un grido e vacillai.
Carl
mi afferrò e finalmente
mi resi conto di essermi avvicinata troppo al ciglio della strada.
“Suvvia
donna” mi esortò Carl
in tono rude “muoviti!”
Io
esitai.
“Muovetevi!”
gridò una voce,
che proveniva da due soldati che mi sovrastavano a cavallo e che
sostavano
all’entrata del castello.
“Toglietevi
dal passaggio,
maledizione!”
Ci
avvicinammo alle guardie.
I due ci guardarono senza grande interesse.
“Siete
qui per vendere?”
Avevamo
pensato di arrivare
al castello, rivelare la mia identità e chiedere aiuto ma
ora che avevo deciso
di mantenere l’anonimato tutto cambiava, dovevamo velocemente
pensare a una
scusa per entrare nella fortezza.
“Siamo
venuti a chiedere
giustizia a lord McCarty, signore” dissi, cercando di
adattare il mio accento.
La
guardia si passo la mano
sul viso. “Beh, siete attivati in un brutto momento. Il
padrone è…un po’
occupato”
“Sì”
confermò l’altra guardia
“in effetti, è occupato ad amministrare la
giustizia” aggiunse sogghignando.
Entrambi
risero ed io ebbi
l’impulso di scappare.
“Venite,
può darsi troverà il
tempo per ascoltarvi. Restate vicino al corpo di guardia”
Trovai
un angolo libero, e
una volta lasciato cadere il mio sacco mi ci sedetti pesantemente
sopra. Mi
guardai i piedi e mi chiesi se togliere le strisce oppure no.
“Cosa
volete fare ora?” disse
Carl accucciandosi vicino a me.
“Non
muovermi più di qui” pensai,
ma non potevo, dovevo agire, ma mi sarei riposata almeno per un paio di
minuti.
I
miei sensi erano in allarme.
“Pensate che vestiti così potremmo raggiungere il
re?”
Carl
mi fulminò con
un’occhiata. “Sarebbe troppo pericoloso e poi
riuscireste a camminare fino a
Londra?”
“Potrei
farcela ” dissi
lamentandomi “con scarpe decenti”
“I
contadini non hanno scarpe
decenti” ribatté Carl.
Non
dissi nulla e continuai a
guardarmi intorno.
Le
persone e gli animali
facevano un rumore assordante, ma ben presto riuscii a distinguere un
altro
rumore, grida che si ripetevano a intervalli regolari. Ricordando
Laurell
balzai in piedi aiutata dal bastone.
La
folla si spostò e riuscii
a vedere la fonte di quelle grida.
Un
uomo legato a un palo e un
altro impugnava una lunga frusta. Era un linciaggio.
Alcuni
soldati assistevano
sull’attenti, ma le altre persone non prestavano molta
attenzione alla sena.
Ogni
volta che la frusta
colpiva la schiena dell’uomo, questo emetteva un suono rauco,
la schiena era
totalmente insanguinata.
L’uomo
che impugnava la
frusta era a torso nudo e potei vedere, a ogni colpo, i muscoli delle
ampie
spalle contrarsi e gonfiarsi.
Distolsi
lo sguardo, cercando
di non vomitare.
Quello
era un posto
infernale, non un luogo dove cercare aiuto.
“Andiamocene
di qui” dissi a
Carl.
“Cosa?
E dove andiamo?”
“Questo
posto non è più
sicuro del castello di King”
Carl
mi afferrò il braccio.
“Ma dite così per il linciaggio? Anche vostro
padre ha fatto frustare molti
uomini. Solo che voi non lo vedevate”
“Non
in questo modo” ribattei.
“Fidatevi,
in un modo molto
simile. Lui vi ha troppo protetta, milady. E comunque prima di
giudicare,
dovreste chiedervi cosa ha commesso quell’uomo”
Lanciò
una voce a un servo
che passava portando un vassoio pieno di boccali di birra mezzi vuoti.
“Ehi
amico. Qualcuno sta
prendendo delle belle frustate, vero? Quale è il
motivo?”
“Sì
era ubriacato. Ma in ogni
caso il motivo è sempre lo stesso:non obbedire agli ordini
del padrone” rispose
il ragazzo con un sorriso impertinente prima di svanire tra la folla.
“Ubriacato?”
sibilai “McCarty
sta facendo fustigare un uomo fino alla morte solo perché si
è ubriacato?”
Carl
alzò le spalle. “Vi
avevo avvertita che era un signore duro e severo”
Mi
lasciai cadere di nuovo
sul sacco, ben sapendo che ero troppo stanca per fare anche solo un
altro passo.
“Ehi
voi!”
Ci
girammo. Era il soldato di
prima.
“Cosa
ci fate qui in giro? Vi
avevo chiesto di aspettare vicino al corpo di guardia! Lord McCarty
è disposto
a vedervi. Adesso”
Lanciai
un’occhiata allarmata
a Carl. Non avevamo avuto nemmeno il tempo di chiedere in giro che tipo
di uomo
fosse Lord McCarty.
Carl
mi cinse le spalle e
disse: “Mia moglie non si sente bene…”
“Avrà
il tempo di sentirsi
male più tardi”
Vedendo
la nostra esitazione
ci afferrò per le braccia e cominciò a
trascinarci. Camminava così velocemente
che tutte le mie membra si ribellavano e non riuscii a trattenere un
grido di
dolore.
