Capitolo
2 Il
Tranello
<<
La partita è avviata >> disse fra
sé
è sé Atena mantenendo lo sguardo fisso su una
scacchiera quadrata fatta in
marmo e onice nero le cui pedine erano state mutate dalla dea in
piccole
rappresentazioni dei “Protagonisti” della vicenda
imminente da un lato lei,
recante il solito sorrisetto soddisfatto, Efesto, rappresentato forse
con un
aspetto più accettabile del solito,
ed
Ares, la cui pedina brandiva un’ascia a doppio taglio sopra
la testa e negli
occhi aveva lo sguardo di chi sta per fare un eccidio;
Dall’altra parte quello
stolto seduttore che era Jackson, la cui pedina somigliava stranamente
alla
pietà di Michelangelo con la sola differenza che
anziché raffigurare i soggetti
originali raffigurava una Annabeth riluttante stretta anzi tenuta
prigioniera
dal figlio di Poseidone mostrato quasi come un molestatore con negli
occhi uno
sguardo che non voleva dire nulla di buono, le palpebre spalancate le
pupille
ridotte a due fessura e una luce negli occhi paragonabile a quella che
avrebbe
avuto un lupo trovandosi davanti un innocente agnellino indifeso dopo
mesi di
digiuno. Dopo una breve attese rise carica di freddezza e di disprezzo,
tanto
che una ninfa addetta al servizio della divinità, che si
trovava nella stanza
accanto, sentitala credé che fosse giunto Ade in persona per
condurre un malcapitato
, o forse lei stessa?, nel Tartaro.
Il
piano era ormai pronto e avviato non c’era che da
aspettare << semplice ma geniale >>
pensò malignamente la dea, il
ragazzo stava trascorrendo la mattinata con Ermes ed Apollo che avevano
insistito per insegnargli a tirare con l’arco, ennesimo
tentativo patetico di
insegnare qualcosa al ragazzo-merluzzo, verso l’ora di pranzo
sarebbero tornati
verso il campo e lei trasformatasi nella figlia avrebbe fatto da
contatto fra l’impudente
giovane e il bellicoso Ares che avrebbe finito il lavoro in fretta e
senza fare
troppe domande, l’ennesimo guerriero tutto muscoli e niente
cervello, Perseus
figlio di Jackson avrebbe raggiunto i suoi fratelli
“estinti” prima di sera.
Aveva pensato proprio a tutto e quelle che altri dei avrebbero definito
le
sottigliezze erano state le prime a cui aveva rivolto la sua meticolosa
attenzione:Il
luogo, doveva essere isolato e insonorizzato così che se
Ares si fosse voluto “divertire”
un po’ nessuno avrebbe udito le urla del ragazzo, il posto
per i resti, la dea
in questo caso scelse la più indegna delle sepolture avrebbe
dato il suo corpo
sporco e corrotto per metà alle cavalle di Diomede e per
metà ai cani del dio
della guerra, affinché
lo scannassero e
si nutrissero delle sue carni morte e putrescenti, infine la scusante,
era
risaputo che Ares odiava il ragazzo ma ciò non
l’avrebbe giustificato e non fosse
stato per la profezia che a conti fatti faceva sì che quel
gesto fosse visto
come una “garanzia” per la salvezza degli dei
stessi, semplice e diabolico...
P.O.V.
(Percy)
Che
giornata! Non immaginavo nemmeno lontanamente
cosa fosse passare una mattinata da solo con due dei! Ed io che mi ero
lamentato del fatto che noi mezzosangue non venivamo considerati
abbastanza...
Eravamo in quel bosco da oltre quattro ore e stavamo correndo dietro a
un
cinghiale da almeno la metà del tempo probabilmente Apollo
ed Ermes lo
avrebbero preso in circa tre minuti ma con una frana come me
appresso... con l’arco
ero totalmente NEGATO ed ero stato fortunato a non beccarmi le zanne di
quella
bestiaccia dritte nello stomaco; finalmente lo raggiungemmo in una
radura di
aceri e pioppi si era rifugiato fra le radici di un albero, era infatti
appena
un cucciolo ed effettivamente in quanto a zanne era carente, ed in cuor
mio
sapevo che non avrei mai potuto colpirlo neppure per errore, nonostante
tutta
quella gita avesse l’aria di essere un errore mostruoso mi
piaceva quella
foresta il caldo arancione di inizio autunno e il frusciare delle
foglie mi
avvolgevano e riuscivo a sentire tutto quello che accadeva nella
piccola radura
nascosta dalle fronde degli alberi ad un tratto sentii un fremito stava
accadendo qualcosa i miei due accompagnatori erano immobili, davanti a
noi
si era palesato un
lupo grigio che fino
a poco prima era stato in paziente attesa, probabilmente di mangiare il
povero
cinghialetto, dietro il nodoso tronco di un acero centenario
lì vicino sapevo
che non mi avrebbero aiutato ero lì per imparare e
così fu; vinta la paura ed
incoccata una freccia presi un bel respiro incurante dei paurosi versi
del
predatore aspettai tre, quattro, cinque secondi ed infine scoccai la
punta bronzea
del mio dardo si andò ad infilare nella cavità
oculare sinistra del lupo
fuoriuscì molto sangue e sentii la bestia guaire di dolore,
alla fine decisi di
porre fine alle sue sofferenze estrassi il mio coltello, che avevo
ricavato dal
corno del primo minotauro che avevo uccisi e lo colpii, infilai il
coltello
nell’arteria regalandogli per così dire una morte
rapida ed indolore <<
Bravo ragazzo hai imparato! >>
mi sentii dire poi dai miei accompagnatori e dopo un momento di pausa
per
riprendere fiato tornai a fissare il cucciolo di cinghiale e dissi
<< E’
così necessario ucciderlo? >> <<
In fondo è un animale innocente
>> aggiunsi subito dopo << E sia
>> disse beffardo il dio dei
viandanti << Lo prenderò con me e ne
farò un mio simbolo>> continuò
sorridendo << Ma gli servirà un nome
>> fece notare il dio della
poesia << Un baldo nome
vessillo
di... >>
<< Ok abbiamo
capito non partire con gli haiku >> ribatté
scorbutico l’altro poi si
guardarono risero e dissero all’unisono << Il
suo nome sarà PERCY!
