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Autore: Callie_Stephanides    04/06/2011    16 recensioni
Quando si incontrano per la prima volta, in occasione della finale della Coppa del Mondo di Quidditch, Draco Malfoy e Hermione Granger devono ancora compiere quindici anni.
E' un rapido sguardo, il loro; la curiosità di un momento.
Qualche settimana più tardi, tuttavia, quando l'unico figlio di Lucius Malfoy arriva a Hogwarts con la legazione di Durmstrang per il Torneo Tremaghi, il Destino stringe il nodo di cui saranno gli estremi.
Puoi innamorarti della ragazza che ha rubato il cuore dello Czar di Durmstrang?
Se è tanto forte da sciogliere la prigione di ghiaccio in cui ti sei nascosto, forse sì.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Sirius Black, Viktor Krum | Coppie: Draco/Hermione, Vicktor/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'Dum spiro, spero'
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Essere Animagus, pensa Sirius, è una metafora e un contrappasso.
Esiste nel grande ordine della Natura – quella maiuscola. Quella che i Babbani non vedono né immaginano – un equilibrio fisso, che neppure le arti magiche possono mistificare.
Forma e sostanza non si equivalgono, ma si compenetrano: l’Animagus è fuori quel che è prima di tutto dentro.
I Malandrini, con la loro storia gloriosa ed epica e scellerata, ne sono un esempio.
James era un guascone orgoglioso e pieno di sé. Più che un fascino irresistibile, nutriva la convinzione d’essere il ragazzo più bello del mondo: a sedici, diciassette anni, tanto ti basta a diventarlo sul serio.
L’imago animale di James era dunque un superbo cervo dall’infinito palco di corna; una di quelle bestie che vedi bene nell’araldica, perché comunicano un’idea di nobile invulnerabilità.
Minus, invece…
Stringe i denti, Sirius, e mastica il fiele del rancore; se mai sopravvivrà a questi tempi, forse non gli basteranno gli anni che verranno per purgarsi da quello che ha sperimentato nel buio di una prigione mille volte peggiore di quella in cui l’hanno costretto.
Il rimorso, la solitudine, la certezza di aver sbagliato tutto e dunque condannato l’amico di una vita: non servono sbarre per toglierti aria, luce, futuro; non servono quando è la rabbia a morderti il cuore.
Avrebbero dovuto capirlo fin d’allora: chi veste la maschera del topo, non ha la dignità del leone. Minus era uno strisciante parassita che tolleravano perché…
Già, perché?

“Perché gli stupidi amano chi li adula.”

La voce di Severus lo raggiunge come una stilettata.
Solleva il muso al cielo, tartufando l’aria fredda della notte.
Il pozionista lo fissa ironico: un guizzo di venefico sarcasmo brilla dal fondo delle sue impenetrabili pupille.
“Mocciosus è un sublime legilimens, se te ne fossi dimenticato. E la cosa non mi sorprende, Felpato, perché non è un’abilità che frequenti chi ama il rumore.”
Torna alla terra, Sirius, perché la metamorfosi gli toglie la parola – meno, per la verità, la voglia di azzannare un polpaccio del suo sgradevole compagno.
Cosa potrebbe replicare, d’altra parte? La Storia ha già scritto tutte le loro pagine: quelle di Sirius Black sono un cimitero d’errori. Un buco nero nella tappezzeria di una vecchia casa.
La sua imago è quella di un cane: un animale servo, intelligente, sì, ma passivo; una bestia da fiuto, che pure il Destino ha giocato nel modo peggiore.

