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Autore: bababortola    03/06/2011    3 recensioni
Fanfiction ambientata fra la 2x15 e la 2x16
(Klaine)
Era come se Blaine si fosse presentato come un libro aperto. Era spontaneo, gentile e tutto questo pareva non costargli la minima fatica. Era come se lo conoscesse da sempre.
Ma ora, poteva dire di essere al fianco di quello stesso ragazzo?
Era vero, si conoscevano relativamente da poco.
Forse non aveva mai veramente conosciuto Blaine. Ma Kurt ancora non sapeva che mai, come in quel momento, era in grado di poter conoscere a fondo il suo amico come non aveva mai fatto.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4.

Velocemente Kurt era rientrato in casa. Aveva detto alla sua famiglia che sarebbe dovuto uscire un attimo, inventandosi un motivo qualunque, (gli avrebbero comunque creduto in ogni caso) e promise che sarebbe tornato in tempo per la cena. Prese la giacca e uscì di nuovo.
“Ora noi due parliamo” aveva detto all’amico.
“T-ti chiedo scusa… non sarei dovuto venire qua.”
“Dovevi pensarci prima di sclerare in quel modo.” Aveva detto procedendo rapidamente davanti a sé.  “Su, seguimi.”

-

“Sono scappato”
Kurt guardò l’altro che stava a testa china, seduto nella panca della fermata degli autobus. Non sembrava molto colpito da quell’affermazione.
“Scappato da che cosa?”
“…Scappato da casa.” Disse Blaine con un evidente imbarazzo nella voce.
Kurt fece gli occhi in gloria. “Fin qui ci sono arrivato. Intendevo.. perché sei scappato?”
Nessuna risposta.
“Ok.” Kurt si mise in piedi, guardò in alto e lesse il cartello degli orari “Di qua passa una linea che va vicino a casa tua, cioè, è di strada quindi non ti verrebbe difficile.”
Gli andò incontro tirando fuori un rettangolo giallo dalla tasca. “Tieni”
“Kurt… non devi..”
“Tieni!” disse schiaffandogli il biglietto dell’autobus in mano “Torna a casa. Sei grande. Prenditi le tue responsabilità!”
Blaine abbassò di nuovo la testa, come un bambino quando viene sgridato e Kurt temette l’arrivo di un’altra crisi da pianto isterico.
Addolcì il tono della voce: “Rimango con te ad aspettare l’autobus.” E si risedette.
I minuti passavano lenti e silenziosi. Nessuno dei due parlava. Normalmente Kurt avrebbe fatto una marea di domande, si sarebbe arrabbiato nel vano tentativo di far ragionare l’amico, forse avrebbe anche potuto tirar fuori qualche mezza perla di moralismo, ma a che sarebbe servito?
Blaine sembrava intento a rispondere ad altre domande che teneva dentro di sè, sembrava occupato in altri guai, in altri affari. O forse non stava pensando a nulla, perché forse non voleva pensare a nulla.
Semplicemente stava lì, con la testa rivolta verso la strada deserta, senza avere il coraggio di voltarsi verso l’altro, perché sapeva benissimo che Kurt lo stava scrutando alla ricerca di qualcosa.
Passarono un po’ di tempo così. Kurt guardò l’orologio nel cellulare: era passata più di mezz’ora e la sua famiglia doveva essere preoccupata. Sospirò. Blaine se ne accorse e si sentì tremendamente in colpa, perciò trovò il coraggio di parlare:
“Che giorno è oggi?”
“Mhm… Venerdì.”
“Il venerdì c’è lo sciopero dei mezzi.” Disse con un filo di voce “Non passerà nessun autobus.”
Kurt lo guardò confuso.
“Me la farò a piedi, non preoccuparti” disse con un finto sorriso.
“Cos..?”
“Mhm… grazie Kurt.” Disse alzandosi e voltandogli le spalle.