>> io di fronte a due divinità dovetti
accettare e detto questo
raccogliemmo il nostro nuovo amico che anche se all’inizio
era un po’
riluttante a farsi prendere dopo due o tre ghiande
offertegli da noi fu ben felice di posare la
sua peluria scura sulle mie, comode, braccia in fondo era carino con
quel
musetto che sembrava dire << che fame! >> e
gli occhietti scuri e
pieni di vita, mi era simpatico. Adesso sembravamo una combriccola di
folli, in
fondo un postino, un diciottenne biondo con la polo ed un ragazzino
vestito
come un cacciatore del Maine tutti armati di archi, frecce e coltelli e
con in
più una pelliccia di lupo appena scuoiata ed un cinghiale da
passeggio sono uno
spettacolo comune in America no?
Alla
fine per mia fortuna giunse il momento di
tornare per pranzo, avevo la testa completamente svuotata ed ero
esausto mi
sedetti anzi mi buttai sui sedili del pick-up-carro del sole di Apollo
e dormii
una ventina di minuti poi fui svegliato da Ermes << Il
campo è in vista
sveglia! >> io mi sgranchii e guardai fuori, ebbi una
sensazione come di
acqua fredda c’era Annabeth su un dirupo e stava piangendo!
Allora mi rivolsi
di nuovo ai miei divini compagni << non è che
potreste farmi scendere qui
c’è Annabeth e vorrei parlarci >> i due risero
<< certo e siamo sicuri che
userai molto la lingua ma sta attento Atena e molto gelosa di lei e non
sarà
contenta di sapere che te la fai con sua figlia, ma tranquillo da noi
non saprà
niente, allora alla prossima ragazzo! >>.
Le
scesi affianco e la chiamai dolcemente, ma non
rispose singhiozzava come se le fosse successo qualcosa di male, o come
se
qualcuno le avesse fatto del male... solo a quel punto gettai un occhio
all’ambiente
circostante un alto dirupo circondato da boschi e a picco sul lago,
l’aria era
calma troppo calma, a quel punto mi dimenticai di tutto e feci la cosa
che mi
veniva più naturale le sfiorai una spalla, ma era
inconsistente come una nuvola
allora mi voltai sentendo qualcuno che rideva alle mie spalle aveva i
suoi
stessi occhi ma non era lei << Atena! >>
urlai sconvolto mentre
delle pesanti catene di ferro di avvolgevano i polsi e le caviglie,
sembravano
avere una volontà propria si contorsero fino a che non mi
trovai come legato ad
un muro invisibile allora comincia a dimenarmi per liberarmi ma senza
successo
poi il mio sguardo tornò alla dea << che vuol
dire tutto questo? >>
le dissi queste parole quasi con un ringhio << vuol dire
che adesso paghi
per ciò che hai fatto alla mia Annabeth... addio Perseus
>> mi
rispose gelida, in quel momento avrei
potuto dire mille cose per discolparmi come da mio solito ma invece
tacqui
pensai a come gli dei fossero crudeli e ingannatori sentii crescere una
forte
rabbia dentro di me rabbia che poi sarebbe diventata odio. Prima ancora
che
potessi reagire mi si parò davanti Ares << Ora
regoliamo i conti Jackson
>> fu l’unica cosa che mi disse prima di
iniziare a colpire, sentii un
dolore mai provato e credetti che ogni fibra del mio corpo avrebbe
preso fuoco
emisi le urla più strazianti della mia vita ma nessuno mi
ascoltava, neppure
mio padre gli dei mi avevano tradito. Non so dire per quanto
andò avanti ma mi
sembrarono dei momenti lunghi quanto dei giorni e quel tremendo
supplizio sembrava
non dover mai finire fui colpito con ogni tipo di arma e fu usata su di
me ogni
tecnica di tortura ma sopravvissi. Alla fine il Dio nella sua lucida
armatura
da battaglia mi liberò barcollai per qualche momento e poi
caddi in ginocchio
avrei voluto combatterlo ma non potevo sentivo l’Ade che mi
richiamava a se e quando
capì che ero in procinto di morire la crudele
divinità mi “congedò” per
così
dire con un calcio in pieno petto che mi scaraventò
giù dal precipizio credetti
di essere morto, finché non caddi nel lago.