La Foresta Proibita tace minacciosa. La notte si chiude su di loro come un drappo funebre.
Sono clandestini in un mondo orribilmente violato – un mondo che non li vuole, eppure li tollera.
“Non senti ancora niente?”
Il freddo sottrae alla terra i suoi aromi. Il suolo, duro, incamera tracce per non restituire niente.
Sirius gratta la rena compatta e muschiosa. Ha zampe possenti e muscoli elastici. Si sente un ossimoro, Black: un cuore vecchio mille anni chiuso in un corpo ancora giovane – bello, oserebbe dire, se solo il carcere non gli avesse lasciato addosso qualcosa di consunto ed estenuato.
“Niente,” bofonchia a mezza bocca, dopo aver riacquistato una forma umana e, soprattutto, una posizione eretta.
Severus – lo sguardo fisso a invisibili stelle – non muove un muscolo. “Eppure questa è l’unica via d’accesso alla radura in cui pascolano gli unicorni. Il lato meridionale è chiuso da impenetrabili paludi. Quello occidentale, è infestato da bulbi carnivori.”
“Resta la piana di Mezzanotte.”
“Il settentrione è presidiato dai centauri,” lo liquida asciutto il pozionista. “Chiunque sia arrivato sin qui, non può che aver anticipato i nostri passi.”
“E se volasse?”
“Questa è una delle ipotesi,” mormora Piton, senza perdere la flemma cimiteriale che gliel’ha sempre reso odioso.
“Allora non vedo in quale misura potrei servirti. I cani fiutano la terra, non lo spazio siderale.”
Severus non si scompone. “Cosa sai dei Thestral, Black?”
“Non molto più di quello che insegnano a scuola. Sono equidi intermundi e, come tali, si muovono in uno spettro invisibile ai più. Visto che non sono granché belli, d’altra parte, non direi che sia una perdita.”
Piton gli rifila un’occhiata schifata, ma annuisce. “Grezzo e pieno di puntualizzazioni non richieste e inutili,” sillaba con una detestabile attitudine didattica, “ma corretto.”
Sirius accenna un piccolo inchino.
“A tuo parere, in ogni caso…”
“Oh! Il dotto Piton che chiede un mio parere?”
“Non ironizzare, somaro,” sibila il pozionista. “Questa collaborazione mi offende più di quel che credi.”
E non immagini quanto disturbi me, pensa Sirius, che quasi rimpiange i giorni in cui era solo Buck Bello e poteva rotolarsi al sole delle spiagge tropicali.
“D’accordo, come non detto. Cos’è che volevi chiedermi?”
“Un Thestral potrebbe uccidere un unicorno?”
“Stai scherzando?”
“No.”
“Be’, allora dovresti fornirmi qualche indizio in più, perché allo stato dei fatti lo escludo. Punto primo: i Thestral sono equidi. I cavalli mordono e lo so bene per esperienza diretta, ma non strappano. I resti che mi hai fatto vedere sono stati più che lacerati: sono stati resecati. Non c’è dente erbivoro che possa combinare qualcosa del genere.”
Piton lo sorprende: non solo non lo interrompe, ma lo guarda compiaciuto. “No, non sei del tutto stupido, Black. Vai avanti…”
“Ti sono debitore per la graziosa concessione,” ironizza. “Punto secondo: la regola dell’invisibilità non vale per le creature non umane. Lo spettro visivo delle bestie è diverso dal nostro. L’unicorno avrebbe avuto tutto l’agio di cogliere l’arrivo del Thestral assassino, e assumere una posizione d’offesa. Tra i due, per altro, non ci sono dubbi su chi possa essere davvero pericoloso, o sbaglio?”
“No. Non sbagli.”
“Ipotizziamo, insomma, che un Thestral impazzito abbia deciso di banchettare con l’unicorno… Qual era, con buona approssimazione, l’età della bestia che avete trovato?”
“Tre o quattro anni. Non di certo un puledro.”
“Un unicorno di tre o quattro anni ha un corno lungo più di un braccio. L’avrebbe sventrato senza farlo avvicinare.”
“Dai resti che ho esaminato, però, l’attacco è stato frontale. L’aggressore gli ha letteralmente strappato le labbra.”
Sirius rotea gli occhi. “Ti-prego. I dettagli, no. Mi limito a offrirti una consulenza animalesca, chiamiamola così… E resto dell’avviso che non sia stato un Thestral.”
“Concordo. Silente e io nutriamo la stessa convinzione.”
“Ora saresti così gentile da dirmi cosa ti ha invece suggerito proprio quella bestia? La Foresta Proibita pullula di predatori molto più credibili. Gli ippogrifi, per dire.”