-

“Finn quando imparerai a mangiare senza sporcare tutte le magliette che ti compro?” urlò Carole dalla lavanderia.
La donna piegava la biancheria pulita fresca di bucato e la odorava respirando quel buon profumo di pulito.
“Carole..”
la donna riconobbe la voce di Kurt dalla cima delle scale.
“Oh ciao tesoro, spero che tu non te la prenda ma abbiamo cenato senza di te, hai fatto un po’ tardi.”
“Si, mi dispiace tanto.” Disse scendendo i gradini con voce mesta. Mentre scendeva, la figura di un ragazzo che lo seguiva si rivelò alla luce della piccola stanza, seguita dallo sguardo perplesso della donna. “Ti devo chiedere un grosso favore Carole.”
La donna guardò prima uno e poi l’altro confusa. Blaine, allo sguardo di lei abbassò ancora di più gli occhi in preda alla vergogna.
“Cosa è successo Kurt?”
“Lui è Blaine. E’…” si prese un secondo per inventare qualcosa “…è successo un macello a casa sua e non può più tornare. Può dormire qua per stanotte?”
Carole annuì  “Certo.”
“Puoi rimanere qua tutto il tempo che ti serve” fece poi rivolta a Blaine. “Kurt fagli strada.”

-

“Non so come ringraziarti Kurt.” Fece Blaine mentre guardava l’altro sistemare un altro letto nella stanza.
“Spero tanto che tu non parli mentre dormi. Ho un programma di ore di sonno molto rigido da seguire.” E si mise sotto le coperte.
“Tua madre è davvero gentile.”
Blaine si tolse la giacca e le scarpe lasciandosi addosso la t-shirt e i pantaloni che aveva addosso e si strinse in mezzo alle coperte.
“Hai freddo?”
“Un po’ ”
“Stupido. Sei uno stupido che passa le giornate a vagare per la città con un misero cappotto di panno. Ecco perché hai freddo!”

Avrebbe tanto voluto dirglielo, ma si limitò a pensare quelle parole fra sé e tentare di trattenersi dal sorridere, perché parevano tanto le parole che si dicono ad un bambino che ha appena fatto una monelleria.

“Perché ridi?”
“No, nulla.” Fece Kurt scuotendo la testa sul cuscino “Comunque non è mia madre quella.”
“No?”
“No, Carole è la seconda moglie di mio padre ed è la madre di Finn, il mio fratellastro. La mia vera madre è morta 9 anni fa.”
“Oh…”Blaine abbassò gli occhi imbarazzato “Scusa, io… non lo sapevo.”
“No! Oddio…” Kurt scosse di nuovo la testa e sorrise “Guarda che non fa niente! Pensa che tutte le persone a cui lo dico hanno la stessa reazione! E allora ho paura che siano gentili con me solo perché gli faccio pena.”
Non potè fare a meno di pensare se anche a Blaine avesse fatto quest’effetto quando si erano incontrati. Del tipo ‘ti consolo e ti proteggo così posso dire di aver fatto una buona azione’. Il solo pensiero lo rattristì di colpo ma decise di non darlo a vedere.
“Ah e poi Carole è fantastica. Credo di aver preso due chili a causa alla sua cucina” disse facendo finta di nulla.
Blaine sorrideva e continuava a guardare l’amico.
“Anche mia madre è buona. Non è cattiva, no di certo. Solo che… a volte non ci capiamo e quando succede non so davvero cosa fare.”
Finalmente aveva parlato.

“Senti…” disse Kurt guardandolo serio “Io ho detto una bugia alla mia matrigna per farti rimanere qui stanotte, ma mi dici una volta per tutte che cosa ti è successo da un po’ di giorni a questa parte? Penso che tu me lo devi.”
Blaine accennò un altro sorriso e si strinse ancora di più nelle coperte, come per cercare un po’ di coraggio.
“E’ tornato mio padre.” Disse poi, e il sorriso gli sparì dal volto.
Kurt lo guardò confuso.
“Tornato?”
Blaine fece sì con la testa. “Ogni tanto fa un salto a trovare me, mia madre e mia sorella.”