“Smettila
donna! Inizio a
pensare che abbiate qualcosa da nascondere. Avete chiesto giustizia a
McCarty e
per la miseria l’avrete”
Barcollai
indietro cercando
di non cadere, sorreggendo la pancia e mordendomi il labbro per evitare
di
gridare.
“James,
che stai facendo?”
Il
soldato si fermò di scatto.
“Sto conducendo da voi questi contadini”
Alzai
lo sguardo e raggelai.
Davanti
a me c’era l’uomo con
la frusta, ne ero certa, anche se adesso si era rivestito e indossava
una
camicia nera. I suoi abiti erano semplici ed era armato solo di un
coltello. Era
pulito, di bella presenza e ben educato. I lineamenti fini e regolari,
e gli
occhi verde chiaro sarebbero stati belli su una donna, i riccioli neri
gli
ricadevano sulle spalle. Era alto e aveva le spalle larghe e gambe
robuste,
eppure traspirava una certa eleganza. Non assomigliava a King.
Allora
perché il cuore mi batteva
all’impazzata?
Perche
mi si era serrata la
gola e non riuscivo a parlare?
Perché
il mio istinto mi
suggeriva di fuggire?
L’uomo
lanciò un’occhiata al
mio aguzzino, e fui certa di sentire la sua mano tremare prima di
liberarmi.
McCarty
sedette su di un barile
lì vicino. “Allora, siete venuti a cercare
giustizia? Spiegate il vostro caso,
non ho molto tempo” il tono di voce era sbrigativo e
impersonale.
Non
riuscivo a parlare. Che
scusa potevo mai inventare per poter scappare da quel castello?
Carl
intervenne con voce
nervosa: “Siamo stati cacciati dalla nostra
proprietà, signore, da Lord King”
Vidi
in McCarty una scintilla
d’interesse nell’udire quel nome.
“Dove
si trova questa
proprietà?”
“Nelle
terre di Durham”
“Conoscete
il castello?”
“Sì
signore”
“Ditemi
com’è fatto”
“Signore,
siamo semplici
contadini…”
“Ditemi
com’è fatto”
Carl
iniziò a descrivere
dettagliatamente l’aspetto del mio castello.
Continuavo
a fissare
affascinata, McCarty il bastardo che giocherellava con un grosso anello
d’oro
nella mano destra. Aveva belle mani e promettevano forza e
agilità, ma quel
movimento mi raggelò per la silenziosa minaccia.
“Siete
molto informato per
essere un semplice contadino”
Davanti
ai miei occhi
passarono le immagini del linciaggio.
Udii
un lamento e mi resi conto
di essere stata proprio io a emetterlo.
Occhi
verdi si voltarono a
trafiggermi.
“Sedetevi
donna” mi disse
bruscamente “e se state per scodellare un pargolo andate a
cercare una
levatrice”
Obbedii
sedendomi prima che
le gambe mi cedessero.
“Dunque?”
fu come una
staffilata.
Gli
occhi dell’uomo passarono
da me a Carl, e all’intensità del suo sguardo mi
stupii come mai non avesse
ancora scoperto la nostra vera identità. Evidentemente era
conscio del fatto
che noi non eravamo ciò che volevamo fargli credere.
D’un
tratto la confusione che
regnava nel castello ebbe senso per me.
“Voi
volete attaccare Durham”
dissi sobbalzando.
Lui
alzò lentamente la testa
e mi si avvicinò, mentre un sorriso sgradevole gli
illuminava il volto
affilato.
‘La
farsa è finita’ voleva
dire quel sorriso ‘e adesso inizia il divertimento’.
“E
voi parlate con un accento
troppo raffinato per essere una semplice contadinella”
Avevo
ancora paura di lui, ma
la speranza superava il terrore.
“Avete
intenzione di
attaccare Durham, lord McCarty?”
Lui
infilò il pollice nella
cintura e mi studiò.
“Questa
è la mia intenzione,
donna”
Accennai
un sorriso. “In tal
caso vi ringrazio”
McCarty
aveva un’espressione
vagamente divertita. “E in che modo le mie intenzioni
dovrebbero riguardarvi?”
Raddrizzai
la schiena più che
potei “Io sono Rosalie di Durham” dissi con
dignità “come potete vedere, non ho
bisogno di essere liberata, ma mi serve comunque il vostro aiuto per
poter
liberare il mio castello da lord King e per vendicarmi delle sue
azioni”
McCarty
spalancò gli occhi
verdi ed ebbi l’impressione di averlo lasciato senza parole.
Quando infine lui
fece un lungo sospiro, mi resi conto di averlo lasciato addirittura
senza
fiato.
“Lady
Rose…”disse finalmente
e una luce brillò nel suo sguardo. “Credo di aver
bisogno che mi dimostriate la
vostra identità”
“Dimostrare
la mia identità?
E come posso farlo?”
“La
vostra condizione non è
compatibile con l’affermazione che siete il fiore
dell’est…”quegli occhi verdi
mi scrutarono, cercandomi di liberare dallo sporco e dal travestimento.
“O
almeno suggerisce una
storia alquanto strana. Venite con me” si voltò e
cominciò ad avviarsi verso la
fortezza.
Vorrei
ringraziare Amy
Dickinson e Goten
che si sorbiscono sto
polpettone
mediovale, vi adoro !!!!!
Vorrei invitarvi a leggere gli altri
miei scleri:
ff concluse:
ff in corso :
Fozen
rose
Amori e dissapori
ff di cui mi sono occupata
o che adovo:
Tesoruccio,
quand'è che metterai la testa a posto?!
Living
in
Manchester