“Gli ippogrifi hanno il becco. Il tronco della vittima è stato spolpato.”
“Dunque?”
Severus trae un breve sospiro, poi siede su una roccia larga e piatta, seminascosta da una felce ipertrofica. “Come ben sai, quest’anno Hogwarts ospita una legazione di Durmstrang.”
“Potrei ignorarlo? È una delle ragioni per cui ho chiesto a quello zuccone di Harry di fornirmi una cronaca dettagliata della sua vita scolastica. Igor Karkaroff non ha solo una brutta faccia, ma puzza di criminale a un chilometro di distanza.”
Severus arriccia schifato il naso. “Sono abbastanza evoluto da non interessarmi ai fetori altrui, ma non posso dare torto al tuo istinto. In questo caso, tuttavia, sono certo che non sia Karkaroff l’autore dell’aggressione all’unicorno. Non, almeno, l’autore materiale.”
“Silente lo tiene d’occhio, no?”
“Non solo. La Foresta Proibita ha degli ospiti impegnativi, negli ultimi tempi. Per tale ragione, Hagrid la controlla in modo costante. È molto difficile, per non dire impossibile, che un mago vi acceda senza essere notato.”
“E questo ti porta a credere che sia un animale… O un Animagus.”
“Corretto.”
“E il Thestral? Da dove salta fuori? Che io sappia, anche il fattucchiere più dotato non può spingersi sino…”
“… Sino ad assumere le qualità di una creatura intermundia. In questo caso, però, non parliamo di un fattucchiere comune. O, per meglio dire, di sangue magico comune.”
Sirius si gratta la guancia – un tic canino che lo affligge di quando in quando, soprattutto se deve pensare e non ha il tempo di farlo.
“È inutile che ti arrovelli, Black: non arriveresti mai da solo a cogliere il mio suggerimento. Sto parlando di Mannstiere.”
Mann-che?”
Severus rotea gli occhi. “Sono Animagi innati, una rara sottoclasse di Metamorphmagus. A differenza di quel che riesce persino a un mago di seconda categoria – e si coglie un’evidente punta di malignità nella stoccata – i Mannstiere nascono con l’abilità genetica di assumere le fattezze di una bestia. Non una fiera qualunque, nota bene: ogni famiglia è identificata da una precisa linea di sangue.”
“Mannstiere, eh? E com’è che non ne ho mai sentito parlare?”
“Perché in Inghilterra si sono estinti e in tutto il Mondo Magico ne restano poche centinaia.”
“Una ragione in più per escludere l’ipotesi, non credi?”
“Al contrario, perché qui a Hogwarts, in questi giorni, abbiamo proprio uno di loro. Che tu ci creda o meno, della linea di sangue del Thestral.”
Black apre la bocca, ma non gli riesce di articolare nulla – non che suoni plausibile, almeno.
“… Il che, tuttavia, non offre una risposta al nostro problema, perché, come hai ben detto, ammesso che possa dirsi risolta la questione del come sia stata raggiunta la radura degli unicorni, resta l’interrogativo principale: un Thestral è del tutto inabile a smembrarne uno.”
“E se non fosse un Thestral? Se il nostro fattucchiere macellaio sapesse assumere una veste più…”
“È escluso. Te l’ho già detto: ogni famiglia ha una linea di sangue. Il nostro è un Von Kessel. I Von Kessel sono Thestral, come i Gama, ippocampi. Nel Galles viveva un clan, i Flanerty, la cui linea era quella dell’unicorno. Purtroppo, però, si sono estinti.”
“I Mannstiere, insomma, hanno trasfigurazioni… Bizzarre?”
Piton solleva sprezzante un sopracciglio. “Come sei grezzo. Da dove credi che siano nati i miti dei Babbani? Le loro divinità da bestiario? Erano solo alcuni di noi, dotati di un dono singolare e, per lo stesso motivo, pericoloso. Quando la civiltà umana abbandonò il culto della natura, infatti, furono i primi a essere perseguitati. Questo, tuttavia, non esclude che ci siano anche Mannstiere dalle metamorfosi più… Ordinarie.”
“Cani, uccelli, cavalli… È questo che intendi?”
“Sì.”
“Eppure c’è qualcosa che non mi convince…”
“Intendi?”
Sirius libera un profondo sospiro, mentre fissa un cielo nero e muto. “Chiamalo istinto, chiamalo fiuto, chiamalo come ti pare, ma ho come l’impressione che ci stia sfuggendo qualcosa… E quel dettaglio, chissà perché, potrebbe essere proprio la tessera che manca al mosaico perché il quadro sia completo.”