Kurt si ricordò della spedizione solitaria che aveva fatto a casa di Blaine e della ragazza che gli aveva aperto. Poggiò i gomiti al materasso e si tenne la testa con la mano, prestando attenzione. Blaine proseguì.
“Come da programma, va a prendere mia madre da lavoro, cena con noi, dorme da noi. La mattina dopo ci chiede se possiamo saltare una giornata di scuola per stare ancora con lui, non so, fare due tiri in giardino, vedere un film… Poi mamma gli fa un caffè prima di andarsene e lui ci saluta promettendoci di tornare al più presto.” lanciò uno sbuffo.
L’altro lo guardò esterrefatto. Era da quello che stava scappando a tutti i costi? Dal quadro perfetto di una famiglia felice? Aveva forse a che fare con un pazzo? Con un ragazzo affetto dalla sindrome di Edipo?
“Blaine… non credo di riuscire a seguirti.”
“Kurt...” disse guardandolo negli occhi e concentrandosi per scandire bene le parole che stava per dire  “Io odio quell’uomo.”
Kurt sgranò ancora di più gli occhi.
“Odi tuo padre?” A Kurt non riuscì neanche possibile concepire un concetto del genere, lui che riteneva suo padre la persona più importante della sua vita.
Blaine annuì. “Lo odio. E non posso pensare che sono tre giorni che litigo senza sosta con mia madre per quello là.” Il suo tono di voce divenne flebile e tremante.
Chiuse gli occhi per pochi secondi, respirando profondamente per ritrovare la calma.
“Kurt, non credo di voler tornare in quella casa. Quello parla di debiti, dell’affitto che non riesce a pagare… e mamma che continua a proporgli di restare con noi per qualche settimana finchè non si rimette a posto, quante settimane non si sa. Ma mia madre non mi può chiedere questo, non mi può chiedere di vivere sotto lo stesso tetto di quello…” sospirò di nuovo portandosi le mano in viso per non piangere di nuovo. “…Non può!”

Kurt guardava forse il più caro dei suoi amici sdraiato in un letto affianco al suo, sull’orlo delle lacrime e nel bel mezzo di un racconto di disavventure familiari. Come avrebbe dovuto reagire? Era una situazione in cui non si era mai trovato prima.
“Blaine…”
Decise comunque di fare quello che faceva sempre.
“…Non puoi non tornare più a casa.”
Cercare di fare la voce della ragione nella situazione.

Blaine si voltò verso di lui.
“Grazie per tutto quello che stai facendo per me.”
Kurt gli sorrise dolcemente. “Dormiamo?”
“Buona idea.”

-

La casa al mattino era ancora silenziosa, il che indicava un brutto presagio. La desolazione che c’era fra quelle pareti cozzava terribilmente con le chiome verdi degli alberi e il cinguettìo degli uccelli fuori dalla finestra.
Nelly si vestì velocemente e prese lo zaino da terra, sapendo già che non sarebbe andata a scuola quella mattina e scese nel soggiorno.
“Ciao” fece rivolta a sua madre, che stava seduta sul divano fumando una sigaretta.
“Ciao tesoro”
“Non è tornato vero?” disse tagliando corto.
Sara fece no con la testa. “Non è mai successo…Non è mai successo che non tornasse per dormire… Gli dev’essere successo qualcosa.”
Nelly sbuffò. Non riusciva a sopportare la passività di sua madre in certe situazioni, tutto quello che sapeva fare era rimanere seduta sul divano a disperarsi, aspettando chissà che cosa.
“Hai fatto qualcosa almeno?” chiese seccata poggiando lo zaino di scuola per terra, sapendo gia come sarebbero andate a finire le cose.
“Certo! Ho chiamato la scuola, mi sono fatta dare i numeri dei suoi amici chiedendo se l’avessero visto da qualche parte, ma niente! Chissà dove si trova ora Blaine…” disse fra le lacrime facendo un altro tiro di sigaretta. “Sto aspettando che tuo padre arrivi con l’auto per andarlo a cercare, sennò credi che sarei ancora qua?” sbottò.
“Sai benissimo che con lui seduto nel sedile affianco al tuo non ti darà mai retta. E sai benissimo il motivo per cui è andato via.” Disse Nelly saccente.
“Ma non ha senso Nelly!”
“Ne avrebbe se solo tu riuscissi a vederlo!” sbottò “Ma sembra che tu non lo voglia capire!”
“Nelly non voglio credere a cose che non vedo con i miei occhi” disse pacata la donna.
“NO!” tuonò battendo il pugno sul tavolo “No! Tu non vuoi credere a me! Tu non vuoi credere a Blaine! Tu non credi a noi che siamo i tuoi figli, mamma!”
Sara si alzò dal divano e spense la sigaretta nel posacenere e con rapidi passi si avvicinò alla ragazza.
Con fare materno le asciugògli occhi, acarezzandole dolcemente le guance e le spostò i capelli dal viso. La strinse fra le sue braccia e la cullò come si fa ad una bambina.
“Bambina mia, ascolta” disse a voce bassa “Non farmi questo. Perfavore.. non ora che Blaine non c’è, non in questo momento. Stammi vicino almeno tu.”
Nelly si scostò, sottraendosi all’abbraccio della madre.
“Ragazzi, io vi voglio bene” disse Sara, tentando una carezza.
Nelly la guardò con occhi torvi e scacciò via la sua mano.
“Vaffanculo!”
Uscì di casa e corse verso la fermata degli autobus più vicina.
Corse per un bel tragitto, respirando a pieni polmoni l’aria fresca attorno a sè che si faceva più torbida e pesante a ogni metro che percorreva. Raggiunse la prima fermata degli autobus. In preda al dubbio si controllò le tasche. Fortunatamente teneva ancora un mazzo di biglietti e il cellulare, tutto quello che gli serviva per quello che avrebbe dovuto fare. Trovare Blaine avrebbe senza dubbio calmato le acque. Sua madre aveva detto di aver chiamato tutti i suoi amici, ma Nelly era sicura di potersi giocare ancora un’altra carta.