***

A parlare è Florian – e già tanto basterebbe a irritarlo.
Da che sono arrivati a Hogwarts, pensa Draco, Von Kessel sembra fare il possibile per metterlo in cattiva luce – per essere l’unico protagonista dell’impresa: anziché sposare una linea tattica fatta d’ombra e sottili strategie, opera da solo, con un’audacia autolesionista.
Non sono a Durmstrang, tuttavia, e dovrebbe ricordarlo: la spietatezza che le solitudini del Nord incoraggiano e legittimano, qui suona spaventosa.

“Come potete vedere, Preside, il piano è molto semplice e non richiede alcuna esposizione da parte nostra.”

Parla al plurale, Florian, ma è quasi l’avesse estromesso del tutto. Karkaroff pende dalle sue labbra e ignora Draco Malfoy.

“Con l’aiuto dei grimori di Hogwarts, ho preparato due filtri: uno confonde i sensi del drago, rendendolo di fatto innocuo per chi lo fronteggia; l’altra pozione, invece, li sollecita, procurando allucinazioni minacciose alla bestia. Non c’è bisogno che v’illustri le conseguenze della somministrazione.”

Draco stringe le labbra. Non è il protagonista – non è niente. Non sa come valicare l’invisibile linea d’ombra che lo divide ora dal suo migliore amico.
Florian l’ha sconfitto per l’ennesima volta. A differenza del passato, però, Malfoy ha il sospetto che l’abbia fatto di proposito.
Vuol dargli una lezione di crudeltà? Di coraggio?

Be’, Von Kessel: i Malfoy non hanno d’argento solo gli occhi. Non conosci la lingua. Non conosci la durezza del loro cuore
.

“L’unico problema è dato, come avete suggerito, Preside, dal sorteggio. Senza sapere in precedenza quale drago toccherà a Viktor e quale a Harry Potter…”

Negli occhi di Karkaroff brilla un compiacimento inequivocabile: glielo legge dentro, Draco, e schiuma d’invidia e frustrazione.
Non è il suo piano, quello. Non è merito suo, se Harry Potter morirà a breve.

“Eccellente, signor Von Kessel. Sarà mia cura fornirvi un valido appoggio.”

La voce del Preside tradisce colori insospettati. Draco vi legge sollievo, giubilo, trionfo – lo spettro emotivo di un ambizioso che intravede il coronamento di un sogno.

“Incanterò l’assegnazione con una fattura di riconoscimento. Farò avere a Krum il Petardo Cinese, che è forse il meno pericoloso dei bestioni della dotazione. A Potter, invece, procurerò un piacevole incontro con il più intraprendente dei nostri amici scagliosi… L’Ungaro Spinato.”

Florian sorride, scoprendo i minuscoli denti da fiera. “Vedrete, Preside, che…”

“Vado io.”

Von Kessel si volge a guardarlo sorpreso.
Draco non ricambia la sua occhiata, ma fissa Karkaroff: la voce non trema e il suo sguardo è fermo. “Sarò io a entrare nel serraglio dei draghi e a inoculare loro il siero. Forse non sono un veneficatore abile come Florian, ma padroneggio tutti gli incantamenti d’offesa.”
Il Preside di Durmstrang socchiude le palpebre, quasi a leggergli dentro. Florian freme, ma non osa inserirsi in quel muto rapporto di forza.
“Se questo è il vostro desiderio, signor Malfoy, non vedo perché dovrei dispensarvi dall’incarico. Sono certo che lo porterete a compimento con scrupolosità, come si addice al vostro nome.”

C’è qualcosa di mellifluo nel tono usato da Karkaroff, ma Draco lo elude con la paura e il buonsenso.
Ha solo quattordici anni: troppo pochi per cogliere la sfumatura – troppo pochi, soprattutto, per capire che sta offrendo a un terribile mentore proprio quanto un piano scellerato ha previsto per tempo.
Preoccupato di nutrire una fama nera, non pensa a sopravvivere, né al più antico dei motti: divide et impera.
Non alla cooperazione guarda Karkaroff, ma all’emulazione: non ha più bisogno di chiedere, perché sono i primi a dare.
I primi, stupidi, a darsi in pasto al leone.