-


“E quindi ha dormito qui?” chiese Finn versandosi del latte in una ciotola.
“Si..” disse Kurt mentre metteva in ordine le tazze nella credenza. “Non so cosa potrebbe dire mio padre. L’ultima volta che Blaine ha dormito qui non è stato molto contento.”
“Come mai?”
“Secondo te?”
“Beh…” fece Finn con la bocca piena di muffin “Se per tuo padre il fatto di dormire insieme è un problema io avrei una soluzione.”
“Ah, e quale?”
“L’ultimo cassetto del mio comò”
“E cosa c’entra scusa?”
“E’ vuoto, e scommetto che Blaine ci sta giusto giusto.” Rise rischiando di affogarsi.
Kurt fece gli occhi in gloria come suo fratello lo costringeva spesso a fare.
Finn continuava a ridere di gusto.
“Non sei divertente!” disse Kurt versandosi del caffè. “Cerca di non farti sentire da lui piuttosto.”
“Sta ancora dormendo?”
“Si… non l’ho voluto svegliare”
“Come mai?”

“E’ così bello mentre dorme.” 

Il telefono squillò.

-

Alla Dalton non capitava spesso –quasi mai- che si vedesse una ragazza passeggiare per i corridoi, fatta eccezione ovviamente per i giorni in cui venivano ospitati gli studenti di altri istituti o nelle sere in cui c’erano gli incontri fra genitori-insegnanti. Se non in quelle occasioni, il vedere una ragazza passeggiare in quei corridoi diventava un fatto davvero inusuale che attirava l’attenzione di tutti gli studenti.
Nelly camminava a passo sicuro, guardando innanzi a sé e ignorando gli sguardi dei curiosi.

“Salve. Perfavore mi servirebbe la lista di numeri di telefono degli studenti della classe II A.” chiese sorridente al collaboratore scolastico seduto al banco della segreteria.
“Non posso fornire queste informazioni a chiunque, lei chi è?”
“Mi chiamo Sara Anderson. Ho già chiamato qui per avere quella lista ma temo di averla persa.” Nelly ringraziò la dea Fortuna che lei e sua madre avessero la voce molto simile.
“Ah, già mi ricordo. Siamo tutti molto in ansia per suo figlio, ovviamente abbiamo cercato di mantenere più riservatezza che potevamo all’interno dell’istituto. Ne và della fama della scuola, lei mi capisce.”
“Certo, certo.” Rispose prendendo il fascicolo in mano “Posso sedermi?”

Passava il dito, leggendo quella lunga lista di nomi e cercando di collegarli a un viso o a una voce, per capire se c’entrassero qualcosa con suo fratello. Purtroppo Blaine non invitava molto spesso i suoi amici a casa, il che rendeva ancora più arduo sforzare la memoria, tantochè dovette andare ad intuito molto spesso.
Jeff Lynch
… Blaine deve avermi accennato che questo tizio viene chiamato ‘il biondo’
Wes Hughes
…Lui non l’ho mai potuto sopportare. Saltiamo.
Flint Wilson
… Lui è ‘quello carino’. Ma non credo proprio.
Nicholas Brock Hudson
… mai sentito nominare!
David Thompson
… lui potrebbe essere, è venuto a casa qualche volta.
Logan Del Rio
… ah, lui non è di sicuro!”

 Nelly stava per arrendersi. Nessuno di quei ragazzi sembrava poter anche solo sapere dove fosse Blaine. Si impose di scacciare l’ipotesi che a suo fratello fosse davvero successo qualcosa, che l’avessero rapito e che fosse in pericolo. Impulsivo come era sarebbe potuto capitargli di tutto.  A un certo punto l’occhio le cadde su un nome.

 

Kurt Hummel
…Kurt… Hummel…” sforzò la memoria un secondo scandendo quel nome nella sua mente.

“Kurt Hummel, sei l’uomo che sto cercando!”

 

 

 

-

“Beh rispondi no?” fece Finn spazientito dopo qualche squillo.
Kurt mollò i piatti nel lavello e afferrò la cornetta.

“Pronto?”

-

Quando Blaine aprì gli occhi, capì subito di non trovarsi a casa sua. Intanto non vedeva una fitta chioma di foglie verdi scontrarsi contro il vetro della sua finestra, e poi c’era silenzio. Dopo quel secondo di beata incoscienza che sta fra il sonno e la veglia, Blaine ricostruì con orrore nella sua testa tutti i fatti di quei giorni. Provava tanta vergogna nell’essere piombato là, a casa di Kurt, creando problemi all’ ultima persona a cui avrebbe voluto crearli.
Inorridì ancora di più nel vedere che il letto affianco a quello dove aveva dormito, il letto di Kurt, era vuoto e rifatto. Ma quanto aveva dormito? E che ora era?
Schizzò fuori dal letto e si rivestì cercando di fare più in fretta che potesse. Poi guardò il letto e lo rifece, misurando gli angoli delle lenzuola e sistemando bene le federe. Non voleva essere un ospite scortese –se si sarebbe potuto definire un ospite-.
Scese le scale e si diresse dove sapeva esserci la cucina, per fortuna non trovò i genitori di Kurt ma soltanto un ragazzo piuttosto imponente che mangiava in piedi da una tazza di cereali, doveva essere Finn.
“Buongiorno” disse cordialmente al ragazzo più alto.
“Ehilà” rispose Finn a bocca piena. “Tutto bene?”
Blaine annuì imbarazzato e cominciò a guardarsi intorno. La cucina era spaziosa e accogliente, dipinta con colori caldi e profumava di caffè.
“Non preoccuparti, i nostri genitori sono già andati al lavoro. Burt non si è accorto di niente.”
Blaine sbiancò in viso. Se i suoi genitori erano andati al lavoro doveva essere tardi.
“C-che ora è?”
“Le nove. Potevi restare ancora un po’ a dormire.”
Fiù.
“Non vai a scuola?” chiese al più grosso.
“E’ sabato.”
“Oh..” si grattò la testa imbarazzato. Si accorse solo in quel momento di avere i capelli un completo disastro. “Forse è meglio che vada via.” Disse. “Dov’è Kurt?”
Fu in quel momento che Kurt fece la sua comparsa in cucina, anche nel week-end, vestito di tutto punto. Rimise il cordless della cucina al suo posto e si voltò serio verso i due ragazzi.
“Era tua sorella.”
Blaine sentì il suo cuore perdere un battito, pensò di averla davvero fatta grossa se sua sorella si era spinta a cercarlo.
“Mia sorella? Sei sicuro?”
“Si, Nelly.”
“E… che cosa voleva?” disse fingendo noncuranza.
“Sta venendo qua.” Poi si voltò verso suo fratellastro “Finn mangia seduto perfavore!”
Finn rispose con un mugolìo e obbedì.
“Ti faccio un caffè.” Fece di nuovo rivolto verso Blaine.
“Ma no, cioè… non devi disturbarti.”
“Nessun disturbo” rispose con un sorriso mentre allungava un braccio per prendere la moka.
“…Cos’altro ti ha detto mia sorella?”
Il campanello suonò. Kurt guardò Blaine mentre prendeva dell’acqua.
“Vai ad aprire. E’ di sicuro lei.”