“Preside… La Foresta Proibita è molto difficile da esplorare. Io non credo che…”
“Sta’ zitto!” sibila tetro Draco. “Se l’hai espugnata tu, posso farlo anch’io.”

Karkaroff tace e ride.
Ride di loro.

***

È la solita vecchia storia, pensa scoraggiata Hermione: quella tra ragazzi e ragazze è un’amicizia a scadenza. Se non diventa amore, si spegne comunque, perché l’uomo e la donna non sono programmati per essere complici – amanti, sì; rivali e forse persino alleati, ma amici mai.
Benché sia stata la prima a scendere in campo per aiutarlo, Harry l’ha sostituita come ne ha avuta l’occasione. È bastato che il vecchio Malocchio si offrisse come istruttore speciale del Prescelto, perché Potter gli scodinzolasse dietro, dimenticando la scontata, noiosa, Hermione.

Sospira.

La prima prova del Torneo è imminente. La paura – l’ansia, l’attesa – un chiodo fisso che le toglie il sonno.
Moody, ammiccante e anodino, parla per enigmi e suggerisce strategie che non riesce a cogliere.
Non sa se a bruciarle sia questa sfida intellettuale perduta in partenza, ovvero l’essere tornata periferica rispetto a un fronte che ha calcato da protagonista.
Proprio così: ora che il Tremaghi non è più solo futuro, nessuno dei ragazzi che le ronzava attorno pare ancora interessato a lei – non Krum, che si allena con il parossismo dei soldati; non Draco, che si è come volatilizzato. Quanto a Harry, l’ha dimenticata come capita sempre più spesso.

Sbuffa, Hermione, e si annoda alle lenzuola. Grattastinchi le ulula un meoww interdetto, prima di scivolare sotto il baldacchino.
“Ci risiamo,” mormora a mezza bocca, decidendo poi che no, non è fatta per le quiete attese. Non è la moglie di un marinaio, una tela infinita, un sospiro supplice: è un guerriero, Hermione Granger. Una leonessa.
Lavanda russa beata, mentre sgattaiola oltre la camera, il Dormitorio, Grifondoro.
Gazza dorme con la lucerna in mano e la bocca aperta: una gargolla ridicola che, chissà perché, la mette d’ottimo umore.
L’abbraccio della notte è sgradevole com’è lecito aspettarsi da un novembre agli sgoccioli, ma tanto non basta a dissuaderla.
Cos’ha in mente di fare? Lo ignora per prima, ecco la verità, ma sa che per trovare la pace deve fare e basta – per gli scopi c’è sempre tempo.
A sorprenderla, quando è ormai nei pressi del lago, un sibilo penetrante.
Hermione si copre d’istinto le orecchie, forzando la memoria per indovinare se e quando abbia già incontrato un simile suono.
Cos’è, prima di tutto? Un animale? Un ingranaggio?
Il ricordo le sovviene all’improvviso: Fierobecco. Quello è l’acuto – a metà strada tra la lima e il ringhio – che produce un ippogrifo infuriato.
La prudenza le consiglia di tornare a tremare tra le coperte.
Godric le allunga una spintarella – Coraggio, Hermione. A te la verità non fa paura.
Ma a chi lo racconto
, pensa, mentre vince l’istinto di proteggersi le orecchie e tenta di rintracciare la fonte dello sgradevole soffiato.
Tutto ad un tratto, il sibilo si spegne, sostituito da uno scalpiccio serrato e dal fruscio delle felci.
Hermione deglutisce a fatica.
Lumos,” mormora con il cuore in gola.

Draco le appare davanti all’improvviso, coperto di sangue. Le pupille, dilatate come due ventose, gridano di un terrore che non ha più voce.
“Per favore… Aiutami,” singhiozza pianissimo, prima di crollare a terra.

Nel buio, terribile, Fierobecco intona di nuovo il suo canto di guerra e di morte.
L’hai mai domato un ippogrifo, Hermione? Le sussurra il buonsenso all’orecchio.
Raggomitolato al suolo, Draco sembra uno straccio sgualcito.

Sono un grifo anch’io.


Le dita, asciutte, stringono la bacchetta e la volgono alla notte.
Senza tremare.

* Blut in tedesco vuol dire sangue, ma anche razza e stirpe.

   
 
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