Blaine si diresse verso la porta d’ingresso. Dalla vetrata della porta riusciva a scorgere la sagoma di Nelly. Continuava a suonare il campanello, senza nessuna intenzione di smettere, almeno finchè qualcuno non le avesse aperto.
“Sei proprio una maleducata.” disse Blaine appena aprì la porta.
“Sapevo di trovarti qua” fece Nelly sorridente.
Blaine guardò ai piedi della sorella due enormi sacche sportive chiaramente piene fino alla chiusura.
“Quello che ti sto per dire non ti stupirà affatto.” Continuò Nelly mettendosi le mani in tasca “Nostra madre… sta impazzendo.”
“Nelly come hai fatto a trovarmi?”
“Quindi…” disse ignorando completamente la domanda del fratello “…se proprio sei così testardo da non volere rimanere a casa…” sollevò le sacche con entrambe le mani e le buttò ai piedi del fratello “…sarà meglio se rimani qua per un po’!”
“Com.. No! Nelly, ascolta, io non posso rimanere qua!”
“Certo che puoi, e credimi, ti sto invidiando davvero molto.”
Blaine gettò uno sguardo rassegnato alle sacche per terra. Sua sorella era fuori di testa.
“Nostro padre è a casa adesso?”
“Lo sarà fra circa due ore.” Rispose “E sinceramente… non so quanto ci rimarrà.”
“Capisco.” E sospirò.
“Perciò ti dico, sangue del mio sangue, di rimanere qua.” Nelly era ormai certa di avere la situazione in pugno.
“Mamma è sclerata di brutto da quando non ci sei e penso che se sapesse che ti trovi al sicuro, a casa di brave persone, riacquisterà la ragione e manderà via il Signor Scroccasoldi.”

L’altro guardò la ragazza negli occhi, sapeva già che farla ragionare sarebbe stato utile quanto dare una bicicletta ad un pesce, ma volle comunque tentare.
“Nelly…”  fece guardandola serio, con tono calmo e paziente (il tono che si usa per parlare ai matti). “Il mondo non gira attorno a te. Non posso bussare a casa delle altre persone e restarci finchè fa comodo a me, lo capisci?”
Nelly si sentì interdetta. “Aspetta… Mi stai dicendo che sei piombato qua senza avvertire prima o chiedere il permesso per rimanere?”
Blaine arrossì e fece si con la testa.
“Ah però!”

D’un tratto la figura di Finn in pigiama fece comparsa dietro Blaine.
“Ehm… se vuoi entrare” disse rivolto alla ragazza.
Nelly lo guardò perplessa e poi guardò di nuovo Blaine.
“E’ lui il padrone di casa?”chiese indicando l’altro.
Blaine annuì.
“Caspita! Sei cresciuto dall’ultima volta!” fece sbalordita.
Blaine e Finn si guardarono a vicenda più confusi che mai.

“Ehm… scusate” la voce di Kurt si fece spazio fra i due ragazzi. “Prego entra, i nostri genitori non ci sono ma non preoccuparti, dentro casa potremo parlare meglio.” Prese le sacche e condusse la ragazza in cucina. “Accomodati, ho fatto il caffè.”
Blaine rimaneva sempre più sbalordito della capacità di Kurt di non lasciarsi trascinare dagli eventi e di fare sempre la voce della ragione. Lo ammirava, era una cosa di cui lui non sarebbe mai stato capace.
Nelly prese posto in una sedia e si guardò intorno. Allo stesso tempo mutò tono di voce e accavallò le gambe con fare diplomatico. “Sono davvero mortificata per il comportamento di mio fratello nei tuoi confronti. Io credevo che davvero non potesse arrivare a una tal sfacciataggine... Dove avrò sbagliato?”
Blaine agrottò le sopracciglia confuso.
“Blaine non ha fatto niente. Sono stato io a chiedere alla mia matrigna di farlo rimanere qua per stanotte.” Si afrettò a chiarire mentre si sistemava i bottoni ai polsi della camicia.
Nelly guardò l’altro ragazzo nella stanza.
“Si, è così” confermò Finn.
La ragazza si voltò verso suo fratello, alzando un soppracciglio. “Senti ma… questi chi sono?”
fece indicando Kurt e Finn “No perché, ti ho sentito nominare David, Wes, Jeff, Flint,… ma non ti ho mai sentito nominare nessun Kurt Hummel o nessun…” e indicò Finn.
Kurt nel sentire quelle parole non potè fare a meno di sentire una leggera fitta al petto. Davvero contava così poco per Blaine? E pensare che lui, a casa sua, non parlava d’altro.
“Forse perché non ci parliamo mai. Stai sempre per conto tuo.” Fece Blaine irritato.
“No, sei tu quello che se ne è andato dalla scuola pubblica più vicina per unirsi a quel gruppetto di damerini imbellettati mandandoci sul lastrico!”

“Ok, ok.” Intervenne Kurt. “Calma.”
“Comunque Kurt è un mio amico, si è trasferito da poco, ecco perché prima non ne parlavo molto.” fece Blaine con rancore. Kurt si sentì sollevato da quelle parole.

“Nelly…” continuò.
“Si?”
“Come sta mamma?”
“Come vuoi che stia? Sta sempre in lacrime. Crede che un gruppo di delinquenti dei boschi ti abbia rapito e che sia pronto a chiederci il riscatto.”
Blaine sospirò.
“Blaine, se davvero aiuterebbe…” si intromise Kurt “puoi dire a tua madre che stai qui per qualche giorno.”
L’altro scosse la testa. “No Kurt, non posso… davvero…”
“Carole ha detto che puoi rimanere tutto il tempo che ti serve. Non lo ha detto tanto per dire.”
“Si, ha ragione. L’anno scorso abbiamo ospitato la mia ragazza per un mese quando è stata cacciata di casa.” Aggiunse Finn.
“Ma sono sicuro che la situazione era diversa.” Blaine si sarebbe sentito un verme ad aprofittare della gentilezza di quella famiglia in quel modo, sentiva gli sguardi interrogativi degli altri tre puntati addosso.
A rompere quei secondi di silenzio fu un cellulare che suonava. Nelly riconobbe la sua suoneria e prese il telefono dalla tasca.

“Si?” rispose “No, qui non c’è nessuna Nelly, deve aver sbagliato numero.”  Portò la testa all’indietro e rise di gusto “Che cosa vuoi mamma?” disse alzandosi in piedi e passeggiando per la stanza.

I tre ragazzi si guardarono a vicenda con aria colpevole.

“Dove sono? Sono al 42 di Kayleen Street, Lima. Famiglia Hudson-Hummel, con l’acca davanti…”

Finn guardava suo fratello allarmato. Perché quella ragazza stava dando il loro indirizzo? Kurt continuava a guardare Nelly con calma apparente.
“Mhm…Ho capito, si. Va bene, ciao.” Nelly chiuse la chiamata e si voltò verso suo fratello, che attendeva spiegazioni, immobile sulla sedia.
“Chi era?” chiese.
“Barbra Streisand”
“…”
“Era nostra madre idiota! Chi volevi che fosse? Sta venendo qua.”
“Da sola?”
“Sembra di sì.”


Blaine non rispose, rimase in silenzio, e così fecero anche gli altri tre.

“Ragazzi” parlò Finn dopo un po’ “Che facciamo?”
“Mhm?” fece Kurt.
“Se adesso arriva tua madre, possiamo dire che tutto si è risolto, no?” si bloccò un secondo. Ma che cosa si era risolto? Lui non sapeva nemmeno che cosa si sarebbe dovuto risolvere. “Cioè, tu non sei stato cacciato di casa tipo?”
Kurt lanciò un’occhiata a Finn come per intimargli di stare zitto.
Stetterò tutti e quattro ad aspettare l’arrivo della donna in silenzio.

-

 

Kurt e Finn videro la macchina allontanarsi dal vialetto e procedere verso la strada deserta.
“Torno a casa, grazie di tutto” aveva detto, dopo aver visto sua madre alla soglia della porta. Così, automaticamente.
La ‘signora’, se così si poteva definire, non aveva per niente l’aspetto che Kurt si aspettava. Era piuttosto giovane, sulla trentina, non molto alta, magra, il viso pulito senza neanche una ruga, vestita con abiti semplici, i capelli lunghi e lisci che arrivavano alle spalle, bionda. Non assomigliava molto a Blaine fisicamente. Kurt si sarebbe aspettato di vedere la copia più invecchiata di Nelly che dal canto suo era molto, ma molto più somigliante al fratello.  Si scorgeva però, nel modo di muoversi, nell’espressione, nel modo di parlare quell’aria che quei tre avevano in comune.

“Senti Kurt”
“Si Finn?”
“Il tuo amico ha un bel po’ di problemi… o no?”
“Qualche disguido familiare a quanto ho capito.” Agitò la mano per salutare, mentre vedeva Blaine entrare nella macchina seguito dalle due donne.

-

Durante il tragitto in macchina, Nelly stava pregando con tutta la forza che aveva nel cuore di trovare la casa vuota.

La casa era esattamente come l’aveva lasciata, senza nessun ospite indesiderato.
Sara appese la borsa e il cappotto.
“Nelly, puoi lasciarci soli?”
“Perché? Lo devi picchiare?”
la donna lanciò uno sguardo esasperato alla figlia, che capì al volo e salì le scale verso la sua camera.
Blaine continuava a guardare il pavimento, trafitto dagli occhi di sua madre che lo guardava in silenzio.
“Non hai nulla da dire?”
Quello alzò lo sguardo. Non sapeva davvero che cosa dire. Si trovava lì, senza sapere chi aveva davanti o che cosa c’era intorno a lui. Quella era davvero sua madre? E quella poteva ancora considerarsi casa sua?

“…Scusa mamma.”
“Scusa?” fece alterata portando le mani in alto “Hai idea di quanta paura mi hai messo? Hai forse idea dei momenti che mi hai fatto passare?”
“… No.”

“Quello che mi chiedo è perché?!? Perché fai così ogni volta?”
“…”

Blaine abassò di nuovo la testa “…Mi dispiace.” Alzò appena lo sguardo e vide sua madre venirgli incontro e stringerlo forte in un abbraccio, e per un attimo Blaine la accolse, riconoscendo in quel gesto la sua mamma di sempre.
“Solo… non farlo più, ok?”
“Va bene.”

“Non sento più urla” fece una voce proveniente dal piano di sopra “Devo presumere che l’hai ucciso?”
“No cara, qui nessuno è stato ucciso” disse mentre teneva ancora suo figlio stretto a sè. “Scendi pure.”
Nelly scese le scale alla velocità del vento, sollevata nel vedere sua madre sorridere di nuovo. Andò incontro ai due e si unì all’abbraccio.

-

“Alloooora”
Sara stava seduta sul divano, girava il thè con un cucchiaio, con un sorriso malizioso sulle labbra.
“Chi era quel tuo amico?” chiese continuando a sorridere.
“Si chiama Kurt e non ne abbiamo mai sentito nominare.” Fece Nelly sedendosi vicino alla madre. “Ci nascondi qualcosa Blaine?”
Blaine, seduto davanti alle due donne, avrebbe voluto scavare una fossa e saltarci dentro pur di evitare quella conversazione. Possibile che per ogni amico che avesse quelle due pensassero subito che ci fosse qualcosa di più? E poi, se mai ci fosse stato quel qualcosa in più, glielo avrebbe detto, magari a sua sorella no ma a sua madre si. Si sentì un po’ offeso da quelle insinuazioni, ma si sa, le mamme con i figli maschi sono fatte così, evidentemente che quei figli maschi fossero gay o no, non faceva molta differenza.

“Siamo solo amici”
“Ah ok.” Rispose Sara pacificamente prendendo un sorso del suo thè.

“Cambiando argomento… vostro padre starà qua per qualche tempo. Ha detto di avere un po’ di problemi economici, che ha fatto di tutto per evitare di disturbarci, ma ho capito che gli riesce davvero difficile e così gli ho detto che può venire qua.”
I due fratelli si guardarono l’un l’altro, sconvolti dalla naturalezza in cui la loro madre aveva cambiato argomento e di come quella situazione così serena si era completamente stravolta. In quella casa, non c’era nulla di stabile o certo. 
“Ma…!” tentò di replicare Nelly alzandosi di colpo.
“Non voglio sentire storie.” Disse Sara con fermezza. “Ragazzi, so che non vi va molto a genio, e che non siete sempre andati d’accordo, ma… andiamo, è vostro padre.” Si girò poi verso Blaine, e gli lanciò un’occhiata che sembrava gridare ‘perfavore’.
“D’accordo, ci proverò.” Disse mestamente il ragazzo.
La donna finì il suo thè, fece un sorriso sincero ai suoi figli e gli ringraziò di cuore. Si alzò e si diresse verso la cucina per lavare la tazza.
Nelly la guardò lasciare la stanza con lo sguardo più torvo che avrebbe potuto fare. Si avvicinò poi al fratello e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.

“Te l’ho detto. Era meglio se rimanevi da quel tuo amico.”

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A grande richiesta ho pubblicato il 4° :)
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno recensito ^^ le recensioni fanno sempre piacere, sopratutto consigli e critiche.
Voglio farvi una domanda stupidissima... 

Voi come ve le immaginate Sara e Nelly? Di aspetto, ma anche di carattere... sono curiosa di vedere se la pensate come me!

E poi non è strano che in un sacco di FF Blaine abbia una sorella? Più piccola, più grande, gemella, ma sempre una sorella, chissà perchè...
Aprofitto per dire che l'idea della sorella non l'ho copiata da altre storie, perchè anche io - come gli altri autori, suppongo - vedo bene Blaine con una sorella.

Ah si, nella mia testa Blaine è un mammone xD No dai... non proprio :)

Al prossimo capitolo! Miao <3

  
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